BILANCIO PARTECIPATIVO: L’ESPERIENZA DI PORTO ALEGRE
di Sandra Cangemi
Tredici anni fa, in una città del sud del Brasile nello Stato del Rio Grande do Sul, ormai famosa per il Forum Social Mundial (che quest’anno ha visto la straordinaria partecipazione di 60.000 persone), nasceva l’esperienza dell’Orcamento Partecipativo - il bilancio partecipativo - che oggi si può dire ben avviato e che mostra i suoi primi risultati concreti. Nel racconto di Sandra Cangemi, ecco come funziona.
Scena prima. Il minuscolo cortile di una casetta. Sotto una grande magnolia, indifferenti alla pioggia che comincia a cadere, sono ammassate una trentina di persone. Anziani e ragazzine, una giovanissima madre con un paio di bambini piccoli, donne e uomini, pelli bianche e pelli nerissime, capelli biondi, bianchi o crespi e corvini. Osservano uno schema appeso a un muro e discutono con ordine, anche se quello di cui stanno parlando non è affatto un argomento qualsiasi: è il futuro delle loro case, il loro futuro. Siamo in una favela del bairro Cristal, a Porto Alegre, e stiamo assistendo a una riunione di bilancio partecipativo (confidenzialmente OP). E’ presente anche un facilitatore, cioè un dipendente comunale il cui compito è appunto quello di facilitare la partecipazione dei cittadini, andando anche nelle case della gente per spiegare i problemi e raccogliere opinioni. Sergio, un quarantenne sottile con un bel viso pallido da Gesù Cristo, tecnico elettronico scivolato nella povertà che ora vive in favela e si dedica anima e corpo all’esperienza del bilancio partecipativo (è delegato e fa circa 30 ore di lavoro volontario alla settimana), ci spiega la situazione: in questa zona verrà costruita una grande strada e molte case dovrebbero essere abbattute. In qualsiasi altra città lo si farebbe e basta, tanto l’insediamento è illegale. Ma non a Porto Alegre. L’assemblea dei residenti ha ottenuto che venissero investiti 140mila reais per il recupero e la riqualificazione della favela, che prossimamente dovrebbe essere inserita nel piano regolatore del Comune. Le case distrutte verranno ricostruite; in questa fase la comunità sta lavorando al progetto con la consulenza di due architetti, un assistente sociale e il consigliere comunitario che ha eletto.
Pescatori sostenibili
Scena seconda. Siamo a Ilha da Pintada, l’isola più popolata della laguna che fronteggia Porto Alegre. Ci vivono circa 4mila dei 6-7mila abitanti delle isole. La scenografia è spettacolare, ma le ville e villette di lusso circondate da giardini rigogliosi non devono ingannare: sono le case di vacanza dei portoalegrini ricchi. La popolazione residente è poverissima: quasi tutti pescatori che sfruttano come possono una risorsa in via di sparizione. Cesàr Alvarez, segretario della Prefettura (il Comune), ci spiega che il pesce è in continuo calo, così come la biodiversità vegetale e animale, anche a causa dell’inquinamento. Buona parte dei cittadini dell’isola, 6-700 persone, sono riuniti nella cooperativa Copeixe, che ha sede nella grande baracca di legno dove ha luogo il seminario che stiamo seguendo. Autonomia, trasparenza, sviluppo sostenibile, inclusione sociale, integrazione con la comunità sono i principi fondamentali su cui si basa. Sviluppo sostenibile in questo caso vuol dire molto concretamente limitare la pesca, riconosce una delle socie della cooperativa, Rosemari Motta. Ma perché questo non si traduca in un aggravamento della povertà occorrono inventiva, coraggio e disponibilità da parte del Comune a investire risorse pubbliche in nuovi progetti: per esempio la costruzione di un magazzino refrigerato e la possibilità per la cooperativa di vendere direttamente il pesce al mercato pubblico, diversificando le attività (nel periodo della riproduzione del pesce, i lavoratori si dedicano al turismo ecologico e all’artigianato). Alle assemblee del bilancio partecipativo, iniziate nel ’95, prende parte praticamente tutta la popolazione dell’isola, "e questo ci ha cambiato la vita", assicura Valdir Coelho, un altro membro della comunità. "Con l’aiuto del Comune siamo riusciti a ottenere un’assicurazione, a comprare nuove reti e nuovi motori per le barche. E’ la prima volta che una cosa del genere accade in Brasile, ed è un modo molto concreto di riconoscere il valore dei pescatori sostenibili".
