Il tempio di
Abu Simbel, in Nubia è l'enorme monumento, eretto da Ramses II, il grande
faraone che resse le sorti dell'Egitto durante il regno nuovo per ben 67 anni,
dal 1292 al 1225 a.C.. Oltre a proclamare la sua gloria, testimonia in maniera
inconfutabile e imperitura il grande amore e l'immenso rispetto che lo legarono
a Nefertari, la prima sposa reale, la "padrona" della stupenda tomba
che i recenti restauri hanno permesso di riaprire al pubblico nella valle delle
Regine, a Luxor.
Era
bellissima, la potente Nefertari, e tale la ritrassero gli artisti reali: alta,
sottile con lunghi capelli neri. Come la maggior parte delle principesse reali
egizie. Ma a distinguerla dalle concorrenti e a sottolinearne il fascino,
Nefertari ebbe dalla sua un carattere e una determinazione inconsueti per le
donne del suo tempo, avvezze sì a una certa indipendenza, ma tenute per lo più
lontane dalla politica e dalle decisioni di corte. Fu
lei invece la prima a prendere parte attiva alla lunga trattativa di pace con
gli Ittiti, gli eterni nemici che insidiavano i confini dell'estesissimo
Impero dei Faraoni in Asia Minore. E lo dicono senza ombra di dubbio i documenti
dell'epoca giunti intatti sino a noi.
Non erano
tempi tranquilli quelli in cui la XIX Dinastia a cui appartiene Ramses II
giunse al potere. Si era appena spenta l'eco della tremenda tempesta religiosa
voluta da Akhenaton. Ma i suoi effetti politici erano ancora ben visibili.
Nello sforzo
di imporre il nuovo dio, Akhenaton, oltre a minare la solidità del potere
interno aveva trascurato di presidiare e di difendere i confini dell'Impero. Così,
gravi crisi erano scoppiate soprattutto fra quelle popolazioni che da sempre mal
sopportavano il dominio egizio. I Mitanni si erano staccati dall'Egitto,
parecchie città della terra di Canuan e della Siria dimenticavano di pagare i
tributi e gli Ittiti a nord avevano rialzato la testa. Molto aveva fatto il
valoroso generale Horemmheb per riportare il Paese all'antica potenza,
una volta scomparso Akhenaton, ma altrettanto restava da fare.
Ed è proprio
su questo panorama di conflitti imminenti e di guerre inevitabili che si
affaccia la dinastia dei Ramessidi, le cui origini non a caso affondavano nel
delta del Nilo, in quella terra tradizionalmente dedicata a Seth, il dio in cui
si credevano personificati gli elementi indomabili e ribelli della natura.
E in effetti
Sethos I, il padre di Ramses II, e prima ancora Ramses I, avevano cominciato a
combattere per riprendersi le terre perdute. Ma solo Ramses II, il Re dei Re,
riuscì a portare a termine l'impresa, riconducendo sotto l'influenza egiziana
tutti i territori a Oriente del Nilo, sino all'Asia Minore, e a firmare un
trattato di pace nel ventunesimo anno della sua ascesa al trono con il bellicoso
regno di Hatti. Ed è a questo proposito che Nefertari appare sulla scena
politica scrivendo di suo pugno un messaggio ufficiale alla "sorella"
hittita Pudukhepa, la grande regina di Hatti.
Scrive
Nefertari:
Da
me tutto bene, nel mio paese tutto va bene, che tutto possa andar bene da te,
sorella mia; possano il
dio Sole d'Egitto e il dio della Tempesta di Hatti portarti gioia. I1 dio Sole
faccia sì che la pace sia buona fratellanza al Gran Re di Hatti.
E
le speranze di pace di Nefertari inducono lei stessa a proporre a Pudukhepa di
inviare a Tebe una delle principesse reali sue figlie perché questa entri a far
parte dell'harem del Faraone, cementando così l'unione e la fratellanza fra i
due popoli.
E la proposta
non deve stupire. Nefertari, al ventunesimo anno di regno del marito Ramses, era
già una potente e tranquilla dama più vicina ai quaranta che ai trent'anni di
età, a cui certo non doveva far ombra l'arrivo di una nuova principessa da
aggiungere alla lista già lunga (Ramses ebbe otto consorti legittime) delle
spose reali. Da tempo lei aveva
consolidato il proprio potere, mettendo in ombra persino Tuya, la madre
amatissima di Ramses II. Durante il regno di Sethos, il padre, la regina Tuya
era stata la sua fedele sposa e compagna, ma certo non aveva avuto un ruolo
preminente negli affari pubblici. Lo ebbe invece con il figlio Ramses II, che le
tributò straordinari onori (fra le sei enormi statue che ornano il tempio di
Abu Simbel, dedicate tutte a Ramses e a Nefertari, una rappresenta anche Tuya,
sebbene sia posta in una posizione di minore importanza).
Anzi, per
sottolineare l'origine divina della propria regalità, il Faraone fece costruire
a Tebe un tempietto dedicato proprio a Tuya, sulle cui pareti è illustrata la
teoria secondo la quale era stato lo stesso dio Amon a fecondare Tuya,
sostituendosi e incarnandosi nel corpo terreno del padre Sethos I. Insomma Tuya
sarebbe stata amata nientemeno che dal sommo degli dei egizi e dalla loro unione
avrebbe tratto origine Ramses.
