I fondamenti
della concezione sociale
X. Problemi
di morale individuale, familiare e sociale
I rapporti
matrimoniali
X.1. La differenza tra i sessi è
un dono speciale del Creatore, da lui dato agli esseri umani. «Dio creò l'uomo a
sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gen 1,27).
Essendo in pari grado portatori dell'immagine di Dio e della dignità umana,
l'uomo e la donna sono creati per un’a unione
totale e
reciproca nell'amore: «Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si
unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gen 2,24). Attuando la
volontà primordiale del Signore sulla creazione, l'unione coniugale da lui
benedetta diventa un mezzo per continuare a moltiplicare il genere umano: «E
Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la
terra; soggiogatela”» (Gen 1,28). Le peculiarità dei sessi non si riducono alle
diversità della struttura corporea. L'uomo e la donna sonocome due
modalitài
diversie dell'esistenza nell'unica umanità. Essi
hanno bisogno del
i
un dialogo e deli un
reciproco completamento. Tuttavia nel mondo corrotto dal peccato i rapporti tra
i sessi possono pervertirsi, cessando di essere un'espressione dell'amore
divino e degenerando nella manifestazione di una peccaminosa e insana passione
dell'uomo decaduto per il proprio «io».
Pur attribuendo un grande
valore alla scelta del celibato e d ealla castità volontari,
assunti per amore di Cristo e del Vangelo, e pur riconoscendo il ruolo particolare del monachesimo
nella propria storia e nella vita contemporanea, la Chiesa non ha mai avuto
verso il matrimonio un atteggiamento di disprezzo e ha anzi biasimato coloro
che per un’a aspirazione erroneamente intesa alla purezza hanno
umiliato i rapporti
matrimoniali.
L'apostolo Paolo, pur avendo
scelto per sé personalmente la verginità e pur avendo esortato altri a imitarlo
in questo (1Cor 7,8), nondimeno condanna «l'ipocrisia di impostori, già bollati
a fuoco nella loro coscienza. Costoro vieteranno il matrimonio» (1Tm 4,2-3). La
51a Costituzione apostolica recita: «Se qualcuno... rinuncia al
matrimonio... non per amore della continenza religiosa, ma per un motivo di
disprezzo, avendo dimenticato... che Dio, creando l'uomo, li ha fatti maschio e
femmina, e così facendo disprezza la creazione, o si correggerà, oppure sarà
destituito dalla dignità sacerdotale ed escluso dalla Chiesa». Questo principio
viene sviluppato dai canoni 1°, 9° e 10° del Concilio di Gangra: «Se qualcuno
condannerà il matrimonio e disprezzerà la moglie fedele e devota, che desidera
congiungersi con il proprio marito, o la biasimerà affermando che lei non potrà
entrare nel Regno [di Dio], su costui sarà anatema. Se qualcuno rimarrà vergine
o si asterrà dai rapporti sessuali, rinunciando al matrimonio, perché lo
disprezza, e non per amore della bellezza e della santità della verginità
stessa, su costui sarà anatema. Se qualcuno di coloro che hanno scelto la
verginità per amore del Signore si insuperbirà nei confronti di coloro che si
sono uniti in matrimonio, su costui sarà anatema». Il santo Sinodo della Chiesa
ortodossa russa nella deliberazione del 28 dicembre 1998, richiamandosi a
questi canoni, ha indicato la «inammissibilità dell'atteggiamento negativo o
sprezzante verso il matrimonio».
Il matrimonio
nella storia
e nella tradizione
X.2. Secondo il diritto romano,
che ha costituito il fondamento dei codici civili della maggior parte degli
stati modernicontemporanei, il matrimonio è un contratto tra
due parti libere nella propria scelta. La Chiesa ha fatto propria questa
definizione del matrimonio, interpretandola sulla base delle testimonianze
della sacra Scrittura.
Il giurista
romano Modestino (III sec.) ha dato la seguente definizione del matrimonio: «Il
matrimonio è l'unione di un uomo e di una donna, la comunanza di tutta la vita,
la compartecipazione alla legge divina e umana». In maniera praticamente
invariata qQuesta definizione è entrata praticamente invariata nei
codici canonici della Chiesa ortodossa, in particolare nel «Nomocanon» del
patriarca Fozio (IX sec.), nel «Syntagma» di Matteo Vlastar (XIV sec.) e nel
«Procheron» di Basilio il Macedone (IX sec.), inserito nella slava «Kormchaja
Kniga». Anche i padri e i maestri della Chiesa del cristianesimo primitivo si
basarono sullae
concezionie romanea del matrimonio.
