Documento dell'assemblea dei Comitati Alta Murgia
tenutasi a Ruvo di Puglia il 2 luglio 2006


L’assemblea dei CAM, tenutasi domenica 2 luglio 2006, a Ruvo di Puglia, nella sala di Palazzo Caputi, ha approvato il seguente documento che esprime, in primo luogo, una valutazione critica sul Piano Energetico Ambientale Regionale (P.E.A.R.) e sul Piano Regionale delle Attività estrattive (P.R.A.E.) in discussione, entrambi, presso la Regione Puglia. L’assemblea dei CAM ribadisce, inoltre, l’incompatibilità della presenza dei poligoni militari in un’area protetta come il Parco dell’Alta Murgia; denuncia lo stato di abbandono e degrado in cui continua a perversare l’intero territorio murgiano, il cui Parco esiste solo sulla carta; esprime apprezzamento per il dialogo costruttivo instaurato, nei mesi trascorsi, dal Presidente Nichi Vendola e dalla Giunta Regionale con i CAM. Si tratta, certamente, di una scelta di dialogo inedita, nella storia delle istituzioni regionali pugliesi, che significa il riconoscimento dell’importanza della soggettività politica e sociale dei movimenti murgiani, che sono espressione di una società altra fatta di persone comuni, uomini, donne, ragazze, ragazzi, immigrati e immigrate, gruppi, movimenti, associazioni formali e informali, della Murgia ed anche delle città costiere, che da anni si battono per una Murgia Altra, per un Mare Altro, per un territorio laboratorio di nuove economie da registrare su parametri di crescita eco-etici, per un suo rilancio, nei termini di una ritrovata sinergia tra ambiente, lavoro e tutela dei diritti.   

