Le conoscenze acquisite nei capitoli precedenti possiamo applicarle validamente in ogni nostra realtà: ringiovanimento, guarigione, ecc.
Il processo di creazione passa attraverso le seguenti fasi:
· Pre-visione (fissare l’obiettivo da raggiungere)
· Proiettare sulla lavagna le immagine (pre-visioni), della nuova realtà che desideriamo creare.
· Non fare sforzi di volontà.
· Fiducia/sfiducia
· Come dissolvere le nostre resistenze interiori
· La potenza del sorriso
· L’accettazione del nostro corpo (specchiarsi)
· La ripetizione regolare di affermazioni positive.
· Programmare positivamente la nuova giornata.
Vediamo alcuni esempi pratici.
Sappiamo ora che il nostro pensiero è creativo. Tutto ciò che noi pensiamo si manifesta. E questo vale per tutto, quindi anche per ciò che pensiamo riguardo al nostro corpo fisico. Noi invecchiamo perché sin da bambini veniamo programmati ad invecchiare e a morire.
La pre-visione (ringiovanire)
La pre-visione attiene alla sfera dell’immaginazione o fantasia, che sono termini abusati e quindi non più credibili.
Pre-vedere invece rende meglio l’idea. Significa in fondo fissare un obiettivo e vederlo in anticipo.
Ognuno sa che, per prendere una decisione (anche quella di levarsi dal letto), si ricorre spontaneamente a una pre-visione interiore: in un guizzo, ci si “vede” o ci si “sente” in piedi e allora si riesce ad alzarsi.
Ma non bisogna credere che tutti abbiano questa pre-visione sotto forma di figura, più o meno colorata. La previsione visiva è certo la più comune e forse la più vivida, ma la pre-visione ha molte altre forme (auditiva, motoria, tattile, organica, etc).
Non basta: nel prevedere entrano anche le vibrazioni dei sentimenti nostri e altrui, la captazione dei pensieri vicini (ricordiamoci che tutto è unità e comunicazione) e le telepatie lontane, gli echi delle memorie, i ritornelli delle speranze, insomma la mente (psiche) intera con le sue zone oscure e quelle radiose.
La mente è un universo infinito: in paragone, il mondo che ci è mostrato dai cinque sensi è assai ristretto, è simile allo schermo d’un cinema che ci appare fuori, ma è proiettato dentro.
Anche il nostro corpo è esterno e dipende dalla nostra mente. Da dentro si può dunque proiettare la nostra longevità.
Primo passo: proiezione sulla lavagna (lobo frontale) della nostra data di nascita e immediata cancellazione. Al suo posto scriviamo una nuova data.
La sera, poco prima di addormentarci proiettiamo il nostro pensiero su di una lavagna, come quella scolastica che possiamo immaginare davanti a noi, o direttamente sul loro frontale, e vi scriviamo mentalmente la nostra data di nascita (es: 1936). Quindi prendiamo un cancellino e, con gesto tranquillo e sorridente, cancelliamo la cifra dalla lavagna.
Adesso vi scriviamo un altro numero dell’anno, quello in cui ci piacerebbe esser nati. Se per esempio vogliamo toglierci 24 anni, scriviamo 1960.
Perché dobbiamo farlo prima di addormentarci? Perché nel momento in cui passiamo nel sonno, non” perdiamo” coscienza: “cambiamo” coscienza. E’ il momento in cui i confini tra il conscio e l’inconscio sono labili e in questo stato il conscio e l’inconscio possono comunicare. Il nostro conscio passa all’inconscio le sue richieste e l’inconscio, in cui risiede la nostra mente onnipotente, realizzerà le nostre richieste.
Perché dobbiamo cancellare la nostra effettiva data di nascita? Perché essa è una specie di marchio che ci portiamo addosso, sempre più fastidioso, perfino opprimibile. Le donne tentano di tenerlo segreto, gli uomini se ne immalinconiscono: quel numero (1936) può diventare un ritornello, una misura di tristi confronti, un’ossessione. Così senza volerlo, senza nemmeno saperlo, trasmettiamo alla nostra mente continue pre-visioni negative, col ritmo della goccia. La goccia scava la roccia, immaginate quanto scava la mente. Il continuo sussulto interiore provocatoci dai sentimenti amari (anche se quasi inavvertito) ci consuma e ci invecchia.
