La poesia Fratelli d'Italia,
messa in musica, fu ai tempi delle guerre per l'indipendenza d'Italia una delle
canzoni più in voga fra i combattenti.
Con la proclamazione della Repubblica
(1946)
la composizione di Mameli - con alcuni tagli - diviene Inno
ufficiale.
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GOFFREDO MAMELI(Genova 1827 - Roma 1849) Se una figura umana dovesse
simboleggiare con l'aspetto d'una seducente giovinezza il Risorgimento
d'Italia, che pure ebbe stupendi uomini rappresentativi - Mazzini, Cavour,
Garibaldi non si saprebbe quale innalzare e amare meglio che quella di
Goffredo Mameli, poeta a quindici anni, guerriero a ventuno, avvolto a
ventidue nella morte come nella nuvola luminosa in cui gli antichi
favoleggiavano la scomparsa degli eroi. La sua poesia è poesia d'amore e di guerra: pensando a
guerre come quelle, i due più alti temi d'ogni poesia, la donna ideale e
la libertà pura.
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FRATELLI D'ITALIA (versione originale) Fratelli d'Italia, L'Italia s'è desta; Dell'elmo di Scipio S'è cinta la testa. Dov'è la Vittoria? Le porga la chioma; Ché schiava di Roma Iddio la creò. Stringiamoci a corte! Siam pronti alla morte; Italia chiamò. Noi siamo da secoli Calpesti, derisi, Perché non siam popolo, Perché siam divisi. Raccolgaci un'unica Bandiera, una speme; Di fonderci insieme Già l'ora suonò. Stringiamoci a coorte! Siam pronti alla morte; Italia chiamò. Uniamoci, amiamoci; L'unione e l'amore Rivelano ai popoli Le vie del Signore. Giuriamo far libero Il suolo natio: Uniti, per Dio, Chi vincer ci può? Stringiamoci a coorte! Siam pronti alla morte; Italia chiamò. Dall'Alpe a Sicilia, Dovunque è Legnano; Ogn'uom di Ferruccio Ha il core e la mano; I bimbi d'Italia Si chiaman Balilla; Il suon d'ogni squilla I Vespri suonò. Stringiamoci a coorte! Siam pronti alla morte; Italia chiamò. Son giunchi che piegano Le spade vendute; Già l'Aquila d'Austria Le penne ha perdute. Il sangue d'Italia E il sangue Polacco Bevé col Cosacco, Ma il cor le bruciò. Stringiamoci a coorte! Siam pronti alle morte; Italia chiamò. |
Anche questa volta i giocatori della nazionale hanno
tenuto la bocca chiusa: solo Francesco Moriero ha accennato qualche verso,
mentre Gianluca Pagliuca, come al solito, ha fatto finta di cantare. Gli
austriaci, invece, hanno cantato a squarciagola il loro inno nazionale.
D'accordo, la polemica è ricorrente: già quattro anni e un mondiale fa i
giornali lanciavano analoghi rimproveri ai poco patriottici calciatori che non
intonavano l'inno scritto nel 1848 da Goffredo Mameli su musica di Michele
Novaro. E allora come oggi si manifestò forte insofferenza per le parole
(auliche e ridondanti) e la musica (una marcetta imbarazzante) dell'opera
scritta durante il Risorgimento, adottata "provvisoriamente" nel 1946 e presto
messa in naftalina per essere usata solo in occasione di manifestazioni
ufficiali.
Per qualche anno, a dire il vero, i bambini delle elementari
avevano studiato e cantato l'inno di Mameli pur senza capir molto dell'"elmo di
Scipio" o del "sangue polacco" bevuto col cosacco. Intonarlo con voce stentorea
e vocali strette era un rito come la preghiera del mattino, il saluto
sull'attenti all'insegnante, la punizione dietro la lavagna. Riti abbandonati
senza rimpianti negli anni Settanta, con i "decreti delegati". Oggi, in una
società multietnica e multireligiosa, la preghiera sarebbe politicamente
scorrettissima, le orecchie d'asino dietro la lavagna un abuso di potere e la
pretesa di un saluto sull'attenti semplicemente patetica. Ma all'inno...beh, se
perfino Dario Fo l'ha cantato, a denti stretti, in funzione anti Bossi, forse
potrebbe ancora essere insegnato a scuola. Peccato che i programmi ministeriali
non lo prevedano, nemmeno come appendice di educazione civica.
