LA TETRARCHIA 



Mentre, insieme con il collega, badava a tenere in rispetto i nemici esterni e a sedare le ribellioni, Diocleziano studiava il modo di dare all'impero un ordinamento stabile che mai come allora si era reso necessario. Due cose lo preoccupavano: la difesa e il potere. Quella, anche con l'impero militarmente diviso in due parti, continuava ad esser difficile e reclamava comandi con giurisdizioni meno vaste; questo, ora che a sua volta si era ridotta l'autorità del Senato, era alla mercé degli ambiziosi e del capriccio delle legioni, né poteva contare sulla successione ereditaria.

Per risolvere il problema della difesa e insieme quello del potere, dopo un maturo esame della situazione, Diocleziano stabilì di dare all'impero una nuova forma di governo che fu chiamata tetrarchia. Lo stato doveva con il nuovo ordinamento, avere due imperatori (Augusti), di cui uno più anziano e di maggiore autorità, e in sottordine due Cesari. Morto un imperatore, doveva succedergli il suo Cesare il quale, divenuto Augusto doveva nominarsi, a sua volta, un Cesare. I due Cesari, al pari dei due Augusti, dovevano avere la potestas tribunicia e l' imperium, ma non il potere legislativo, e potevano batter moneta e comandare eserciti in nome degli imperatori di cui in effetto erano luogotenenti con diritto alla successione e alle insegne imperiali. 

Il Cesare che Diocleziano si scelse fu un dace, Valerio Galerio, soldato rude e violento nativo di Sardica; quello di Massimiano fu Flavio Costanzo, detto Cloro per il suo pallore, originario della Dardanica, che discendeva da Claudio il Gotico ed era di animo mite e retto e dotato di fine cultura.
Il 1° marzo del 293 i due Cesari ebbero le insegne, il primo a Nicomedia e il secondo a Milano. Perché i vincoli tra i Cesari e gli Augusti si facessero più saldi, Galerio sposò in seconde nozze Valerla, figlia di Diocleziano, Costanzo Cloro (già padre di Costantino avuto da una Giulia Elena di Bitinia) divenne marito di una figliastra di Massimiano di nome Teodora.

Galerio ebbe il governo delle province illiriche, della Macedonia, della Grecia e di Creta con sede a Sirmio

Costanzo quello della Gallia e della Britannia con residenza a Treveri.

Rimasero a Massimiano l' Italia, la Rezia, la Sicilia, la Sardegna e l'Africa, esclusi l'Egitto e la Libia che toccarono a Diocleziano insieme con le province d'Asia.


Costanzo aveva avuto il governo della Gallia e della Britannia, ma quest'ultima era in potere di Carausio, il quale inoltre teneva presidi sulla costa settentrionale della Gallia e si serviva del porto di Gessoriaco con una parte della sua flotta. Bisognava dunque combattere contro l'usurpatore e, nel medesimo tempo contro i Franchi suoi alleati.


Costanzo cominciò da Gessoriaco: ne sbarrò il porto con una diga e costrinse con la fame alla resa le navi e la guarnigione ribelle (293), poi volse le armi contro i Franchi e li ricacciò dalle regioni paludose dei Batavi e dei Menapii. I numerosi prigionieri che fece li distribuì come coloni nella Somme e nell'Oise.
Mentre Costanzo si preparava ad assalire in Britannia Carausio, questi, che si era preparato
 apparecchiato alla difesa, ripartendo le sue forze nei punti della costa che si prestavano ad uno sbarco, veniva ucciso da un suo ufficiale di nome Alletto, che s'impadroniva del potere.

Contro costui mosse Costanzo quando la situazione sulla frontiera del Reno glielo permise e la sua flotta fu pronta. Questa venne divisa in due squadre, di cui una era comandata dal Cesare, l'altra dal comandante della guardia, Asclepiodoto, e col favore della nebbia riuscì ad eludere la vigilanza di Alletto, che si trovava con le sue navi presso l'isola di Wight, e ad approdare nelle vicinanze di Brighton.
Saputo dello sbarco nemico, Alletto si affrettò verso Londinium contro Asclepiodoto, ma fu sconfitto ed ucciso; il suo esercito, gettatosi sulla città per saccheggiarla fu assalito dalle truppe imperiali e sterminato. Costanzo entrò a Londinium dove ebbe accoglienze trionfali (296) e la Britannia tornò ad essere una provincia dell' impero dopo dieci anni di indipendenza.

Costanzo in Britannia non vi rimase a lungo: la frontiera renana, che durante la sua assenza era rimasta sotto la custodia di Massimiano, reclamava la sua presenza, dovendo l'imperatore recarsi in Africa, dove i Mauritani si erano ribellati: la Numidia era percorsa dai Bavari e dai Quinquangentanei e un pretendente, un certo ambizioso Giuliano, si era fatto proclamare.
La campagna di Massimiano in Africa durò tutto l'anno 297 e parte del successivo: i Mauri ribelli furono sconfitti e costretti a rifugiarsi nella zona montagnosa dell'Atlante, molti dei razziatori vennero catturati e mandati come coloni in varie provincee, e Giuliano rimasto solo si uccise.