Possiamo aiutarci ulteriormente riprogrammando le nostra ghiandole pineale e pituitaria affiché secernano solamente ormoni vitali; occorre abbandonare il preconcetto per cui la morte è ineluttabile, e depurare i campi di energia dei corpi sottili di tutte le impurità intellettuali, emotive e materiali (attinenti cioè all’alimentazione).
Non fare sforzi di volontà.
Davanti alla lavagna (o alla fronte) è importante non fare sforzi di volontà. La volontà non c’entra: anzi, lo sforzo di volontà produce l’effetto contrario. Il fumatore che vuol smettere, torna regolarmente alla sigaretta.
La volontà presume un ostacolo e quindi lo pre-vede: così, col suo sforzo, trasmette energia all’ostacolo e lo ingrandisce. Davanti alla lavagna, escludiamo ogni sforzo volontario: invece occorre il nostro quieto sorriso. Vi è una legge spichica, simile a quella idraulica di Archimede: la spinta volontaria provoca una reazione eguale e contraria.
Il celebrato “potere della volontà”, invocando il quale tanti genitori e precettori hanno funestato generazioni di figli e d’allievi, è il potere dell’impotenza. In noi sempre vince il desiderio e perde la volontà, se è opposta al desiderio. E questo perché il desiderio è forte nell’immaginare ossia nel pre-vedere. Evitiamo sempre di voler ringiovanire: invecchieremmo. Induciamo la nostra mente a pre-vederci, a raf-figurarci ringiovaniti e a questo scopo usiamo i metodi opportuni.
Cominciamo col dedicarci per un mese alla lavagna e capiremo che stiamo finalmente conquistando la libertà. Infatti, con un’azione mentale rigorosa e metodica, senza dipendere da nessuno, procederemo verso la sovranità di noi stessi.
Dopo un mese di lavagna, molte cose cambiano in noi. Spesso già dopo una sola settimana il ritornello della vecchia data (1936) si quieta, si dirada e finalmente scompare, sostituito dalla nuova data di nascita (1960).
Fiducia/sfiducia
Non è richiesta né certezza, né fiducia, né speranza nel metodo della lavagna. Certo, se abbiamo fiducia, è molto meglio, ma all’inizio possiamo non averne: fa lo stesso. Consideriamo pure la lavagna un gioco. La nostra persuasione non occorre.
Occorre soltanto che, nel dormiveglia, prima d’ogni sonno o sonnellino, continuiamo per un mese a far sorgere la lavagna, cancellando col sorriso l’anno di nascita anagrafica e sostituendolo con un altro numero che ci ringiovanisce.
Secondo passo: scriviamo sulla lavagna una nuova data che raf-figura il nostro futuro compleanno.
Scegliamo un nostro compleanno futuro: i 90 o 100 anni o quel che ci pare. Con l’esempio citato sopra le tre cifre sono:
1936 (data anagrafica di nascita: l’abbiamo cancellata così da dimenticarla un po’ alla volta;
1960 (anno della nuova nascita che sostituisce quella anagrafica, offrendo così una sicurezza interiore che ringiovanisce di 40 anni);
2035 ( anno in cui sarà festeggiato il secolo). Le date 1960 e 2035 le scriviamo allegramente sulla lavagna ogni volta che passiamo dalla veglia al sonno.
Come dissolvere le nostre resistenze interiori
Attenzione! Ci può capitare di sentire dentro una specie di resistenza, di negazione, come il senso di un’impossibilità o come un freno o come qualcuno che ci dice. “No, no, impossibile, impossibile!”.
Sono gli ammassi negativi che in passato abbiamo accumulato nella mente e che ora ci oppongono resistenza. Non dobbiamo combatterli con un moto della volontà. Se gli opponiamo la nostra “forza di volontà” vincono loro, perché si impossessano proprio dell’energia da noi espressa.