Così, Atenagora nella sua «Supplica intorno ai cristiani» indirizzata
all'imperatore Marco Aurelio (II sec.), scrive: «Ciascuno di noi considera sua
moglie quella che ha sposato secondo le leggi». Gli «Insegnamenti degli
Apostoli», un testo del IV secolo, esortano i cristiani a «contrarre matrimonio
secondo la legge».
Il
cristianesimo integra le concezioni pagane e veterotestamentarie sudel matrimonio
con l'immagine sublime dell'unità di Cristo e delcon la
Chiesa. «Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti
è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il
salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche
le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre
mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla
santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla
parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza
macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i
mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama
la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la
propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa,
poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua
madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo
mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche
voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna
sia rispettosa verso il marito» (Ef 5,22-33).
Per i cristiani
il matrimonio è diventato non semplicemente un contratto giuridico, un mezzo
per continuare il genere umano e per soddisfare bisogni naturali temporanei,
ma, secondo le parole di sans. Giovanni Crisostomo, è l'«amore
mistico», l'unione eterna dei coniugi in Cristo. Da sempre i cristiani hanno
impresso sul matrimonio il sigillo della benedizione della Chiesa e della
partecipazione comune all'eucaristia, che è la forma più antica della
celebrazione del sacramento del matrimonio.
«È dovere degli
sposi e delle spose di stringere la loro unione con l'approvazione del vescovo,
affinché il matrimonio sia secondo il Signore e non secondo la concupiscenza», - scriveva
il santo martire Ignazio Teoforo (di Antiochia). Secondo Tertulliano, il
matrimonio deve essere «celebrato davanti alla Chiesa, confermato dal
sacrificio eucaristico [eucaristia] e sigillato dalla benedizione, e a esso
assistono gli angeli nei cieli». «È necessario invitare i sacerdoti e con
preghiere e benedizioni confermare i coniugi nella vita in comune, affinché...
i coniugi trascorrano la loro vita nella gioia, uniti con l'aiuto di Dio»,
diceva sans. Giovanni Crisostomo. Sant’S. Ambrogio di
Milano prescriveva che «il matrimonio deve essere consacrato dall'intercessione
e dalla benedizione del sacerdote».
Nel periodo
della cristianizzazione dell'Impero romano la legittimità del matrimonio era
riconosciuta, come prima, da una registrazione pubblica ufficiale. Consacrando
le unioni matrimoniali con la preghiera e la benedizione, la Chiesa riconosceva
nondimeno la validità del matrimonio civile, limitato nell'ordine
civile, nei casi in cui il matrimonio religioso non era possibile,
e non sottoponeva i coniugi ai precetti canonici. La Chiesa ortodossa russa
attualmente si attiene alla stessa prassi. Con questo essa non può approvare e
benedire le unioni coniugali che sono concluse sia pure in
conformità con la legislazione civile in vigore, ma incon
violazione delle prescrizioni canoniche (per esempio, il quarto e successivi matrimoni,
matrimoni illeciti a causa di vincoli di sangue o di parentela spirituale).
Secondo la 74a
Novella di Giustiniano (538), il matrimonio legittimo è concluso sia da un ecdicus (notaio ecclesiastico) che da un
sacerdote. Tale norma fu inclusa nell'ecloga dell'imperatore Leone III e di suo
figlio Costantino V (740), come puree anche
nella legislazione di Basilio I (879). La condizione essenziale del matrimonio
rimase il consenso reciproco dell'uomo e della donna, dichiarato davanti a
testimoni. La Chiesa non espresse nessuna protesta contro questa pratica. Solo
a partire dall'893, secondo l'89a Novella dell'imperatore Leone VI, alle
persone libere fu fatto obbligo di celebrare il matrimonio con un rito
religioso, e nel 1095 l'imperatore Alessio Comneno estese questa legge anche ai
serviagli
schiavi. L'introduzione del matrimonio religioso obbligatorio con un rito religioso (IX-XI
secc.) significava che per deliberazione dell'autorità civile tutta la
regolamentazione giuridica dei rapporti matrimoniali era demandata
esclusivamente alla giurisdizione della Chiesa. Inoltre, l'introduzione
universale di questa pratica non deve essere intesa come l'istituzione del
sacramento del matrimonio, che da sempre è esistevaita
nella Chiesa.
