SPARTACO    

Gladiatore capo della rivolta servile contro Roma del 73-71 a.C. Probabilmente di origine tracia, dopo aver militato come ausiliario nell'esercito romano, sarebbe poi stato fatto schiavo, forse dai pirati, e venduto a Roma. Comunque nel 73 si trovava in una scuola di gladiatori a Capua, donde, ribellatosi, fuggì con pochi compagni, ai quali si aggiunsero ben presto numerosi schiavi fuggiti dai molti latifondi della zona e anche un ragguardevole numero di diseredati e nullatenenti liberi delle campagne.

Sottovalutata da Roma, che inviò solo truppe raccogliticce al comando prima di Caio Claudio Glabro, il quale non riuscì a bloccare i ribelli asserragliati sul Vesuvio, poi di Publio Varinio, che non poté impedire il saccheggio dei territori campani, specie di quelli di Nola e di Nocera, la ribellione si estese rapidamente, passando in Lucania.

Qui le forze del ribelle si divisero: Spartaco si diresse verso il nord, mentre il suo luogotenente Crisso si recò nell'Apulia, dove fu sconfitto e ucciso dal console Lucio Gellio Publicola. A sua volta Spartaco, dopo aver battuto l'altro console, Lucio Cornelio Lentolo Clodiano, che aveva tentato di sbarrargli il passo, sconfisse anche Gellio, costringendo poi numerosi Romani, fatti prigionieri, a combattere come gladiatori in onore del morto Crisso.

Poco tempo dopo presso Modena riuscì a sconfiggere il proconsole Caio Cassio Longino Varo. A questo punto però Spartaco, al quale alcuni autori attribuirono il proposito di ripassare le Alpi per ricondurre in patria i compagni (in gran parte Traci, Celti e Germani), si volse nuovamente verso sud, tornando in Lucania, donde passò quindi nel Bruzio, probabilmente con l'intento di passare in Sicilia con l'aiuto di pirati cilici.

Ma nel frattempo Roma aveva reagito energicamente destituendo i due consoli sconfitti e affidando il comando della guerra, con altre sei legioni, a Crasso. Egli riuscì allora a bloccare nel territorio di Reggio Spartaco, il quale, vista delusa la speranza di passare in Sicilia, riuscì però a superare la linea fortificata eretta dai Romani. Dopo alterne vicende presso l'alto corso del Sele si ebbe finalmente lo scontro decisivo, voluto sia dai ribelli sia da Crasso, timoroso che altri, sopraggiungendo all'ultimo momento, potessero togliergli il merito della vittoria.

La battaglia, accanita e sanguinosa si concluse con la completa disfatta dei ribelli: Spartaco stesso trovò la morte sul campo e 6.000 prigionieri furono da Crasso fatti crocifiggere lungo la Via Appia, da Roma a Capua. In azioni successive furono sterminati i molti fuggiaschi, di cui un gruppo fu massacrato in Etruria da Pompeo, il quale poi, proprio come Crasso temeva, si arrogò l'intero merito della vittoria.

La figura di Spartaco, con le sue doti di coraggio e di decisione oltre che di umanità, entrò ben presto nella leggenda incontrando anche il favore di taluni storici romani (Sallustio). Nei secoli successivi tale figura venne presa a modello da Marx, Stalin, Rosa Luxemburg ed altri personaggi storici come simbolo della rivolta della classe servile (operaia) contro quella padronale. 

Si può altresì ritenere che con Spartaco ha termine il modo di gestire la schiavitù da parte dei signori. A tale proposito lo storico tedesco Theodor Momsenn afferma che la condizione degli schiavi dell'epoca romana era di gran lunga peggiore di quella dell'età coloniale. 

 

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