Ma come salvarci dopo decenni di ammassi accumulati? Come possiamo eliminarli?
Dobbiamo solo guardarli con distacco, stando noi da una parte e la negazione di fronte: guardiamo d’onde essa nasce.
Se è una voce (“No, no, impossibile!”) essa nasce quasi sempre in testa, spesso dietro l’orecchio. Guardiamola parlare. Se è un fastidio, un disagio, guardiamo se s’affaccia nella regione ombelicale, o al plesso solare o altrove. Può anche presentarsi in gola come un’aridità o un’amarezza oppure essere una stretta alle tempie e alla fronte che si corruga. Scopriamo insomma come il contrasto si manifesta e guardiamolo attenti e incuriositi. Sotto il nostro sguardo indagatore, subito le negazioni s’afflosciano e avvizziscono come palloncini sgonfiati. Sono parassiti che se ne vanno e ne siamo liberi. La loro energia era la nostra. Guardandoli gliela abbiamo tolta.
Questa tecnica interiore ci può liberare da collere, paure, invidie, gelosie, sentimenti d’inferiorità o di superiorità, ossessioni, dolori.
La nostra pre-visione non reprime, non usa modi autoritari, aggressivi e violenti. Nel guardarle ce ne liberiamo
La potenza del sorriso.
Il sorriso è molto di più di un semplice rimedio terapeutico. Se ci sentiamo mancare di coraggio o di fiducia, sorridiamo a noi stessi e ci ritempreremo; sorridiamo all’incontro con ogni persona, con ogni vivente e così lo incontreremo davvero. L’autentico sorriso (non quello affettato, di circostanza) ci apre, ci eleva e ci raffina.
Mettiamoci spesso davanti allo specchio e, anzitutto, accettiamo la nostra faccia, il nostro corpo e sorridiamo loro benevolmente. Non fissiamoci nello specchio per cercarvi i segni d’invecchiamento. Parliamo alla nostra immagine nello specchio delle disarmonie di cui soffriamo, delle ostilità che ci addolorano. Parliamole e lasciamola parlare, lasciamola sfogare. A un certo punto ci sentiremo liberati e dall’intimo ci verrà l’indicazione giusta, il suggerimento opportuno, l’intuizione illuminante. Così il miglior consiglio ci viene dall’alto o dal profondo di noi stessi.
La ricetta dello specchio merita d’essere sperimentata: insegna anche a non identificarci troppo col nostro corpo, a sorridergli e a sorriderne.
L’accettazione del nostro corpo (specchiarsi)
Un buon esercizio per il sorriso consiste nel metterci davanti allo specchio e guardarci come se fosse la nostra immagine riflessa ad osservarci. Rimaniamo in questa posizione per circa cinque minuti, sempre osservati dalla nostra immagine. Non siamo noi che la guardiamo, ma è lei che ci osserva. Non pensiamo a nulla. Semplicemente siamo osservati. Ci sentiremo allora pervasi da una fine e piacevole corrente energetica che ci ristora.
Un altro esercizio è questo: cerchiamo dentro il petto un punto sensibile della mente (un punto che corrisponde al plesso cardiaco). Lì si trova una vibrazione segreta, che appena raggiunta dalla nostra coscienza, si riflette sul volto con un sorriso di gioia spontanea, intensa e radiosa.
Infine possiamo sorridere al prossimo, anche a sua insaputa. Il nostro sorriso, pur da lontano, pur in segreto, spanderà la sua irradiazione silenziosa su tutti e su tutto.
La ripetizione regolare di affermazioni positive. Liberazione dal dolore.
Come possiamo sorridere quando il dolore ci torce? Nel dolore fisico c’è sempre una forte componente psichica, spesso maggiore della componente corporea. Se la nostra mente si concentra sulla zona del dolore fisico, esso si fa più acuto; se invece la nostra mente riesce a staccarsene, il dolore subito si mitiga e persino scompare.