L'ordinamento,
stabilito da Bisanzio, fu adottato anche in Russia nei
riguardi dei cittadini di religione ortodossa. Tuttavia, con l'adozione del
decreto sulla separazione della Chiesa dallo stato (1918), il matrimonio
celebrato con il rito ecclesiastico perse la sua validità
giuridica; formalmente ai credenti fu concesso il diritto di ricevere la
benedizione della Chiesa dopo la registrazione del matrimonio presso negli
organi statali. Tuttavia, nel corso del lungo periodo della persecuzione della
Chiesa da parte dello stato, la celebrazione di un matrimonio solenne in chiesa
di fatto rimase estremamente difficoltosa e rischiosa.
Il santo Sinodo
della Chiesa ortodossa russa del 28 dicembre 1998 notava con rammarico che
«alcuni confessori dichiarano illegale il matrimonio civile o richiedono lo
scioglimento del matrimonio tra coniugi che hanno convissutoconvivono daper
molti anni senza essere sposati con rito
religioso, per una qualche ragione , ma che a causa di
questa o quella circostanza, non hanno celebrato il matrimonio in chiesa...
Alcuni confessori non ammettono alla comunione le persone che vivono in una
unione matrimoniale “non benedetta”, identificando tale matrimonio con la
fornicazione». Nella decisione adottata dal Sinodo è spiegato: «Pur insistendo
sulla necessità del matrimonio religioso, si ricorda ai pastori che la Chiesa
ortodossa considera con rispetto il matrimonio civile».
La comunanza della fede frade i coniugi che sono membri
del corpo di Cristo, costituisce una condizione essenziale del
matrimonio religioso
e autenticamente cristiano.
Solo una famiglia unita nella fede può diventare una «Chiesa domestica» (Rm
16,5; Fml
1,2), nella quale il marito e la moglie insieme con i figli crescono nella
perfezione spirituale e nella conoscenza di Dio. L'assenza di unità di vedute
rappresenta una seria minaccia all'integrità dell'unione coniugale. Proprio per
questo la Chiesa considera suo dovere richiamare i credenti a sposarsi «solo
nel Signore» (1Cor 7,39), cioè con colui o colei che condivide le proprie convinzioni
cristiane.
La risoluzione
sopra ricordata del santo Sinodo parla anche del rispetto che la Chiesa ha «per
quel matrimonio nel quale una sola delle parti appartiene alla fede ortodossa,
in conformità con le parole del santo apostolo Paolo: “il marito non credente
viene reso santo dalla moglie credente e la moglie non credente viene resa
santa dal marito credente” (1 Cor 7,14)». A questo testo della Sacra Scrittura
si sono riferiti anche i padri del Concilio trullano, che riconobbero come autentica
valida
l'unione tra due persone che «pur essendo ancora non credenti e senza
appartenere al popolo ortodosso, si sono uniti tra loro con un matrimonio
civile», se in seguito uno dei coniugi si è rivoltoha abbracciato alla fede (canone 72). Tuttavia
nello stesso canone e in altri decreti canonici (IV Conc. Ecum. 14; Laod.
10,31), come pure in alcuni testi di scrittori cristiani antichi e di padri
della Chiesa (Tertulliano, s. Cipriano di Cartagine, s. Teodoreto e s.
Agostino), si proibisce di celebrare matrimoni tra ortodossi e seguaci di altre
tradizioni religiose.
In conformità con le
antiche prescrizioni canoniche, la Chiesa anche oggi non concede la sua
benedizione ai matrimoni conclusi contratti tfra ortodossi e non cristiani, però
riconosce nello stesso tempo tali matrimoni come legittimi
e non ritiene che coloro che costituiscono tali unioni matrimoniali vivano in
un peccaminoso concubinato. Fondandosi su considerazioni di oikonomia
pastorale, la Chiesa ortodossa
russa, come nel passato, anche oggi considera ammissibile la celebrazione di
matrimoni di cristiani ortodossi con cattolici, con membri delle Chiese
orientali, e con protestanti, che professano la fede nel Dio unitrino, a
condizione che la celebrazione
del matrimonio avvenga nella Chiesa ortodossa e che i figli vengano educati
alla fede ortodossa. Nel corso degli ultimi secoli la maggior parte delle
chiese ortodosse ha seguito questa stessa prassi.
Con il decreto del 23 giugno
1721, il santo Sinodo ammise, alle condizioni sopraindicate, la celebrazione
dei matrimoni di prigionieri svedesi che si trovavano in Siberia con spose
ortodosse. Il 18 agosto di quello stesso anno tale decisione del Sinodo
ricevette una dettagliata giustificazione biblica e teologica in una speciale
lettera sinodale. Su questa lettera si è fondato il santo Sinodo anche in
seguito per risolvere le questioni dei matrimoni misti nei governatorati,
annessi dalla Polonia e dalla Finlandia (decreti del santo Sinodo del 1803 e
del 1811). In queste province, d'altra parte, era permesso di scegliere
più liberamente l'appartenenza confessionale dei figli (temporaneamente questa
prassi talvolta fu estesa anche alle province pribaltiche).
