Z Magazine - Marzo 2002

13 febbraio 2002

NOI E IL WORD SOCIAL FORUM

Prime reazioni

Michael Albert

In un evento senza precedenti, approssimativamente 50 mila persone, di cui 10 mila circa erano delegati ufficiali, hanno partecipato a quasi mille forum, dibattiti, marce, "happenings" ed incontri nel corso dei cinque giorni di Porto Alegre, in Brasile.

È stato spossante, senza limiti e confini. Il mio coinvolgimento è stato fortunatamente immensamente ripagante, forse finanche oltre il solito grazie ai molti che erano presenti.

Ho assistito da vicino alle manifestazioni culturali d’apertura, ho appreso molto da presentazioni su temi di grande interesse personale, goduto dell’intervento d’apertura di Chomsky e della sua compagnia, offerto un rinfresco a nome di Z/Znet a trenta persone meravigliose che ammiro e con cui avevo finanche lavorato in precedenza senza averle viste fino ad allora, partecipato ad una tavola rotonda e anche fornito ciò che si chiama una testimonianza, dato una mano con riprese e fotografie di varie persone per video futuri, incontrato meravigliosi attivisti di Indymedia da tutto il mondo, gente del Partito dei Lavoratori brasiliano e ho infine approfittato di una sosta in San Paolo per parlare ed incontrare altre persone anche lì.

Mi piacerebbe tentare di riferire, brevemente, almeno una parte di ciò di cui sono venuto a conoscenza o che mi ha colpito con maggior forza di prima, che possa essere di interesse generale anche per altri. Primo, è possibile avere incontri di un numero immenso di persone in cui, a dispetto del calore, dei numeri e del ritmo frenetico, prevalgano in maniera schiacciante i sentimenti positivi, il mutuo rispetto abbondi e ciascuno goda di uno scambio di informazioni e proponimenti illimitato. Organizzare un simile evento non è semplice – ci sono voluti circa 400 volontari al lavoro per molti mesi, per esempio – ma è fattibile.

Secondo, la sinistra statunitense è orribilmente isolata dai movimenti e dai progetti del resto del mondo. Non è solo che la nostra conoscenza degli altri in tutto il mondo sia scarsa. È che gli altri hanno alleanze e affiliazioni che oltrepassano molti confini e da cui noi abbiamo divorziato, tutti racchiusi all’interno dei nostri. Qualunque sia la causa, si tratta di un problema che richiede un’attenzione urgente. Gli USA sono la bestia. Gli attivisti qui vi si trovano come nel ventre. E né noi effettivamente dentro, né altri che soffrono la violenza della bestia dall’esterno, possiamo raggiungere ciò che vogliamo da soli.

Terzo, come la sinistra americana è separata da molto di ciò che esiste al di là dei suoi confini nazionali, i movimenti esterni non sono solo isolati da ciò che vi accade, ma sono anche in molti sensi ignoranti della nostra situazione. La visione esterna va dal credere che non esista una sinistra in USA, al credere che ve ne sia una ma soffra di una repressione immensa e che si dibatta addirittura per sopravvivere. Molti altri all’estero, per altro fantasticamente ben informati, mi hanno chiesto come potessi mai essere vivo, data la mia militanza, essendo statunitense. Credevano che sia lo stato americano che la sua polizia dovessero certamente farmi fuori prima o poi, o almeno sbattermi dentro, e se non loro, allora senz’altro i miei vicini ed altri concittadini sarebbero stati indotti alla violenza personale dalla mia dissidenza. L’idea che gli USA possano lasciarmi stare e che io non sia attaccato da tutte le persone cui mi rivolgo a proposito di questi temi, e che molti siano ora piuttosto aperti all’ascolto e al dialogo, era completamente opposta alla loro visione di ciò che la vita negli USA debba essere.

Quarto, sono rimasto sorpreso e inebriato dallo scoprire che i dissidenti seri popolano davvero un solo mondo, anche se beneficiamo di una diversità illimitata nelle nostre culture. La misura in cui i rappresentanti e partecipanti più diversi a Porto Alegre – nelle molte sedi, nel campo per i giovani, nelle strade – condividessero valori ed aspirazioni politiche molto simili, nonostante i livelli risibili di comunicazione preventiva, era stupefacente. Gli appartenenti ai movimenti locali in India parlavano dell’abolizione del mercato. Il loro linguaggio non era solo musica alle mie orecchie, ma era fatto anche di parole, toni e sentimenti che io uso regolarmente. Membri di organizzazioni di attivisti estese a tutto il mondo, parlavano del bisogno di istituzioni economiche che promuovano la solidarietà piuttosto che l’individualismo anti-sociale, la cooperazione piuttosto che la competizione, e la partecipazione piuttosto che l’esclusione. Celebravano l’auto-gestione. Lo spirito che li animava era originale e fonte di ispirazione, ma i contenuti erano molto familiari, a dispetto della mancanza di comunicazione, di fatto a dispetto della mia quasi imbarazzante ignoranza della loro stessa esistenza. Il fatto semplice ed eccitante è che idee rivoluzionarie stanno percolando in tutto il mondo. Possiedono una affinità considerevole a livello mondiale. Si pronunciano parole diverse, in linguaggi diversi, ma si esaltano gli stessi sentimenti. C’è davvero qualcosa che sta avvenendo qui, signori Bush-Blair-Berlusconi. Una nuova Internazionale si sta formando, dal basso. E per niente meno di un mondo nuovo.

