GLOBALIZZARE, ORGANIZZARE, VOTARE
OVVERO STATI DI CONFUSIONE MENTALE
luglio 1999
Più che un contributo si tratta di una richiesta di aiuto.
Sono un ex giovane di potenziale, veleggio verso i 35, ed oggi sono responsabile dell’organizzazione in una media compagnia di assicurazione.
Il mio tempo libero viene quasi interamente utilizzato per cercare di godermi i piccoli e grandi privilegi che riesco a garantirmi attraverso la (modesta) carriera (week end al mare, spese a base di superfluo, station wagon, swatch nuovo ogni anno, etc..). Una piccola parte di questo mio tempo liber-o (-ato) la trascorro ad interrogarmi voluttuosamente sui massimi sistemi.
Da questo giochetto post-adolescenziale ne ho ricavato una grande confusione che vorrei condividere con voi.
Al centro della mio stato confusionale è nata una relazione dall’alto verso il basso che lega 3 momenti:
1. LA GLOBALIZZAZIONE COME UNICA FORMA DI ORGANIZZAZIONE DEL PIANETA
Premessa relativa per non dare completamente i numeri
Tanto per incominciare la globalizzazione, intesa come interconnessione delle economie mondiali, è figlia della contrapposizione tra capitalismi e socialismi che si sono fronteggiati nel XX secolo e che si è conclusa nel modo che tutti noi conosciamo. La globalizzazione riguarda sostanzialmente il mondo occidentale (inteso come la somma di Usa, Europa e Giappone "Triade") e non considera il restante tre quarti del pianeta; si tratta in verità di uno dei sistemi economici che regolano le attività umane.
Tuttavia la globalizzazione ha un peso preponderante nell’economia mondiale, tant’è che negli anni ’90 il 20% della popolazione mondiale (più o meno la Triade) detiene:
84,7% del PIL mondiale
84,2% del commercio
85,5% del risparmio interno
85% degli investimenti interni
(fonte: Onu, 1994)
La forbice che divide la Triade dal resto del mondo tende ad ampliarsi di anno in anno.
La premessa mi sembra doverosa se non altro per ricordarci che il nostro è solo uno dei punti di osservazione possibili. Certo il fatto di essere nato e di vivere a Milano (Lombardia-"Padania"-Italia-Europa-Mondo Occidentale) fa si che onestamente non sceglierei di vivere in società di altro tipo (pre-industriali, confessionali o tribali). Quindi il mio sguardo dev’essere per forza di cose miope (così come il vostro, immagino).
La crisi del patto sociale
Tuttavia anche nel nostro micro-cosmo avanzato ci sono evidenti problemi di disequilibrio.
L’elemento critico sul quale porre la nostra attenzione è la fine dell’equazione crescita=occupazione.
La distribuzione della ricchezza avveniva attraverso la figura del lavoro; su di esso le democrazie rappresentative hanno fondato il loro compromesso sociale (a scapito del resto del mondo). Fino alla rivoluzione tecnologica, il salario ha alimentato i mercati interni e il capitale ha puntato sulle economie di scala.
La tecnologia tuttavia ha consentito una tale diminuzione del lavoro vivo, una tale razionalizzazione dei tempi e una tale immediata connessione dell’azienda con qualsiasi parte del mondo, che essa può, a parità di prodotto, non solo risparmiare mano d’opera, ma reclutare quella che serve sui mercati più a buon prezzo.
L’intero equilibrio socio-politico delle zone avanzate vacilla e la competitività diventa il grimaldello con il quale si scardina il patto sociale (welfare, strumenti di democrazia rappresentativa…) e la rappresentatività degli stati così come li abbiamo conosciuti in questo secolo.
Globalizzazione dei processi economici e culturali
La globalizzazione è un processo inesorabile che consente a network mondiali d’imprese finanziarie ed industriali di concentrare nelle loro mani il potere di decisione di centinaia di milioni di cittadini in qualsiasi parte del globo. Oltretutto l’aspetto economico è solo uno degli elementi del processo di ristrutturazione del sistema.
La globalizzazione dei mezzi di d’informazione e comunicazione e la crescente mondializzazione dei processi culturali è sempre più evidente a chiunque. L’insieme di questa trasformazione produce rischi (omologazione culturale), ma anche opportunità come la nascita di una società civile mondiale.
Il ruolo della competitività e i suoi limiti
Il processo di globalizzazione dell’economia capitalistica ha trasformato la concorrenza dall’essere un mezzo e un particolare modo di funzionamento dell’economia, all’essere un’ideologia e un obiettivo esclusivo per la sopravvivenza e l’egemonia.
La competitività non può essere il solo valore che opera al servizio dei singoli paesi nel contesto della comunità mondiale. Non tutto è merce disponibile ad essere scambiata in un mercato concorrenziale. La logica tradizionale del funzionamento economico ignora gli aspetti umani ed ecologici ed è quindi incapace di rispondere ai bisogni della popolazione.
La competizione non è in grado di risolvere
Il perseguimento della competizione alla ricerca del profitto, quale unico legittimo obiettivo delle imprese, è ingiustificato come principale fine che ispiri le scelte private e pubbliche in una fase storica in cui i processi economici e culturali sono sempre più globalizzati.