E non ci vuole
molto a comprendere con un simile onore alle spalle, quanto grande fosse il
potere a corte della regina madre, soprattutto durante i primi vent'anni di
regno di Ramses II. Ma, nonostante questo Nefertari, la bella fra le belle, com'è
indicata in uno scritto ebbe nel cuore del Faraone un posto di assoluta
preminenza. Tanto da offuscare l'altra sposa reale, Istnofret, che pure
divise a lungo il letto di Ramses II e gli diede numerosi figli.
A paragone di
Nefertari, chiamata ad apparire in pubblico al fianco del Faraone nelle
occasioni ufficiali e nelle cerimonie religiose, la figura di Istnofret appare
ai nostri occhi come sfuocata: nessuna statua la ritrae e in suo onore non
furono costruiti templi. Anche se proprio da lei, la sposa dimenticata, nacque
l'erede al trono d'Egitto. I figli di Nefertari, infatti, non ebbero grande
fortuna: dal primogenito Amenhiruonmef, che morì in giovane età, ai suoi
fratelli minori, che si spensero tutti fra i 20 e i 30 anni. Così fu che il
principe Meremptah, il tredicesimo figlio nato da Istnofret, divenne l'erede del
Faraone e gli successe sul trono, quasi per una postuma rivalsa della sposa che
il grande Ramses aveva dimenticato.
Nonostante gli
sviluppi successivi della storia d'Egitto, è impossibile negare la chiara
preminenza di Nefertari fra le dame di palazzo. Lei sola accompagnò Ramses a
Tebe nel primo anno del regno e già a partire dal terzo la sua immagine iniziò
ad apparire accanto a quella del sovrano nelle scene incise sulla facciata
posteriore del nuovo grande pilone del tempio di Luxor, mentre una sua statua
elegantemente scolpita nel granito, era collocata per ordine del Re nel cortile
anteriore del tempio stesso. Il
nome di Nefertari compare anche a Karnak, ma il più grande onore le fu
tributato proprio nella lontana Nubia, in quell'imponente tempio di Abu Simbel,
che già abbiamo ricordato, dove la regina appare tanto quanto il suo regale
consorte. Soltanto sul muro di fondo del sacrario interno Ramses II ha infine la
precedenza ed è raffigurato da solo nell'atto di compiere un sacrificio alla
dea Hathor.
Nefertari ebbe
comunque il privilegio di avere un tempietto lì vicino, completamente dedicato
a lei: un'attenzione e un omaggio supremi, che soltanto il faraone Amenophis III
aveva avuto per la sua sposa Tiyi. E'
intorno al ventiquattresimo anno di regno di Ramses che Nefertari coglie questo
altissimo onore: i due templi di Abu Simbel sono finalmente terminati ed è
giunto il momento di inaugurarli. Con ogni probabilità durante il mese di
febbraio del 1255 a.C. la flotta reale salpa verso sud. Il Re e la Regina sono
accompagnati dalla principessa Meryetamon e dal vizir Heqanakt oltre che da un
vasto seguito di dignitari.
E' l'alba
quando, attraccata la flotta reale, si dà inizio alla cerimonia. Il sole sorge
lentamente dalle colline orientali e valica il fiume, finché i suoi potenti
raggi arrivano a lambire la facciata del tempio e a dare per un attimo
l'illusione della vita alle grandi statue che ne ornano la facciata. E' questa,
secondo la convinzione dei sacerdoti, l'unione mistica con il disco solare: i
raggi dell'astro, sfiorando la materia inerte, le danno per un istante
l'illusione dell'esistenza e fanno brillare i colori di un incredibile
splendore.
Sotto la luce
che avanza, l'una dopo l'altra vengono spalancate le porte del tempio, sinché i
raggi, affondando per 60 metri nelle viscere della roccia, giungono al fondo del
sacrario. E baciano la statua del Faraone e di Nefertari. Ma
la regina, come lasciano intendere alcuni scritti, non può assistere a questa
straordinaria cerimonia. Stroncata dal lungo viaggio, è costretta a restare a
bordo della nave reale sotto la sorveglianza dei medici. Anzi, anche se i
documenti non permettono di formulare questa ipotesi con sufficiente certezza,
è proprio di ritorno dalla spedizione che ne sottolinea e consacra l'importanza
sulla scena politica egizia che Nefertari si ammala gravemente e muore.
Ramses II,
affranto, l'accompagna, con il fasto che si confà a una regina del suo rango e
della sua statura, all'ultima dimora. Quella
stessa tomba che oggi, con reverenziale rispetto, i turisti possono di nuovo
ammirare per inchinarsi ancora una volta dinanzi alla bellezza e al potere della
grande sposa reale. E forse il loro ammirato omaggio, secondo le credenze
antiche, andrà ad alimentare lo spirito di Nefertari, il suo "Ka", in
modo che la più grande delle regine d'Egitto possa vivere e regnare in eterno.
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