MAOMETTO ALL’ORIGINE DELL’ISLAM L’interesse crescente per la cultura arabo islamica in questo periodo di crisi internazionale è dovuto alla necessità di conoscere meglio un modo di vivere la vita molto lontano dalle nostre abitudini. Ed ecco, allora, che è importante risalire all’origine dell’Islam, non solo per arricchire il nostro bagaglio conoscitivo ed evitare pregiudizi facilmente scaturibili dai nostri ragionamenti, ma soprattutto per approfondire quella che è l’identità comune di un popolo che oggi è sinonimo di timore, ma che vide il suo Profeta dare il via ad una nuova grande religione monoteista, dopo Cristianesimo ed Ebraismo. Rispetto alla storia di altri fondatori di religioni, le fonti sulla vita del Profeta sono numerose: il Corano innanzitutto, lo scritto più importante dell’Islam, rivelato direttamente da Dio a Maometto tramite l’arcangelo Gabriele; gli Hadith, o detti del Profeta, alla base della conoscenze sulla vita e l’insegnamento di Maometto e trattanti soprattutto la liturgia, la morale e altre questioni religiose; la sua biografia, compilata da Ibn Ishaq nella seconda metà dell’VIII secolo sulla base di una tradizione sostanzialmente orale.
L’Arcangelo Gabriele si rivela a Maometto
La tradizione ricopre di stupefacenti prodigi la nascita del Profeta di Allah: si racconta che l’apparizione di una stella nel cielo l’annunciò agli ebrei dell’oasi di Yathrib, la futura Medina, e che i magi della Persia, seguaci di Zoroastro, videro spento il fuoco sacro del loro tempio. Maometto nacque attorno al 570 nel clan dei Banu Hashim, clan impegnato nel commercio e traffico carovaniero attraverso il deserto. Il padre morì prima della sua nascita, tanto che il futuro Profeta fu allevato dal nonno e poi dallo zio, Abu Talib. Maometto fu carovaniere e sposò a venticinque anni Cadigia, una ricca vedova per cui lavorava. Essi ebbero quattro figlie e diversi figli, anche se i maschi morirono tutti durante l’infanzia. Maometto aveva una naturale inclinazione per la religione; negli anni che precedettero le rivelazioni era solito ritirarsi sui monti vicini alla Mecca per pregare in solitudine. Secondo la tradizione, egli fu consigliato e aiutato da un hanif (monoteista arabo, credente in un unico Dio, ma senza essere né ebreo né cristiano), che lo convinse della futilità del culto degli dei. Già prima della rivelazione del Corano, dunque, Maometto era in cerca della verità religiosa. Verso l’anno 610 egli ricevette i primi segni, che incisero la sua anima come un solco nella sabbia, e che lo riempirono di paura e disagio. Si trattava di rivelazioni della presenza di un Dio grande e giusto, che nel giorno del giudizio avrebbe pesato la vita di ciascun uomo per destinarlo alla beatitudine o alla dannazione. A tutto ciò si contrapponeva la presunzione dei meccani, i quali avevano come unica fede quella dei loro antenati. Maometto predicò ciò che sentiva e istituì la preghiera rituale. La rivelazione del Corano presentò subito importanti analogie con le altre due religioni monoteistiche, Cristianesimo ed Ebraismo: dall’immagine del giudizio universale alla venuta di un profeta inviato ad un popolo eletto. Nei tre anni successivi alle prime rivelazioni, Maometto continuò a condurre vita privata, parlando delle sue esperienze soltanto ad amici e familiari. Un gruppo di persone accettò le sue idee e si raccolse attorno a lui per recitare il Corano; furono questi i primi convertiti, tra i quali vengono annoverati la moglie Cadigia e i futuri califfi Abu Bakr e Alì, due dei più importanti artefici dell’espansione territoriale dell’Islam. I primi anni di missione di Maometto furono deludenti e ricchi di opposizioni, soprattutto da parte dei Quraysh, i mercanti che dominavano la vita meccana. La Mecca, “madre delle città”, come viene definita dal Corano, e “Ombelico del mondo”, come viene appellata dai musulmani, aveva una posizione strategica speciale, in quanto all’incrocio delle grandi vie carovaniere che conducevano a nord-est in Siria e Mesopotamia, e a sud-ovest nello Yemen, chiamato anche dai romani Arabia Felix. Sembra infatti che nel V secolo d.C. i Meccani avessero ottenuto dei lasciapassare dall’imperatore di Bisanzio, della Persia, dal Nagus d’Etiopia e dal re dello Yemen, che li autorizzavano a condurre le carovane nei loro paesi e commerciare senza dover ricorrere al contrabbando.