Coi farmaci anestetici la coscienza si stacca dal corpo in modo totale o parziale; altrettanto con i mezzi psichici (persuasione, suggestione, ipnosi, sophrologia) e s’ottiene il parto indolore e l’analgesia chirurgica. Fin dove la mente può sul corpo? Non esistono limiti.
Sappiamo ormai che la malattia (da cui il dolore nasce) risiede solo nella mente. Agendo sulla mente noi possiamo vincere il dolore, prevenire il male o guarirlo.
Il dolore è un messaggio che la nostra coscienza ci invia per dirci che si sente a disagio e in disarmonia. Così essa scarica questo disagio sul corpo affinché noi ne prendiamo coscienza.
Per vincere il dolore e liberarsene, bisogna intervenire subito sulla componente psichica che va dall’inquietudine all’ansia, al tremore, allo sgomento, alla paura, alla rabbia, all’orrore, all’ossessione. Lì si deve intervenire e si può.
La componente psichica del dolore esalta la componente fisica e diviene l’aggiunta d’una nuova e più forte dose di dolore in una spirale crescente. A un certo punto basta l’accenno iniziale del dolore fisico, per scatenare quello psichico, che comincia come paura, ma poi diventa una concentrazione sulla zona dolente: il dolore così ingigantisce, s’esaspera, insopportabile. Se invece si comprende il messaggio del dolore, lo si lascia nel suo limite fisico, ed esso presto se ne va. Il dolore compare, come messaggero, poi si attenua e passa, per magari tornare, riavvertire, passare ancora....
Al bimbo che s’è fatto male a un dito e corre piangendo dalla madre, ella soffia sul punto dolente e dice: “Ecco, passa, passa!”. Tutte le mamme si comportano così ed è saggezza. Noi possiamo fare la stessa cosa in caso di dolore, magari chiudendo gli occhi e soffiare sopra al punto dolente, come nello spegnere la candela.
Al primo segno di dolore, interrompere subito la respirazione e subito buttare fuori il fiato a labbra arrotondate, come a spegnere la candela, dicendoci: “Passa, passa, passa...”.
Il nostro corpo tende spontaneamente alla guarigione: se così non fosse, la medicina e la chirurgia fallirebbero sempre. Per risanare dobbiamo aiutare il corpo con un soccorso psichico guaritore e non propinargli i veleni di pre-visioni spaventose oppure di concentrazioni nocive, proprio sul punto dolente che chiede aiuto.
Per aiutare il corpo diciamogli: “Passa, passa, passa...”.Così l’intervento psichico risanatore è immediato e provvido.
La mente ha nel corpo il suo strumento e quindi lo può dominare. Ripetiamo continuamente la frase guaritrice e ne noteremo l’efficacia.
Ma per i dolori dei mali inguaribili? In questi casi il dolore è divenuto generalmente anche un’ossessione e il malato non riesce a liberarsene da solo. Occorre l’intervento del medico ipnologo o sophrologo.
Programmare positivamente la nuova giornata.
La mattina, ancora nel dormiveglia, utilizziamo la formula di Emile Coué ben usata e potentissima.
La formula recita così:
Ogni giorno tutto mi va di bene in meglio. Grazie!
Al primissimo sentore del risveglio (quieto), restiamo totalmente immobili e ripetiamo 21 volte la suddetta frase consapevolmente a mezza voce o mentalmente, sorridendo.
Con la formula noi indichiamo il fine, la mente s’occuperà dei mezzi.
Tutto ciò che noi visualizziamo e teniamo fermo nel lobo frontale, diventa realtà.
Questa tecnica è piuttosto semplice ed è finalizzata a favorire la produzione di tutti gli ormoni che alimentano la vita anziché inibirla. Dal momento che è la mente a fungere da guida, è la mente ad avere il dominio sulla materia, le ghiandole endocrine sono divenute incapaci di sostenere la pura rigenerazione della struttura cellulare a causa della convinzione della ineluttabilità della morte. Finché saremo convinti che la morte sia qualcosa di naturale, i nostri corpi sosterranno tale convinzione pur essendo in grado di disubbidire a tale principio.
