SAN
TOMMASO
Quando San Tommaso nacque, nel 1226, la città di Aquino era al centro di una vastissima contea cui dava il nome e di cui facevano parte tutti i paesi che oggi la circondano. A capo di questa contea era proprio il padre di Tommaso, il conte Landolfo, che, oltre a lui, ebbe numerosi latri figli tra cui Marotta, che seguendo l'insegnamento e l'esempio del grande fratello, divenne monaca, e Rinaldo, che morì "per fedeltà alla Chiesa" contro l'Imperatore.
La famiglia era una delle più importanti dell'Italia meridionale, e il conte Landolfo, "Giustiziere" di Terra di Lavoro, era continuamente in guerra, per lo più prestando aiuto a Federico II, il grande Imperatore di Germania e di Sicilia, suo lontano parente che fu per molto tempo in lotta contro il Papa, e che oggi è ricordato soprattutto per l'impulso che diede alla rinascita del suo regno, dell'arte, delle lettere, della filosofia e delle scienze. Ma non furono certamente le sue imprese di guerra, né la sua potenza, né la sua ricchezza che diedero fama ed onore a Landolfo. Fu, invece, la santità e la sapienza di uno dei suoi tanti figli a consegnare alla storia e quindi al ricordo dei posteri, il nome suo e quello della sua famiglia.
Ciò, anche se fu proprio Landolfo a riempirgli la strada di ostacoli: per lungo tempo, infatti, non volle accettare la scelta di vita di Tommaso condotta all'insegna della povertà, dello studio e della santità. Una opposizione, quella di Landolfo, che non era molto condivisa dalla moglie, la contessa Teodora, la quale, in cuor suo, sapeva che quel figlio era destinato a cose grandissime, ma non del genere desiderate dal padre. Perciò quando Tommaso, nonostante fosse vissuto per parecchi anni nel monastero benedettino di Montecassino, manifestò l'intenzione di entrare in un Ordine mendicante, ella capì subito che questa era la volontà di Dio e questa era la strada che doveva percorrere. Infatti dovette subito ricordare la profezia che in un lontano giorno, quando ancora non si era resa conto di essere incinta di Tommaso, le fece un monaco chiamato Bono che conduceva vita da eremita nelle grotte dei monti che circondano Aquino.
"Giosci madonna", le aveva detto, "perché tu sei incinta e partorirai un figlio che chiamerai Tommaso… Dio disporrà altrimenti della vostra volontà: egli sarà frate dell'Ordine dei Predicatori e rifulgerà per tanta scienza e santità di vita che nessuno potrà trovarsi nel mondo tra i suoi contemporanei da reggergli a confronto".E che Tommaso fosse sotto la, protezione divina, fu praticamente confermato dal fatto che quando in una notte di tempesta un fulmine colpì la stanza dove dormiva Tommaso bambino insieme ad una sorellina, costei morì, mentre il futuro predicatore ne uscì praticamente illeso. L'opposizione paterna perciò servì solo a rafforzare la vocazione e la decisione che Tommaso prese a Napoli, presso la cui università fu mandato a continuare gli studi dietro pressione dello stesso abate di Montecassino, impressionato dalle capacità fuori dal comune del giovanissimo studente. Fu qui che la sua intelligenza di manifestò in modo superlativo superando brillantemente tutte le discipline universitarie, in special modo la logica e la filosofia. Qui Tommaso si buscò dai proprio compagni l'appellativo di "Bue Muto" per la sua massiccia figura e perché pur essendo il primo nello studio, era umile, serio, taciturno. Un appellativo questo che, qualche anno dopo, farà esclamare al più famoso filosofo di quel tempo quell'Alberto Magno che a Colonia fu suo maestro: "questo bue muto manderà un giorno un tale muggito che ne risuonerà tutto il mondo". Fu ancora a Napoli che all'età di 17 anni e dopo una lunga maturazione, entrò nell'Ordine mendicante dei frati predicatori, fondato da San Domenico. La famiglia tentò con ogni mezzo di opporsi, soprattutto con la forza, metodo che a
Landolfo, uomo d'arme e rude castellano, sembrava il più efficace. Come in una scena da film western, i fratelli di Tommaso si lanciarono all'inseguimento del congiunto, che, dopo l'ordinazione, si era messo in viaggio per Parigi con alcuni confratelli tra cui il Maestro dell'Ordine. Lo presero a viva forza e per oltre un anno fu tenuto prigioniero delle fortezze di Monte San Giovanni Campano e Roccasecca. Ma dopo aver usato tutti i mezzi in suo possesso, fino ad arrivare all'espediente di introdurre nella stanza del frate, per tentarlo, una bella donna che egli non esitò infuriato a scacciare con un tizzone ardente, la famiglia dietro pressione soprattutto della madre, decise di liberarlo. Ormai l'opposizione familiare poteva dirsi conclusa. Libero da queste preoccupazioni Tommaso si recò a Parigi e quindi a Colonia dove divenne l'assiduo discepolo del celebre monaco