IL MOVIMENTO DELLA DEMOCRAZIA VIVENTE

ALTERNATIVE ALLA BANCAROTTA DELLA GLOBALIZZAZIONE

Vandana Shiva

La bancarotta della globalizzazione

La globalizzazione è stata prospettata come il prossimo grande passo dell’evoluzione umana in una marcia lineare dalle tribù alle nazioni ai mercati globali. Le nostre identità e il nostro contesto naturale avrebbero dovuto spostarsi dal nazionale al globale, esattamente come nelle fasi precedenti della globalizzazione guidata dagli stati ha dovuto muoversi dal locale al nazionale.

Il commercio deregolamentato e il dominio dei gruppi economici sono stati offerti come l’alternativa al controllo burocratico centralizzato dei regimi comunisti e delle economie statali. I mercati erano offerti come un’alternativa agli stati per la regolamentazione delle nostre vite, non solo delle nostre economie.

Mano a mano che il progetto di globalizzazione si è dispiegato, ha evidenziato la sua bancarotta ai livelli filosofico, politico, ecologico ed economico. La bancarotta dell’ordine mondiale dominante sta conducendo dritti alla non-sostenibilità sociale, ecologica, politica ed economica, con le società, gli ecosistemi e le economie che si disintegrano e crollano.

La bancarotta filosofica ed etica della globalizzazione è derivata dalla riduzione di ogni aspetto della nostra vita a puri beni di consumo e delle nostre identità a quella di meri consumatori sul mercato globale. Le nostre capacità di produttori, la nostra identità di membri di una comunità, il nostro ruolo come custodi della nostra eredità naturale e culturale avrebbero dovuto o scomparire o essere distrutti. I mercati ed il consumismo hanno conosciuto una espansione. La nostra capacità di dare e condividere dovevano ridursi. Ma lo spirito umano si rifiuta di essere soggiogato da una visione mondiale basata sulla nozione della dispensabilità della nostra umanità.

L’ordine economico e politico dominante ha un numero di caratteristiche che sono nuove, ciò che aumenta l’ingiustizia e la non sostenibilità su una scala e ad un ritmo che la terra e la comunità umana non hanno mai conosciuto.

1. È basato sull’appropriazione degli ultimi beni comuni ecologici – la biodiversità, l’acqua e l’aria – e la distruzione delle economie locali da cui dipende il benessere e la sicurezza economica dei popoli.

2. La mercificazione dell’acqua e della biodiversità è assicurata attraverso nuovi diritti di proprietà incorporati in accordi commerciali come quelli del WTO che stanno trasformando le persone in monopoli aziendali, per esempio il TRIPs [Proprietà Intellettuale nel Commercio, ndt] e la commercializzazione di beni e servizi ecologici.

3. La trasformazione dei beni comuni in merce è assicurata dal passaggio da una forma di governo basata su decisioni provenienti dalle comunità e dai paesi ad una basata sulle istituzioni globali, e dal passaggio dei diritti dalle persone e i popoli alle aziende attraverso sempre maggiori atti statali basati sul principio dell’espropriazione per il bene collettivo – l’assoluta sovranità dei dominatori.

Tutto ciò a sua volta conduce alla bancarotta politica e a formazioni e costellazioni anti-democratiche. Invece di agire sulla base della dottrina della fiducia e dei principi del controllo democratico e della delega, la globalizzazione conduce all’usurpazione da parte dei governi del potere parlamentare, regionale e dei governi e delle comunità locali.

Per esempio l’accordo sui TRIPs è basato esclusivamente sulla presa in ostaggio da parte governativa dei diritti alla biodiversità e al sapere delle comunità e alla loro attribuzione esclusiva e monopolistica alle aziende.

L’Accordo sull’Agricoltura è basato sulla sottrazione del potere decisionale alle comunità contadine e ai governi regionali.

L’Accordo Generale sul Commercio nei Servizi (GATS) sottrae il potere decisionale e la proprietà dell’acqua all’ambito locale e pubblico a favore di quello privato e globale.

Questo processo antidemocratico di privatizzazione e deregolamentazione ha condotto ad una maggiore bancarotta e corruzione politica e bancarotta economica.

