QUATTRO PASSI VERSO IL FUTURO.

Bilancio di Porto Alegre 2002

Riccardo Petrella

Tra i tanti e significativi aspetti che uno avrebbe voglia di sottolineare, al termine del secondo Forum sociale mondiale di Porto Alegre, mi limito a proporne quattro.

Le storie locali

Il primo attiene a un dato fondamentale sul piano politico-culturale. Come l'anno scorso, anche questa volta gli organizzatori del Forum sociale mondiale non hanno voluto proporre una visione ideologica globale comune né redigere un documento finale da utilizzare come programma di azione strategico per l'insieme dei movimenti presenti a Porto Alegre. A giusto titolo, restano convinti che la costruzione di un altro mondo si fa soprattutto grazie alle centinaia e centinaia di lotte locali necessariamente diverse per quanto riguarda le loro matrici culturali, i contenuti specifici e le modalità di azione.

Si tratta di una scelta di grande valore in favore dell'alterità plurale e della portata fondamentale delle storie locali: per cambiare il mondo oggi, non v'è bisogno di una "scuola di pensiero" centrale né di "maîtres a penser" pontificali. È il capitalismo conquistatore che, a causa delle radici violente su cui si sviluppa, ha bisogno di un sistema globalitario unificante e omogeneizzante.

La pace e i beni comuni

Il secondo aspetto significativo emerso è che l'impossibilità di poter contare su una visibilità globale unitaria dei numerosi dibattiti, manifestazioni, risultati e proposte sui tanti temi cruciali come quelli della guerra, dell'educazione, dei media, della democrazia, della genetica, della diversità culturale, dell'economia sociale, dell'energia, della globalizzazione delle lotte… non ha impedito alle decine di migliaia di partecipanti di constatare che alcune problematiche hanno irrigato, più di altre, l'insieme dei lavori del Forum sociale mondiale.

Penso, in particolare, a tre problematiche: la pace, per ricominciare a lottare contro il territorio della follia distruttrice elevata a regola a livello locale e internazionale non solo nel contesto del conflitto armato oggi più violento - il conflitto israelo-palestinese - ma, a seguito della nuova divisione del mondo in due blocchi, "o con noi" "o con gli altri", in ragione della quale i potenti del mondo, sotto la leadership degli Stati uniti, hanno installato la famiglia umana attuale in una situazione drammatica di guerra, di guerra mondiale, di guerra di lunga durata.

La seconda problematica è la promozione dei beni comuni mondiali quali l'acqua, la terra e l'alimentazione, la salute, l'educazione… in alternativa alla privatizzazione e alla mercificazione di ogni forma fondamentale di vita e di "socialità".

La terza è la creazione di una nuova generazione di istituzioni "locali e mondiali", per farla finita con mezzo secolo di storia di dominio e di predazione ad opera di istituzioni inter-nazionali al servizio unicamente dei potenti, quali il Fmi, la Banca mondiale e il Gatt-Wto, e di istituzioni di cooperazione multicentrali divenute sempre più deboli e impotenti quali quelle, per certi versi meritorie, delle famiglie dell'Onu: il Consiglio di sicurezza, l'Oms, la Fao, l'Unesco, l'Organizzazione internazionale del lavoro, l'Unicef, l'Unctad, l'Unido, eccetera.

Mi si permetta una piccola enfasi sui "beni comuni mondiali". Non è un caso che questa problematica sia emersa come problematica irrigante: il XXI secolo è iniziato con la presa di coscienza che la società detta "multimediale" è stata costruita negli ultimi trent'anni sull'esclusione strutturale del diritto alla vita per più di tre miliardi di esseri umani [oggi] e su una logica di appropriazione privata e di sfruttamento a fini di lucro - e non su una logica di cura - delle risorse del pianeta che hanno condotto alla distruzione e al progressivo indebolimento della vita sulla terra.

È così che l'acqua, simbolo primario della vita, è diventata dappertutto il motore di lotte locali e mondiali contro l'espropriazione e l'inquinamento della terra, la contaminazione dei fiumi, la mercificazione della vita, la "sete" di profitto delle grandi compagnie multinazionali, lo smantellamento dei servizi pubblici, lo sfruttamento delle donne e delle bambine, l'abbandono delle pratiche e delle solidarietà comunitarie locali, le strategie geopolitiche di dominio da parte degli Stati a monte dei bacini idrologici, le devastazioni di un urbanismo che ha ridotto le acque a una gigantesca fogna.

Proposte di azione

C'è un altro aspetto da sottolineare e concerne la capacità del "popolo di Porto Alegre" di lavorare su proposte concrete di azione. Contrariamente a quanto sperato dai potenti, la voluta assenza di prescrizioni iniziali e di ricerca di una sintesi politica finale, lungi dallo sterilizzare la volontà di costruzione di un altro mondo, ha stimolato i vari gruppi e movimenti uniti da interessi e problemi comuni ad elaborare piattaforme comuni di proposte e a costituire delle coalizioni mondiali di coordinamento delle lotte.

Basta citare la coalizione mondiale attorno alle lotte contro la brevettazione dei microrganismi, la coalizione nel campo dei media e della comunicazione, la coalizione delle organizzazioni in lotta contro le privatizzazioni e la mercificazione dell'acqua. Da segnalare anche gli impegni di azione comune presi dal Forum mondiale dei parlamentari, dal forum mondiale dei poteri locali, dal Forum mondiale dell'educazione, e - last but not least - la decisione di organizzare già nel 2002 una serie di Forum regionali, in Europa, in Asia, oltre al terzo forum mondiale a Porto Alegre nel 2003.

Se si pensa che nel maggio 2000 nessuno sapeva ancora che ci sarebbe stato un Fsm a Porto Alegre, i passi compiuti dal "popolo di Porto Alegre" nello spazio di 16, 18 mesi, sono stati quelli di un gigante. Di un gigante buono, per di più.

La festa e la gioia

Infatti il quarto e ultimo aspetto significativo è rappresentato dalla festa e dalla gioia. Ancora una volta, Porto Alegre ha meritato il suo aggettivo. La gioia è stata presente in tutte le manifestazioni di strada, nelle conferenze, nei workshop, nella faccia dei partecipanti e non solo delle generazioni giovani "balde e belle". La gioia ha caratterizzato le decine di gruppi teatrali di strada; gli happening, i piccoli gruppi musicali. Tutti hanno creato e vissuto un clima di festa, di amicizia, di condivisione e di fiducia nel divenire da costruire, confermando così che non si è mai vista una rivoluzione sociale fatta da gente triste.

Fonte: Carta 2/2002