NEXT di Alessandro Baricco (ed. Feltrinelli 2002)

 

Sintesi - recensione di Rodolfo Fioribello

NEXT è un fast-book, scritto in uno stile diretto e divulgativo da consumarsi in metropolitana.

Il sottotitolo recita "piccolo libro sulla globalizzazione e sul mondo che verrà" ed in parte è fuorviante perché promette una chiave di lettura per il nostro futuro prossimo che in realtà l'autore non è in grado di decifrare.

 

 

Cos'è la globalizzazione?

La prima risposta che Baricco ci propone è che non esiste una definizione unica, buona per tutti i palati, della globalizzazione. Forse si può tentare di capirla induttivamente attraverso una serie di esempi.

Interessante è la parentesi ("bonus track" nel libro) aperta sul problema della definizione dei concetti.

Nel villaggio della comunicazione, la definizione di un concetto non è più la ricerca dei suoi fondamenti costituitivi, del suo essere, ma la definizione diventa la spiegazione degli effetti. Ad esempio; qual è la definizione di caldo? Un tempo si sarebbe detto uno stato di temperatura molto alto. Oggi lo si definirebbe come un fenomeno che scioglie i gelati, che fa sudare e che, alla lunga, scioglie le calotte polari.

Beh, ritornando alla domanda "che cos'è la globalizzazione?", Baricco ci propone sei risposte dell'uomo qualunque e per queste risposte l'unica domanda da porsi è: sono veri?

 

  1. "Vai in qualsiasi posto del mondo e trovi la Coca Cola, le Nike etc."
  2. E' vero che questi prodotti sono presenti nella maggior parte dei paesi però è anche necessario considerare qual è l'effettivo impatto di questa presenza. Se si analizzano, ad esempio, i dati di vendita della Coca Cola si può constatare che in India il consumo pro-capite è di 4 bottigliette all'anno, mentre negli Usa è di 380. Questo vuol dire che la Coca Cola è una bevanda che costituisce lo stile di alimentazione americano (europeo etc), ma che per un indiano non significa nulla. Quanto incide nella nostra cultura la frequentazione saltuaria dei ristoranti giapponesi? Nulla.

  3. "Possiamo comperare azioni in tutte le Borse del mondo"
  4. E' vero, oggi possiamo comperare azioni su tutti i mercati mondiali, ma è vero che le barriere a difesa degli interessi nazionali sono effettivamente cadute? Baricco ci ricorda alcuni esempio che dimostrano il contrario; le operazioni fallite di acquisto da parte di Pirelli della società tedesca Continental, di De Benedetti della Societé Generale e quella recentissima dei francesi per Montedison. Dunque, quando il gioco si fa duro, gli stati nazionali oppongono divieti ed esercitano il potere di condizionamento nei confronti dei soggetti economici transnazionali. Per Baricco siamo dunque lontani da un concetto di economia globale, senza identità nazionali e senza barriere.

  5. "I monaci tibetani sono collegati ad internet"
  6. Non è vero che i monaci tibetani navigano in internet; si tratta di una balla accreditata esclusivamente dal successo della comunicazione commerciale (si tratta di una pubblicità di Ibm) che voleva veicolare il messaggio di un mondo completamente connesso e interdipendente, dunque globale.

     

  7. "I componenti della mia auto sono costruiti in tanti paesi"
  8. Anche il questo caso la realtà è un po' differente dall'immaginario collettivo; la maggior parte dei componenti di una Fiat venduta in Italia, ad esempio, è stata prodotta nel nostro paese.

     

  9. "Mi siedo al computer e posso comperare tutto quello che voglio on line"
  10. E' sostanzialmente vero, anche se bisogna considerare l'effettivo impatto degli acquisti su internet sul complesso del business; ovviamente cita il mercato dei libri dove, per 100 volumi venduti, 0,5 lo sono via internet, mentre 10 sono venduti con il vecchio sistema della vendita per corrispondenza. Il tema è: perché si parla dello 0,5 e non dei "restanti" 99,5 o dei 10 disperati che comprano con il Club degli Editori??

     

  11. "In tutto il mondo hanno visto l'ultimo film di Spielberg, oppure si vestono come Madonna o tirano a canestro come Jordan"

Questa è una verità ma a senso unico, nel senso che invece di globalizzazione, dovremmo parlare di "colonizzazione culturale", nel senso che tutto il mondo guarda i film americani, mentre gli americani non guardano i film del resto del mondo e per dimostrare questo basta leggere la classifica dei film più visti dell'ultimo week end.

 

 

Allargare il campo di gioco

E allora perché tutti (almeno in occidente) siamo convinti di vivere in un mondo globalizzato?

Baricco parla di un effetto valanga, di un condizionamento reciproco.

Si faccia il caso che passeggiando per le vie del centro, a un certo punto vediamo correre molte persone in una direzione. Cosa faremo? Quasi sicuramente ci metteremo a correre anche noi anche senza saperne il motivo e mentre corriamo avremo la netta sensazione che tutti stiano correndo.

Ma tutto ciò accade per gioco oppure c'è un disegno, un "puparo" che muove i fili?

Il "puparo" è il denaro.

Secondo Baricco il tutto si muove per il denaro. Il propellente della globalizzazione è il movimento del denaro.

"E' il denaro che cerca un campo di gioco più grande, perché se confinato nel solito terreno non può moltiplicarsi più di tanto e muore di asfissia".

Storicamente l'allargamento del campo di gioco è avvenuto attraverso la guerra che portava alla conquista di nuovi mercati.

La portata rivoluzionaria della globalizzazione, secondo Baricco, consiste invece nella conquista pacifica dei nuovi territori necessari per lo sviluppo economico globale.