Un decennio di globalizzazione neoliberale ha condotto ad una sostanziale disillusione e scontento. La democrazia è stata erosa e i mezzi di sopravvivenza sono stati distrutti. Piccoli agricoltori e imprenditori ovunque sono alla bancarotta. Finanche la promessa della crescita economica non si è realizzata. Il rallentamento economico è stato il risultato della liberalizzazione del commercio. Ironicamente alcune delle corporations che hanno condotto il processo della liberalizzazione e della globalizzazione del commercio sono fallite esse stesse.

Enron, che venne in India come "ammiraglia" del progetto di globalizzazione con la forza derivante dal sostegno e dal ricatto del Rappresentante per il Commercio USA, ha fatto bancarotta ed è sommersa da scandali di corruzione. Chiquita, che ha portato la guerra delle banane in Europa attraverso lo scontro in seno al WTO tra USA ed Europa, ha pure dichiarato bancarotta.

Prima il sud-est asiatico, ora l’Argentina hanno messo in evidenza quanto vulnerabili e volatili siano gli attuali equilibri economici.

L’insostenibilità e la bancarotta dell’ordine mondiale dominante è pienamente evidente. La necessità di alternative non è mai stata più forte.

La creazione di alternative alla globalizzazione neoliberale

Nel corso dell’ultimo decennio del XX sec., la globalizzazione guidata dalle corporations hanno scosso il mondo e le strutture politiche ed economiche cui avevamo dato forma perché ci governassero.

Nel dicembre del 1999, cittadini di tutto il modno si ribellarono contro il totalitarismo economico della globalizzazione neoliberale. La giustizia sociale ed economica e la sostenibilità ambientale divennero la chiamata a raccolta di nuovi movimenti per le libertà civili e la liberazione dal controllo delle aziende.

L’11 settembre 2001 ha chiuso completamente gli spazi che i movimenti dei popoli si erano aperti e ha riportato l’attenzione sulla connessione intima tra violenza, ingiustizia e insostenibilità e sull’impossibilità di separare pace, giustizia e sostenibilità. Doha è stata portata a conclusione di corsa all’ombra della militarizzazione globale in risposta agli attacchi terroristici.

Mentre fronteggiamo la doppia chiusura degli spazi da parte della globalizzazione neoliberale e di stati di polizia militarizzati, dal fascismo economico aiutato da quello politico, la nostra sfida è rivendicare la nostra libertà e quella dei nostri simili. Rivendicare e ricreare la libertà indivisibile di tutte le specie è lo scopo del Movimento della Democrazia Vivente, che incorpora due elementi indivisibili e continui. Il primo è il continuum della libertà per ogni forma di vita sulla terra e di tutti gli uomini senza discriminazioni sulla base del genere, della razza ,della religione, di classe o genere. Il secondo è il continuum tra la giustizia, la pace e la sostenibilità e la loro indivisibilità – senza sostenibilità e condivisione equa delle ricchezze della terra non c’è giustizia e senza giustizia non può esserci pace.

La globalizzazione neoliberale produce la rottura di queste continuità. Stabilisce il dominio economico attraverso una politica di divisione e dominio, e crea competizione e conflitto tra specie e popoli diversi e tra obiettivi diversi. Trasforma la diversità e la molteplicità in differenze contrapposizionali alimentando il fondamentalismo attraverso la diffusione dell’incertezza e poi usando questi fondamentalismi per spostare il centro d’attenzione dell’umanità dalla sostenibilità, dalla giustizia e dalla pace alla violenza e al conflitto religioso ed etnico.

Abbiamo bisogno di un nuovo paradigma per rispondere alla frammentazione causata dalle varie forme del fondamentalismo. Abbiamo bisogno di un nuovo movimento che ci consenta di muoverci dalla cultura dominante e pervasiva della violenza, della distruzione e della morte verso una di non violenza, pace creativa e vita. Questa è la ragione per cui in India abbiamo dato vita la movimento per la democrazia vivente.

Resistenza creativa

Seattle è stata uno spartiacque per i movimenti civili. Quelle persone imposero un arresto all’accordo sul commercio e al WTO, l’istituzione che gli dà vigore, mobilizzandosi a livello mondiale contro la globalizzazione neoliberale. Seattle fu il successo di una strategia definita a livello globale e basata sulla protesta che diede espressione internazionale di ciò che le persone non vogliono. Le corporations e i governi hanno risposto rapidamente al successo di Seattle e soppresso le possibilità di protesta spostandosi in sedi quali Doha, dove non possono raccogliersi migliaia di persone. E cominciando ad etichettare la protesta ed il dissenso di qualunque tipo come "terrorismo".

