Klein: "Il governo prepara
uno scenario di violenza"

La teorica del noglobal: "Offensivo pensare che il movimento reagisca alla Fao come al G8"
l'intervista

MARCO MAROZZI


REGGIO EMILIA - "Ma chi può seriamente pensare che il movimento no global reagisca alla riunione della Fao come al vertice del G8? Là si parlerà di fame, potrebbe essere una grande occasione. La verità è che Berlusconi ancora una volta sta preparando per tempo uno scenario di violenza. Prima che succeda qualunque cosa: come ha già fatto a Genova". Naomi Klein si indurisce nella sua giovinezza intransigente. "No, non si può far confusione. E' offensivo. Il dramma è che la lotta alla fame non è fra i punti centrali della politica del governo italiano". Il popolo rosso, giovani una volta tanto fra i soliti anziani, ascolta esterefatto. Naomi Klein è No Logo, il testo base dei movimenti no global nel mondo. Ed è la sua autrice che i Ds hanno invitato alla Festa dell'Unità per discutere di "Globalizzazione e nuova cultura della sinistra". Lei fa esplodere diversità, speranze, linguaggi sconosciuti. Ne ha per Berlusconi ma anche per una sinistra dei "tanti piccoli Cesare".
Cosa ha significato Genova? Chi ha vinto? Chi ha perso?
"Non è stata una partita di calcio. Impariamo a non parlare di politica in termini sportivi. E' stata una tragedia. Migliaia e migliaia di giovani sono stati brutalizzati e tanti di loro erano alla loro prima esperienza politica. Se "anarchico", spesso usato in senso negativo, significa colui che ha perso la fiducia nello Stato... allora Berlusconi e la polizia italiana sono i migliori reclutatori di anarchici al mondo. Nello stesso tempo tempo però 100mila persone nelle strade vogliono dire che il movimento sta crescendo, sbagliava Tony Blair a parlare dopo Goteborg di un circo di anarchici che gira il mondo".
Quali segnali ha lasciato Genova?
"Quelli più positivi riguardano ciò che sta nascendo a livello locale. Il rafforzamento dei centri sociali, un nuovo interesse per le politiche del territorio e di partecipazione diretta. Sono i segni di un movimento davvero alternativo alle catene della globalizzazione, radicato nelle realtà locali e insieme con collegamenti in tutto il pianeta".
Con quali rapporti con istituzioni come la Fao?
"Il governo italiano ha montato una nuova campagna di paura, invece il vertice Fao di Roma ha buone possibilità di affrontare il problema fame senza inseguire ricette miracolistiche, dalla genetica agli ogm. Il problema vero è che per questa ed altre istituzioni che potrebbero servire a qualcosa di concreto mancano sia i fondi che la volontà politica dei governi di farle funzionare".
La sinistra storica come si colloca rispetto al nuovo che avanza di cui lei ha scritto la Bibbia?
"No Logo non è una Bibbia, perché cerca di raccontare le mille anime del movimento che si batte contro la violenza globalizzante. Questo è il nuovo che la sinistra deve comprendere. La risposta ai suoi fallimenti non è la creazione dell'ennesimo partito, la conquista di nuovi soldati, la ricerca disperata di voti. E' comprendere che in strada c'è qualcosa di diverso. E che può persino farle vincere le elezioni. Voglio essere chiara: io, noi non siamo quelli che rifiutano i partiti politici. No, vogliamo solo coinvolgerli nel movimento che la stessa sinistra... almeno in parte... chiama nuovo".
Come, senza farsi mettere reciprocamente cappelli in testa?
"Affrontando il problema della lotte alle forze che hanno indebolito la democrazia: le corporazioni finanziarie che controllano l'economia e la politica mondiale. Cosa cambia se a servirle c'è Blair o un conservatore? So bene che è difficilissimo, ma serve un'altra cultura, la creazione giorno per giorno di forme di partecipazione diretta dei cittadini alla propria vita. Fuori dei marchi, delle strade fissate dalla globalizzazione. In questo lavoro, nell'attenzione al piccolo e al grande, la sinistra storica gioca la possibilità di avere ancora un futuro. Ci vorrà tempo, in Italia più che altrove"
Perché?
"Perché da voi c'è il complesso di Cesare. Non parlo di Berlusconi, soltanto. Parlo di tutte le sinistre dove tanti vogliono diventare leader prima di avere imparato ad ascoltare, parlo di un movimento in cui ci vogliono più donne alla guida".
Dei Luca Casarini al femminile?
"Non si tratta solo di lui. C'è gente come Beppe Caccia a Venezia molto attento alla ricerca di valori politici all'interno delle realtà locali. C'è un movimento come Ya Basta che può essere un punto importante per creare un nuovo linguaggio politico oltre le antiche retoriche: non utilizza la propaganda e le statistiche ma infiniti strumenti della vita, arte, teatro, azione diretta. Così si costruisce una leadership senza mettersi sul pulpito. E nemmeno manovrando la televisione alla Berlusconi, Murdoch & C.".
E perché servono più donne?
"Perché per coprire questo vastissimo raggio di anime bisogna avere una grande sensibilità, bisogna sapere creare una rete e non una piramide gerarchica. Se vogliamo essere il movimento di chi non ha voce, non serve chi urla di più: serve la capacità di rappresentare tutti che hanno soprattutto le donne".

 

Fonte: Repubblica 3 settembre 2001