Piano Energetico Ambientale Regionale (P.E.A.R.)
Il documento adottato dalla Regione Puglia relativo al P.E.A.R., pur avendo il merito di puntare sullo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili (gas naturale, energia da biomasse e da solare termico e fotovoltaico, eolico), è del tutto carente in relazione alla considerazione del fatto che anche le fonti energetiche rinnovabili necessitano di adeguate valutazioni d’impatto ambientale, di reale produttività e di rapporto costi/benefici.
Le linee guida approvate dalla Regione Puglia, al fine di varare il Piano Energetico Ambientale Regionale (P.E.A.R.), non offrono sufficienti garanzie a tutela del territorio pugliese e, in particolare, a la salvaguardia dei siti pSIC/ZPS e della aree protette, tra cui ovviamente l’Alta Murgia.
Inquietante, in particolar modo, è la riproposizione, nei fatti, da parte dello stesso documento regionale, di un vero e proprio Far West dell’eolico che rischia di diventare la nuova emergenza ambientale del territorio. All’orizzonte, sono in agguato lauti interessi di società private dai parametri etici e ambientali dubbi, dalle cui spregiudicate speculazioni, che significheranno un nuovo scempio del territorio, non ci sarà, di fatto, la possibilità di difendersi, con le nuove norme regionali, in fase di approvazione, per tutelare gli interessi diffusi.
Più che parlare di Parchi eolici, terminologia ingannevole che fa pensare a realtà armoniche e benefiche dal punto di vista ambientale, è giusto chiamare tali impianti con termini più appropriati che meglio ne fanno comprendere l’entità, l’impatto sul territorio e le complesse opere infrastrutturali che di fatto richiedono.
I cosiddetti parchi eolici sono infatti Centrali elettriche eoliche industriali. La loro realizzazione occupa svariati ettari di territorio e determina un’alterazione permanente del paesaggio, a fronte di una produttività energetica molto bassa, di lauti guadagni per società private spesso slegate dallo stesso territorio e di una svalutazione irreversibile di intere zone sia in termini economico-commerciali che turistici.
Le nuove norme in fase ormai di approvazione, giungono ad affermare la possibilità di costruire centrali eoliche finanche nelle aree protette pugliesi, introducendo il concetto, quanto mai discutibile e ingannevole, di mini-eolico: centrali elettriche con pali di sostegno alti fino a 20 metri e rotore dal diametro di 10 metri. Chiunque potrebbe giudicare quale impatto visivo avrebbero tali pali posizionati chiaramente sulle alture più ventilate dentro le stesse aree protette. A tale squilibrio del campo visivo, si deve aggiungere la necessità di infrastrutturare tali pali per renderli raggiungibili e metterli in collegamento con la rete nazionale e, cioè, si deve mettere in conto la costruzione di strade che consentano il passaggio degli autoarticolati per il trasporto dei pali e per il passaggio dei mezzi industriali necessari alla loro manutenzione, la realizzazione di profondi scavi per la edificazione dei basamenti in cemento armato e la costruzione di elettrodotti per il trasporto della corrente elettrica verso la rete nazionale.
Questo nelle aree protette, nelle ZPS, SIC e aree a vincolo idrogeologico (!), con procedure addirittura semplificate e percorsi preferenziali! Immediatamente fuori di esse, senza alcuna considerazione per le aree di attinenza sarà possibile di tutto.  Pertanto, i CAM esprimono apprezzamento per la posizione assunta, a proposito di eolico nella area protetta ed aree contigue, dal Consiglio Direttivo dell’Ente Parco Alta Murgia nelle sedute del 25/02/06 e del 27/06/06 con delibera n. 22, di netta contrarietà a tale fattispecie di microeolico, perché non legato sostanzialmente all’autoconsumo, oltrechè impattante sulle componenti ambientali e paesaggistiche, auspicando il rinvio delle decisioni programmatorie  più ponderate, in tema di energie alternative alla redazione del Piano del Parco. Il documento regionale, a questo punto, rinvia alla elaborazione di un Piano Regolatore per gli impianti eolici (P.R.I.E.), ma anche in questo caso le premesse non sono per nulla buone: l’accessibilità al  P.R.I.E. sarebbe ridotta a soli 15 giorni dalla data di deposito presso le segreterie dei Comuni e ci sarebbero solo altri 15 giorni per presentare eventuali osservazioni. Una tempistica chiaramente proibitiva se si pensa che i tempi canonici di una pubblica amministrazione, per consentire l’accesso ai documenti e per fornirne copia è fino a trenta giorni.
L’eolico costituisce, quindi, la nuova emergenza ambientale della Puglia e dell’Alta Murgia: dopo la stagione delle opere faraoniche dei laghetti artificiali e dell’acquedotto delle Murge, mai entrato in funzione, ma che ha aperto insanabili cicatrici di cemento armato sulla Murgia e che ha disperso svariati miliardi senza alcun beneficio per la collettività; dopo lo spietramento che ancora incredibilmente continua ad essere praticato, frutto di insensati finanziamenti a pioggia, che ha cancellato tanta parte della memoria geomorfologia, fauno-floristica e architettonica dell’Alta Murgia, senza alcun benefico ritorno economico per le attività murgiane (a tal proposito i CAM ritengono che l’Ente Parco dell’Alta Murgia debba essere più sollecito nell’azione e più presente nel coinvolgimento partecipativo delle popolazioni interessate e di quei soggetti associativi, portatori di interessi diffusi e slegati dagli interessi delle varie lobbies); dopo il conseguente scandalo dello sversamento illegale dei rifiuti (che ancora oggi continua perché la Murgia è spesso un territorio ancora abbandonato a se stesso), adesso le multinazionali dell’eolico si accingono a compromettere irreversibilmente l’Alta Murgia promettendo lauti guadagni a pochi privati e scardinando le possibilità di rilancio eco-compatibile ed equo di tipo produttivo e turistico del territorio.