L’industria delle biotecnologie (Economist, 12-18 gennaio, pag. 62) ha invocato l’uso da parte dei governi delle leggi antiterrorismo contro gruppi come Greenpeace e Friends of Earth ed altri critici nei confronti di quell’industria.

Il rappresentante per il commercio USA, Zoellick, ha definito il movimento contro la globalizzazione neoliberale terrorista.

Una strategia differente è necessaria dopo l’11 settembre e Doha. Le proteste massicce in sede dei meetings globali non possono più essere il focus della mobilitazione dei cittadini. Abbiamo bisogno di solidarietà internazionale e di una capacità organizzativa autonoma. La nostra politica deve riflettere il principio della sussidiarietà. La nostra presenza globale non può essere l’ombra del potere delle imprese e delle istituzioni di Bretton Woods. Abbiamo bisogno di movimenti più forti a livello locale e nazionale, che combinino la resistenza e l’azione costruttiva, le proteste e la definizione dell’alternativa tra la non cooperazione con un’autorità ingiusta e la cooperazione all’interno della società. Ciò che è globale, per noi, deve rafforzare il locale ed il nazionale, non minarlo. Le due tendenze che richiediamo al sistema economico devono essere al centro dell’interesse politico delle persone – dimensione locale e alternativa. Entrambe non sono semplicemente alternative economiche, bensì alternative di democrazia. Senza di esse le forze di cambiamento non possono essere messe in movimento nel nuovo contesto.

Al cuore della costruzione di alternative e delle riconduzione al livello locale dei sistemi economici e politici c’è il recupero dei beni comuni e il recupero delle comunità. Il movimento della democrazia vivente sta rivendicando la sovranità popolare ed i diritti delle comunità sulle risorse naturali.

I diritti sulle risorse naturali sono diritti naturali. Non sono concessi dagli stati, né possono essere sottratti da essi, dal WTO o dalle imprese, benché in regime di globalizzazione siano stati fatti dei tentativi per annullare i diritti dei popoli su risorse vitali come la terra, l’acqua e la biodiversità.

La globalizzazione ha trasferito la sovranità dalla popolazione alle imprese, per mezzo di stati centralizzatori e militarizzati. I diritti dei popoli vengono progressivamente usurpati dagli stati per ritagliare i diritti monopolistici delle multinazionali sulla nostra terra, sulla nostra acqua, la nostra biodiversità e la nostra aria. Gli stati che si muovono sulla base del principio dell’espropriazione per l’interesse pubblico o della sovranità assoluta dello stato stanno minando il diritto alla sovranità popolare e i loro ruoli come amministratori delle risorse dei popoli sulla base della dottrina della fiducia pubblica. La sovranità statale, per se stessa, non è perciò sufficiente per generare forze e processi che possano controbilanciare la globalizzazione neoliberale.

La reinvenzione della sovranità deve essere basata sulla reinvenzione dello stato così che quest’ultimo sia responsabile di fronte alla sua popolazione. La sovranità non può risiedere solo in istituzioni statali centralizzate, né scompare quando le funzioni protettive dello stato di fronte alla sua popolazione cominciano ad appassire. La nuova sovranità nazionale richiede comunità investite di un potere che attribuiscano allo stato delle funzioni di protezione. Le comunità che si difendono richiedono sempre tali obblighi dalle strutture statali. D’altro canto, le agenzie internazionali favoriscono la separazione degli interessi delle comunità da quelli statali e la frammentazione e la divisione delle comunità.

Il movimento della democrazia vivente

Abbiamo dato vita al movimento della democrazia vivente per rispondere alla sottrazione dei beni comuni che sta al centro della globalizzazione economica. Il movimento della democrazia vivente è allo stesso tempo un movimento ambientalista, un movimento contro la povertà, un recupero del movimento per i beni comuni, un approfondimento del movimento per la democrazia, un movimento per la pace. Poggia su decenni di movimenti in difesa dei diritti dei popoli alle risorse, per la democrazia locale, diretta, sui risultati dei movimenti per la libertà: Swadeshi (sovranità economica), Swaraj (autogestione) and Satyagraha (non cooperazione con un’autorità ingiusta). Cerca di rafforzare i diritti compresi nella nostra costituzione.