Fratelli d'Italia
(testo di Goffredo Mameli - musica di
Michele Novaro)
Fratelli d'Italia / L'Italia s'è desta / Dell'elmo di Scipio / S'è cinta
la testa (1) /
Dov'è la vittoria? / Le porga la chioma (2) / Che schiava di
Roma / Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte (3)/ Siam pronti alla morte, / Siam pronti alla
morte (4)/ Italia chiamò
Noi fummo da secoli / Calpesti e derisi, / Perchè non siam popolo, /
Perchè siam divisi. / Raccolgaci un' unica bandiera, / Una speme, /Di fonderci
insieme / Già l'ora suonò.
Stringiamoci a coorte...
Uniamoci, uniamoci / L'unione e l'amore / Rivelano ai popoli / Le vie del
Signore (5) /
Giuriamo far libero / Il suolo natio / Uniti per Dio (6)/ Chi
vincer ci può?
Stringiamoci a coorte...
Dall'Alpe a Sicilia / Dovunque è Legnano (7), / Ogn'uomo di Ferruccio (8)/
Ha il cuore e la mano, /
I bimbi d'Italia / Si chiaman Balilla (9)/ Il suon
d'ogni squilla / I vespri suonò (10).
Stringiamoci a coorte...
Son giunchi, che piegano, / Le spade vendute (11). / Già l'aquila
d'Austria (12) / Le penne ha perdute /
Il sangue d'Italia / Bevé col cosacco
/ Il sangue polacco (13) / Ma il cor lo bruciò.
Stringiamoci a coorte...
(1) Cioè ha riesumato l'antico valore dei Romani. Va detto che si tratta
dell'Africano, non dell'Emiliano con cui lo confuse Dario Fo in un suo
intervento sul Corriere chiamandolo "criminale razzista". L'Africano era anzi il
nonno dei due più famosi "sindacalisti" dell'antichità, Tiberio e Caio Gracco,
morti nel tentativo di far passare le leggi agrarie.
(2) Qui il poeta si riferisce all'uso antico di tagliare le chiome alle
schiave per distinguerle dalle donne libere che portavano invece i capelli
lunghi. Dunque la Vittoria deve porgere la chiome perché le venga tagliata quale
schiava di Roma sempre vittoriosa.
(3) La coorte, cohors, era un'unità da combattimento dell'esercito romano,
decima parte di una legione; nulla a che vedere con la corte.
(4) Qui a tutti tremano le vene dei polsi, altri fanno scongiuri, ma vale
la pena ricordare che l'autore fu coerente con le sue parole.
(5) A dire la verità si potrebbe intravedere in questi versi un sentimento
democristiano ante litteram, ma è nota la religiosità di Mazzini, spesso deriso
per questo da Marx con il nomignolo di Teopompo.
(6) "Per Dio" va inteso come un'interiezione (perbacco!) o come invito a
un'unione sacra? Più verosimile la prima lettura.
(7) Ossia la battaglia in cui i comuni italiani uniti in lega e guidati da
Alberto da Giussano batterono il Barbarossa. E qui va detto che Bossi ha toppato
scegliendo un eroe che combatte contro i tedeschi, alleato con il Papa di Roma e
non viceversa. Ma si sa che la storia non è il suo forte.
(8) Francesco Ferrucci che guidò i Fiorentini contro Carlo VIII di Francia
e che a Maramaldo, rinnegato e traditore, gridava: "Vile, tu uccidi un uomo
morto!".
(9) Attenzione! Qui di fascisti non c'entrano. "Balilla" è il soprannome
di Gianbattista Perasso, il ragazzo genovese che con il lancio di una pietra
diede inizio alla rivolta di Genova contro gli austriaci nel 1746.
(10) Si tratta dei Vespri siciliani, rivolta (1282) degli isolani contro i
francesi, che poi per stanarli gli facevano vedere dei ceci e gli chiedevano:
cosa sono questi? E loro, non sapendo pronunciare la "c" dolce, dicevano "sesi",
e i siciliani giù botte!
(11) Le truppe mercenarie di occupazione.
(12) L'aquila bicipite, simbolo degli Asburgo.
(12) - (13) L'Austria era in declino (le spade vendute sono le truppe
mercenarie, deboli come giunchi) e Mameli lo sottolinea fortemente: questa
strofa, infatti, fu in origine censurata dal governo piemontese. Insieme con la
Russia (il cosacco), l'Austria aveva crudelmente smembrato la Polonia. Ma il
sangue dei due popoli oppressi si fa veleno, che dilania il cuore della nera
aquila d'Asburgo.
a cura di Valerio M. Manfredi - tratto da "Panorama" del
2 luglio 1998
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