L’Arabia
I Quraysh si facevano beffe del Profeta, cercando prove e miracoli. Seguirono molestie ed insulti ai suoi seguaci. In questa fase, Maometto includeva nella sua missione anche cristiani ed ebrei, come anche i pagani. Solo in seguito divenne chiaro che la sua predicazione avrebbe dato il via ad una nuova religione. Nel 619 Maometto si rivolse a cercare aiuto al di fuori della Mecca. Trovò ciò che cercava in Medina, prima di essere deriso e cacciato da un’oasi vicina ad al Taif. In questi frangenti la situazione di Medina si rivelava una vera manna: oasi agricola abitata da diversi clan, Medina era, a differenza della Mecca, dilaniata da faide accanite fra i due gruppi tribali dominanti. Le faide prolungate mettevano a repentaglio la sicurezza degli uomini nei campi e rendevano incerta la stessa esistenza di Medina. A differenza dei beduini, gli abitanti di Medina dovevano vivere come vicini e non potevano spostarsi da un posto all’altro. Inoltre a Medina erano in atto dei cambiamenti sociali che rendevano sorpassata la forma fondamentale di società beduina gentilizia. Nell’economia di Medina prevaleva l’agricoltura sulla pastorizia e la numerosa popolazione di ebrei poteva accrescere le simpatie della gente per il monoteismo. Maometto operò le prime conversioni proprio a Medina e qui egli fu riconosciuto come Profeta nel 620. Con la garanzia costituita dal patto di difendere Maometto, il Profeta compì insieme ai suoi seguaci quel viaggio a Medina che rappresenta l’evento più drammatico nella storia dell’Islam; fu allora, nell’anno 622, che ebbe origine la comunità islamica e l’anno I dell’era musulmana, l’hijira (viaggio).
Banchetto in onore di Maometto al suo arrivo a Medina
Un passo fondamentale per il consolidamento del potere di Maometto fu l’eliminazione dei clan ebraici che si dimostravano ostili alla sua missione. Sulle prime, Maometto si era immaginato Profeta mandato a tutti gli arabi, di qualsiasi credo; pertanto Maometto voleva inserire gli ebrei di Medina nella sua comunità. Tuttavia i clan ebraici negarono che Maometto potesse dichiararsi Profeta secondo la tradizione ebraica. Nel corso di questa disputa, il Corano li denunciò per aver infranto il loro patto e fece nuove rivelazioni su Abramo, il Profeta per eccellenza, che fu il costruttore della Kaaba e il progenitore degli arabi. Il Corano rivelò che ora Maometto era stato inviato a restaurare il puro monoteismo di Abramo; in tal modo il nuovo profeta superò il retaggio delle scritture ebraica e cristiana. La comunità non avrebbe più incluso ebrei e cristiani, ma avrebbe professato una religione a sé stante, rimpiazzando le precedenti. Maometto procedette ad esiliare e giustiziare i clan ebraici di Medina e a confiscarne le proprietà a beneficio dei suoi seguaci. Negli anni che seguirono Maometto lavorò per creare una comunità fondata su credenze religiose, riti, leggi comuni. A livello liturgico e religioso, l’esistenza di una comunità musulmana di fedeli si espresse in numerose norme liturgiche e sociali stabilite dal Corano, che comprendono i cinque pilastri della fede: salat (la preghiera liturgica), zakat (l’elemosina), hajj (il pellegrinaggio), il digiuno del Ramadan e la shahada (la professione di fede nell’unità di Dio e nella natura profetica di Maometto). I cinque pilastri, derivati da precedenti arabi, ebraici e cristiani, erano atti rituali pubblici che, eseguiti in gruppo dai credenti, rafforzavano la coscienza collettiva nella comunità e, nei singoli, la consapevolezza di una speciale predestinazione. Oltre alle leggi sulla famiglia e sulla morale, il Corano considerava anche altri problemi collettivi di vario genere; vi erano norme relative alle transazioni commerciali: ingiunzioni di trattare in modo giusto, di rispettare i contratti, di non percepire interessi usurari. Queste erano norme etiche e non leggi. Tante norme riguardavano anche la conduzione della guerra, il trattamento dei prigionieri e la spartizione del bottino. Vi erano divieti morali del gioco d’azzardo e del consumo di bevande alcoliche, probabilmente perché tali bevande erano associate al paganesimo. Maometto si rese conto che per ridurre