IL MONDO CHE ASPETTA
di Romano Prodi
Davanti a noi abbiamo una priorità drammatica: la lotta contro quel muro
di povertà che divide il Nord dal Sud del pianeta e crea quelle condizioni
di emarginazione e disperazione da cui traggono origine intolleranza,
discriminazioni, ingiustizie e violenza. L'obbligo che abbiamo è batterci
senza sosta per quello in cui crediamo, la difesa dei diritti umani, la
giustizia sociale, la tutela delle classi più deboli. È il rispetto delle
libertà sociali e dei diritti dell'uomo a fare dell'Europa quello che è;
sono questi i princìpi che dobbiamo difendere ad ogni prezzo contro
qualunque nemico. A Monterrey in Messico si tiene il vertice delle Nazioni
Unite per gli aiuti allo sviluppo e, ancora una volta ci si trova davanti
al problema della necessità di un miglior governo della globalizzazione
per impedire ci siano ancora Paesi espulsi da essa e condannati ad una
marginalità disperante. Alcuni ci intimano di scegliere tra Davos e Porto
Alegre e di esprimerci a favore o contro la mondializzazione.
Pragmaticamente, io propongo un altro itinerario: Doha, Monterrey,
Johannesburg.
Il problema non è di schierarsi pro o contro la mondializzazione. La
mondializzazione è un fatto. L'isolazionismo non rappresenta
un'alternativa valida, tanto meno per un modello sociale ed un sistema di
produzione e di scambi come quello europeo. Non possiamo privare né noi
stessi né i nostri partner dello stimolo alla crescita economica associato
all'apertura dei mercati dei beni, dei servizi e dei capitali.
Soprattutto non dobbiamo privare i Paesi emergenti e quelli poveri della
promessa di sviluppo che puo' provenire dal loro commercio con il nostro
mondo
Il vero problema è il modo in cui la mondializzazione viene diretta,
disciplinata e regolamentata. Come controllare e gestire la
mondializzazione in modo che ne possa beneficiare il maggior numero di
persone. I mercati generano efficienza e produttività, ma generano anche
maggiore instabilità, maggiori disuguaglianze e maggiore esclusione.
La Commissione Europea si prefigge al riguardo tre traguardi: realizzare
gli obiettivi di Doha, realizzare gli obiettivi di Monterrey, realizzare
gli obiettivi di Johannesburg.
Lo scorso novembre, i paesi membri dell'Organizzazione mondiale per il
commercio (OMC) hanno lanciato il messaggio di aprire i mercati per
rilanciare il motore della crescita mondiale e progredire verso una
maggiore integrazione dei paesi in via di sviluppo con attenzione
prioritaria all'ambiente, alla salute e alla protezione dei consumatori.
Tale messaggio, che non era passato a Seattle, è passato a Doha, grazie al
contributo ed all'impegno europeo.
Realizzare gli obiettivi di Doha significa impegnarsi ad aprire i nostri
mercati e quegli degli altri paesi, ad accordarsi su regole di condotta e
su codici riconosciuti a livello internazionale negli ambiti relativi al
commercio, quali la concorrenza, gli investimenti, la salute e i
consumatori. E significa anche migliorare la governance, a livello
mondiale, in materia di economia e soprattutto di equità sociale.
La conferenza di Monterrey affronterà la questione del finanziamento dello
sviluppo, ovvero della crescita nei paesi in via di sviluppo e della
riduzione della povertà di massa: imperativo morale, imperativo economico
e imperativo di sicurezza.
La prima fonte di questo finanziamento è e deve essere il risparmio
interno di ogni Paese, generato e investito nei paesi stessi grazie ad una
migliore efficienza di gestione che passa attraverso l'attuazione dello
Stato di dritto, l'efficacia dell'amministrazione, l'indipendenza del
sistema giudiziario, l'equilibrio delle politiche economiche e la
gestione trasparente delle finanze pubbliche.
