GENESI DELLE MANIFESTAZIONI SUPERFICIALI
La nostra interpretazione del fenomeno geologico è fondata su due teorie
che spiegano la genesi dei campi geotermici: la teoria
juvenile formulata da Lotti all’inizio del secolo e la teoria
meteorica di Facca-Tonani che trovò la sua affermazione completa nel 1961
nel corso di una conferenza sulle nuove sorgenti di energia organizzata a Roma
dalle Nazioni Unite. Le due trattazioni concordano su un punto: un campo
geotermico può manifestarsi soltanto dove si realizzano le condizioni
favorevoli per la sua esistenza. Una di queste condizioni è la presenza di una
massa di magma a profondità non troppo grande: questo stock magmatico è
infatti la sorgente di calore di un campo geotermico (Facca, 1968).
La teoria juvenile o magmatica (juvenile è il termine con cui si
definisce l’acqua proveniente direttamente dal magma) considera che le
manifestazioni superficiali siano strettamente relazionate ai gas e all’acqua
che si liberano dal corpo magmatico in fase di raffreddamento, ascendenti in
superficie grazie a grandi fratture (faglie) che giungono fino alla massa
intrusa in corso di consolidamento. La seconda teoria detta meteorica (Lotti,
1968), ipotizza come sorgente delle
manifestazioni superficiali l’acqua atmosferica. In queste condizioni un campo
geotermico risulta costituito da:
-
una sorgente di calore, cioè un deposito profondo di magma;
-
un acquifero, cioè una serie di rocce permeabili;
-
una copertura, cioè una serie di rocce impermeabili.
In presenza di questi fattori un’intrusione magmatica in fase di
raffreddamento a 4-5 Km di profondità può originare correnti di convezione
nell’acqua contenuta nella roccia permeabile sovrastante la quale può
risalire in superficie incanalandosi in strutture tettoniche (faglie) che
agiscono come perforazioni artificiali. Le due teorie sono state ricavate
studiando il campo geotermico di Larderello (Toscana) esteso a livello
regionale, ma i meccanismi che generano la risalita delle acque possono essere
applicati anche laddove le anomalie termiche interessino aree localizzate.
Nei precedenti studi che hanno interessato le Salinelle di Paternò gli
autori hanno ritenuto che le emissioni di fango, acqua e gas in superficie
fossero relazionate ai gas che, liberatisi dal magma in fase di raffreddamento,
durante la risalita lungo percorsi preferenziali (faglie, fratture beanti,
giunti di stratificazione), trascinavano passivamente in superficie le fasi
fluide (acque di falda e idrocarburi) e le fasi solide (argille azzurre) che
incontravano in profondità.
Noi proponiamo una spiegazione alternativa del fenomeno legata alla
teoria meteorica e di riflesso al trasferimento del calore per conduzione e
convezione. Bisogna ricordare infatti, che il flusso di calore, tra punti
dell’acquifero soggetti a diversa temperatura, può avvenire sia per
conduzione che per convezione. Nel primo caso la propagazione si verifica
secondo la teoria di Fourier, senza movimento di materia, e con trasmissione di
energia tra molecole contigue (dai punti a più alta temperatura verso quelli a
più bassa temperatura). Nel secondo caso il calore viene trasportato dal
fluido, poichè tendono a formarsi correnti convettive dirette dalle zone calde
(con acque più leggere) a quelle fredde (con acque più pesanti).
Sulla base dei suddetti fenomeni fisici, riguardo ai meccanismi che
condizionano la risalita delle acque
in superficie la nostra spiegazione è la seguente (Schema geologico
in 3D e in 2D): la sorgente di calore
(corpo magmatico intruso) riscalda per conduzione l’acqua meteorica che si
trova nell’acquifero sovrastante (rappresentato dalle arenarie della
formazione del Flysch Numidico). In queste condizioni, se il calore che dalla
sorgente raggiunge l’acquifero è elevato e la permeabilità delle rocce è
grande l’acqua contenuta nell’acquifero si muove per convezione. Il sistema
convettivo che così si stabilisce tende a rendere la temperatura dell’acqua
uniforme in tutto lo spessore dell’acquifero. Anche la roccia dell’acquifero
si riscalda e la sua temperatura diventa uguale a quella dell’acqua.
L’aumento di temperatura delle acque per effetto del gradiente geotermico
porta ad una diminuzione della densità, ad una riduzione della viscosità, ad
un aumento della tensione
di vapore saturo, cioè dell’evaporazione (Celico, 1986). Questi fattori
permettono la risalita delle acque lungo discontinuità strutturali e
stratigrafiche (faglie, fratture beanti, piani di stratificazione) che collegano
l’acquifero alla superficie. Da ricordare anche l’azione svolta dai
volatili, prevalentemente di origine magmatica, disciolti nelle acque ed in
particolare dall’anidride carbonica (CO2)
che è il gas più abbondante (93%); quest’ultimo mescolandosi con le
acque ne abbassa notevolmente il peso specifico favorendone la risalita anche
se, diminuendo la pressione esterna (legata all’altezza della colonna
d’acqua) si ha una progressiva
diminuzione della densità dell’emulsione
poiché i gas tendono ad espandersi sempre più. L’acqua calda in
ascesa verso la superficie viene sostituita in profondità da altra acqua che
ricarica l’acquifero, cioè da acqua meteorica infiltratasi nel sottosuolo
anche in zone molto distanti dal campo geotermico (nell’area di alimentazione
dell’acquifero, cioè dove esso affiora). Si viene così a stabilire un
circuito chiuso: questa nuova acqua meteorica, muovendosi nel sottosuolo, viene
riscaldata dalle rocce che attraversa ed entrando nel sistema convettivo
sostituisce l’acqua che risale verso la superficie. In queste condizioni non
si può escludere l’origine magmatica di una piccola percentuale d’acqua, ma
certamente la sorgente essenziale delle manifestazioni superficiali è
rappresentata dall’acqua meteorica. Nel
suo percorso verticale l’acqua risale molto lentamente e tende ad arricchirsi
di sali diversi in funzione della natura geologica delle rocce attraversate.
L’attraversamento della Serie Gessoso-Solfifera (costituita da carbonati,
gessi e sali) porta ad una notevole concentrazione delle acque: l’azione
dissolutrice del liquido, favorita dai lunghi tempi di contatto acqua-roccia
e dalla elevata solubilità dei sali, genera delle vere e proprie
salamoie (il residuo fisso è di
circa 83 g/l). All’azione chimica si associa
anche un’azione di tipo meccanico che si esplica con maggiore intensità
sui terreni più teneri: vengono erose per lo più le argille azzurre
pleistoceniche che, trasportate in sospensione fino in superficie, flocculano
(cioè si aggregano formando particelle di dimensioni apprezzabili)
depositandosi al suolo in prossimità dei punti di emissione. Questo processo è
la causa dell’inversione degli originari rapporti fra lave e argille azzurre
pleistoceniche (substrato etneo) con un notevole spessore di argille azzurre
risedimentate più antiche, sovrapposte alle lave più recenti. Durante la
risalita le acque calde entrano in contatto anche con le acque delle falde
superficiali più fredde ed a differente tenore salino: le diluizioni subite in
questa fase portano quindi sia ad una variazione della concentrazione degli ioni
disciolti nelle acque sia ad un abbassamento della temperatura. Per tale motivo
le Salinelle sono state definite “sorgenti fredde”: la temperatura
dell’acqua emessa (max registrata 33°C) è infatti solitamente bassa e si
discosta poco dalla temperatura ambiente (Mancuso et al., 1991).