Velocità

Me ne sono reso conto a 16 anni, ma forse dovrei dire che ci sono nato. Solo che a 16 anni guidavo un moto e prima solo un motorino. La mia prima moto e la velocità: sempre più forte, sempre prima degli altri. Quelli con l’Honda o la Cagiva: nemici da battere. La marmitta da cambiare perché le moto nuove vanno più forte, le gomme migliori, sempre. Le ragazze: solo piccole e leggere, ma non importa, l’importante è correre. Poi capita l’imprevisto e ti fai male, per colpa tua o per colpa di una ragazza distratta. E allora pensi che potevi morire, che il casco ti ha salvato una volta e che la prossima chissà come andrà a finire. Ti prometti tutte le sere che andrai piano, che non devi dimostrare niente a nessuno e che solo gli stupidi si fanno male per strada. Poi…poi risali, l’accendi, chiudi la visiera e ti dimentichi tutto, ancora più forte, ancora più veloce, alla rincorsa del maledetto bip-bip. Prima la 125, poi la 250, poi la 500, ora la 600, prima 160, poi 210, poi 240 e con questa 260, ma domani la tiro bene. Non puoi farne a meno, c’è scritto 14.500 giri e devi arrivarci, metti la seconda in un attimo, la senti alzare poco, insisti con il gas, ti sposti in avanti e già devi mettere la terza, 140 in pochi secondi, la tiri, metti la quarta e ti attacchi ai freni, di nuovo la terza. La curva è lunga, chiude un po’ alla fine, al centro c’è una buca, lì si sente bene la compressione sui reni, la pressione sulle braccia e la forza centrifuga. Senti il tuo respiro affannoso nel casco, la fatica di tenere la moto giù, il ginocchio che sfiora l’asfalto, senti quella sensazione di pericolo, eccitazione, paura, esaltazione: velocità, in una parola. Esci dalla curva, premi sulla pedalina esterna, la metti dritta, tiri la quarta, la quinta, 220, freni, fai la variante veloce e giù verso la prossima. È solo che ogni tanto me li sogno, tutti gli incidenti che ho avuto per questa maledetta passione. Sento il suono della frenata, la moto che scappa via, quell’attimo irreale in cui sei in aria, tutto va piano o forse è il tuo cervello che va veloce, e ti rendi conto che stai cadendo. Poi torna la velocità normale, senti il rumore della moto che striscia sull’asfalto, senti il casco che si prende i colpi diretti alla tua testa, senti le ginocchia che bruciano e le mani che non ce la fanno a fermarti e il marciapiede si avvicina. Rotoli, strisci, ti strappi, ti rompi, a volte ti alzi, a volte non ce la fai, ti fa male tutto e chiudi gli occhi per un attimo: ce l’ho fatta? Si, ce l’ho fatta, e la prossima volta?

Rastapax