AKUDUNNIAD


Cenni storici su Lacedonia

 

Ipotesi identificativa con Aquilonia

Qualche storico ritiene che nel Sannio ci siano state due Aquilonie, ma non vi sono fonti storiche o epigrafiche di conferma. Gli studiosi più accreditati, a giusta ragione, sostengono che vi era una sola Aquilonia, quella citata da Tito Livio.   Il teatro della battaglia del 293 è l'attuale Lacedonia in Irpinia. A favore di questa tesi (Aquilonia = Lacedonia), vi sono vari elementi utili:

1)         i passi di Dionisio di Alicarnasso e di Tito Livio, già citati [pp.12, 13,14,15 del libro];

2)         la Carta di Peutinger, che è una guida stradale di età romana;

3)         le monete Akudunniad attribuite a Lacedonia;

4)         un'epigrafe, custodita nel Seminario vescovile di Lacedonia ;

5)        il passo di  Plinio il Vecchio:  gli abitanti di  Aquilonia ( gli Aquiloni)  erano  stanziati nella II regione augustea, che comprendeva Apulia, Calabria (= Salento) e Irpinia

6)         le testimonianze archeologiche di età sannitica, notevoli nel centro abitato e nel territorio;

7)         la presenza di un municipium in epoca romana.

1)    Dionisio di Alicarnasso menziona la spedizione dei Sanniti contro i Lucani, loro confinanti. Livio attesta che i Sanniti, fallite le trattative di un'alleanza militare coi Lucani, avevano invaso il territorio lucano. Come si può notare, le versioni dei due storici concordano. Il fiume Ofanto, come è noto, segnava il  confine tra l'Irpinia e la Lucania.     Chi erano dunque i confinanti dei Lucani ? I  Sanniti   Pentri   confinavano  forse   con   l'Ofanto  e   con  i   Lucani ?   Non   c'è  dubbio  che i Sanniti invasori, menzionati da Dionisio di Alicarnasso e da Tito Livio, erano i Sanniti irpini, confinanti con i Lucani.  Teatro di guerra era la linea dell'Ofanto.

2) Anche la Tabula di Peuntinger, una carta geografica di epoca romana (circa 250 d. C.), segna sulla via Appia la stazione di Aquilonia (=Capo dell'Acqua) tra Subromula (= Serroni di Bisaccia) e la mutatio Ponte Aufidi o Pons Aufidi (= villa rustica di Bosco Siricciardi nell'agro di Montevrede, AV).  In questa guida stradale, Aquilonia dista da Subromula XI miglia (=VI miglia, rettificate) e da Ponte Aufidi VI miglia (= XI miglia, rettificate).    Da notare:   in questa  Tabula   il copista, evidentemente  distratto, ha invertito e  alterato le distanze.      La capitale del Sannio Pentro, Bovianum Vetus, era stata conquista nel 311 a. C.  e, sei anni dopo, nel 305, nello stesso territorio era stata presa anche l'altra fortezza di Bovianum, sita su Montevairàno. Rimaneva libero solo il Sannio meridionale. La terza guerra sannitica durò ben otto anni (298-290 a. C.). Nel 298 Roma attaccò Bovianum (Hirpina) e l'Aufidena (così allora si chiamava l'area dell'alto Ofanto): il coronimo evidentemente è derivato da Aufldus = Ofanto.

3)  Nel 293, come abbiamo detto, ad Aquilonia era stata indetta la mobilitazione generale: il che vuol dire che la nuova capitale del Sannio libero era Aquilonia. La testimonianza è data dalle monete coniate forse in quell'occasione. Il noto glottologo Giacomo Devoto  scrive: Di Aquilonia, irpina, si ha pure una moneta di bronzo con la testa di Athena e la leggenda: Akudunniad."

4)    Il nome Akerunnia (= Cicogna madre) ricorre anche nelle famose Tavole di Gubbio. Una epigrafe lacunosa (ha un angolo frantumato), trovata a Lacedonia, in località Capo dell'Acqua, è custodita nel Museo Diocesano (foto 8). L'iscrizione si presta a letture diverse: 1 ."ECNE(R) ACRIV"; 2. “ECN(AR) ACRIV..."; 3."EGNA(TIVS) AGRIV...".

La  prima  lettura   testimonierebbe   l'origine   osca   dell'epigrafe:  ECNE. . .ACRIV  =  EC NE(R) AK(E)RIV = Ecco il nume: la Cicogna.