Il divario tra i processi di globalizzazione economica e la natura esplosiva della maggior parte dei problemi politici, economici ed ambientali è sempre più impressionante e le risposte sono a mio avviso troppo deboli per essere ottimisti.
Naufragar m’è dolce in questo mare…
Ad oggi mi sento presuntuosamente di affermare che al di là di diagnosi più o meno lucide che confluiscono tutte nell’individuare i limiti dell’attuale fase di trasformazione, nessuno sia in grado di formulare modelli alternativi convincenti e sostenibili.
Questa incapacità collettiva da libero sfogo all’esaltazione della globalizzazione come l’unico dei mondi possibili e poi…poi…
2. L’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
Che c’azzecca?
Voglio tentare un azzardo e proporvi provocatoriamente la relazione tra globalizzazione-pensiero unico e ruolo dell’organizzazione aziendale. Colto da delirio di onnipotenza, vi dico che fare organizzazione in un’impresa significa in parte contribuire a definire il nuovo ordine mondiale.
A noi mestieranti (e voglio includere nel novero le cavallette di fine secolo: i consulenti di direzione), le imprese richiedono generalmente le solite vecchie, trite e ritrite cose: il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia.
A noi l’ampia scelta di come raggiungere questi obiettivi e, a titolo puramente descrittivo, vi elenco alcune parole d’ordine che giustificano i nostri stipendi:
Sulla base di questi strumenti del mestiere mi chiedo e vi chiedo qual è il contributo innovativo che coloro che hanno la responsabilità di fare organizzazione in un’impresa "hic et nunc" possono dare?
La mia risposta provocatoria è: nessuno!
Nel nostro piccolo contribuiamo ad esaltare la competitività dell’impresa come unico modo di organizzare il lavoro e fare carriera.
3. l’individuo e le scelte elettorali
Certo di avervi dimostrato la correlazione tra globalizzazione e organizzazione aziendale, voglio ora propinarvi qualche riga sulla relazione globalizzazione
à organizzazione aziendale à individuo e scelte elettorali.Come vi scrivevo all’inizio, in me la confusione regna quasi sovrana ed esplode nel momento in cui cerco di individuare (sempre voluttuosamente) quali possono essere le mie scelte politiche disponibili.
Se è vero che esiste un processo (più processi) irreversibile di globalizzazione economica, culturale e politica e se è vero che chi si occupa di organizzazione del lavoro, partecipa in minima parte a questo processo, qual è (se esiste) la relazione deterministica che guida la scelta politica?
Se esiste relazione deterministica ci possono essere due tipi di atteggiamento:
Aedo del liberismo (con propensioni rivoluzionarie)
L’Aedo del liberismo è colui il quale vive pienamente e con soddisfazione il proprio ruolo organizzativo anche nella sfera privata e quindi, tipicamente in occasioni di cene con amici selezionati o durante feste di un certo prestigio, espone tutte le sue certezze con lo stesso vigore che utilizzano i presentatori nelle televendite per magnificare le qualità del vibro-massaggiatore rassodante. In passato, in un lontano passato, è stato generalmente vicino all’area dell’Autonomia.
"Rivoluzione liberale" è il grimaldello; basta pronunciare queste due parole e ci si pone subito in una situazione di superiorità rispetto agli interlocutori. Libertà dell’individuo, dell’impresa, del mercato, della società. Tutti siamo accomunati dallo stesso desiderio di libertà (giusto) e dalle stesse opportunità di usufruire della libertà (sbagliato).
Politicamente ha tre possibilità di scelta (possibilità assolutamente fungibili tra loro); la scelta viene fatta in base al risultato che si ottiene sommando i punti "snob" con i punti "trendy"( un punto "trendy" vale 3 punti "snob").
Oggi il borsino presenta la seguente classifica:
Dr. Jeckill e Mr. Hide (confuso come me)
E’ il dr. Jeckill durante il giorno, nell’esercizio della propria funzione organizzativa, esercita onestamente la sua parte di attore al servizio della globalizzazione.
Vede le inefficienze e le sacche di privilegio esistenti in azienda e cerca di combatterle con gli strumenti di cui sopra (punto 2 organizzazione aziendale). Generalmente conciona sul ruolo conservativo di un "certo modo di fare sindacato" e si lamenta degli stili direzionali.
A casa si trasforma in Mr. Hide e rispolvera generici concetti di solidarietà e di simpatia per gli extra-comunitari e, solo di fronte ad un pubblico fidato, si lascia andare anche a punte di anti-americanismo (una volta, poco tempo fa, ho sentito un Mr. Hide affermare: "Se abbattono un aereo invisibile mi faccio una pippa!"). Generalmente sogna ad occhi aperti un mondo di compromessi in grado di portare benessere e giustizia da New York a Bombay.
Le sue possibilità elettorali sono:
Nel caso, improbabile, in cui la relazione deterministica non esistesse ci troveremmo di fronte al classico rifondatore comunista senza incertezze.