Piano Regionale delle Attività estrattive (P.R.A.E.)
A tutto ciò, si devono aggiungere le forti perplessità riguardanti il Piano Regionale delle Attività estrattive (P.R.A.E.), anch’esso in fase di approvazione definitiva, che non tutela il Parco dell’Alta Murgia, in quanto continua a consentire l’attività estrattiva non fino alla scadenza delle concessioni, ma fino all’esaurimento dei bacini, con conseguenze negative su un territorio in molte parti già ridotto ad una brughiera e ed il cui recupero ambientale-paesaggistico è ancora del tutto inesistente, oltrechè incerto per il futuro.
Il PRAE, che la Giunta Regionale si appresta ad approvare definitivamente, è, sostanzialmente, il frutto di quel Piano sciagurato adottato dalla precedente Giunta il 04/12/2000 e pubblicato il 29/03/2001; tale Piano, più che venire incontro al pubblico bisogno di tutela ambientale, rispondeva anzitutto agli interessi esclusivi dei soggetti imprenditoriali privati. Dai 100 bacini di cava previsti dalla proposta del 1991 della società GEO, incaricata della redazione del PRAE, si passava a 163 bacini, e da una superficie complessiva originaria di circa 30.000 ettari si passava a circa 50.000 ettari; su 163 bacini di estrazione ben 52 interessano aree naturali protette (aree SIC e ZPZ – sistema NATURA 2000- e Parchi Nazionali e Regionali) per una percentuale  sul totale dei bacini a livello regionale, del  31,9 %.
Ben 11 bacini ricadono nel Parco Nazionale Alta Murgia, di cui otto in zona 2,  due in zona 1 ed  uno in zona 2 e 1 contemporaneamente.
I CAM, pur apprezzando i tanti elementi di mitigazione degli impatti, introdotti dall’attuale  Governo regionale (nello sforzo di ricomposizione dei conflitti), al fine di armonizzare detto PRAE alle previsioni del PUTT/PBA ed alla RETE NATURA 2000 (aree SIC e ZPS), non possono non esprimere forti riserve sul risultato raggiunto: si ritiene sempre utile il confronto/scontro, nel rispetto delle reciproche funzioni e prerogative.
Si rischia che gli interessi delle lobbies del settore, siano ancora una volta anteposti a quelli, più cogenti e prioritari, della pubblica tutela dell’ambiente, in tutte le sue componenti materiali ed immateriali.
I CAM ribadiscono che il criterio base della Pubblica Amministrazione debba essere quello di un modello di economia basato sull’uso rinnovabile delle risorse: l’integrità dell’Alta Murgia e delle sue zone contigue è una risorsa economica rinnovabile, per le future generazioni, rispetto alle attività estrattive che, specie se  non legate ai bisogni locali, sono foriere di guadagni (per pochi) nell’immediato, ma di povertà (per tutti) nel tempo lungo.
Pertanto, non si condivide la scelta di eliminare solo i 2 Bacini Nuovi nella zona 1 del Parco Alta Murgia, e di lasciare la previsione di quelli ricadenti in zona 2: in questo modo, la Regione non fa che anticipare ed incanalare, sin d’ora, il redigendo Piano del Parco e suo Regolamento, a cui, solo, la legge vigente (L. 394/91) demanda la eventuale deroga al divieto fondamentale di attività di cava nelle aree protette.
Si rammenta, a questo punto, che, in passato, il perimetro del Parco fu vergognosamente ridimensionato proprio per esaudire anche le forti pressioni dei gruppi interessati alle attività estrattive (sarebbe insensato, adesso, fare un ulteriore “regalo”).
Non da meno, vi è la necessità di operare una oculata gestione delle aree SIC E ZPS; per cui non si condivide la scelta di prevedere Bacini estrattivi anche in esse, prima ancora di emanare le norme obbligatorie per la conservazione di esse (art 4 del DPR 357/1997); tutto ciò, anche alla luce delle norme vigenti e della consolidata giurisprudenza, per cui le aree SIC e ZPS sono equiparate ai Parchi Nazionali e Regionali, in cui è fatto divieto di esercitare attività estrattive.
Anche l’armonizzazione del PRAE con le norme del PUTT/PBA, sembra più una forzatura sofistica interpretativa delle norme tecniche dello stesso PUTT, che una reale operazione di difesa paesaggistica delle aree sottoposte a tutela: anche il PUTT in passato ha subito ritardi e variazioni normative per le pressioni subite dai privati interessati; ora, il rischio è che di forzatura in forzatura, in tema di applicazione delle direttive di tutela e prescrizioni di base contemplate dal Piano Paesistico, si svuoti questo stesso delle sue finalità ( a nostro parere per le “aree protette” valgono le stesse prescrizioni  fissate per gli  AMBITI DISTINTI “Boschi e Macchie” -ART. 3.10 delle norme tecniche del PUTT-, e la riattivazione di “cave dimesse” in alcuni AMBITI ESTESI è una forzatura, quand’anche finalizzata al successivo recupero complessivo da parte degli esercenti, anche alla luce di recenti atti amministrativi regionali –delib. Della Giunta Reg. n.1110 del 04/08/2004, Burp n. 101 del 12/08/2004); anche in tal modo, con la conferma di enormi e sproporzionati Bacini di cava negli AMBITI TERRITORIALI ESTESI, si è sostanzialmente anticipata e precostituita la scelta dei futuri redigendi Sottopiani, oltrechè  condizionato, anticipatamente, le scelte dei Comuni (almeno quelli virtuosi) che dovranno adeguare i loro Piani Regolatori al Piano Paesistico.
Non secondaria è la questione della onerosità delle concessioni, come già avviene in altre regioni, dal momento che le risorse del sottosuolo sono di tutti; purtuttavia gli introiti dagli oneri concessori dovrebbero essere a destinazione vincolata al recupero ambientale in aree extraurbane suscettibili di uso pubblico, onde evitare il mercanteggiamento e la monetizzazione dei beni ambientali da parte di Amministrazioni poco accorte, e propense più agli introiti immediati che al futuro sostenibile delle loro comunità e dei loro territori.
In definitiva, si ritiene che , al momento, si dovrebbe tener conto delle sole attività esistenti e/o legittimamente autorizzate, in riferimento alle aree naturali protette ed alle aree tutelate dal PUTT/PBA, dal momento che la previsione di Bacini di cava così estesi contrasta con la finalità normativa di tutela delle stesse ( peraltro la magistratura ha in corso azioni giudiziarie a carico di molte attività estrattive nell’Alta Murgia, sarebbe una beffa dare ad esse il crisma di attività già esistenti, fintantoché non si acclari, eventualmente, la loro legittimità e liceità).

