Perché hanno pugnalato alla schiena l'America?

di Igor Man

Gli americani restano ancora oggi increduli

Why? Why? Non sanno darsi una risposta

Allora cerchiamo di capire perché è accaduto

E perché la vita è radicalmente cambiata

Ho un nipote ch'è cittadino americano. Figlio (unico) di mio fratello Mirko, il compianto decano dell'ANSA di New York. Mio nipote si chiama Sasha, ha ovviamente la doppia nazionalità, porta nel cuore l'Italia tuttavia si sente profondamente, è, americano. (Fra l'altro ha fatto il militare nei Marines). Quando la mano assassina del terrorismo suicida buttò giù come un precario castello di carta il WTC, cercai subito di mettermi in contatto con Sasha. Abita e lavora in California ma il suo telefono suonava a vuoto. Anche il telefono di New York: mio nipote è spesso ad Hastings on Hudson, un suburbio-bene, tuffato nel verde, là dove l'Hudson disegna un'ansa accogliente, là dove sono i ricordi della sua prima vita familiare. D'improvviso è arrivata la sua, di telefonata. La moglie e i figli erano nelle Virgin Island, in vacanza, lui stava recandosi a New York quando è successo lo stupro di Manhattan. Sasha s'è subito arruolato nelle fila dei soccorritori. L'ho sentito, al telefono, distrutto dalla fatica fisica. L'ho sentito soprattutto divorato da un devastante interrogativo: "Why? ", mi ha chiesto. Perché quest'odio folle verso di noi americani. Che male abbiamo fatto, dove abbiamo sbagliato. Perché?

A Islamabad, nelle ore roventi che portarono in piazza lo sgomento della gente, campeggiava uno striscione: "Americani, pensateci, perché siete odiati in tutto il mondo?". Il vecchio cronista modificherebbe così la (epocale) domanda: "Occidentali, pensateci, perché siete odiati in tutto il mondo?", poiché tutto il mondo in verità comprende, abbraccia quello che chiamiamo pietosamente Terzo Mondo, composto non già da Paesi "sottosviluppati", non sia mai, bensì "in via di sviluppo"; e poiché dal punto di vista dei rejetti della Terra, America equivale a Occidente e viceversa. Anche l'Europa è America per chi non ha dimenticato le malefatte del colonialismo, e l'arroganza crudele del neocolonialismo truccato da business, maestro in una sorta di giuoco delle tre carte dove il consumismo viene gabellato per sviluppo. Rispondere esaurientemente al "why" del cittadino americano Sasha è impossibile: non basterebbe una enciclopedia. Cercheremo di fissare i "punti" salienti e più evidenti.

Ad esempio la Guerra del Golfo. Senz'altro Saddam Hussein violò il diritto internazionale invadendo il pressoché inerme Kuwait. "Ma se il Kuwait avesse prodotto broccoli?", si chiese, allora, con un titolone, il New York Times. In questo caso nessuno avrebbe mosso un dito, il Kuwait sarebbe stato abbandonato al suo destino. Invece produceva e produce petrolio, non solo: il KYO investe denaro buono in tutto il mondo ricco. Il Kuwait era ed è una cassaforte galleggiante di oro: nero e giallo. Di più: è stato il modo orrendo con cui l'Occidente (coi Paesi arabi moderati e non - sinanco la Siria aderì alla "crociata") ha fatto la guerra allo scippatore di Baghdad, a inoculare odio nell'animo degli iracheni. Anziché combattere uomo contro uomo, invece di scatenare i G1, potentissimi, contro l'esercito ridicolo di Saddam (l'unica forza armata dell'Iraq degna di questo nome, è la Guardia repubblicana rimasta in piedi), gli Stati Uniti e gli Alleati hanno bombardato senza misericordia Baghdad e Bassora, soprattutto Baghdad. Naturalmente per "far fuori" Saddam Hussein, un tiranno senza dubbio e poco, o nient'affatto, amato dal suo disgraziato popolo. Ma mentre Saddam l'ha sfangata, secondo dati del Pentagono i ripetuti bombardamenti han fatto circa duecentomila civili morti, tra i quali 33 mila bambini. (Sono cifre in difetto). Non basta: ormai da anni, regolarmente, l'Iraq viene bombardato, e rimane l'embargo. Che pagano gli innocenti: 150 mila bambini muoiono ogni anno per mancanza di medicinali di base, di pappette. Risultato: grazie al contrabbando, Saddam non si priva di nulla, mentre la sua propaganda ogni giorno lava il cervello dei poveri sudditi del tiranno: "E questi sarebbero i liberatori?, i bombardieri che uccidono innocenti vostri confratelli: altro che liberatori: infedeli criminali". Certamente Saddam continua a non essere amato, è tuttavia sempre temuto mentre l'odio per chi bombarda cresce come l'erba gramigna.

