citazioni estratte da: E. T. Salmon, Il Sannio e i Sanniti, Torino,
Einaudi, 1995.
"[…] generale della guerra civile nell'82, si vantava di discendere
dall'eroe della seconda guerra sannitica Gavio Ponzio. I Ponzii vivevano
certamente a Telesia, e alcuni scrittori antichi attribuiscono
effettivamente a Gavio Ponzio il cognomen Telesino" (Salmon, p.
17 n).
"[…] viene anch'egli indicato da Velleio Patercolo e Floro come uno
dei capi sanniti in questo periodo (cfr. Velleio Patercolo, II, 16.1; Floro
II 6.6), ma i Caudini non furono secessionisti nella guerra sociale e non vi
sono testimonianze di un'efffettiva partecipazione di Ponzio a qualche
avvenmento precedente la guerra civile dei tardi anni ottanta, e fu qundi
probabilmente soltanto allora ch'egli acquistò la propria notorietà.
Trattandosi di un personaggio che molto probabilmente era già un cittadino
romano nel 100, difficilmente egli dovette essere stato direttamente
interessato alla lotta per la cittadinanza negli anni novanta" (Salmon,
p. 344).
"[…] due passi, rispettivamente di Floro e Velleio Patercolo, […]
indicano Ponzio Telesino […] quale uno dei generali degli insorti,
ma è impossibile trovare un evento della guerra sociale al quale egli sia
stato presente, mentre compare più tardi, nella guerra civile" (Salmon,
p. 382).
"Fu solo dopo l'atrocità di Sacriportus [odierna Colleferro, dove
truppe guidate da Mario il Giovane, furono sconfitte da Silla; qui i Sanniti
ribelli vennero separati dagli altri soldati e uccisi a sangue freddo],
quand'era dunque ormai troppo tardi, che i Sanniti si gettarono con reale
determinazione nella guerra civile, sotto la guida di Ponzio Telesino"
(Salmon, p. 392).
"[dopo la vittoria di Porta Collina] Silla riunì tutti i
prigionieri, poi coloro fra essi che erano sanniti vennero ammassati nella
Villa Publica nel Campo di Marte e là massacrati fino all'ultimo. Erano non
meno di 3000, forse 8000 uomini. E questo non fu tutto: presi i cadaveri dei
capi più in vista della fazione di Mario (come C. Carrinas, L. Junio
Damasippo, C. Marcio Censorino e Ponzio Telesino), caduti in
battaglia o assassinati dopo do essa, tagliò loro le teste […]" (Salmon,
p. 393).