Infine, le norme sui matrimoni misti per tutto l'impero russo vennero fissate
definitivamente nello statuto dei Concistori religiosi (1883). Esempi di
matrimoni misti furono le molte unioni matrimoniali dinastiche, per la cui celebrazione
celebrazione
non venne imposta la conversione all'ortodossia il passaggio
della parte non ortodossa non fu
obbligatoria (a eccezione del matrimonio dell'erede al trono
russo). Così la protomartire principessa Elisabetta si unì in matrimonio con il
gran principe Sergej Aleksandrovic, rimanendo membro della Chiesa luterana
evangelica, e solamente più tardi, di sua spontanea volontà e in tutta libertà,
abbracciò l'ortodossia.
L’indissolublità
del matrimonio
X.3. La Chiesa esige la fedeltà
dei coniugi per tutta la vita e l'indissolubilità del matrimonio ortodosso,
fondandosi sulle parole del Signore Gesù Cristo: «Quello che Dio ha congiunto,
l'uomo non lo separi... Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra,
commette adulterio» (Mt 19,6.9). Il divorzio è condannato dalla Chiesa come un peccato,
perché esso reca gravi sofferenze spirituali sia ai
coniugi (o per lo meno a uno di essi), e
soprattutto ai figli. È fonte di estrema preoccupazione la
situazione contemporanea, nella quale si assiste allo scioglimento disi
scioglie un numero assai elevato di matrimoni, specialmente tra i
giovani. Ciò che sta accadendo sta diventando un'autentica tragedia per
l'individuo e per la società.
Il Signore ha
indicato come unica ragione ammissibile del divorzio l'adulterio che profana la
santità del matrimonio e spezza il vincolo della fedeltà coniugale. Nei casi in
cui vi siano vari conflitti tra i coniugi, la Chiesa considera come suoproprio
compito pastorale ricorrere a tutti gli strumenti e i mezzi che le sono propri
(insegnamento, preghiera, partecipazione ai sacramenti) per preservare
l'integrità del matrimonio ed evitare il divorzio. Anche i I ministri
del culto sono anche chiamati a dialogare con coloro
che desiderano sposarsi, spiegando loro l'importanza e la serietà del passo che
stanno per compierefare.
Purtroppo, a
volte, a causa dell'imperfezione che deriva dal peccato, i coniugi possono
mostrarsi incapaci di custodire il dono della grazia, ricevuto nel sacramento
del matrimonio, e di preservare l'integrità della famiglia. Desiderando la
salvezza dei peccatori, la Chiesa dà loro la possibilità di ravvedersi ed è
pronta, dopo il pentimento, a riammetterli di nuovo ai sacramenti.
Le leggi di
Bisanzio, introdotte dagli imperatori cristiani senzae che non hanno
incontrareto
la condanna della Chiesa, ammettevano diverse motivazioni per il divorzio.
Nell'impero russo lo scioglimento del matrimonio in base alle leggi in vigore
avveniva in un tribunale ecclesiastico.
Nel 1918, nella sua «Risoluzione sui
motivi validi per lo scioglimento dell'unione matrimoniale consacrata dalla
Chiesa», il santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa riconosceva come talivalidi
motivi, oltre all'adulterio e al la contrazionestipulazione di un nuovo
matrimonio da parte di uno dei coniugia
delle parti, anche l'apostasia del
marito o della moglie dall'ortodossia, ala perversione, l'impotenza sessuale iniziata prima
del matrimonio o comparsa in seguito a un'a intenzionale automutilazione intenzionale, la malattia della lebbra o
della sifilide, la prolungata assenza di un coniuge senza dare notizie di sé,
la condanna a una pena connessa con la privazione di tutti i diritti civili,
l'attentato alla vita o alla salute del coniuge o dei figli, la relazione amorosa
extraconiugale con una cognata,
la ruffianeria, lo
sfruttamento della prostituzione della moglie, una grave malattia mentale
incurabile e il malevolo abbandono di un coniuge da parte dell'altro. Al giorno
d'oggi questo elenco di motivazioni per
lo scioglimento del matrimonio è integrato da ragioni quali l'alcolismo cronico
o la tossicodipendenza accertati da un medico, e
l'esecuzione da parte della donna di un aborto senza il consenso del marito.
