LE GUERRE
Le guerre sotto l'impero del fratello di Tito, furono due: una contro i Daci e l'altra contro i Britanni.
Guerra Dacica
La guerra germanica di cui nell'84
Domiziano celebrò a Roma il trionfo non fu nemmeno combattuta. I Chatti che
stavano molestando la frontiera all'avvicinarsi delle legioni romane furono
pronti a ritirarsi nei boschi della loro regione.
I Daci erano un popolo bellicoso stanziato alla sinistra del Danubio. Un
principe audace e di larghe vedute di nome Decebalo aveva fondato un regno vasto
e potente che oltre i Daci comprendeva i vicini popoli dell'ovest. Desideroso di
estendere il territorio del suo regno alla destra del Danubio e sicuro che le
popolazioni indigene soggette a Roma gli avrebbero agevolata l'impresa, raccolto
un tortissimo esercito, passò il fiume ed invase la Mesia. Qui non si trovava
che una legione al comando di Cajo Oppio Sabino. Questi non riuscì a opporre
una valida resistenza all'invasione; i suoi soldati vennero travolti e lui
stesso fu ucciso.
Al primo annunzio di questi fatti Domiziano affidò il comando della guerra a
Cornelio Fusco, prefetto del pretorio e reputava così grave la situazione che
egli stesso volle recarsi sul teatro delle operazioni, guardandosi però bene,
dal prendervi parte (85).
I Daci, sperando di attirare i Romani nel proprio territorio, ripassarono il
fiume e Domiziano, visto il pericolo allontanarsi, fece ritorno in Italia.
L'anno seguente (86) Cornelio Fusco per vendicare la morte di Oppio Sabino e
dare un colpo alla potenza dei Daci, passò il Danubio e si inoltrò nel
territorio nemico. La sua imprudenza gli costò la vita. Assalito
improvvisamente dai Daci, l'esercito romano fu sconfitto e il generale ucciso.
Messo il governo della guerra nelle mani di Giuliano, governatore della
Mesia superiore, questi passò audacemente, alla testa delle sue truppe, nella
Dacia e, incontrato il nemico presso Sarmizegetusa, gli diede battaglia
sconfiggendoli in una battaglia sanguinosa.
Da questa vittoria i Romani avrebbero potuto trarre non pochi vantaggi, ma
Domiziano non volle aderire alle richieste di pace di Decebalo e la guerra si
riaccese più violenta di prima. Questa volta, oltre i Daci, scesero in campo
alcuni popoli Sarmatici tra cui i Iazigi e alcune popolazioni germaniche
contro le quali altre volte i Germani avevano avuto da fare, come i Suebi, i
Marcomanni e i Quadi.
L'irresolutezza di Domiziano, le forze insufficienti mandate a fronteggiare il
nemico e la mancanza di un valente generale furono le principali cause dell'
infelice esito della guerra. La quale avrebbe potuto risolversi in favore dei
Romani se l'imperatore, cui piacevano più le guerre immaginarie che le vere,
preoccupato dalle vaste proporzioni ch'essa andava assumendo e prevedendola
lunga e dispendiosa, verso la fine dell'89 non avesse deciso di venire ad un
accordo con Decebalo. Il re barbaro si impegnava di non molestare la frontiera
del Danubio, in compenso Domiziano forniva a Decebalo un certo numero di
artieri. Non fu certo un accordo molto onorevole ma neppure vergognoso come
certi storici pretendono che se si deve credere a Svetonio -sebbene la notizia
non sia confermata- Decebalo accettò la sovranità nominale dell'impero sulla
Dacia e mandò a Roma il fratello Diegis per ricevere la corona dalle mani di
Domiziano.
Guerra
Britannica
La guerra britannica ebbe risultati migliori della dacica.
Partito Svetonio Paulino, l'isola di Mona (Anglesey) era stata perduta; in una
ribellione il governatore Trebellio Massimo era stato costretto a fuggire;
Giulio Frontino aveva rialzato il prestigio di Roma sottomettendo i Briganti e i
Siluri.
A continuare l'opera di Frontino, Tifo mandò nel 78 il generale Gneo Giulio
Agricola, suocero dello storico Tacito che ne scrisse poi la biografia in
un'operetta dal titolo De vita et moribus Julii Agricoloe.
Agricola sottomise gli Adovici, rioccupò l'isola di Mona e spinse le sue
legioni fino agli estuari di Clota (Clyde) e Bodotria (Forth). L'istmo che
divide l'Atlantico dal Mar del Nord fu fortificato perché costituisse una
valida barriera contro le incursioni della bellicosa Caledonia. Queste non si
fecero aspettare: capitanati da Galeag, intrepido guerriero, i Caledoni scesero
dalle loro montagne e in numero di trentamila assalirono i Romani al monte
Graupio. Agricola mandò contro di essi solo ottomila ausiliari e tremila
cavalieri, ma questi furono tenuti a distanza e tormentati da un efficacissimo
lancio di frecce e la vittoria sarebbe stata dei Caledoni se il generale romano
non avesse mandato contro di loro cinque coorti e non avesse incoraggiato
i suoi scendendo da cavallo.
Vano fu il valore dei fieri montanari: respinti, ritornarono alla battaglia
tentando di accerchiare i legionari romani; ributtati una seconda volta
tornarono ancora all'assalto, ma dopo parecchie ore di combattimento dovettero
darsi alla fuga. Ventimila Caledoni rimasero morti sul campo; i superstiti,
uccisi i figlioletti e le mogli, si dispersero tra i boschi e sui monti della
Scozia che venne poi invasa dai Romani.
Nel frattempo la flotta di Agricola giungeva alla punta settentrionale della
Britannia e dava la notizia che questa era un'isola.
Malgrado i successi di Agricola, Domiziano lo richiamò in Italia. Tacito
attribuisce il richiamo del suocero alla invidia dell' imperatore, non sappiamo
noi con qual fondamento. Si potrebbe però pensare che Domiziano non fosse molto
contento dell'opera di Agricola, il quale nei sette anni del suo governo in
Britannia aveva vinto, sì, non pochi popoli, ma non aveva saputo portarvi la
pace e la civiltà romana, aveva fatto spreco di uomini ed aveva causato gravi
spese all'erario.
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