Parco del disarmo e della Pace

Si tratta di un importante progetto, promosso dai CAM e dal Centro Studi Torre di Nebbia in sinergia con il Presidente Vendola e la Giunta Regionale, che punta a mettere in sicurezza i tanti siti della memoria che nei decenni scorsi sono stati occupati da insediamenti militari, in particolare il campo profughi tra Altamura e Gravina e le basi dei missili atomici. Il fine è quello di realizzare un Parco della memoria e del disarmo, un laboratorio per la promozione di politiche di Pace e di distensione internazionale, in relazione, soprattutto all’area mediterranea.
D’altro canto, è ancora tutta in piedi la vertenza riguardante l’attuale presenza dei militari nel Parco dell’Alta Murgia. Tale situazione costituisce, di fatto, un ostacolo insormontabile alla possibilità di un serio rilancio del territorio in termini produttivi e turistici.
Un Parco rurale in cui si preparano le guerre che, poi, attraverso i porti pugliesi vengono esportate nel mondo, costituisce una grave contraddizione e minaccia per la pace che non solo nel parco si vuole tutelare.

Appello
I CAM dichiarando lo stato di agitazione per i gravi motivi su esposti, si appellano alle istituzioni regionali e, in particolare al loro Presidente Nichi Vendola, che, con convinzione, hanno contribuito ad eleggere per favorire lo sviluppo di quella Puglia migliore, di cui con sforzo tentano di far parte. Proprio per questo, però, non possono che esprimere tutto il proprio dissenso nei confronti di tali scelte regionali, in campo energetico e ambientale, in fase di approvazione. In forza di ciò, chiedono di essere convocati ad un tavolo tecnico, per poter concorrere alla rielaborazione di tali scelte, per meglio tutelare non solo il territorio dell’Alta Murgia, ma tutto il territorio pugliese. Il movimento per il Parco dell’Alta Murgia, infatti, da anni è, ormai, un canale di espressione, di partecipazione e di lotta per  tantissimi movimenti pugliesi, per tantissimi cittadini e cittadine che rivendicano, sognano e progettano città, campagne e mare liberi non solo dall’inquinamento, ma anche dalle logiche inquinate di economie perverse dal basso profilo etico, sociale e ambientale.

Ruvo di Puglia, 2 luglio 2006
I Comitati Alta Murgia