|
MENU'
|
|
|
|
|
Diablo
2
|
|
|
Come
Giocare su Internet mantenendo il proprio PG
CliKKa QUI |
|
|
La
divina commedia!
|
|
|
Il
capolavoro Dantesco a Fumetti
CliKKa
QUI |
|
|
100
Anni di Novità
|
|
|
Tutte
le novità del secolo
CliKKa
QUI |
|
|
|
Dal
medioevo alla luna
|
|
|
Tutte
le novità del secolo
CliKKa
QUI |
|
|
|
| |
Alina :
Un'altra vita oltre il parco
Quel pomeriggio di novembre era
particolarmente freddo e piovoso, ma Alina non rinunciò alla sua solita
passeggiata tra i viali alberati del parco pubblico. Indossò con serena
rassegnazione il suo vecchio pastrano irto e spinoso come il saio di un frate
conventuale, allacciò tutti e tre i grandi bottoni di corno, sollevò i baveri
fin sugli zigomi e si tirò la porta alle spalle, lasciando che i battenti
si chiudessero con un leggero tonfo. Alina era una creatura
malinconica e solitaria, parlava poco, perché pensava che a nessuno potessero
interessare le sue opinioni, vivere per lei significava lavorare e chi la
conosceva, sapeva bene quante fatiche celava quel fragile corpo. Felicità. Per
Alina, era un vocabolo, una parola, che non aveva alcun significato, un
miraggio, e come tale, irraggiungibile. Vivere un’esistenza che assomigliava
ogni giorno di più ad un ripido sentiero sempre in salita, a cosa serviva o a
chi? Quando sarebbe giunta alla sommità di quel Calvario? Domande senza
risposta, le sue, bisognava andare avanti, farsi coraggio. Chi le rispondeva così,
spesso, viveva il suo stesso malessere, condivideva le sue debolezze, ma
sperava, sperava sempre in un giorno migliore. Finché c’era stata sua madre.
Ogni fatica, ogni problema era stato diviso per due, ma ora, che era rimasta
completamente sola, privata di quell’unico affetto, abbandonata dal conforto
che soltanto una mamma può dare, Alina non si sentiva più parte di un mondo
così crudele. La vita, purtroppo, non le aveva riservato molte gioie,
di veramente suo aveva solo i ricordi, in cui gli episodi dolorosi superavano
e schiacciavano i pochi momenti di felicità dell’infanzia. Un’età
assaporata appena, fagocitata da privazioni e sacrifici. Le ultime ore di
spensieratezza che Alina ricordava, le aveva trascorse con Titina, una
vecchia bambola di pannolenci e risalivano appena ad una decina di anni prima,
di quel breve periodo le restavano solo immagini sfocate e troppo lontane.
Si sa, che in una famiglia di operai non si hanno mai molte opportunità
per giocare e lei aveva smesso di essere una bambina quando suo padre aveva
preso una brutta malattia e aveva dovuto abbandonare il lavoro agli altiforni.
Per questo e per altri mille motivi Alina sentiva la necessità di dover
recuperare tutto quel tempo rubato ai sogni della fanciullezza, giorno dopo
giorno, passo dopo passo. Così aveva iniziato ad uscire tutti i santi
pomeriggi, dopo il lavoro. Lasciava esausta i lavatoi dell’Albergo Imperiale
e, nonostante avesse le mani gonfie, i piedi martoriati dai geloni e le ossa a
pezzi, non c’era verso che Alina potesse rinunciare a quell’unico svago. Con
ogni tempo, con la pioggia, come con il sole, con la grandine come con la brezza
primaverile, lei si trascinava fuori ignorando stanchezza ed affanni. Non
era follia, piuttosto si trattava di un’esigenza forte quanto la fame o
la sete, perché si era accorta che durante le sue camminate nella villa
comunale, ogni peso, ogni malessere si alleggeriva e svaniva come nebbia
al sole. Sotto le fulve chiome dei frassini Alina non provava più quel disagio
che l’assaliva, ad esempio, quando si trovava al di là, oltre il parco.
