VENUSIA
Città
antichissima VENOSA
conserva nel suo tessuto urbano le testimonianze
della sua storia. Situata su un altopiano delimitato
lateralmente da due valli abitato fin dalla
preistoria, fu scelta dai
romani che nel III secolo a.C., scacciati i Sanniti
che occupavano il luogo, la conquistarono e ne fecero una colonia (291 a.C.)
cui assegnarono il nome di Venusia,
forse traduzione latina di quello della già importante città sannita.
L'attuale centro storico di Venosa "ricalca" l'antico
sistema viario della città
romana, costituito da due vie di attraversamento
longitudinali identificabili
nell'attuale Corso Vittorio Emanuele e Corso Garibaldi, e da una serie di strade
minori trasversali che
descrivevano isolati regolari. Dell'antica
Venusia poco resta, come
" inglobata" nella città medievale, infatti caratteristica
dell'edilizia venosina era
proprio il reimpiego del materiale
architettonico preesistente, cosi che
vestigia della città romana, epigrafi, frammenti architettonici e
bassorilievi, murati nelle chiese, nei palazzi e
tra vicoli e piazze fanno di Venosa un vero e proprio "museo
all'aperto".
ll
Parco Archeologico
costituisce un significativo esempio dell'organizzazione urbana di
Venusia, tra le rovine di complessi residenziali,
spiccano i resti di una domus
patrizia, di un complesso
termale e
dell'anfiteatro risalente al
I-II secolo d. C., del quale resta visibile solo
metà dell'originaria ellisse. Era costituito da tre livelli di gradinate
che poggiavano su altrettanti corridoi
anulari e si ipotizza che
potesse ospitare circa diecimila spettatori. L'anfiteatro fu costruito su
un'area già occupata da edifici d'età repubblicana (III-I secolo a.C.)
ancora visibili tra le rovine dell'anfiteatro. Il
complesso termale è
formato da una serie di ambienti
posti in successione
destinati ai bagni
freddi o frigidarium con una
vasca e un mosaico a motivi marini,
tiepidi o tepidarium e caldi
o calidarium, in più strutture
di servizio e forni che riscaldavano alcuni ambienti con aria calda che scorreva
sotto il pavimento. All'esterno dell'edificio si trovano resti di un cortile
provvisto di porticato, adibito probabilmente a palestra.
Un altro impianto termale, appartenente ad una domus patrizia è stato
identificato nella cosiddetta casa
di Orazio, il poeta latino nato a Venosa nel 65 a.C. Nel 114 d.C.
l'imperatore Traiano decide di deviare il percorso della Via
Appia, per evitare le difficoltà dell'attraversamento del Vulture,
escludendo cosi Venosa dall'importante "regina viarum" che collegava
Roma a Taranto e Brindisi, e che nel 190 a.C., passando per la città, aveva
notevolmente contribuito al suo sviluppo e alla sua importanza. Nel tardo impero
a Venosa si stabilisce una consistente comunità ebraica che ha lasciato una
preziosa traccia con le catacombe
ebraiche, costituite da una serie di gallerie e cunicoli, con alcuni
affreschi, scavate in una collina di tufo appena fuori del centro storico
accanto a ipogei cristiani. Numerose
epigrafi ebraiche (IV-IX secolo d.C.), rinvenute nelle catacombe, nell'area
dell'anfiteatro e nei muri perimetrali dell'Incompiuta,
forniscono informazioni sull'integrazione di questa comunità nella società
romana.
Tra
il V secolo e il IX secolo d.C., Venosa è soggetta
alle invasioni da parte di Ostrogoti, Bizantini, Longobardi e Saraceni
che ne accentuano il declino. I Longobardi costruiscono un Castello
fortificato, modificato nel
1280 in convento di S.Agostino, (oggi
sede dell'Istituto dei Padri Trinitari). Allo stesso periodo del castello
longobardo si fa risalire il cosiddetto Complesso
Episcopale Paleocristiano (nel parco archeologico), anch'esso
costruito sui resti edilizi di venosa romana, composto di due chiese, una
rinvenuta durante lavori di restauro, sotto la Chiesa
Antica della SS. Trinità, dell'altra disposta ortogonalmente alla prima,
resta visibile una struttura trilobata con deambulatorio esterno e contenente
all' interno una vasca esagonale per battesimo ad immersione. Una seconda vasca
a croce greca, è affiancata ad
avanzi di muratura appartenenti alle navate.
L'altra chiesa paleocristiana era anch'essa a tre navate, quella centrale
più ampia rispetto alle laterali e separate da sette pilastri
uniti da archi a sesto acuto, abside
collegato al deambulatorio attraverso otto aperture. Su questa chiesa, i
Normanni eseguirono interventi
e modifiche senza però alterare la planimetria della preesistente chiesa
paleocristiana "trasformandola"
nella chiesa dell'Abbazia della SS.
Trinità.
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