Più duro fu il compito di Costanzo in Europa. Per rendere maggiormente sicuri i confini egli iniziò la fortificazione della frontiera tra Magonza e il lago di Costanza. Ne dirigeva i lavori quando seppe che gli Alemanni, forzata la linea del Reno, si erano spinti, devastando ogni cosa al loro passaggio, fino al paese dei Lingoni. Costanzo Clero mosse contro gli invasori: due grandi battaglie furono combattute,una a Langres e l'altra a Vindonissa, e in entrambe gli Alemanni lasciarono sul campo molte migliaia di morti (298).
La riforma di Diocleziano dal lato militare dava già i suoi frutti.

Non minore intanto era l'attività guerresca di Diocleziano e Galerio nella penisola balcanica e nell'Oriente. Le guerre che Galerio dovette sostenere contro i Quadi, gli Jazigi, i Bastami e i Carpi durarono quasi ininterrottamente quattro anni, dal 293 al 296. In quest'ultimo anno i Carpi -che erano i nemici più accaniti e pericolosi-  dopo di essere stati più volte battuti, furono sconfitti sanguinosamente e un gran numero di essi furono deportati in qualità di coloni, nella Mesia e nella Pannonia.
Diocleziano dal canto suo non stava inoperoso. Si trovava a Nicomedia per sorvegliare meglio di là il contegno della Persia quando un' insurrezione scoppiata in Egitto lo fece accorrere ad Alessandria. Assediò per otto mesi questa città sperando di prenderla per fame, ma l'ebbe solo quando tagliò gli acquedotti. Alessandria fu abbandonata alle truppe e saccheggiata. Sorte peggiore ebbero le Città di Koptos e Bosiris ohe vennero distrutte (296). Alla repressione della rivolta seguirono le operazioni contro i Blemmi nell'alto Egitto con i quali, dopo alcuni combattimenti vittoriosi, Diocleziano venne ad un accordo. In virtù di questo l' imperatore concedeva ai Blemmi libertà di accesso nel santuario d'Iside ed essi, dietro promessa di sussidi, s'impegnarono a non disturbare la Tebaide e a rispettare il commercio egiziano. Contemporaneamente nelle vicinanze di Siene venne stanziata la tribù dei Nobati che ebbe il compito di guardare i confini meridionali.

Succedevano queste cose in Egitto quando le ostilità, che dalla Persia si aspettava Diocleziano, scoppiarono. Era salito sul trono di quel regno il bellicoso Narsete (Nersi). Riprendendo il programma di Shapur, invase l'Armenia costringendo Tiridate a ritirarsi in territorio romano, indi penetrò nella Mesopotamia (296). 
Il comando della guerra contro i Persiani, trovandosi assente Diocleziano, fu assunto da Galerio che prese come collaboratore Tiridate, ma il Cesare, sia per imprudenza, sia per la poca pratica che aveva dei luoghi, dopo alcuni combattimenti di lieve entità e di esito incerto, nella pianura tra Carre e Callinico gli toccò una grave disfatta con gravi  perdite per i  Romani. A stento Galerio e Tiridate riuscirono a salvarsi e i Persiani avrebbero invaso la Siria se a un certo punto non fosse sopraggiunto Diocleziano.
Questi assunse la difesa della linea dell' Eufrate (297) e mandò Galerio nell'Illirico per raccogliervi un nuovo esercito e condurlo sul teatro della guerra. Nella primavera del 297 Galerio fece ritorno in Asia e iniziò l'offensiva, ma questa volta anziché penetrare nella Mesopotamia, dove la natura del terreno permetteva al nemico lo spiegamento della sua potente cavalleria, prese la via dell'Armenia, guidato da Tiridate. I Persiani, sorpresi nel proprio campo, furono gravemente sconfitti; Narsete, ferito, dovette la salvezza alla fuga, ma la sua famiglia e i suoi tesori caddero nella mani dei vincitori. 
Intanto che Tiridate percorreva l'Armenia devastando quei paesi che avevano prese le parti di Narsete, Diocleziano entrato in Mesopotamia, si congiungeva a Nisibi con Galerio.

Imbaldanzito dal successo, il Cesare avrebbe voluto penetrare nel regno persiano e portare fino all'India gli eserciti vittoriosi, ma venivano in quel frattempo proposte di pace da parte di Narsete e Diocleziano ritenne opportuno non rifiutarle. Sicorio Probo fu mandato dall'Imperatore a fissare i patti e questi vennero firmati ad Asprudi nel maggio del 298. In virtù di questi all' impero romano veniva restituita tutta la Mesopotamia, Narsete cedeva cinque province alla sinistra dell'alto corso del Tigri, l'Armenia passò sotto la sovranità di Roma e sul suo trono fu rimesso Tiridate; l'Iberia da stato vassallo della Persia diventava vassalla dell' impero e tutto il commercio persiano con l'Occidente doveva passare per Nisibi. Era una pace vantaggiosissima per i Romani, pace che doveva durare circa un quarantennio e che assicurava non solo le frontiere occidentali dell' impero ma anche le vie del Caucaso.

 

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