DOPO LE TORRI, LIBERTÀ ZERO
colloquio con Gore Vidal - di Gianni Perrelli
Per l'America l'attentato alle Torri durante il Martedì delle Tenebre è un danno sì spaventoso, ma inferiore al k.o. inflitto alle libertà in via di estinzione. La tesi, al limite del paradosso e della provocazione, porta la firma di Gore Vidal, lo scrittore americano che da sempre esercita con elegante ironia il ruolo di coscienza critica degli Stati Uniti. Ed è l'asse portante del suo ultimo libro, "La fine della libertà" (Fazi editore, lire 25 mila), un pamphlet in cui si adombra il rischio che le garanzie democratiche, già disattese in nome della lotta al terrorismo e alla droga, vengano soppresse da una nuova forma di totalitarismo, in nome della crociata contro Bin Laden.
"Con la recente richiesta al Congresso di poteri speciali supplementari", spiega Vidal nella sua terrazzatissima casa di Ravello (vive da pendolare fra la Costiera Amalfitana e Los Angeles), "la Casa Bianca si è data enormi poteri, molto maggiori di quelli che limitavano le libertà individuali dei cittadini con le leggi contro il terrorismo del '91. Già nel '95, secondo un sondaggio di Cnn-"Time", il 55 per cento della popolazione era convinto che il governo federale fosse "diventato così potente da rappresentare una minaccia per i diritti dei comuni cittadini". Oggi in America il clima è decisamente peggiorato. La polizia può eseguire intercettazioni senza mandato giudiziario, deportare residenti legittimi, turisti e immigrati privi di permesso senza rispettare le procedure di legge. Una volta alienato, un diritto inalienabile può essere perduto per sempre. E in tal caso diventeremmo uno squallido Stato imperiale".
Il tasso di popolarità di Bush è però altissimo. La maggioranza degli americani accetta di sacrificare le libertà pur di giungere alla cattura dello sceicco del terrore.
"Solo il 5 per cento dei cittadini si interessa di politica. Ma dal momento che il paese è stato attaccato in maniera orribile è normale che la gente si stringa intorno al proprio presidente. Nei panni di Bush non mi farei però molte illusioni. Ai tempi della Guerra del Golfo anche il padre aveva dalla sua parte il 90 per cento dei consensi. Ma dopo appena qualche mese Bill Clinton lo sfrattò dalla Casa Bianca".
Ma perché l'America, che è considerata la culla della democrazia, ha una cultura politica così insufficiente?
"Perché è una democrazia da multinazionali. Un sistema dove il potere, come nel caso di Bush, può essere comprato. Dove il governo rappresenta solo i ricchi che in pratica lo noleggiano. E dove domina un solo partito. Fra i repubblicani e i democratici la differenza è solo nelle sfumature. In concreto, ci sia Clinton o ci sia Bush alla Casa Bianca, rimane il fatto che i lavoratori sono senza assistenza medica e il sistema scolastico di base è misero. Nessuno da noi conosce le lingue straniere. E neanche la geografia. Secondo un sondaggio, messi davanti a un mappamondo senza scritte, l'80 per cento degli intervistati non sono riusciti nemmeno a indicare con esattezza la collocazione degli Stati Uniti. È logico che da noi i cittadini si disamorino della politica e oltre la metà non vada neanche a votare".
Ammetterà però che la strategia bellica di Bush si sta rivelando vincente.
"Continuo a pensare che questa sia una guerra stupida. Come quella del Vietnam, che è servita solo a Hollywood per creare personaggi come Rambo e produrre film di cassetta. C'era bisogno di massacrare incolpevoli popolazioni civili per mettere in rotta i talebani? Risultati più brillanti avremmo ottenuto ingaggiando agenti segreti nel mondo musulmano, magari in Indonesia dove si sente meno il fascino di Al Qaeda, per metterli sulle piste di Bin Laden".
L'America è minacciata anche dall'incubo dell'antrace. Ma secondo l'Fbi è probabile che gli untori siano i gruppi neonazisti fra cui maturò la strage di Oklahoma City.
"La cultura antagonista sta prendendo piede. Le milizie possono disporre di circa 200 mila uomini. Ma sono fiancheggiate da altri 4-5 milioni di simpatizzanti. Quasi un terzo partito. Cittadini che si definiscono arrabbiati per la progressiva limitazione di libertà. Per la militarizzazione dell'Fbi che ha portato alla strage dei Davidiani a Waco. E se la prendono con il governo. Se le cose continueranno a degenerare non escludo neppure uno scenario da guerra civile".
Lei trascorre molto tempo in Italia. Rischiamo di scivolare anche noi verso il totalitarismo?
"L'Italia ha già avuto il fascismo. E forse in quei vent'anni si è immunizzata contro il totalitarismo. Siete un paese contraddittorio. Un po' anarchico, un po' compassionevole. Un esperimento di avanguardia teatrale".
Fonte: Espresso 29 novembre 2001