Per la
formazione spirituale di coloro che intendono sposarsi e per contribuire al
consolidamento dei vincoli coniugali, i sacerdoti sono chiamati, nel colloquio
che precede la celebrazione del Ssacramento del
matrimonio, a chiarire in maniera particolareggiata al fidanzato e alla
fidanzata che l'unione
matrimoniale religiosa è indissolubile, specificando che il divorzio come
extrema ratio può aver luogo solo nel caso che in cui i coniugi
abbiano commesso azioni che sono
definite dalla Chiesa come ragioni valide per il divorzio. Il consenso allo scioglimento
del matrimonio religioso non può essere dato per soddisfare un capriccio o per
«confermare» il divorzio civile. Del resto, se la disgregazione del matrimonio
è un fatto compiuto – in particolare nel caso in cui i coniugi vivano
separatamente – e la ricostituzione della famiglia sia considerata riconosciuta
come impossibile, può essere concesso anche
il anche il divorzio ecclesiastico qualora il pastore lo ritenga
opportuno. La
Chiesa non incoraggia affatto le seconde nozze. Nondimeno dopo un divorzio
ecclesiastico legittimo, in conformità con il diritto canonico, un secondo
matrimonio è permesso al coniuge incolpevole. A coloro
che portino la responsabilità della disgregazione e dello scioglimento del loro, il cui primo matrimonio
si sia disgregato e sia
stato sciolto per loro colpa,
la stipulazione di un secondo matrimonio è permesso contrarre un secondo matrimonioa
solo a condizione che essi
si siano pentiti e abbiano adempiuto dopo
l'adempimento della penitenza sacramentale,
imposta in conformità
con le leggi canoniche.
Nei casi eccezionali in cui venga permesso il terzo matrimonio, viene prolungato il
periodo della penitenza sacramentale, secondo in conformità con le
norme di Basilio Magno, viene prolungato.
Nella sua
«Risoluzione» del 28 dicembre 1998, il santo Sinodo della Chiesa ortodossa
russa ha condannato le azioni di quei confessori che «proibiscono ai loro figli
spirituali di contrarre un secondo matrimonio in base al fatto che il secondo
matrimonio sarebbe condannato dalla Chiesa; e proibiscono alle coppie di
coniugi il divorzio nel caso in cui, per una qualche circostanza, la vita
familiare sia diventata per i coniugi insostenibile». A questo proposito il
santo Sinodo ha deliberato che «i pastori dovrebbero ricordare che riguardo al
secondo matrimonio la Chiesa ortodossa si attiene alle parole dell'apostolo
Paolo: «Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei sciolto da
donna? Non andare a cercarla. Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane
prende marito, non fa peccato... La moglie è vincolata per tutto il tempo in
cui vive il marito; ma se il marito muore è libera di sposare chi vuole, purché
ciò avvenga nel Signore» (1 Cor 7,27-28.39)».
Chiesa
domestica
X.4. La
particolare intimità esistente tra la famiglia e la Chiesa è già evidente dal
fatto che nella Sacra Scrittura Cristo parla di sé come dello sposo (Mt 9,15;
25,1-13; Lc 12,35-36), mentre la Chiesa è rappresentata come sua Ssposa o promessa
sposa (Ef 5,24; Ap 21,9). Clemente Alessandrino definisce la famiglia – come
pure la Chiesa – casa del Signore, e sans. Giovanni
Crisostomo definisce la famiglia «piccola Chiesa». «Vi dico ancora, -
scrive il padre santo, - che il
matrimonio è l'immagine mistica della Chiesa».. Questa
«Chiesa domestica» è formata dall'uomo e dalla donna che si amano
reciprocamente, uniti in matrimonio, e
orientati a Cristo e da lui guidati. Frutto del loro amore e della loro unione
sono i figli, la nascita ed educazione dei quali, secondo la dottrina
ortodossa, costituisconoe uno dei
fini più importanti del matrimonio.
«Ecco, dono del
Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo», esclama il sSalmista
(Sal 127,3). Della natura salvifica propria della procreazione di
figli ha parlato l'apostolo Paolo (1 Tim 2,13).
Ancora Paolo ha esortato i padri: «Non inasprite i vostri figli, ma allevateli
nell'educazione e nella disciplina del Signore» (Ef 6,4). «I figli non sono un
acquisto casuale, noi siamo responsabili della loro salvezza... Trascurare i
figli è il più grande di tutti i peccati perché porta all'estrema empietà...
Non abbiamo scuse se i nostri figli sono depravati», insiste sans. Giovanni
Crisostomo. Ssant’Efrem
il Siro insegna: «Beato colui [colei] che educa i figli nella pietà»..