Le grandi vie del centro, che era obbligata a percorrere giornalmente quando
andava a lavorare, con le boutiques, le vetrine lucide dei
gioiellieri, l’opulenza dei caffè, aumentavano il contrasto tra lei ed il bel
mondo. Era vero, Alina, si vergognava di essere così logora e misera, la
infastidiva essere osservata dalle belle signore eleganti, si era stancata di
leggere in quei volti, il disgusto, la pietà, la compassione. Anche a lei
sarebbe piaciuto profumare di violetta o di colonia, impazziva per i cappellini
con la veletta, desiderava un manicotto di pelliccia per nascondere le mani
deformate dalla fatica, invece le toccava vivere ai limiti della miseria.
In quel pomeriggio di novembre, Alina passeggiava lentamente lungo i viali del
parco municipale assorta nei suoi pensieri, in bilico tra sogno e realtà, si
consolava ascoltando il rumore dei propri passi sulla ghiaia e respirando a
pieni polmoni l’aria densa e fredda che odorava di pioggia e di mirto.
Immersa in quel paesaggio autunnale così malinconico e poetico, vagava
senza contare i minuti, le ore, con la rassegnazione di una prigioniera che
abbia abbandonato ogni tentativo di fuga. Le piaceva credere che quello
fosse un luogo incantato, come si diceva fossero i tenebrosi boschi
delle fiabe e non si sarebbe meravigliata se, d’un tratto, avesse fatto
capolino qualche spiritello silvestre tra i cespugli di bosso. In realtà udiva
solo il battito del suo piccolo cuore, incapace di emozioni, vuoto, quasi sul
punto di scoppiare dilaniato dal nulla assoluto. Sospinta dai suoi salti di
immaginazione, Alina si allontanava sempre più da una realtà che viaggiava
freneticamente a pochi passi da lei e di cui percepiva a tratti i suoni
striduli; la città, attenuata dalla coltre frusciante degli alberi,
spariva lentamente. Alina si sentiva protetta, tutto era così ovattato
ed etereo, anche i grandi tronchi globosi dei platani apparivano soffici e
rassicuranti. Ecco, ora udiva lo scorrere placido dell’acqua, aveva
raggiunto la vasca dei licheni; qui il viale proseguiva compiendo un
mezzo giro intorno alla fontana per poi inoltrarsi in un tunnel di
ferro battuto ricoperto interamente di vegetazione. Quello era il punto
preferito dalle giovani coppie di innamorati, se ne contavano diverse
abbracciate sulle panchine. Su una di esse si era appoggiato uno strano tipo
completamente avvolto in un mantello scuro. Che questi fosse un pittore Alina ne
ebbe la certezza soltanto quando vide degli schizzi di colore appesantire il
volo di una foglia e trascinarla a terra come una farfalla verde smeraldo.
Se non fosse stato per il convulso volteggiare delle sue mani, a prima vista, si
poteva pensare che il pittore fosse un fantoccio messo lì dall’Intendenza
Comunale per attirare i passanti, inchiodato a terra, immobile come una
quercia secolare. Le sue dita plasmavano spasmodicamente i pastelli su di
una grande tela con un susseguirsi di movimenti così veloci da far pensare che
fossero animate di vita propria. Ogni gesto sembrava scaturire da una fonte
d’energia misteriosa, un uomo comune, sebbene abile ed allenato, non
sarebbe stato in grado di muoverle compiendo simili evoluzioni.
Alina, attraversò il raggio d’azione dell’insolito artista e si
avvicinò a lui per osservare la magia delle sue mani vibranti. Vide che il
pittore procedeva come ipnotizzato, in preda ad una specie di estasi
artistica. Stupita si domandò quale genio ispiratore potesse guidare in
modo così vertiginoso i suoi movimenti. Non c’era da stupirsi se sulla tela
non si stava delineando nessuna immagine che assomigliasse al paesaggio
circostante, il risultato, difatti, era un ammasso informe di colori. Fu
quando una goccia di tinta blu cobalto cadde sul bavero del cappotto che Alina
decise di proseguire il suo silenzioso peregrinare, lasciando il pittore
al suo delirio. Stava procedendo lungo un percorso lineare nel folto dei
rami intrecciati, in un buio quasi profondo, quando improvvisamente le
giunse la netta sensazione di essere osservata, qualcuno, una presenza
indefinibile, la stava scrutando al di là, tra i cespugli scossi dal vento, ne
era certa. Appena fuori dal tunnel, Alina ritrovò il grande
viale alberato e si trovò immersa in un chiarore irreale, si guardò
intorno e vide che tutto era identico a tutto e, nonostante fosse ormai sera, come
si spiegava il fatto che i raggi del sole, seppure filtrati dalle piante,
potessero delineare quel percorso che si stagliava luminoso davanti a lei?