del suo stesso ordine Alberto Magno. A Colonia, alla scuola di Alberto, che rimase sbalordito dalla sua facilità di apprendimento, di applicazione allo studio e di ragionamento, la fama dell'immensa erudizione di Tommaso incominciò a spargersi ovunque in Europa. Molti studiosi e uomini di Chiesa si rivolgevano a lui ormai per risolvere delicate questiono teologiche e filosofiche. Ad Alberto Magno resterà poi legato da profonda devozione e venerazione per tutta la sua breve vita. E fu lo stesso suo Maestro che lo segnalò all'università di Parigi, la più "infuocata" e più famosa e frequentata università di allora. Il grande predicatore entrò a Parigi preceduto da una vasta fama, che in questa città si allargò a dismisura. Le sue lezioni erano seguite da un pubblico di studenti ogni giorno più folto; le dispute teologiche che erano frequentissime, lo vedevano sempre partecipe e polemico, ma pacato, e i suoi interventi erano seguiti con un fervore appassionato da studiosi e gente comune. La sua mente era sempre occupata a studiare risposte da opporre alle argomentazioni degli avversari. Non si contano gli aneddoti che circolano su di lui in questo periodo. Si dice che un giorno, mentre era seduto al tavolo di Luigi IX il Santo, sbottando all'improvviso, e battendo un pesante pugno sul tavolo, esclamasse: "ecco la risposta da dare ai Manichei !", scandalizzando gli altri commensali ma non il Re, che, anzi, fece portare l'occorrente perché Tommaso potesse appuntare l'idea che lo aveva illuminato. Dopo alcuni anni venne richiamato in Italia dove le maggiori università gli misero a disposizione le loro cattedre. Insegnò a Roma, insegnò a Napoli. Intanto nei ritagli di tempo tra le lezioni, i viaggi, che allora prendevano un tempo lunghissimo, tempo che egli passava in meditazione ed in preghiera, scriveva le sue opere. Grandi ed immortali opere, tra cui le sue due maggiori, la Somma contro i Gentili e soprattutto l'immensa "Summa Theologica". Oltre a queste, Tommaso scrisse un centinaio di opere "minori". A quarantott'anni era l'uomo più in vista della Chiesa in quanto a dottrina, e come tale, il Papa Gregorio X lo chiamò come esperto al Concilio di Lione. Si rimise dunque in cammino per la Francia. Era partito da poco quando un banale incidente avvenuto vicino Teano, bloccò la marcia a Maenza, dove sentendosi male, Tommaso chiese ospitalità nel castello della nipote Francesca d'Aquino che lo accolse con devozione e venerazione. Qui purtroppo il male peggiorò, e sentendosi ormai vicino alla fine, espresse il desiderio di farsi trasportare nella vicina abbazia circestense di Fossanova, perché, come egli disse: "Se il Signore mi vuole visitare è meglio che mi trovi in una casa di religiosi". Tommaso fu ospitato nella cella dell'abate, e tutti i monaci si prodigarono in ogni modo per alleviargli le sofferenze. La fine però era vicina; dopo aver chiesto ed ottenuto l'Eucarestia, circondato dai confratelli e dai frati dell'abbazia, dolcemente morì. Era l'alba del 7 Marzo 1274. In quello stesso giorno a Colonia il suo Maestro Alberto Magno piangendo seppe da una visione della sua morte. Da allora sono trascorsi sette secoli e l'eco del suo nome e della sua dottrina invece di affievolirsi, si sono ingigantiti. Dal nome di Tommaso è derivato un nuovo ramo della filosofia chiamato "tomismo"; sotto la sua protezione il grande Papa Leone XIII volle porre le scuole cattoliche. A lui sono intitolati istituti, giornali specializzati, centri di studi in ogni angolo del mondo, università che tanto tempo fa furono nobilitate dal suo insegnamento. "Aquinate" si chiama la grande facoltà di teologia dell'Italia meridionale a Napoli; "Angelicum", da uno dei tanti appellativi che ebbe in seguito, si chiama una Pontificia Università di Roma, retta dai suoi confratelli; "San Tommaso d'Aquino" è il nome di una delle più importanti università della grande Asia, quella di Manila nelle Filippine. E altre ancora, nel Nuovo e nel Nuovissimo Mondo, terre di cui il nostro grande Santo ignorava, come tutti i suoi contemporanei, l'esistenza.
Tempo fa in un articolo, il prof. Ettore Paratore chiamandolo "Nostro grandissimo connazionale" ha detto che Tommaso d'Aquino è stato "il più forte, il più esemplare temperamento di ragionatore che si sia mai trovato al mondo". Ma le definizioni su di lui e sulla sua opera non si possono contare, tante sono oggi e sono state numerose attraverso i secoli. E da secoli, grazie a lui, come ebbe a rimarcare il Papa Paolo VI il 14 Settembre 1974 nella grande piazza a lui intitolata, in mezzo ad una moltitudine di popolo, insieme al suo, anche il nome di questa città, "Vola per gli spazi e per il tempo".
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