«Vero padre non è colui che ha generato dei figli, ma colui che li ha educati e
istruiti bene», scrive sans. Tichon Zadonskij. Principalmente i
genitori sono responsabili dell'educazione dei propri figli ed
essi non possono attribuire la colpa di una cattiva educazione a
altri che a se stessi», predicava il santo martire Vladimir, metropolita di
Kiev. «Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel
paese che ti dà il Signore, tuo Dio», recita il quinto comandamento (Es 20,12).
Nell'Antico Testamento la mancanza di rispetto nei confronti dei genitori era
considerata come la più grave trasgressione (Es
21,15.17; Pr 20,20; 30,17). Anche il Nuovo Testamento insegna ai figli addi
obbedire con amore ai genitori: «Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò
è gradito al Signore» (Col 3,20).
La famiglia
come Cchiesa domestica è un unico organismo, le cui
membra vivono e costruiscono le proprie relazioni sulla base della legge
dell'amore. L'esperienza dei rapporti familiari insegna alla persona a vincere il'
proprio peccaminoso egoismo frutto del peccato e getta le basi di un sano
spirito civico. Proprio nella famiglia, come in una scuola di devozione, si
forma e si rafforza un giusto atteggiamento verso il prossimo, e quindi verso
il proprio popolo e la società nel suo complesso. La viva continuità delle
generazioni, cominciando nella famiglia, si prolunga nell'amore per gli avi e
per la patria, in un sentimento di compartecipazione alla storia. Ecco perché è
tanto pericoloso deteriorare i legami tradizionali tra genitori e figli, cui
purtroppo per molti aspetti contribuisce il modo di vivere della società
contemporanea. La
perdita di significato valenza sociale
della maternità e della paternità rispetto ai successi ottenuti dagli uomini e
dalle donne in campo professionale induce alla diffusione
della mentalità secondofa sì che la quale
i figli sianocominciano
ad essere considerati come un
fardello inutile e,
contribuisce endo anche
all'alienazione e allo sviluppo di un antagonismo tra le generazioni. Il ruolo della famiglia
nella formazione della personalità è esclusivo e straordinario; nessun'altra
istituzione sociale la può sostituire. L'erosione dei rapporti familiari comporta è connessa inevitabilmente con la deformazione lo
sconvolgimento del normale sviluppo dei
figli e lascia in loro una lunga, e in certa misura indelebile, traccia per
tutta la vita.
GUna gravissima ,e scandalosa piaga della società
contemporanea è diventatao l'abbandono dei figli da parte dei
genitori. Migliaia di bambini abbandonati, che riempiono gli orfanotrofi, e a
volte vivono sulla strada, sono la testimonianza di un profondo malessere della
società. Offrendo a questi bambini e ragazzi un aiuto spirituale e materiale, e
preoccupandosi che siano coinvolti nella vita religiosa e sociale, la Chiesa
nello stesso tempo considera come suo dovere essenziale cercare di
consolidare l'istituzione della famiglia e di suscitare nei genitori la
coscienza della propria vocazione, cosa che eliminerebbe la tragedia dell’abbandono dei minori
bambino abbandonato.
Dignità e
vocazione della donna
X.5. Nel
mondo precristiano era cosa comune considerare la donna come un
essere di ordine inferiore rispetto all'uomo. La Chiesa di Cristo ha rivelato
pienamente la dignità e la vocazione della donna, dandovi ad
esse un solido fondamento religioso, al cui vertice sta la
venerazione della Ssantissima Madre di Dio. Secondo la dottrina
ortodossa, la beatissima Maria, benedetta fra tutte le donne (Lc 1,28), ha
rivelato fino a quale altissimo grado di purezza morale, di perfezione
spirituale e di santità, l'umanità ha potuto elevarsi,
superando anche la virtù delle schiere angeliche. In lLei
la maternità è resa sacra e si afferma l'importanza del principio femminile.
Grazie all'assenso della Madre di Dio si compie il mistero dell'Iincarnazione, per
mezzo del quale Maria diviene compartecipe dnell'evento
della salvezza e della rigenerazione dell'umanità. La Chiesa ha una profonda
venerazione per le donne mirofore del VVangelo,
e per le numerose figure di donne cristiane, glorificate dal martirio, dalla
professione della loro fede e dalla santità delle loro virtù.
Sin dagli inizi dell'esistenza della comunità cristiana, la donna donna prende parte
attivaha preso parte attiva nealla sua
edificazione, allanella
vita liturgica, all’nella
attività missionaria, nealla
predicazione, nealla catechesi e allanella
carità.