Una seconda fonte è rappresentata dal finanziamento esterno, ovvero dagli
aiuti pubblici allo sviluppo da parte dei Paesi ricchi e dai fondi
privati. Gli investimenti privati, contrariamente ad una diffusa
interpretazione, sono molto importanti nei paesi in via di sviluppo. Il
problema è che essi si concentrano su un numero limitato di nazioni
caratterizzati da un'economia emergente e non riescono a stimolare
sufficientemente la crescita negli altri paesi.
Anche in questo caso, a entrare in gioco sono la capacità di attirare
capitali, il buon governo e la presenza di accordi regionali di libero
scambio per compensare la ristrettezza dei mercati nazionali, analogamente
a quanto l'Unione si sforza di promuovere nei paesi candidati
all'adesione e nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
L'Unione europea è il primo fornitore al mondo di aiuti allo sviluppo.
Potendo contare sullo 0,33% del prodotto nazionale lordo dei nostri Stati
membri, forniamo più della metà degli aiuti mondiali allo sviluppo. Pur
contribuendo allo sviluppo in modo più sostanzioso di molti altri paesi,
siamo tuttavia ancora lontani dallo 0,7% che è l'obiettivo che le Nazioni
unite si sono prefisse.
Riconfermare l'obiettivo non basta. È necessario passare alla fase di
attuazione. Accolgo con particolare soddisfazione l'impegno dell'Unione
ad attivarsi affinché gli aiuti pubblici allo sviluppo raggiungano in
media lo 0,39% del reddito nazionale lordo entro il 2006; un traguardo che
rappresenta una tappa concreta per il raggiungimento dell'obiettivo, in
quanto si traduce nella disponibilità di ulteriori sei miliardi di euro da
investire ogni anno nella lotta contro la povertà. L'annuncio verrà dato
a Monterrey, nella speranza che tale impegno ne incoraggi di nuovi e si
giunga così a poter disporre di un finanziamento adeguato per
l'attuazione degli obiettivi della dichiarazione del Millennio
(dimezzamento del tasso di povertà, riduzione della mortalità infantile,
eliminazione della fame nel mondo, lotta contro le malattie
trasmissibili - AIDS, malaria, tubercolosi).
Le crisi asiatiche, argentina e turca hanno richiamato la nostra
attenzione sulla prevenzione e sulla gestione delle crisi finanziarie che
minacciano le economie emergenti. La tormentata questione
dell'indebitamento, rispetto alla quale sono state adottate nel 1999
decisioni importanti a favore dei paesi poveri fortemente indebitati, alle
quali l'Unione ha contributo in modo sostanziale, deve essere affrontata
con tenacia se si vuole offrire ai paesi fortemente indebitati una
prospettiva di sviluppo sostenibile.
Monterrey rappresenta quindi un'altra tappa importante di questo
percorso. Il vertice di Johannesburg del prossimo agosto integrerà tali
questioni a quella dell'ambiente, concentrandosi sulla dimensione dello
sviluppo sostenibile. A nome dell'Unione Europea do appuntamento alla
Comunità internazionale a Johannesburg. Mi auguro che per allora il
protocollo di Kyoto sarà già stato ratificato e che si possa confrontare
sulla base di nuove proposte costruttive.
È evidente che tali questioni vanno oltre alle possibilità di azione di un
solo paese, anche del più grande tra questi in quanto richiedono un
intervento multilaterale concertato, motivato e a lungo termine e il
sostegno compatto e attivo dei nostri cittadini.
L'Europa rappresenta il livello più adeguato per affrontare tali
questioni. Perché, unite, le nostre economie ce ne danno la possibilità, e
soprattutto perché stiamo dimostrando da 40 anni di avere la capacità di
risolvere collettivamente i problemi comuni conciliando democrazia,
rispetto delle identità e delle regole comuni, efficacia, tutela dei
diritti umani e della giustizia sociale.
Fonte: Unità
03/2002