Gestione pubblica e democratica
Ma la vita è migliorata anche per altri motivi: rafforzamento e democratizzazione dei servizi sociali e sanitari, programmi contro la malnutrizione, asfaltatura delle strade e una rete di scarico delle acque pluviali fondamentale in un’area soggetta ad alluvioni. Adesso tocca a tutti i cittadini mantenerla efficiente: i manifesti esposti in tutta l’isola raccomandano di non buttare rifiuti nei wc e di controllare che i tombini siano efficienti e non intasati. Ancora: bilancio partecipativo qui vuol dire iniziative per creare lavoro socialmente utile, come la nascitura cooperativa (136 persone che stanno ricevendo una formazione ad hoc) per la separazione della spazzatura. Vuol dire una gestione dell’acqua pubblica e democratica, con tasse minime per la popolazione più povera, ma anche efficiente: una delle ultime realizzazioni è un serbatoio che soddisfa le necessità della cittadinanza anche nelle ore di punta. Forse è il ricordo del muro che negli anni Sessanta aveva separato fisicamente l’isola dalla città, per proteggerla dalle mareggiate, a far sì che gli abitanti di Ilha da Pintada insistano tanto sull’inclusione e sulla partecipazione. Ovviamente con la garanzia dell’esercizio del dissenso: come dimostra in pratica una bellicosa isolana dalla chioma corvina e la pelle mulatta, titolare di una scuola di samba spiritosamente battezzata "Dal lixo al liscio" (lixo in portoghese vuol dire spazzatura), che sostiene che il governo municipale si preoccupa più dell’ecologia che delle persone e rivendica un incontro urgente con l’assessorato per l’ambiente.
Il ciclo del Bilancio Partecipativo
Scena terza. In giro con Sergio nella favela di Villa Cristal. E’ dignitosa, persino graziosa: casette quasi tutte in muratura o in legno, strade in parte asfaltate. Sergio ci presenta Claudia Gomez, piccola e rotondetta, sulla trentina, cinque figli (l’ultima avrà un paio di mesi) e nessun marito, impiegata in una ditta di computer. E’ la presidente dell’associazione dei moradores (gli abitanti) della favela, eletta con oltre 300 voti su 618 famiglie. I soci eleggono un esecutivo di sei persone, che rappresenta la comunità e controlla, tra l’altro, i delegati al bilancio partecipativo; che però sono un’altra cosa. I residenti della favela (così come i membri di ogni comunità e quartiere di Porto Alegre) si riuniscono ed eleggono i loro delegati (uno ogni 10 presenti fino a 100; la proporzione diminuisce con l’aumentare dei partecipanti). I delegati di Villa Cristal sono 60, il che significa che la partecipazione è alta. I delegati, a loro volta, partecipano all’assemblea di zona (la città è divisa in 16 zone), aperta alla popolazione, così come le sei assemblee tematiche, formate da associazioni, gruppi ed entità più strutturate della società civile, che si occupano di organizzazione della città e sviluppo urbano; circolazione e trasporti, salute e assistenza sociale; educazione, divertimento e tempo libero; cultura; sviluppo economico e tasse. Ogni forum di delegati di zona e ogni assemblea tematica elegge due consiglieri: i 44 eletti formano il Consiglio del Bilancio partecipativo, la massima autorità su questo tema. I consiglieri sono temporanei e non pagati, ma ricevono un corso di formazione di tre mesi dal Comune. Non solo: in 13 anni di questa pratica di democrazia diretta sono nati una trentina di commissioni, forum, gruppi di lavoro che si occupano dei temi più vari - dai diritti dei bambini a quelli dei disabili, delle donne, degli anziani, dalla salute all’accesso alla terra, dalla scienza al turismo - con una funzione tutt’altro che rituale. Così come nient’affatto rituale è la gestione del Bilancio partecipativo vero e proprio, che si articola in base a regole (decise autonomamente da ogni assemblea e modificabili di anno in anno) e tempi precisi. Tra marzo e aprile le assemblee plenarie valutano il consuntivo del bilancio e le realizzazioni concrete; modificano, se lo ritengono utile, norme e criteri ed eleggono i delegati. In maggio si svolgono le discussioni a tema e nei vari quartieri e comunità, per definire le priorità e suggerire strategie e iniziative. Tra luglio e settembre il Consiglio del Bilancio stende una proposta popolare di bilancio e la discute con il Consiglio comunale. Tra ottobre e dicembre il Consiglio, il Gabinetto di pianificazione del Comune e il Coordinamento delle relazioni con la comunità elaborano il piano definitivo sulla base di tre criteri fondamentali: le priorità individuate dalle assemblee di zona, la carenza di servizi della zona stessa, la densità di popolazione.