la Mecca sotto la sua influenza era necessario controllare anche le tribù d’Arabia. Insomma, sia le ambizioni religiose di Maometto sia la logica politica del suo trasferimento a Medina rendevano necessaria una confederazione araba, oltre a quella medinese. Fin dall’inizio Maometto non diede tregua alla Mecca. Piccoli gruppi di Meccani si diedero subito ad assaltare e saccheggiare le carovane dei mercanti meccani. Nella battaglia di Badr, nel 624, Maometto sconfisse forze meccane numericamente superiori, decimò il gruppo dirigente della Mecca e si conquistò un enorme prestigio in tutta l’Arabia. Negli anni successivi l’iniziativa passò ai Meccani, che attaccarono due volte Maometto a Medina (625 e 627): la prima fu una disfatta per i musulmani e la seconda si concluse con uno stallo. Maometto trasse però vantaggio da entrambe le contese. Tuttavia, a partire da questo momento, Maometto allentò la pressione sulla Mecca invece di intensificarla, dato che egli mirava non già a distruggerla, ma a convertirne il popolo all’Islam. Nel 628 Maometto si avviò con i suoi seguaci in pellegrinaggio alla Kaaba, dove essi proposero di adottare i riti del pellegrinaggio, in forma modificata, come parte della liturgia islamica. Questa mossa era intesa a dimostrare che l’Islam era una religione araba e avrebbe conservato il culto del pellegrinaggio, al quale la Mecca era tanto interessata. D’altra parte i Meccani diffidavano delle intenzioni di Maometto e gli sbarrarono la strada. Maometto riuscì a concludere una tregua: i meccani avrebbero consentito il pellegrinaggio dei musulmani, ma egli dovette rinunciare alla pretesa di venire riconosciuto come il Profeta di Dio. Se da una parte il trattato si rivelava imbarazzante per Maometto, per un altro verso egli ne trasse vantaggio. L’ostilità della Mecca si era placata e il trattato confermò quanto era emerso dagli insuccessi dei Meccani negli scontri precedenti, che cioè Maometto era una potenza con cui fare i conti e che la Mecca aveva rinunciato ai tentativi di sconfiggerlo. Fiutato il vento, le tribù d’Arabia continuarono a far causa comune con Maometto. Nel 630 Maometto trionfò completamente sulla Mecca. Una controversia fra tribù clienti della Mecca e di Medina portò alla rottura della tregua, ma i capi meccani si arresero e le forze musulmane entrarono in città. Maometto concesse l’amnistia a quasi tutti ed elargì numerosi doni ai notabili Quraysh. Gli idoli della Kaaba furono distrutti ed essa fu proclamata il santuario più sacro dell’Islam.
La Kaaba
Si inviarono ambasciate e missionari in tutta l’Arabia, attaccando le tribù per costringerle a pagare la zakat, la tassa-elemosina, che Maometto considerava un segno di appartenenza alla comunità musulmana e di accettazione di lui come Profeta. Una volta soggiogata la Mecca, anche le tribù arabe recalcitranti caddero sotto la sua influenza. Verso la fine della vita di Maometto, egli aveva creato, per la prima volta, una grande federazione araba di oasi e tribù e aveva dato una soluzione alla distruttiva anarchia della vita della penisola. Al momento della morte, nel 632, Maometto lasciava ai suoi seguaci il progetto di una comunità politica basata sull’affiliazione religiosa e una concezione della vita fondata sulla visione dell’unicità di Dio. Per chi non si lasci accecare dai pregiudizi o da spirito di parte, Maometto fu protagonista di un grande mutamento storico; fu un’anima ardente, estremamente complessa, peccatore confesso e penitente, capo carismatico. Nelle rivelazioni del Corano egli riuscì a sintetizzare in un nuovo monoteismo concetti religiosi arabi, giudaici, cristiani, insieme ad idee nuove e tipicamente islamiche. Di lì a poco, l’Islam si sarebbe espanso a macchia d’olio, ottenendo la fiducia anche di quei cristiani che, stretti nella morsa dei contrasti dogmatici tra le Chiese cristiane d’Occidente e d’Oriente, preferirono la semplicità e la chiarezza del nuovo monoteismo, entrando così a far parte di quell’immensa comunità che oggi conta non più solo arabi, ma anche berberi, turchi, iraniani, indiani, indonesiani, popolazioni africane.
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