Pur apprezzando molto il
ruolo sociale dellae donnea e approvandone la
loro parità politica, culturale e sociale con l’uomogli
uomini, la Chiesa nello stesso tempo si oppone alla
tendenza a sminuire il ruolo della donna come sposa e madre. La parità fondamentale della
dignità dei sessi non sopprime la differenza naturale che c'è tra essi, né
implica l'identità delle loro vocazioni nei confronti sia dellanell’ambito della famiglia che della società.
In particolare, la Chiesa non può contraddire le parole dell'apostolo Paolo
sulla peculiare responsabilità del marito, che è chiamato a essere «il capo
della moglie», amandola come Cristo ama la sua Chiesa, e anche sulla
vocazione della moglie a obbedire al marito, come la Chiesa obbedisce a Cristo (Ef
5,22-23; Col 3,18). In queste parole, ovviamente, non ci si riferisce al
dispotismo del marito o all'asservimento della moglie, ma alla supremazia nella
responsabilità, nella sollecitudine e nell'amore; non bisogna però dimenticare
che tutti i cristiani sono chiamati a essere «sottomessi gli uni agli altri nel
timore di Cristo» (Ef 5,21). Per questo «nel Signore, né la donna è senza
l'uomo, né l'uomo è senza la donna; come infatti la donna deriva dall'uomo,
così l'uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio» (1Cor
11,11-12).
I Rrappresentanti di
alcuni movimenti sociali tendono a sminuire, e talora anche a negare del tutto, l'importanza
del matrimonio e dell'istituto familiaredella famiglia,
rivolgendo l'a
loro attenzione soprattutto alle attività socialmente
significative delle donne, comprese quelle incompatibili o poco compatibili con
la natura femminile (per esempio, un lavoro manuale pesante). Non di rado si fa
appello a un’a artificiosa
equiparazione della partecipazione
fra delle
uomo
e donnadonne e degli uomini in tutti i campi
dell'attività umana. La Chiesa invece vede la vocazione della donna non nella
semplice emulazione dell'uomo o nella competizione con lui, ma nello sviluppo
di tutte le capacità e le abilità di cui l'ha dotata il Signore, comprese
quelle che sono peculiari solo alla sua natura. Evitando di porre l'accento
esclusivamente sulla
sistema della distribuzione delle funzioni sociali, l'antropologia
cristiana attribuisce alla donna un posto molto più alto di quello che le è
assegnato nelle concezioni areligiose contemporanee. La tendenza a eliminare o a
minimizzare le differenze naturali nel campo sociale è estranea al pensiero
della Chiesa. Le differenze sessuali, come le differenze sociali ed etiche, non impediscono
di accedere alla salvezza, portata da Cristo a tutti gli esseri umani:
«nNon c'è più giudeo né greco; non c'è
più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in
Cristo Gesù» (Gal 3,28). Tuttavia questa affermazione soteriologica non implica
un artificioso impoverimento della varietà che c'è tra gli esseri umani e non
deve essere estesa meccanicamente a tutte le relazioni sociali.
La virtù della
castità
X.6. La virtù della
castità, predicata dalla Chiesa, è il fondamento dell'unità
interiore della personalità umana, che dovrebbe sempre
trovarsi in una condizione di armonia tra le energie spirituali e fisiche. La
fornicazione distrugge inevitabilmente l'armonia e l'integrità della vita
dell'uomo, danneggiandone la sua
salute spirituale. La dissolutezza offusca la visione spirituale e indurisce il
cuore, rendendolo incapace di amore autentico. La felicità di una vita
familiare piena diventa irraggiungibile per il dissoluto. In tal modo, il peccato contro la
castità trascina con sé anche conseguenze sociali negative. Nella condizione di una crisi spirituale
della società umana, i mass mediaezzi di comunicazione
di massa e i prodotti della cosiddetta cultura di massa spesso
diventano strumenti di corruzione morale, esaltando il lassismo sessuale, ogni
genere di perversione sessuale, e altre passioni peccaminose. La pornografia, che è lo
sfruttamento dell'istinto sessuale per scopi commerciali, politici o
ideologici, contribuisce al soffocamento
dei principi spirituali e morali, riducendo in tal modo l'uomo al livello
dell'animale, che è guidato dal solo istinto.
