ADESSO TOCCA ALLE STRATEGIE
"Dopo la proposta e la protesta, ora è il momento di discutere su come realizzare concretamente gli obiettivi".
Parla Bernard Cassen, tra i fondatori di Attac
ANNA MARIA MERLO
PARIGI
Bernard Cassen, sessantacinque anni, direttore generale di Le Monde Diplomatique e fondatore di Attac, è rimasto nella direzione dell'associazione che milita per l'applicazione della Tobin Tax, pur avendo lasciato la carica di presidente alla fine dello scorso anno. Per Attac France coordina la commissione internazionale e si sta preparando a partire per il forum mondiale di Porto Alegre.
E' la terza volta di Porto Alegre, probabilmente il prossimo anno l'incontro si svolgerà in India. Che cosa è cambiato in questi anni?
C'è sicuramente un aspetto quantitativo, che va sottolineato: al forum di Porto Alegre partecipa sempre più gente. Quest'anno ci saranno 70mila delegati, sono attese 100mila persone ed è arrivata richiesta per organizzare 1700 seminari, anche se poi non tutti potranno svolgersi. Ma, oltre a questa crescita quantitativa, ne esiste anche una qualitativa: a cominciare dal fatto che ci sono dei continenti, l'Africa e l'Asia, che sono sempre più rappresentati. Quest'anno, ci sarà anche una forte presenza dei paesi nordici europei, che prima erano assenti. La decisione sulla sede del Forum del prossimo anno verrà presa nei giorni immediatamente precedenti Porto Alegre: probabilmente sarà scelta l'India, ma molto dipenderà da come verrà valutato il Forum sociale asiatico che ha appena avuto luogo, per vedere se ne hanno le capacità organizzative.
Quali sono gli obiettivi del terzo Porto Alegre?
Questa volta c'è una logica che cerchiamo di imprimere a tutti gli interventi e che dovrebbe segnare il passaggio alla fase strategica. Grosso modo, il primo incontro di Porto Alegre è stato dedicato alla fase critica, il secondo alle proposte, che ormai conosciamo tutti. Questo terzo incontro dovrebbe concentrarsi sulla strategia: cioè, come fare per realizzare le proposte messe a punto.
Ma la guerra contro l'Iraq non rischia di diventare l'argomento principale?
Evidentemente, ci sarà l'ombra della guerra che planerà sull'incontro. Ma non credo che le discussioni si ridurranno a una monomania sulla guerra. Difatti, i problemi restano uguali prima e, sfortunatamente, dopo la guerra. Le tematiche del foro sono indipendenti dalla guerra. Anche se, evidentemente, il corteo di inaugurazione sarà concentrato contro la guerra.
Che risultati si aspetta?
Bisogna vedere Porto Alegre non come una fotografia immobile, ma come una sequenza di un film in movimento. Porto Alegre, cioè, è un momento di un processo che permette di cristallizzare i rapporti di forza e di andare avanti. In Francia, per esempio, anche se il fenomeno non è ancora forte come in Italia, si stanno costituendo dei fori sociali nelle diverse città. E' cioè in corso, un po' dappertutto, un processo di agglutimento, di coagulazione di forze che dialogano con altre forze, di cui prima non erano neppure a conoscenza. E' un po' un effetto che chiamerei "a valanga", un'accumulazione permanente, nei diversi luoghi. A prescindere da Porto Alegre, che però è una riunione utile per dare una spinta supplementare a questo movimento. Per parafrase quello che dicevano una volta i cubani: "cada dia es 26", potremmo dire che ormai "ogni giorno è il Forum".
Attac sarà come al solito molto presente?
Sì, ci sarà una grande presenza. Abbiamo chiesto ad ogni gruppo di Attac di venire con i propri materiali, bandiere, T-shirts ecc., così Attac sarà ben visibile nel corteo del primo giorno. Dal Cile, verranno 300 persone di Attac, per esempio.
Fonte: Manifesto 18 gennaio 2003