Non si tratta di una conversione "buonista" del denaro, ma siamo nella fase storica nella quale il capitale si moltiplica con più facilità dove ci sono le condizioni di stabilità sociale e di fiducia nelle istituzioni economico-politiche.

Lo stato di guerra diviene quindi anti-economico per lo sviluppo del capitale.

 

 

Il mito della frontiera

Come abbiamo visto in precedenza, per Baricco la globalizzazione è un insieme di cose come internazionalismo, colonialismo, modernizzazione; insomma cose trite e ritrite.

Qual è dunque l'ingrediente che rende questo impasto nuovo e rivoluzionario?

E' la componente mitologica quando decidiamo cioè di sommare questi fattori ed elevarli ad avventura collettiva, epocale, epica.

La costruzione del mito della globalizzazione è un elemento indispensabile per la sua realizzazione.

E' come il mito della conquista del West.

Anche in quel caso il denaro aveva necessità di ampliare il campo di gioco e quindi dopo aver investito in infrastrutture e sistemi di trasporto per rendere raggiungibile la meta, ne ha creato il mito, perché intere popolazioni si mettessero in cammino verso l'Eldorado.

Insomma è l'offerta che ha creato la domanda.

Ma non tutto fila liscio per il denaro.

Più il mito della globalizzazione è pervasivo, intenso, profondo e più è destinato a creare dei movimenti di ribellione.

I no global sono quelli che sono scesi dal treno che li portava verso l'Eldorado perché quel mito gli "puzzava", perché, forse, avevano intuito che non era il paradiso promesso e che comunque, per conquistarlo avrebbero dovuto sterminare gli indiani.

 

I no global

Perché milioni di persone in tutto il mondo si mobilitano contro la globalizzazione, quando in fondo in fondo, nella maggioranza dei casi, non sanno nemmeno di che cosa si tratta?

Prendiamo il caso del G8 di Genova.

Cosa fanno i Capi di governo degli 8 paesi più industrializzati del mondo quando si riuniscono insieme?

Uno spot pubblicitario della globalizzazione.

Vogliono dimostrare con la loro presenza che ci muoviamo in un mondo governato e sicuro e che quindi anche il piccolo imprenditore veneto può tranquillamente investire i suoi soldi in Russia o in un'altra parte del pianeta senza correre rischi particolari perché le regole del gioco sono uguali dappertutto.

Cosa hanno fatto i 300.000 di Genova? Hanno pisciato sul depliant pubblicitario.

Hanno cercato di rovinare lo spot preparato per l'opinione pubblica mondiale.

Colpiscono la globalizzazione nel momento in cui è più debole, quando cioè si vende alla gente come sogno, come mito.

Anche la strategia dei no global si muove all'interno delle regole del marketing e della comunicazione.

Nessuno si è mai sognato, ad esempio, di manifestare per i diritti dei lavoratori davanti ad una fabbrica Nike in Indonesia; la protesta viene portata dove ci sono i media, dove ci sono opinioni pubbliche da raggiungere, quindi nei paesi occidentali.

Ma noi dovremmo condannarli perché escono dal coro, perché rifiutano la gran cassa della pubblicità dei governi?

Oppure dovremmo preservarli e riconoscere che ci aiutano a mantenere e sviluppare un pensiero critico nei confronti del potere? Per Baricco il movimento no global "è la nostra assicurazione contro tutti i fascismi".

 

Ma i no global, almeno quelli più preparati e coscienti del problema, ci aiutano a capire che in realtà la globalizzazione non solo ricerca l'ampliamento del campo di gioco, ma cerca anche di cambiare le regole del gioco.

Alle radici della globalizzazione abbiamo detto che c'è il movimento del denaro. E l'idea un po' perversa che sta alla base delle dinamiche economiche della nuova economia globale, è che per aiutare i poveri è necessario aiutare i ricchi a moltiplicare il denaro; qualche cosa finirà anche nelle tasche dei più poveri.

La globalizzazione vuole dunque massima libertà di azione del denaro e quindi assenza di regole, di lacci e lacciuoli. In questo campo libero da impedimenti vige quindi la legge del più forte. L'economia globale è iper-competitiva, dura, senza mediazioni.

E' su questo punto che la molteplicità delle componenti del movimento no global trova un collante: il rifiuto di un mondo regolato dalla legge del più forte.

 

 

I brand

Due parole sul rapporto che ci lega ai brand.

Baricco invita a non demonizzare il concetto di brand perché il bisogno di entrare, più o meno consciamente, in un mondo che ci conferisce un'identità è insito nella nostra cultura da secoli. Il brand non è in sé cattivo o malvagio.

Anche Beethoven così come Nike o Repubblica sono brand; laddove per brand si deve intendere una cosa che fa percepire l'appartenenza, seppure temporanea, ad un mondo, ad uno stile di vita.

Disquisire se è più giusto acquistare il "mondo" Beethoven andando ad un concerto, oppure comperare un paio di scarpe Nike è una cosa che appartiene alla scala dei valori individuali e quindi nessuno può ergersi a censore di queste scelte.

Certo si può dire che ci sono aziende che sfruttano i lavoratori e aziende che non lo fanno, ma il problema non è certamente nel fatto che esistono i brand e che tutti noi ci relazioniamo quotidianamente con essi.

 

 

Che fare?

Baricco propone di superare la logica del muro contro muro sui temi della globalizzazione perché contrapporsi aprioristicamente a questa realtà è una scelta perdente e che comunque non ci aiuta a risolvere i tanti problemi che la globalizzazione porta con sé.

Qual è la missione che ci attende?

"E' quella di sforzarsi di immaginare e realizzare un sogno più grande, una globalizzazione pulita che non sia solo il frutto dell'immaginario di manager e banchieri.[…] E' una questione di fantasia, di tenacia e di rabbia".

 

 

 

Marzo 2002