L'ABDICAZIONE
DI DIOCLEZIANO E MASSIMIANO
Diocleziano rimase a Roma solo 28 giorni. Quattro
settimane, e nella successiva doveva iniziare la quinta e aver luogo nella
metropoli, a conclusione delle feste trionfali, il corteo che soleva
accompagnare al Campidoglio i nuovi consoli, con Massimiano e Diocleziano
già designati al consolato. Diocleziano però non volle aspettare la venuta di
quel giorno e partecipare alla cerimonia: inasprito dai frizzi del popolo, che
non stimava quell' imperatore che non voleva risiedere nella vecchia e gloriosa
capitale, partì precipitosamente da Roma, forse anche per non lasciarsi vincere
dalla tentazione di sfogare contro i Romani la sua collera, prima si recò a
Ravenna, e da qui fece ritorno a Nicomedia.
Dopo vent'anni di impero e tante vicende, Diocleziano, sebbene non avesse
toccato ancora i sessanta anni, era stanco. E non doveva esser lieto della vita
dell' impero e della propria: la moglie Prisca non lo amava, la figlia Valeria
non era certo felice accanto al rozzo e violento marito, sopra di lui che
riluttante aveva emanati gli editti contro i Cristiani piovevano chissà quante
imprecazioni, era fallito il tentativo di alleviare la miseria con la disciplina
dei prezzi e il popolo non gli era grato d'aver ricevuto la pace e la sicurezza.
Tutto ciò doveva certamente influire sul temperamento mistico di Diocleziano e
deciderlo a ritirarsi a vita privata specie dopo la malattia che nel 304 fece
temere per la sua vita.
Ma forse Diocleziano era salito sul trono già con il proponimento di abdicare
dopo un certo periodo di regno, probabilmente un ventennio; questo farebbe
credere il giuramento che Massimiano dovette fargli (a parole), quando fu
associato all'impero, cioè che avrebbe abdicato insieme al collega.
Ad ogni modo se questo proponimento non era proprio così antico, senza dubbio
non fu nemmeno improvvisa la risoluzione di abbandonare il potere; perché da
parecchi anni Diocleziano aveva iniziato la costruzione di un immenso palazzo a
Solona (Spalato) in Dalmazia, per passarvi gli anni della sua vecchiaia.
Il 1° maggio del 305, a tre miglia da Nicomedia, sopra un colle sulla cui cima
sorgeva una colonna sormontata dalla statua di Giove, ai dignitari delle
province sue e del suo Cesare e ai rappresentanti dell'esercito notificava la
decisione presa di scendere dal trono, si spogliava del manto purpureo e del
diadema e proclamava Augusto Galerio e gli
sceglieva come Cesare Massimino Caio; poi
partiva per la sua principesca casa di Solona.
Nello stesso giorno una eguale cerimonia ebbe luogo a Milano: Massimiano
abdicava all'impero e al suo posto saliva come Augusto Costanzo
Cloro e gli veniva dato come Cesare Flavio
Valerio Severo. Massimiano anche lui si ritirava in una sua villa in
Lucania.
La ripartizione delle province tra gli Augusti e i Cesari ebbe delle modifiche:
Costanzo prese per sé la Gallia, la Britannia e la Spagna, Severo l'Italia,
l'Africa e la Pannonia, Galerio ebbe tutto il resto dell'impero eccettuati
l'Egitto e la Siria che furono dati a Massimino Caio.
E se tutte le riforme di Diocleziano erano state un fallimento, anche la
successione all'impero furono destinate a fallire.
Se è vero che il, vecchio Diocleziano si spense nel 316, egli ebbe la sventura di sopravvivere al crollo della sua riforma, e alla strage della sua famiglia, nel solitario palazzo di Solona, da cui si era rifiutato di partecipare al convegno di Milano e invano aveva pregato che Massimino gli rimandasse indietro la moglie e la figlia. Egli venne sepolto nel mausoleo che s'era fatto erigere di fronte al tempio di Giove Ottimo Massimo; ma neppure qui il corpo del grande imperatore doveva trovare il riposo che invano aveva cercato in vita.
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