Quinto, c’erano la città di Porto Alegre, lo stato del Rio Grande do Sul, il Brasile, e la sinistra brasiliana e specialmente il Partito dei Lavoratori, o PT. Questo è un punto troppo impegnativo per anche solo sintetizzarlo qui, eppure sento che dobbiamo per lo meno cercare di far scaturire l’interesse verso questa lotta e questo esperimento incredibili che si stanno dipanando lì. Il PT ha recentemente celebrato il suo 22° anniversario con una festa a Porto Alegre. Vi ho preso parte e sono rimasto profondamente colpito al solo osservare il loro comportamento reciproco, così diverso dal nostro negli USA. Questo partito dà il sindaco a Porto Alegre e il governatore dello stato del Rio Grande do Sul, dove ha luogo il WSF. E il PT ha il controllo di altre città, specialmente l’immensa e importantissima San Paolo. A dire che un movimento di sinistra ha raggiunto il controllo del ramo operativo a vari livelli istituzionali in un paese immenso e sta lottando per rafforzare la sua presa così come per sperimentare nuovi modi di azione. Non controlla le assemblee legislative né il potere giudiziario ad alcun livello. Né controlla le industrie né possiede una presenza organizzata al loro interno, benché esistano un numero crescente di cooperative così come di altri movimenti locali, incluso quelli dei contadini privi di terra, per esempio. Il PT si presenta regolarmente alle elezioni nazionali, e continuerà a farlo con eccellenti chances nelle consultazioni per la presidenza che avranno luogo tra qualche mese. Il loro candidato, chiamato da tutti Lula, concorre per vincere, e ha davvero bisogno dell’attenzione e del sostegno internazionali per evitare violazioni dei suoi sforzi elettorali, eppure, fino ad ora il PT ha solo un’influenza limitata a livello federale.

Il Brasile offre una esperienza straordinaria e molto materiale per apprendere. Cosa fa una sinistra democratica e diversa che consegua conquiste limitate ma importanti ma che abbia ancora molta strada da percorrere? In questo caso, una cosa che fa è istituire ciò che si chiama finanziaria partecipativa, cioè il controllo pubblico del bilancio di spesa statale ovunque dispongano di una sezione operativa. Così hanno iniziato dal rendere cosa pubblica gli investimenti sociali ed economici intrapresi dai loro governi, basata sulla negoziazione con la popolazione organizzata in assemblee o consigli, in una specie di dare-avere cooperativo. La nuova finanziaria partecipativa mira a rimpiazzare la spesa pubblica decisa dall’alto o determinata dalle dinamiche competitive del mercato.

Sul fronte positivo, il bilancio partecipativo e le altre iniziative correlate hanno reso Porto Alegre il miglior posto in cui vivere in Brasile, per stile e standard di vita ecc. Nessuno lo mette in discussione. Inoltre, la finanziaria partecipativa ha incorporato settori sempre più ampi della popolazione nell’attività politica, ha consentito la costruzione di infrastrutture ed esplorato nuovi metodi e logiche di interazione. Sul fronte negativo, la conquista del potere amministrativo ha avviluppato il Partito dei Lavoratori nella necessità di dare coerenza alle attività amministrative giornaliere della città e dello stato, sottraendo molti dei suoi attivisti ed uomini più capaci ad altre priorità come la militanza diretta, lo sforzo di raggiungere una base di supporto locale sempre più ampia e la conquista di nuovi vantaggi e nuovo terreno di azione. Riconquistare la capacità del contatto militante e la qualità battagliera del movimento, allo stesso tempo difendendo, allargando ed utilizzando in maniera efficace il loro potere attuale per il vantaggio inmediato della popolazione ed allargare i loro mezzi di governo ed organizzazione è il compito a portata di mano del Partito dei Lavoratori, sembra.

Oltre a gestire i bilanci posti sotto il loro controllo in maniere sperimentali, cercano di trovare forme di cooperazione e potere popolare e produrre allo stesso tempo risultati contingenti favorevoli – per esempio il governatore del Rio Grande do Sul non molto tempo fa cercò di ridurre i differenziali di reddito tra le classi. Il progetto consisteva nell’incrementare i salari di livello più basso, diminuendo così il gap rispetto a quelli di livello superiore, che sarebbero rimasti invariati. Il parlamento prontamente passò una legge che imponeva che qualunque aumento generalizzato dei salari più bassi fosse controbilanciato da uno corrispondente di quelli più elevati. Questo è quanto riguardo al piano del governatore di ridurre il gap. La morale è che le conquiste in Brasile sono instabili, lo stesso punto sottolineato prima notando la tensione tra lo sforzo di garantire una politica quotidiana migliore e quello di continuare a crescere raggiungendo più persone e lottando. Una variante di questa tensione si manifesterà nelle elezioni venture a proposito della misura in cui abbia senso dare priorità alla conservazione del sostegno attuale, che raggiunge in profondità i settori professionali della struttura di classe del Brasile, piuttosto che al tentativo di conquistare elettori esitanti tra i lavoratori più poveri e contadini – tutto ciò a fronte dello sforzo unitario del capitale di far uso di un’informazione manipolata contro Lula, e forse degli USA di mettere il loro peso in gioco per suscitare una reazione.