Big Cristal aiuta Villa Cristal
Con quali risultati concreti? A Villa Cristal per esempio il fiume dovrebbe cambiare nome; una volta lo chiamavano Sangra de la muerte, perché ogni anno esigeva il suo tributo di case e vite umane; oggi le rive sono state rafforzate e le strade asfaltate. Inoltre c’è un consultorio familiare ed è in programma un asilo. La favela sarà legalizzata, una parte delle case verranno risanate e gli abitanti delle altre saranno trasferiti in case popolari. Come è già successo alle 718 famiglie che vivevano in uno spazio ora occupato da un grande centro commerciale, noto come Big Cristal: il Comune ha mediato e il proprietario del terreno, il Jockey Club, ha accettato di costruire per i favelados rimasti senza abitazione una serie di casette piccole e di rinunciare a costruire sulla cima di una collina verdissima.
Un po’ di storia
Città quasi di confine, con un’economia basata sul commercio e il terziario e una prevalenza di microimprese, Porto Alegre è stata la prima città brasiliana a sperimentare il bilancio partecipativo da quando, nelll’88, il Partido dos Trabalhadores è al governo: il primo passo è stata una riforma fiscale per drenare risorse, il secondo l’invenzione insieme alla cittadinanza di modi per far partecipare tutti -e soprattutto i più esclusi - alle scelte collettive. Ma questa esperienza in continua trasformazione (è regolata solo da un articolo dello Statuto comunale, la cittadinanza ha sempre rifiutato che venisse cristallizzata in una legge) non nasce dal nulla; affonda le sue radici in una tradizione di autonomia e di movimenti popolari urbani. E’ su queste basi che si sono spontaneamente costituite le 16 aree in cui è divisa Porto Alegre. Ogni anno mediamente 45mila persone (su 1.300.000 abitanti) partecipano alle assemblee dell’OP. Nei primi dieci anni di questa esperienza la popolazione ha deciso l’impiego di oltre 700 milioni di dollari, e la quota del bilancio comunale gestita con questo sistema è passata dall’11 a quasi il 25 per cento. Secondo una ricerca svolta nel 2000 dalla municipalità, su 1.577 partecipanti, le donne sono il 58% e i maschi il 42 (con una chiara tendenza all’aumento della partecipazione femminile), i bianchi il 61%, i neri il 20%, gli indios il 3,6%. I ceti meno istruiti e con reddito inferiore partecipano di più, ma la tendenza è a un aumento dell’interesse delle classi medie. Gli intervistati affermano di frequentare le assemblee soprattutto per aiutare la propria comunità e per esercitare concretamente la cittadinanza. Il 60% dice di aver beneficiato direttamente di iniziative o servizi ottenuti con il bilancio partecipativo; 64 intervistati su cento sentono di avere sempre o quasi sempre un potere decisionale nelle assemblee, 65 su cento pensano che i delegati rispettino di regola la volontà della comunità e la informino in modo soddisfacente.
