ASSEDIO E DISTRUZIONE DI GERUSALEMME
La guerra giudaica fu ripresa quando ad Alessandria Vespasiano seppe che
Vitellio era stato sconfitto ed ucciso.
Gerusalemme era in balia delle discordie intestine. Tre uomini si contendevano
il potere della città, la quale era divisa in tre fazioni: Simeone figlio di
Giora, Giovanni di Giscala, ed Eleazar. Quest'ultimo con i suoi partigiani
occupava il Tempio, il secondo era accampato presso la cinta esterna e ai passi
del monte Moriah, Simeone era padrone della città alta. Ben presto Eleazar fu
eliminato. Ricorrendo la Pasqua del 70 egli aprì ai fedeli le porte del Tempio,
ma insieme con essi si introdussero alcuni seguaci di Giovanni i quali diedero
mano alle armi e dopo una lotta sanguinosa si impadronirono del tempio uccidendo
Eleazar.
Stavano così le cose in Gerusalemme quando Tito ricevette dal padre Vespasiano
l'ordine di marciare sulla capitale della Palestina. Egli mosse da Cesarea con
cinque legioni, alcune coorti dei presidi dell'Egitto e numerose schiere di
ausiliari. Era l'aprile del 70 e per la ricorrenza della Pasqua molta gente era
convenuta a Gerusalemme da Ogni parte della regione.
Tito credeva di trarre profitto dalle discordie intestine che travagliavano la
città, ma all'avvicinarsi del nemico, le due fazioni si erano messe d'accordo e
la conquista di Gerusalemme, anche per il suo sistema di fortificazioni
che si stendeva in un cerchio di una dozzina di chilometri, presentava serie
difficoltà.
Il figlio di Vespasiano cinse d'assedio la città e fatti tagliare quasi tutti
gli alberi del territorio circostante ordinò che si costruissero numerose
macchine da guerra, poi cominciarono gli assalti.
La prima ad esser assalita fu la città bassa, chiamata Bezetha, cinta da un
poderoso muro fornito di settanta torri. Non era un' impresa facile; le
macchine, quotidianamente ostacolate dagli ostinati difensori, dovettero
lavorare circa quaranta giorni per praticare una breccia nella cinta e nove
giorni e nove notti i Romani furono costretti a combattere lungo le vie e nelle
case per conquistare il quartiere della Bezetha.
Presa la città bassa, i Romani rivolsero i loro sforzi contro il quartiere di
Acra che sorgeva sopra un colle munitissimo e che gli Ebrei difendevano con
accanimento. Anche qui Tito dovette martellare senza tregua con le macchine le
mura e solo dopo otto giorni e sanguinosissime mischie gli fu possibile
impadronirsi del quartiere.
Rimaneva il grande colle sulla cui cima sorgeva il Tempio, custodito dalla
fortezza di Sion e dalle torri Moriah e Antonia. Tito cercò di risparmiare i
suoi soldati prendendo per fame gli assediati e nello stesso tempo ordinò che
si costruisse un bastione che rendesse più facile la conquista della torre
Antonia. Tre settimane furono impiegate in questo lavoro e, poiché gli Ebrei,
malgrado la fame e le epidemie che tormentavano la città, rifiutavano di
arrendersi, nei primi di luglio fu sferrato l'assalto che che fece cadere la
torre nelle mani dei Romani. Questi iniziarono le operazioni contro il Tempio e,
decisi com'erano ad espugnarlo, appiccarono il fuoco agli edifici vicini.
L'incendio sviluppatosi si propagò così al Tempio e questo, quasi
completamente distrutto, cadde l'8 di luglio nelle mani degli assedianti.
I difensori si ridussero nella fortezza di Sion e vi resistettero circa due
mesi. Sion fu poi espugnata nei primi giorni di settembre. La città venne
ridotta ad un enorme cumulo di rovine.
Si narra - ma le cifre sono certamente molto esagerate- che l'assedio costò
agli Ebrei mezzo milione di morti e centomila prigionieri. Di questi quelli che
non avevano superato il diciassettesimo anno di età furono venduti come
schiavi, gli altri vennero inviati in Egitto a lavorare nelle miniere o mandati
nelle varie città dell' impero per gli spettacoli dei gladiatorii o per le
lotte contro le fiere.
Simeone, Giovanni e i più ragguardevoli cittadini furono serbati per farli
sfilare nel trionfo, dopo il quale il primo fu messo a morte e il secondo
gettato in carcere.
La presa di Gerusalemme segnò la fine del regno giudaico. Al re Erode Agrippa
II vennero lasciati i suoi possedimenti che, alla sua morte, furono annessi alla
Siria. La Giudea fu eretta a provincia e ad Emmaus e a Cesarea vennero dedotte
due colonie di veterani.
A perpetuare il ricordo della vittoria sugli Ebrei, sul Velia, a Roma, fu
innalzato un arco marmoreo e nei bassorilievi vennero raffigurati il trionfo di
Tito, le spoglie conquistate e il generale coronato dalla dea Vittoria. Mentre i
tesori del tempio ebraico sottratti alle fiamme vennero assegnate al tempio di
Giove Capitolino che era in via di ricostruzione.
La guerra giudaica e quella contro i Galli e i Germani furono le principali che
si combatterono durante l'impero di Vespasiano, ma non le sole. Un tentativo di
rivolta in Africa fu stroncato sul nascere, una invasione di Daci nella regione
alla destra del Danubio venne respinta e, infine, una ribellione provocata nel
Ponto da un liberto del re Polemone di nome Aniceto fu domata dal generale
Virdio Gemino e il ribelle, che si era rifugiato nella Colchide, venne
consegnato ai Romani.
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