Sebbene tutto l’insieme la inquietasse, fece appello al suo buon senso
per allontanare ogni alone di mistero e continuò a passeggiare seguendo proprio
quel tragitto. Ben presto si accorse che quel percorso la stava portando in
un una parte assolutamente sconosciuta del parco, fece per tornare indietro ma
vide che non raggiungeva mai zone conosciute, anzi, era come se un qualcosa
la spingesse a ritornare su quel viale preciso. Ciò che poco prima l’aveva
tanto incuriosita, iniziava a spaventarla sempre di più. Quanto tempo era
trascorso da quando aveva fatto ingresso nel parco? A quell’ora il sole doveva
essere già tramontato e quella luce che penetrava oltre i rami appariva troppo
fredda per essere solare, sembrava piuttosto frutto di un qualcosa di
artificiale. Stava riflettendo proprio su questa singolarità, quando
avvertì come una leggera brezza, un odore diverso che assomigliava quasi ad un
respiro. La sua mente parve farsi piano piano più leggera, sino a
galleggiare sospinta da un soffio caldo. No, non era più sola, sapeva che
quella presenza percepita poco prima nell’oscurità, non era illusione,
da qualche parte, invisibile, c’era un qualcosa di indefinito che
forse voleva avere un contatto con lei. Si girò intorno, scrutò ogni
zona d’ombra, ma non intravide nessuno, allora diresse il suo
sguardo in alto, verso le folte cime di un gruppo di lecci, ma oltre ai soliti
fruscii, non vide nulla che giustificasse le sue impressioni. Alina sapeva di
essere una creatura suggestionabile e ricca di fantasia e quindi non si lasciò
condizionare da un istinto che le ordinava di tornare indietro e correre via,
proseguì il suo lento cammino. Ma all’improvviso, proprio dietro di
lei, si sentì come un lamento, o per meglio dire, un leggero sospiro, si fermò
e lo udì di nuovo. Si voltò di scatto pensando di sorprendere uno
sconosciuto che la seguiva, ma si sbagliò, perché non vide nessuno dietro di
lei. Istintivamente cominciò a correre, atterrita da tutta una serie
di lugubri supposizioni che andavano sovrapponendosi nella sua mente già troppo
confusa. Ma più cercava di accelerare il passo e più sentiva le gambe
farsi pesanti, le sembrava che una energia misteriosa la stesse risucchiando
verso di lei. Nel tentativo di opporsi Alina fece appello a tutte le sue forze
per contrastare quanto più poteva quella morsa poderosa, ma ogni sforzo risultò
inutile. L’affanno le toglieva il respiro, le tempie stavano per
scoppiarle ed il cuore impazzito le rimbombava nelle orecchie. Alina esausta si
abbandonò al feroce richiamo e venne trascinata in un vortice fatto
di colori e di suoni distorti. Tra lei ed il mondo si era aperto un baratro dal
quale, forse, non sarebbe più riemersa. La sua sostanza corporea sembrava
essere svanita in un turbinio di luci ed ombre, non poteva più guardarsi
né toccarsi, stremata si abbandonò all’oblio. Quando la danza di colori cessò,
si sentì nuovamente viva e padrona del proprio corpo, dei propri pensieri.
Il parco era sparito.
| |
|
Info
|
|
|
|
|
Risoluzione
Adatta 1024x768
|
|
Mandami un
E-Mail
|
|
ICQ
N. 131583379
|
|
GuestBook
|
|
Inserisci la tua HomePage
|
|
|
|
|
Televisione
|
|
|
Film,
Telefilm, etc...
CliKKa QUI
|
|
Super
Eva Files!
|
|
|
ITA
Tutti
i programmi x tenere aggiornato il tuo PC
CliKKa QUI
|
|
|
Cover
Central
|
|
ENG |
Tutte
le cover che vuoi CD,DVD,VHS..
CliKKa QUI |
|
|
TGM
Online
|
|
|
ITA
Tutte le novità e le soluzione per giochi del
tuo PC
CliKKa QUI |
|
|
Tutto
Testi
|
|
|
ITA
Testi, Accordi, Tutto sulla Musica!
CliKKa QUI |
|
|
|
|