Ecco una semplice tecnica di riprogrammazione della produzione ormonale, che può però risultare efficace soltanto quando sarà eliminata questa “mentalità di morte”.
- Sedete in meditazione/contemplazione.
- Sintonizzate i vostri campi energetici mediante respiro e luce.
- Visualizzate un fascio di luce proveniente dalla fonte più alta, fatela passare attraverso i chakra, mediante i quali l’Io sono si collega al vostro essere. Una volta disceso lungo i chakra, fatelo salire fino alla sommità del capo.
- Fate sì che questo fascio di luce dorata, bianca riempia ogni cellula del cervello.
- Fate in modo che questa luce vi compenetri totalmente ed attivate la ghiandola pituitaria e poi la pineale.
- Dite a queste ghiandole di abbandonare le vecchie nozioni e convinzioni, e di produrre da questo momento soltanto ormoni vitali che favoriscano e sostengano l’immortalità fisica.
- Sentite il fascio luminoso penetrarvi in gola e riempire di luce ogni cellula.
- Dite ancora alla tiroide di fare la medesima cosa.
- Percepite o visualizzate la luce che va in basso attraverso il corpo e riempie ogni cellula.
- Dite al timo, alle ghiandole surrenali, al pancreas e alle ghiandole riproduttive di fare la medesima cosa.
- Ringraziate infine tutte le ghiandole per il meraviglioso servizio prestato in obbedienza delle vostre indicazioni; ribadite che adesso assumete lo stato di immortalità fisica, e chiedete loro di sostenere la nuova convinzione in perfetta armonia con la vostra perfetta impronta divina.
L’Autognòsi è una tecnica che deve essere praticata al primissimo risveglio del mattino ad occhi chiusi.
Va eseguita solo dopo aver praticato almeno per un mese gli esercizi della lavagna, dello specchio, della candela descritti precedentemente.
Al risveglio restiamo immobili, senza alzare nemmeno un dito, intenti solo a percepire la ripresa di contatto della nostra coscienza col corpo. In quel momento portiamo la nostra coscienza nella testa, alla sommità della testa, là dove i capelli formano un vortice. Sentire tutta la massa cerebrale dalla nuca alla fronte. Sentirla bene: traversarla tutta, sentire il cuoio capelluto, ravvivarlo muovendo il muscolo corrugatore.
Poi passare con la coscienza agli occhi (l’uno dopo l’altro in profondità), poi al naso (su per le narici fino alla gola), alla bocca (labbra, lingua, palato, dente per dente con la sua gengiva), alle orecchie (dal padiglione al timpano).
Poi dalla nuca si scende lentamente lungo la colonna, a cominciare dalla settima vertebra cervicale, la prominente...
La coscienza si sposta lungo la spina dorsale come un faro nel buio.
Si scende, di vertebra in vertebra, lungo le 12 dorsali, le 5 lombari fino al coccige che è sede dell’energia kundalini.
Al tocco di questa espansione che giunge loro dalle vertebre, i visceri rispondono l’uno dopo l’altro con vibrazioni varianti: talvolta indicano pienezza, vigore, benessere, tal altra segnalano tensioni, dolenzie, inquietudini, turgori o avvizzimenti.
Allora la coscienza (il pensiero cosciente) deve soffermarsi pacata su queste dissonanze, riportandole all’armonia con la semplice sua presenza sanatrice. I risultati sono rapidi ed ottimi.
Arrivati all’inguine occorre spostare la coscienza agli arti inferiori, partendo dagli alluci e salendo fino alle natiche. E poi agli arti superiori, dai mignoli alle spalle. Così si è compiuto il percorso del corpo intero.
In principio ci si può limitare a una tappa: ad esempio la sola testa e il viso.
E’ ormai noto che se ci concentriamo col pensiero su di un organo malato e gli inviamo (servendosi anche del respiro) calore psichico, si aumenta il flusso circolatorio dell’energia vitale e si elimina rapidamente ogni processo infiammatorio.