Il mio punto di vista riecheggia una cosa che il mio cantautore preferito scrisse qualche decennio fa: "non c’è niente da fare nascendo, ma morendo". Nella mia versione di gran lunga meno poetica, un movimento che non lavori per raggiungere sempre maggiori conquiste e potere non fa che camminare sull’acqua, indebolirsi e alla fine affondare sotto la pressione residua delle istituzioni. La democrazia sociale – cioè, il porre limiti alle perverse e deprecabili operazioni del capitalismo e dell’elitarismo nelle loro forme – non è abbastanza. Sradicare queste forme e sostituirle con le nostre alternative superiori deve essere il nostro goal, e ogni azione deve portarci più vicini a questo risultato, alla fine non solo in un settore, ma a livello di tutta la società.

Il PT è senza dubbio ben consapevole di aver bisogno di raggiungere il popolo per conquistare il parlamento, per rovesciare la vecchia magistratura e per organizzare la gente sui luoghi di lavoro e nelle comunità attraverso propri consigli democratici perché manifesti la sua volontà non solo a riguardo dei bilanci di spesa dello stato e non solo a livello della spesa pubblica complessiva, ma a quello dell’intera società ed economia brasiliana, di tutte le sue industrie ed istituzioni, sradicando forme vecchie e adottandone nuove con una logica e dei valori completamente nuovi.

Il punto è che, parlando del Brasile, degli USA o di qualunque altro luogo, dobbiamo accettare questa logica del guadagnarci riforme non riformiste e costruire movimenti sempre più potenti per formare allo stesso tempo l’infrastruttura della nuova società nei nostri paesi.

Sesto, non avete notato queste esternazioni piuttosto strane che di tanto in tanto appaiono nei media? Cose come Bill Gates che stringe le mani di Bono e chiede ai ricchi di prestare seria attenzione alla condizione dei poveri? Non siate sorpresi dal vedere finanche l’IMF o la Banca Mondiale chiedere ad alcuni dei maggiori dissidenti di sinistra di dar consigli e cercare di irreggimentarli in meetings e sessioni di pianificazione positiva e cose simili.

Che succede? Ve lo spiego io. L’altro fronte è impaurito. Sì, con tutte le loro bombe, i loro media, tutti i loro beni, hanno paura. E fanno bene. Ciò che sanno – e che spesso sorprendentemente sfugge alle nostre coscienze – è che il loro immenso edificio di potere e giustizia alla fine poggia sul consenso e sulla passività popolare. La nostra sottomissione è indotta e rafforzata dalle istituzioni, naturalmente. Ma queste elite economiche nervose si rendono conto di ciò che a noi sfugge: che il nostro consenso e la nosta passività si stanno annientando. Delle crepe si stanno aprendo e nuove faglie cominciano ad emergere. E quando le faglie nella sottomissione raggiungono un certo livello, benché possa occorrere ancora molto tempo affinché le strutture esistenti crollino letteralmente, invertire il processo di dissoluzione diventa molto difficile.

Le elite economiche e politiche hanno paura, in altre parole, che le crepe nel loro sistema, per quanto ancora lontane dal raggiungerne la cima, si avvicinano al punto in cui sarà difficile arrestarle.

Questa è la guerra. La loro parte ci domina ancora, in maniera schiacciante a dire il vero, Ma la nostra è in movimento. In tutto il mondo la direzione sta cambiando, letteralmente. Nella testimonianza che ho offerto al World Social Forum, ho concluso affermando "credo che l’equità, la solidarietà, la diversità e l’autogestione stiano arrivando al Brasile, alla Tailandia, alla Turchia, al Messico, all’Italia e alla Russia, al Sud Africa, al Vietnam e all’Afganistan. Credo finanche che l’equità, la solidarietà, la diversità e l’autogestione stiano arrivando agli USA e che il World Social Forum e tutti i nostri movimenti e sofrzi debbano essere parte di un gigantesco processo intrecciato che lo renderà possibile".

Il World Social Forum mostra di fatto che "un altro mondo è possibile" e che con sufficiente impegno e solidarietà possiamo renderlo realtà. La sola questione reale non è se vinceremo, ma come possiamo fare per far sí che accada presto piuttosto che tardi.

Fonte: zmag.org/italy

Traduzione: De Simone

01/2002