UN VERTICE DA PRENDERE SUL SERIO

 

di Giuliano Da Empoli

Quest'anno il summit degli anti-globalizzatori di Porto Alegre va preso sul serio.

Nato nel 2001 per fare da contraltare al Forum economico mondiale di Davos, luogo d'incontro dei potenti della terra da 32 anni, il Forum sociale è già diventato adulto. Al punto che molti (non solo tra le fila dei no global) pensano che i rapporti di forza tra questi due eventi si siano invertiti. E che saranno proprio gli ideologi di Porto Alegre, più che gli gnomi di Davos, a definire i contorni del dibattito in corso sui grandi temi della globalizzazione, del multiculturalismo, della genetica.

A comprovare questa ascesa apparentemente irresistibile del Social Forum c'è, tra le altre cose, l'annuncio della partecipazione di alcuni tra i più importanti esponenti della sinistra moderata europea ai lavori di Porto Alegre.

Laddove l'anno scorso c'erano solo i rappresentanti della sinistra antagonista (i Bertinotti e gli Agnoletto di tutto il mondo, per intendersi), quest'anno cominciano ad affacciarsi i leader della sinistra che governa (o ha governato) l'Europa. Per la Francia ci saranno ben sei ministri del governo Jospin. Per l'Italia, il più importante superstite della sinistra di governo, il sindaco di Roma Walter Veltroni, nonchè numerosi esponenti di primo piano del Centrosinistra.

Questo processo di "istituzionalizzazione" merita una riflessione.

È comprensibile che il movimento dei no global eserciti un forte potere di attrazione sui leader della sinistra moderata. Da un lato gli anti-globalizzatori continuano a dar prova di una capacità di mobilitazione che non può che suscitare l'invidia dei dirigenti della sinistra governativa; in particolare, in un'annata elettorale, come nel caso della Francia e della Germania, o all'indomani di una grave sconfitta, come nel caso italiano. Alcune posizioni assunte dai no global, inoltre, possono essere condivise anche dai progressisti più moderati (si pensi, ad esempio, alla lotta contro i paradisi fiscali o alla riforma dei meccanismi di governance sovranazionale).

A maggior ragione, il potere di attrazione di Porto Alegre cresce se si confronta la confusa, ma vivace progettualità degli anti-globalizzatori con l'encefalogramma piatto fatto registrare da alcuni schieramenti progressisti nazionali, come il centrosinistra italiano. Eppure, nonostante tutto ciò, la corsa a Porto Alegre nasconde una trappola pericolosa per la sinistra europea.

È già accaduto in passato che una variegata costellazione di movimenti sociali, di gruppuscoli minoritari e di intellettuali radicali assumesse il controllo di una grande forza politica occidentale. Fra il 1968 e il 1992, i new liberal alla Mc Govern hanno dominato il partito democratico americano. Mettendo al centro del programma democratico temi assai importanti come il femminismo, il multiculturalismo, i diritti dei gay e il pacifismo. Ma dimenticando completamente di rivolgersi a quella stragrande maggioranza di americani che continuava a porsi problemi come il lavoro, il potere d'acquisto, il livello delle tasse, la criminalità.

È accaduto, così, che i ventidue anni di dominio dei new liberal sul partito democratico abbiano coinciso con diciotto anni di governo repubblicano del Paese (interrotti solo dalla breve parentesi di Jimmy Carter, eletto sull'onda dell'indignazione per lo scandalo del Watergate). Possono anche aver ragione, di conseguenza, i leader della sinistra di governo che andranno a Porto Alegre a raccogliere le istanze (molto diversificate) degli anti-globalizzatori. Purchè non dimentichino la lezione americana.

Giuliano Da Empoli

Fonte: Il Piccolo 30/1/2002