Il movimento della democrazia vivente in India è un movimento per il rinnovamento delle risorse, per il recupero dei beni comuni e l’allargamento della democrazia. Si pone in relazione alla democrazia della vita a tutto tondo.

La democrazia vivente si riferisce alla democrazia di tutta la vita, non solo di quella umana e concerne una democrazia della terra, non solo quella umana.

La democrazia vivente concerne la vita, al livello quotidiano, e le decisioni e le libertà correlate alla vita quotidiana – il cibo che mangiamo o i vestiti che indossiamo, l’acqua che beviamo. Non concerne solo le elezioni ogni 3 o 4 o 5 anni. È una democrazia permanentemente vibrante che combina la democrazia economica che quella politica.

La democrazia vivente non è morta, è viva. In regime di globalizzazione, finanche la democrazia più superficiale è moribonda. I governi ovunque stanno tradendo i mandati che li hanno portati al potere. Stanno centralizzando l’autorità ed il potere, entrambe le cose sovvertendo le strutture democratiche previste dalle costituzioni e promulgando decreti che soffocano le libertà civili. La tragedia dell’11 settembre è diventata una scusa conveniente per leggi anti-popolari in tutto il mondo. I politici ovunque stanno diventando xenofobi e programmi fondamentalisti per ottenere i voti quando i programmi economici siano stati sottratti al controllo nazionale vengono ora definiti dalal Banca Mondiale, dall’IMF, dal WTO e dalle multinazionali.

Il movimento della democrazia vivente vuole una democrazia viva piuttosto che morta. La democrazia è morta quando i governi non riflettono più la volontà popolare ma sono ridotti a strumenti anti-democratici ed incontrollabili per il dominio delle multinazionali nella costellazione della globalizzazione neoliberale, come i casi Enron e Chiquita mostrano evidentemente. La globalizzazione neoliberale mira ai profitti delle multinazionali.

La democrazia vivente mira a mantenere la vita sulla terra e la libertà per tutte le specie e tutti i popoli.

La globalizzazione neoliberale è al lavoro per creare regole per i mercati globale, nazionali e locali che privilegiano le multinazionali e minacciano le varie specie, i mezzi di sussistenza dei poveri, e dei piccoli produttori ed imprenditori locali.

La democrazia vivente opera in accordo alle leggi della natura e limita l’attività commerciale per ridurre il danno ad altre specie e popoli.

La globalizzazione neoliberale si realizza attraverso un potere accentratore e distruttivo. La democrazia vivente attraverso un potere decentralizzazo e la coesistenza pacifica.

La globalizzazione neoliberale globalizza l’egoismo e il consumismo. La democrazia vivente la compassione, la compartecipazione e la la cura reciproca.

La democrazia svuotata della libertà economica e ambientale diventa un terreno di coltura potentissimo per il fondamentalismo ed il terrorismo.

Nel corso degli ultimi due decenni, sono stata testimone di conflitti sullo sviluppo e sulle risorse naturali trasformati in conflitti tra comunità che sono sfociati nell’estremismo e nel terrorismo. Il mio libro dal titolo "Violence and Green Revolution" è stato un tentativo di comprendere l’ecologia del terrorismo. Le lezioni che ho tratto dalle espressioni in fase di crescita ma diverse del terrorismo e del fondamentalismo sono le seguenti:

n i sistemi economici non democratici che accentrano il controllo sulle scelte e sulle risorse e allontanano le persone dall’impiego produttivo e dai mezzi di sussistenza creano una cultura di insicurezza. Ogni decisione di politica è tradotta nella contrapposizione tra "noi" e "loro". "Noi" siamo stati trattati ingiustamente, mentre "loro" hanno ottenuto privilegi.

n La distruzione dei diritti sulle risorse e del controllo democratico su di esse, l’economia e i mezzi di produzione minano l’identità culturale. Quando l’identità non proviene più dall’esperienza legata all’essere contadino, artigiano, insegnante o infermiera, la cultura si riduce ad un involucro negativo in cui un’identità compete con "l’altra" per acquisire le risorse limitate che definiscono il potere economico e politico.

