IL CARATTERE
Non era
ancora, spirato Tito che il fratello Domiziano correva a farsi proclamare
imperatore. Questo fatto e l'odio che il secondogenito di Vespasiano nutriva per
il fratello fecero sì che qualche storico attribuisse a Domiziano la causa
della morte di Tito. Ma su ciò non esistono prove.
Sebbene precocemente calvo e di vista debole, Domiziano era un bell'uomo, alto
come persona e rubicondo di viso, ma pare che non riuscisse simpatico.
La sua giovinezza era trascorsa tra le dissolutezze e queste non cessarono.
Smoderatamente libidinoso tolse la moglie ad Elio Lamia, disonorò la nipote
Giulia, figlia di Tito e fu causa della sua morte; poi tornò a convivere con la
moglie Domizia dopo averla prima ripudiata di adulterio.
Più grande della libidine era la sua ambizione: dopo la morte di Vitellio si
era fatto salutare Cesare; nel 71 aveva voluto prender parte al trionfo del
padre e del fratello seguendoli sopra un cavallo bianco; invidioso della gloria
militare di Tito, aveva tentato di acquistarsi fama sollecitando il comando per
una spedizione in Oriente, sebbene non fosse pratico di guerre. Smanioso di
regnare, aveva dopo la morte del padre, pensato di guadagnarsi l'animo dei
soldati con l'offrire il doppio della solita gratificazione.
Tenuto a freno prima da Vespasiano poi da Tito, negli ozi forzati si era dato
agli studi, ma non era riuscito che a far pochi e meschini versi. In seguito
volle procurarsi fama per mezzo delle cortigiane lodi di poeti e protesse Stazio
e Marziale che di lui fecero bugiardi elogi, e volle rendersi benemerito
della coltura facendo ricostruire con ingenti spese le biblioteche distrutte
dagli incendi, facendo cercare esemplari dei libri in ogni parte e ordinando che
fossero copiate in Alessandria le opere perdute.
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