Risultati concreti
Ecco alcuni esempi. Nel 1987, 400mila poveri abitavano in 200 favelas. Oggi molte favelas sono state riqualificate e urbanizzate, il 99% della popolazione dispone di acqua potabile e il 92% di servizi igienici. Le scuole comunali da 29 sono diventate 90 e l’evasione scolastica si è ridotta a meno del 2%. Ci sono progetti per lo sviluppo di piccole imprese e cooperative nell’ambito dell’economia popolare solidale, con la costruzione di reti autogestite di produzione, commercio, credito e consumo. La formazione permanente e l’educazione alla democrazia partecipativa sono una delle "fissazioni" di Porto Alegre, che si definisce "città educatrice" e utilizza le sue scuole a pieno ritmo, di giorno e di sera. E gli indicatori dello sviluppo umano in effetti sono da Nord del mondo: l’aspettativa di vita è di 70,3 anni, la mortalità infantile è del 15 per mille, la popolazione alfabetizzata è il 97%. Porto Alegre è considerata dall’ONU, che raccomanda il bilancio partecipativo come "best practice", una delle 40 città meglio gestite del mondo, e piace persino alla Banca Mondiale.
Scuola di democrazia
L’OP è dunque un sistema che ha migliorato in modo significativo la vita di migliaia di persone e ha ridotto clientelismo e corruzione, ma non solo: è un’esperienza che ha sviluppato il senso di responsabilità collettiva e di appartenenza alla comunità, la capacità di risolvere i conflitti e di costruire patti sociali, la coscienza critica e il controllo sull’operato dei politici, ma anche la comprensione di quanto è complesso gestire una metropoli. E soprattutto la crescita del sapere collettivo sui propri luoghi di vita e la progettazione di nuovi modelli di sviluppo e convivenza: sull’argomento l’amministrazione comunale ha organizzato negli ultimi anni tre. Un tema caldo è, ovviamente, la distribuzione delle risorse. Tre anni fa è stato approvato uno statuto sulla proprietà della terra: quelle non utilizzate pagano imposte crescenti e dopo cinque anni vengono espropriate. La prossima questione sul tappeto è una nuova riforma fiscale. I conflitti ovviamente non mancano, ma i risultati ottenuti dall’OP - anche in termini di dinamismo economico - sembrano piacere anche alle classi più benestanti.
Insomma, il bilancio partecipativo è una vera scuola di democrazia: faticosa, complicata, appassionante, sorprendente ("una città adolescente, ma che cresce bene", ha definito Porto Alegre un consigliere del bilancio partecipativo). "Siamo molto orgogliosi di far conoscere agli altri questa esperienza, anche se è ovvio che non può essere presa e trasferita così com’è", spiega Sergio. "In fondo potrebbe essere considerata una forma di cooperazione Sud-Nord: è qualcosa che noi del Terzo mondo possiamo offrire a voi dei paesi ricchi ".
Il bilancio partecipativo nel mondo
Sono circa 200, in 18 paesi del mondo, le città che in modi diversissimi e spesso parziali praticano forme di bilancio partecipativo: tra le altre metropoli come Montevideo, Buenos Aires, Città del Messico, Barcellona, Parigi. Di sviluppo locale sostenibile e bilancio partecipativo si è discusso in un workshop del secondo Forum sociale mondiale di Porto Alegre organizzato dalla rete francese "Democratizzare radicalmente la democrazia" che cinque anni fa, "scoperta" l’esperienza di Porto Alegre quando era ancora quasi sconosciuta, decide di diffonderla coinvolgendo l’associazione "Gli amici di Le Monde Diplomatique" e la popolazione di una quindicina di comuni francesi. La pratica si diffonde velocemente in diverse città di Inghilterra, Spagna, Germania, Svizzera, a volte mescolando l’ispirazione all’esperienza brasiliana con quella, per molti aspetti diversa ma comunque interessata alla democratizzazione della gestione del territorio, di alcune città statunitensi e della città neozelandese di Christchurch. Esperimenti paralleli si sviluppano intanto in altri continenti, dal Camerun al Senegal, dal Congo ad Haiti allo stato indiano del Kerala. La rete diventa internazionale e sempre più attiva: elabora proposte, fa pressioni sui governi locali, confronta le esperienze, mette a punto strumenti per valutare l’efficacia del bilancio partecipativo. Nel luglio del ’99 la prima riunione di rappresentanti francesi, africani, spagnoli, svizzeri, belgi, per elaborare la carta delle regole della democrazia diretta. L’obiettivo non è ovviamente "copiare" Porto Alegre, tanto meno farne una moda, ma piuttosto ripensare radicalmente la gestione delle città. Del resto alcune esperienze di bilancio partecipativo si sono sviluppate in modo del tutto autonomo da Porto Alegre: per esempio quella della regione del Charente, Francia meridionale (www.budget.partecipatif.org), dove enti locali e associazioni di cittadini di diversi paesi hanno firmato un protocollo di accordo e creato una consulta popolare (formata da mille persone, che ne rappresentano 300mila), che gestisce una quota di bilancio per lo sviluppo sostenibile del territorio.