Lasciamo stare la Somalia, con la sua hollywoodiana parata di sbarco dei marines che moltiplicò il caos in quel disgraziato Paese, facendo la fortuna dei cosiddetti signori della guerra, prima banditi, poi indicati come nemici dai GI. I quali a un certo momento se ne andarono, lasciando nelle peste alleati e somali (questi ultimi sono, oltre tutto, musulmani. Islamici che si sentirono, e si sentono, traditi dall'Occidente [Italia inclusa]). E veniamo all'intervento in Bosnia. Sarà in regola secondo il principio dell'intrusione umanitaria, però ha scavato nel cuore di quei musulmani trincee di odio feroce. Lo stesso in Kosovo. Senza mettere nel conto i massicci bombardamenti (replica maggiorata di quelli in Iraq) su Belgrado. Miravano a far fuori un altro tiranno: Milosevic. La gente, tanta gente umile è morta, Milosevic è vivo, è sotto processo per crimini di guerra, d'accordo. Però il processo andrà per le lunghe e sia come sia, lui, il tiranno nemico dell'Occidente, è vivo e vegeto.

Last but not least: la Palestina . Il contenzioso israelo-palestinese è vecchio di cent'anni, la "crisi" è una tragedia: si scontrano infatti due diritti certi: quello di Israele di vivere entro confini sicuri e riconosciuti, in pace; quello dei Palestinesi a riavere la Patria (magari ridimensionata territorialmente) che gli venne confiscata nel 1948.

Ebbene, l'avvento della Destra al governo di Tel Aviv ha azzerato gli sforzi generosi di Rabin, Arafat, Peres per arrivare a una "intesa" fra le parti, tale da lasciar sperare in un concreto risultato: una pace in buona e dovuta forma fra, diciamo, venticinque anni. I tracheggiamenti dei vari "Bibi" e "Napoleoncino", han fatto perdere credibilità ad Arafat, scavalcato più volte dai suoi stessi "ragazzi"; persone stanche di vivere per la terza generazione in quelle fogne a cielo aperto chiamate "campi profughi". In ultimo, dopo la provocazione di Sharon, il premier che gli israeliani han votato "turandosi il naso" giustamente, disperatamente sollecitati da un bisogno immediato di SICUREZZA, in ultimo gli Americani si sono macchiati di una colpa grave: la diserzione. Han disertato il campo, lasciando Sharon libero di fare quel che sempre ha fatto. Conosce soltanto il linguaggio delle armi, ha sempre avuto e odiato un nemico, uno solo: l'arabo. Intendiamoci: "Torti e misfatti" in Palestina si hanno sia da parte israeliana, sia da parte palestinese. Ma occorrerà ricordarsi che Israele disattende, non riconosce almeno una dozzina di risoluzioni dell'ONU.

Fermo restando che il terrorismo suicida con cui Hamas scavalca la ossessiva ricerca della pace a tavolino di Arafat, è un'arma assurda perché uccide due volte negando ogni pietà, diremmo che occorre comunque tentare di tagliar l'erba sotto i piedi dei "votati al martirio". Come? Rendendo giustizia al popolo palestinese. America can , diceva il povero Sadat: l'America può. Se vuole, aggiungerei.

Sembra che sia intercorsa una furibonda telefonata fra Colin Powell, segretario di Stato americano, e Sharon, premier sabotatore dell'incontro Peres-Arafat. Vedremo. E' chiaro che un incontro non può portar pace ma può essere un segnale. Per quegli arabi moderati, in primis , l'Arabia Saudita, i quali non se la sentono di fare il bis della Guerra del Golfo. A parole son tutti, i regimi arabi moderati, con Arafat, coi "fratelli palestinesi", in realtà li hanno strumentalizzati e basta. Tuttavia chi è con i palestinesi è l'oceano immenso dell'Islam, le cosiddette "masse maomettane". Sono oltre un miliardo gli islamici, fra ortodossi, essenzialisti, moderati. Non si amano, spesso sono in lotta fra di loro. Ma li unisce un tremendo collante: l'odio per l'Occidente. Che "offende" l'Islam.

Come, perché, dove?, si chiede Sasha e con lui milioni di bravi, onesti americani. "Sasha, God bless you. God bless America. Love ".

(25 settembre 2001, ore 9:00)

Igor Man è editorialista de La Stampa

Fonte: Il Nuovo 25 settembre 2001