n I sistemi economici centralizzati erodono altresì la base democratica e della politica. In una democrazia, il programma economico è il programma politico. Quando il primo è preso in ostaggio dalla Banca Mondiale, dall’IMF o dal WTO, la democrazia è decimata. Le sole carte nelle mani dei politici avidi di voti sono la razza, la religione e l’etnicità, che in seguito danno vita al fondamentalismo. E il fondamentalismo riempie efficacemente il vuoto lasciato da una democrazia in decadenza. La globalizzazione economica sta dando forza all’insicurezza, sta erodendo l’identità e la diversità culturale e assaltando le libertà politiche dei cittadini. Sta fornendo un terreno fertile per la crescita del fondamentalismo e del terrorismo. Invece di integrare i popoli, la globalizzazione neoliberale sta lacerando le comunità.

La sopravvivenza dei popoli e della democrazia sono condizionate dalla risposta al doppio fascismo della globalizzazione – il fascismo economico che distrugge i diritti dei popoli alle risorse e il fascismo fondamentalista che si alimenta dello spiazzamento, dello spossessamento, delle insicurezze economiche e delle paure della popolazione. L’11 settembre 2001 i tragici attacchi terroristici al World Trade Center e al Pentagono hanno innescato una "guerra contro il terrorismo" indetta dal governo USA guidato dal George Bush. Al di là della retorica, questa guerra non ridurrà il terrorismo perché non riesce a vedere le radici del terrorismo – l’insicurezza economica, la subordinazione culturale e la spoliazione ambientale. La nuova guerra sta di fatto creando una reazione a catena di violenza e diffondendo il virus dell’odio. E la magnitudine del danno causato alla terra dalle bombe "intelligenti" e dalle bombe a grappolo resta da valutare.

La democrazia vivente è la vera libertà di tutte le forme di vita che esistono su questa terra.

La democrazia vivente è rispetto reale per la vita, attraverso una distribuzione equa delle risorse delle terra tra tutti gli abitanti del pianeta.

La democrazia vivente è l’espressione forte e continua di questi principi democratici nella vita e nell’attività quotidiana.

La costellazione della democrazia vivente è il controllo dei popoli sulle risorse naturali e l’uso giusto e sostenibile della terra, dell’acqua, della biodiversità, è comunità che hanno il più alto grado di sovranità e che potere di delega nei confronti dello stato nel suo ruolo di amministratore. Il passaggio dal principio dell’esproprio per il bene comune alla dottrina dell’amministrazione pubblica per le funzioni dello stato è la chiave per il trasferimento sul piano locale, per il recupero dei beni comuni e la lotta contro la privatizzazione e la conquista da parte delle multinazionali della terra, dell’acqua e della biodiversità.

Questo passaggio è anche un imperativo ecologico. Come membri della famiglia terrestre, Vasudhaiva Kutumbhakam, abbiamo una quota delle risorse terrestri. I diritti alle risorse naturali a scopo di sopravvivenza sono diritti naturali. Non sono assegnati o elargiti. Non sono riconosciuti o ignorati. Il principio dell’espropriazione per il bene comune conduce inevitabilmente alla situazione del "tutto per pochi" – i monopoli delle multinazionali sulla biodiversità attraverso i brevetti, i monopoli delle multinazionali sull’acqua attraverso la privatizzazione e i monopoli delle multinazionali sul cibo attraverso il libero scambio.

Il diritto più elementare che abbiamo in quanto specie è quello alla sopravvivenza, il diritto alla vita. La sopravvivenza richiede l’accesso garantito alle risorse. I beni comuni ne sono la garanzia. La privatizzazione e l’esproprio lo distruggono. La dimensione locale è necessaria per il recupero dei beni comuni e la democrazia vivente è il movimento che riposiziona le nostre menti, i nostri sistemi di produzione e abitudini di consumo dai mercati globali che creano povertà alla sostenibilità e alla condivisione tra la comunità terrestre. Questo passaggio dai mercati globali alla cittadinanza planetaria è uno spostamento di focus dalla globalizzazione alla localizzazione del potere, dalle multinazionali ai cittadini. Il movimento della democrazia vivente è un movimento teso a dimostrare che un mondo migliore non solo è possibile, ma necessario.

Fonte: zmag.org/italy

Traduzione: De Simone

02/2002