E in Italia?
Anche in Italia la riflessione su questi temi si è avviata da tempo. Alberto Magnaghi, coordinatore del Laboratorio di progettazione ecologica degli insediamenti dell’Università di Firenze, e Giorgio Ferraresi, coordinatore del Laboratorio di progettazione ecologica del territorio del Politecnico di Milano, hanno presentato al workshop la "Carta del nuovo municipio" che disegna le linee guida delle nuove forme di democrazia diretta, dello sviluppo locale sostenibile e di criteri innovativi per misurare il benessere. Nel frattempo crescono le esperienze di partecipazione: a Venezia, Roma (X e XI circoscrizione), Napoli, dove vengono nominati assessori o delegati del sindaco al bilancio partecipativo; a Firenze e in altri 40 comuni della Toscana, che stanno sperimentando l’Agenda 21. E ancora a Genova, dove si è costituito un Forum della città educativa; a Trento, dove a maggio si terrà un corso di formazione sul bilancio partecipativo e indicatori si sviluppo locale; nell’area di Vimercate e in altre città della cintura di Milano, dove i cittadini sono coinvolti in esperimenti di gestione del territorio. Ma l’esperienza più "antica" e interessante è probabilmente quella di Grottammare (Ascoli Piceno). Nel ’94 la cittadinanza è stata coinvolta dal sindaco Massimo Rossi nella discussione del piano regolatore. Da allora il consenso e la partecipazione sono cresciuti in modo esponenziale dando luogo a scelte controcorrente: progetti di cooperazione con il sud del mondo, centri polivalenti per gli immigrati, per i giovani e per gli anziani, gestione democratica ed efficiente dei servizi, metà delle aree edificabili riportate all’uso agricolo, traffico limitato sul lungomare... ". Certo, queste scelte innescano dibattiti e conflitti, il cui esito non è mai scontato", osserva il sindaco, "ma sono proprio questi conflitti a far crescere la consapevolezza dei cittadini sugli interessi in gioco".
Il corso di formazione a Trento
Il World Social Agenda (promosso da Fondazione Fontana e Unimondo e presente a Civitas, Padova) organizza il primo corso italiano su Bilancio Partecipativo con il titolo "indicatori e strumenti per una nuova democrazia territoriale". Il corso prevede due moduli, uno di viaggio-studio a Porto Alegre, l’altro residenziale a Trento, che consiste in cinque giornate intensive articolate su assi tematici specifici e complementari. L’obiettivo complessivo è quello di fornire al partecipante sia le basi teoriche che gli strumenti operativi adatti per la costruzione ed effettiva adozione del Bilancio Partecipativo nella propria comunità locale. Il corso si svolgerà a Trento dal 7 all’11 Maggio, con accoglienza il 6 e partenza il 12 Maggio.
Con la collaborazione dell’Università Bocconi, UNIP, LAPEI-Dipartimento Urbanistica Università di Firenze, DRD Reseau "Democratizer Radicalement la Democratie" e con il sostegno del Comune di Trento, della Regione Trentino Alto Adige, della Provincia Autonoma di Trento, del Forum Trentino della Pace, del Comune di Porto Alegre e dello Stato del Rio Grande do Sul (Brasile).
Fonte: Manitese
04/2002