Seconda lettura: EC N(A)R AK(E)RIV = Ecco la sorgente Cicogna. Quale? Capi dell'Acqua? Proprio qui, in età romana, sulla via Appia era la stazione di Aquilonia (mutatio): ancora oggi vi è una grossa sorgente d'acqua.   Terza lettura: EGNA.../ ACRIV = EGNA(TIE) A(NIMO) G(RATO) R(ECIPE) I(VSTUS) V(IR) = “O Egnazio, uomo illustre, accetta con animo grato (questa lapide)".Va osservato che ACRIV non sembra una sigla: le singole lettere di ACRIV non sono seguite da punti. Chi era quest'illustre personaggio?

Gellio Egnazio era il condottiero sannita di cui abbiamo già parlato. Egli, nel 296 a. C., era stato protagonista di un'azione in grande stile contro Roma: nel corso della terza guerra sannitica, a capo di un esercito sannita, si era recato in Etruria per coalizzare Etruschi, Galli Senoni e Umbri e per sferrare insieme un attacco. Era proprio di Aquilonia quel grande condottiero, caduto nella sanguinosa battaglia del  Sentino (=Sassoferraìo. AN) ?

Nella guerra sociale, com'è noto, gli Irpini furono fra i popoli insorti contro Roma: rivendicavano anch'essi la cittadinanza e il diritto di voto. L'epigrafe potrebbe riferirsi a Mario Egnazio, protagonista e capo militare in quella guerra. Mario Egnazio, generale sannita durante la guerra sociale (forse era il capo dei rivoltosi irpini), unitosi ai Galli, sconfisse presso Camerino la legione romana del propretore L. Cornelio Scipione Barbato. Mario Egnazio, citato da Appiano , è incluso nella lista dei generali insorti nella guerra sociale: egli, dopo aver sconfitto presso Teanum Sùlicinum il console L. Giulio Cesare, prese per tradimento Venafro uccidendo due manipoli di soldati romani. Ma nell'89 a. C. Gaio Cosconio, dopo aver devastato i territori di Larinum, Asclum (Ausculum) e Venusia uccise il coraggioso condottiero sannita. Era un irpino?

L'epigrafe citata, probabilmente, risale alla guerra sociale (91-87 a.C.), quando Aquilonia, inserita nel mondo romano, era già municipium. Il popolo di Aquilonia, insorto contro Roma, però continuava a parlare la lingua madre, l'osco. La lingua ufficiale era il latino. Il popolo, dopo tre secoli di dominazione di Roma, non conosceva più l'alfabeto osco, caduto in disuso.

Perciò (se è valida questa interpretazione) nell' iscrizione osca sono usati i caratteri latini. In questo documento epigrafico, Aquilonia, in tal caso, rivendicherebbe la propria identità etnica, la sua autonomia. Infatti, esalta il suo nume: la Cicogna. Nel documento, perciò, è usata la lingua madre (l'osco), contrapposta alla lingua straniera, la lingua latina, imposta da Roma.

5)    In età augustea, gli Aquiloni (= gli abitanti di Aquilonia), erano stanziati nella II Regione augustea.   Plinio il Vecchio  elenca gli abitanti (incolae) di questa regione in ordine alfabetico:  inoltre, nella seconda regione, nel territorio interno (intus ) degli Irpini, vi sono: la colonia di Benevento, che, in segno di migliore auspicio, mutò il suo nome (un tempo si chiamava Malevento), gli Acculani ( Arianesi ed Eclanesi ), gli Aquiloni ( Lacedoniesi ), gli Abellinati (Avellinesi) detti Protropi, i Compsani (i Conzani), i Caudini (Montesarchiari), i Liguri Corneliani e Rebiani..."

La seconda regione comprendeva "Apulia, Calabria "( Puglia e Salento ) e l'Hirpinia: l'irpinia però allora era più vasta: comprendeva una buona parte del Beneventano. La terza guerra sannitica finì nel 290 a. C.

Non conosciamo le clausole esatte di quel trattato perché il testo originale di Livio è andato perduto. Nelle Periochae è detto semplicemente: "Fu rinnovato il trattato per la quarta volta". Si noti che Roma, anche in questa circostanza, chiama alleanza (foedus) il suo diktat, imposto ai Sanniti vinti: era un foedus iniquum. La storia è scritta sempre dal vincitore.