La propaganda del vizio è
particolarmente dannosa per le anime non ancora ben formate dei bambini e dei
giovani. Attraverso libri, films ed
altri video, attraverso i mezzi di comunicazione di massa e
persino attraverso alcuni programmi «educativi» agli adolescenti viene spesso
inculcata una visione dei rapporti sessuali che è estremamente umiliante per la
dignità umana, perché non lascia spazio a concetti quali la castità, la fedeltà
coniugale e l'amore capace di abnegazione. I rapporti intimi tra l'uomo e la
donna non solo vengono esibiti ed esposti in maniera ostentata, offendendo il
naturale senso del pudore, ma sono anche presentati come un atto di
soddisfacimento puramente fisico, privo di qualsiasi connessione con una
profonda comunione interiore e con qualsiasi genere di impegno morale. La
Chiesa invita i credenti a lottare, in collaborazione con tutte le forze
moralmente sane, contro la propagazione di questa tentazione diabolica che,
contribuendo alla disgregazione della famiglia, mina le fondamenta della
società.
«Chiunque
guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo
cuore», dice il Signore Gesù nel dDiscorso
della montagna (Mt 5,28). «La concupiscenza concepisce e genera il peccato,
quand'è consumata produce la morte», ammonisce l'apostolo Giacomo (Gc 1,15).
«... Nné
adulteri... erediteranno il regno di Dio», afferma l'apostolo Paolo (1Cor 6,9-10).
Queste parole possono essere pienamente attribuite sia ai fruitori sia, ancor
più, a coloro che producono materiale pornografico. A questi ultimi si
applicano anche le parole di Cristo: «Chi scandalizza anche uno solo di questi
piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo
una macina girata da un asino, e fosse gettato negli abissi del mare... Guai
all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!» (Mt 18,6-7). «La
fornicazione è un veleno che uccide l'anima... Chi fornica rinnega Cristo»,
insegnava sans. Tichon Zadonskij. Ssan
Dimitrij di Rostov scriveva: «Il corpo di ogni cristiano, non
appartiene a lui, ma a Cristo, secondo le parole della Scrittura: "'Ora voi siete
corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte"' (1Cor 12,27).
Ed è sconveniente per te profanare il corpo di Cristo con azioni carnali,
lussuriose, al di fuori del matrimonio legittimo. Tu infatti sei la casa di
Dio, secondo le parole dell'Apostolo: '"Santo
è il tempio di Dio, che siete voi'"
(1Cor 3,17)». La Chiesa antica negli scritti dei suoi padri e maestri (come
Clemente Alessandrino, sans. Gregorio di Nissa e sans. Giovanni
Crisostomo) ha invariabilmente condannato le rappresentazioni teatrali e le
immagini oscene. Sotto la minaccia dell'esclusione dalla Chiesa, il 100° canone
del Concilio trullano proibisce di produrre «immagini... che corrompono la
mente e suscitano l'eccitamento dei piaceri impuri».
Il corpo umano
è una stupenda creazione di Dio ed è destinata a diventare tempio dello Spirito
Santo (1Cor 6,19-20). Condannando la pornografia e la fornicazione, la
Chiesa non invita affatto a disprezzare il corpo o l'intimità sessuale come
tali, perché i rapporti fisici tra l'uomo e la donna sono benedetti da Dio nel
matrimonio, dove essi
diventano la fonte della continuazione del genere umano ed esprimono l'amore
casto, la piena comunione e l'«armonia delle anime e dei corpi» dei coniugi,
per cui la Chiesa prega nella celebrazione del sacramento del matrimonio. Al
contrario, ciò che di fatto
va condannato è la tendenza a trasformare trasformazione di questi rapporti puri e degni secondo il progetto
di Dio, e lo stesso corpo umano in un oggetto di umiliante sfruttamento
umiliante e di commercio, per trarre un soddisfacimento egoistico, impersonale,
privo di amore e pervertito. Per questa ragione la Chiesa condanna
invariabilmente la prostituzione e la predicazione del cosiddetto amore libero,
che separa radicalmente l'intimità fisica dalla comunione personale e
spirituale, dall'abnegazione
e dalla totale responsabilità reciproca, che sono possibili solo nella fedeltà
coniugale per tutta la vita.
Consapevole che
la scuola, insieme alla famiglia, deve offrire ai bambini e agli adolescenti le
nozioni sulla sessualità e sulla natura fisica dell'essere umano, la Chiesa non
può approvare quei programmi di «educazione sessuale», che riconoscono come
normali i rapporti prematrimoniali e, tanto più, le diverse perversioni. È
assolutamente inaccettabile imporre tali programmi agli studenti. La scuola è
chiamata a contrastare il vizio, che disgrega l'integrità della persona, a
educare i giovani alla castità e a prepararli a creare una famiglia solida
fondata sulla fedeltà e la purezza.