L'EDITTO DELLA FEDE
Fervente cattolico era diventato nel frattempo Teodosio che dopo la malattia che
l'ha colpito a Tessalonica ha aderito alla fede cristiana, che ormai professa
dopo il battesimo ricevuto da Acolio.
Il 3 agosto del 379 i due imperatori proibiscono con un editto tutte le eresie;
il 27 febbraio dell'anno successivo lanciano il famoso editto in cui si dice di
volere unificare la Chiesa secondo la dottrina di Nicea (Editto della Fede):
Noi vogliamo che
tutti i popoli governati dalla clemenza nostra seguano la religione che il santo
apostolo Pietro rivelò ai Romani e che il pontefice Damaso e il Vescovo Pietro
d'Alessandria professano. Noi crediamo che il Padre, il Figliuolo e lo Spirito
Santo formino un sola divinità sotto un'eguale maestà e una pia trinità.
Pertanto ordiniamo che tutti quelli che seguono questa fede si chiamino
Cristiani cattolici, e, poiché crediamo che gli altri siano dementi e insani,
vogliamo che essi subiscano l'onta dell'eresia e che i loro conciliaboli non
abbiamo più il nome di chiese. Oltre la condanna della divina giustizia, essi
riceveranno le severe pene che la nostra autorità, guidata dalla celeste
sapienza, vorrà infliggere loro.
Il 10 gennaio del 381 dichiarano la confessione nicena la sola ortodossa; nel
maggio del 381 è convocato un concilio di centocinquanta vescovi dell'Oriente,
che riconferma il simbolo di Nicea e assegna alla chiesa di Roma il primo posto
e il secondo a quella di Costantinopoli; un altro concilio è tenuto nello
stesso anno ad Aquileia, che condanna il vescovo ariano Ursicino, quelli della
Mesia e della Dacia e impone al clero cattolico di pregare ogni giorno per gli
imperatori.
Per assicurare il trionfo del Cattolicesimo vengono presi altri provvedimenti:
si proibisce agli eretici di tenere assemblee e predicare le loro dottrine, si
vieta agli Ariani d'innalzare chiese, e si toglie il diritto di intestare ed
ereditare beni agli apostati. Ai provvedimenti contro i Cristiani che non
professano il Cattolicesimo seguono quelli contro il paganesimo. Verso la fine
del 381 si minacciano pene a chi compie cerimonie o professa culti pagani. Nel
382 si fa togliere dal Senato di Roma l'altare della Vittoria, che dopo la
battaglia di Azio Ottaviano aveva fatto innalzare nella Curia. Si sopprimono le
rendite di cui godono i templi pagani, se ne confiscano i beni, si vietano i
legati in loro favore e ai sacerdoti e alle vestali si tolgono i privilegi. Gli
imperatori lasciano il titolo e la carica di pontefice massimo.
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