6)         Il centro abitato e tutto il territorio di Lacedonia è ricco di testimonianze archeologiche riferibili ad età sannitica (IV-III secolo a. C.). Durante i lavori di sterro destinati alle fondazioni della Scuola Media Statale di via F. De Sanctis furono sconvolti e distrutti vari strati archeologici fitti di cocciame a vernice nera (si trattava di una discarica d'età sannitica) e le terme di età romana. Così Lacedonia ha distrutto la sua storia. In tutto il territorio di Lacedonia vi sono tombe d'età sannitica e romane sconvolte dall'aratura meccanica.

7)         Tutta l'Irpina, dopo la guerra di Pirro, cadde definitivamente in potere di Roma. Come risulta dalle epigrafi rinvenute nel suo territorio, Aquilonia divenne municipium. In genere ( ne abbiamo fatto cenno anche altrove) il municipio era una città annessa, preesistente al dominio di Roma: era governata dai propri cittadini che però non godevano diritti politici.

Potevano conservare una certa autonomia amministrativa, le proprie istituzioni, la propria lingua. Avevano però precisi doveri (munera): avevano l'obbligo di pagare tributi, di fornire contingenti militari, di usare la moneta coniata a Roma. In taluni casi, agli abitanti di un municipio benemerito, era accordato il diritto di voto (ius suffragii) nei comizi, che si tenevano a Roma e, a volte, anche il diritto di accedere alle cariche pubbliche (ius honorum).

Di qui deriva la distinzione fra municipium cum suffragio et sine suffragio (municipio avente diritto di voto e senza diritto di voto). La  progressiva romanizzazione portò in tutto l'Impero all'unificazione delle istituzioni municipali che furono modellate su quelle di Roma.

Nel municipium, in genere, tre erano gli organi municipali : I) l'assemblea del popolo (comitia) 2) il senato (curia, ordo decurionum); 3) i  magistrati (aediles, quaestores,  duumviri).Tutte  queste  istituzioni municipali sono attestate nelle epigrafi di Lacedonia. Dal III sec. a. C. i municipi benemeriti ottennero man mano la cittadinanza piena con estensione sia collettiva sia individuale.

Dopo il 90 a. C., le città italiche, e tra queste Aquilonia (Lacedonia), ottennero la cittadinanza romana e divennero municipi retti da quadrumviri : due di questi si occupavano dell'amministrazione (aedilicia potestate) e due delle questioni giudiziarie(iure dicundo). Nel 44 a. C., in Italia tutti i municipi avevano già ottenuto la cittadinanza completa.

Intanto,  per  poter  ristabilire  la  verità  storica,  riteniamo indispensabile avviare nella valle del Calaggio una sistematica indagine archeologica diretta a individuare il luogo esatto della battaglia. La ricerca va finalizzata anche alla ricostruzione delle fasi della famosa battaglia e alla dinamica della strage.

Nei posti, dove sono avvenute battaglie famose, le tracce non scompaiono come la neve esposta al sole. Negli antichi campi di battaglia, l'aratura meccanica, anche dopo tanti secoli, fa affiorare reperti che non sfuggono agli occhi di un esperto archeologo, di un osservatore attento o anche di chi è cultore di archeologia.

Anche dopo secoli, un campo di battaglia può restituire testimonianze e oggetti di epoca sannitica e romana, riferibili all'attività militare: reperti ossei (resti scheletrici umani, frammenti di calotta cranica, mandibole con denti, ossa prive di connessione anatomica), catene di carri da rifornimento, frammenti di oggetti metallici appartenenti al mondo militare (armi da lancio in frammenti, resti di armature, di cinturoni, pezzi informi di metallo, proiettili di piombo (glandes plumbeae), pezzi di elmo, frammenti di corazze, sostegni di pennacchi.

I caduti nella battaglia di Aquilonia furono combusti oppure seppelliti in fosse comuni, ricavate in concavità naturali ? I reperti ossei, gli informi oggetti metallici, portati alla luce dall'aratura meccanica nella valle del Calaggio, appartengono al mondo militare, oppure si riferiscono a necropoli di epoche diverse? Nella pianura che declina verso la riva sinistra del fiume Calaggio, specie nella località detta Serro dello Zimmaro, l'aratura meccanica porta sistematicamente alla luce resti ossei e reperti metallici. Tutta la valle del Calaggio è una zona archeologica di primaria importanza: va sistematicamente indagata per ristabilire definitivamente la verità storica. 


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