GOVERNO E RIFORME DI DIOCLEZIANO



Dopo il 299 un periodo di tranquillità si inaugura per l'impero; sicuri sono i confini dal Mare del Nord al Tigri, dall'Atlantico al Mar Rosso, né rivolte di popoli o di pretendenti turbano la pace interna. Il merito è tutto di Diocleziano: la tetrarchia ha dato buona prova, anche e forse soltanto perché  è lui alla testa. Più tardi sarà causa della rovina dell' impero, ma in questo periodo l'impero è in piena vitalità, sebbene esso non sia più quello di Augusto. In tre secoli tante vicende si sono succedute e della vecchia, gloriosa repubblica neppure le forme sono più rimaste. Il principato ha lasciato lungo il suo fortunoso cammino la sua costituzionalità ed è diventato assoluto ed ha lasciato anche la fisionomia occidentale per assumere decisamente quella orientale. 
Gli imperatori ora si allontanano dagli uomini e salgono sul l'Olimpo degli dèi;  Diis geniti et deorum creatores sono, e i sudditi giurano nel nome di essi, che sono sacri con tutte le cose che loro appartengono e che da loro emanano. Di porpora e tempestate di gemme sono le loro vesti, come quelle dei monarchi d'Oriente, le fronti imperiali sono cinte del diadema, una fascia bianca sparsa di pietre preziose, e il suddito che riesce ad avvicinare l'imperatore gli si inginocchia davanti come se lui fosse un idolo ed umilmente gli bacia un lembo del manto.

Succeduto a quello delle guerre il periodo della pace, Diocleziano rivolge le sue cure a completare e a perfezionare, il riordinamento dell' impero.
Le antiche attribuzioni del Senato, rimasto come rudere senza vita, passano al Concistorium principis cui sono affidate tutte le questioni di carattere legislativo. L'ordinamento provinciale viene radicalmente mutato, dal lato territoriale e dal lato amministrativo, e il potere civile viene diviso dal potere militare. Ogni provincia ha un praeses, che ha le funzioni di governatore civile, ed uno o più duces che hanno il comando delle truppe. Così viene ridotta la potenza del governatore e quella del generale e si elimina il dannosissimo inconveniente di affidare il governo di una provincia ad un militare rozzo o di darne la difesa a chi non ha competenza guerresca. 

Al principio dell' impero di Diocleziano il numero delle province è di cinquantasette, nell'anno 297 è di novantasei. Questo frazionamento però presenta dei gravi pericoli; può indebolire il gran corpo dell'impero e rende anche difficile e complicato il funzionamento amministrativo e politico nei rapporti con il centro. Ad eliminare questi pericoli Diocleziano crea dei gruppi di province cui viene dato il nome di diocesi e che vengono governate da vicari. Dodici diocesi ha nel 297 l' impero, cinque in Oriente e sette in Occidente: l'Oriente (Egitto, Siria e Mesopotamia), il Ponto, la Tracia, la Mesia, la Pannonia, l'Italia, l'Africa, la Spagna (con la Mauritania tingitana), la Viennese (Aquitania e Narbonese), la Gallia e la Britannia.

Accanto alla riforma provinciale, e in parte conseguenza di essa, stanno la riforma militare e quella finanziaria. Rimangono, sebbene ridotte negli effettivi, le antiche coorti pretorie, ma vengono create nuove guardie del corpo, reclutate specialmente in Illiria, per i due Augusti e i due Cesari. L'esercito da trecentocinquantamila viene portato a mezzo milione di uomini, i soldati delle legioni vengono ridotti di numero ed è accresciuto invece quello degli ufficiali.
L'aumento delle corti, dell'esercito e dei funzionari porta con sé una spesa maggiore. Diocleziano accresce le entrate dello stato rinnovando il catasto e le imposte sui terreni. La proprietà fondiaria è ripartita in varie categorie che tengono conto della qualità del terreno e della coltura ed è creata una nuova unità fiscale detta iugum o caput o millena o centuria. L' imposta fondiaria, pagata in denaro o in natura, è riscossa dai decurioni sotto la loro responsabilità. 

Con la riforma tributaria viene eliminata all'Italia il privilegio finora goduto dell'esenzione dall' imposta tributaria, privilegio che è mantenuto soltanto dalla urbicaria regio cioè dal territorio di Roma che si estende fino a cento miglia dalle mura della città. Con la riforma tributaria Diocleziano ha ordinato ed accresciuto il gettito delle imposte a beneficio dello Stato; ora cerca di risolvere la crisi monetaria e il caroviveri. Nuove monete vengono coniate: l' aureus di grammi 5,45, l' argenteus di grammi 3,40 e il follis di bronzo, ma la crisi non è risolta perché rimangono in circolazione moltissimi denari di bassissima lega. Né a risolvere il caroviveri è sufficiente l'editto de pretiis del 301, con il quale si fissa il massimo dei prezzi rerum venalium, e si commina la pena di morte per i trasgressori. Il provvedimento autoritario difatti costringe i negozianti a nascondere la merce per non venderla a prezzi inferiori, impoverisce i mercati, provoca carestie e produce un generale malcontento che consiglia l'imperatore di lasciar cadere il suo editto.

 

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