I fondamenti
della concezione sociale
XII. Problemi di bioetica
La
preoccupazione della Chiesa
XII.1. Il
rapido sviluppo delle tecnologie biomediche, che invadono fattivamente la
vita dell'uomo contemporaneo dalla nascita alla morte, e l'impossibilità di darericevere
una risposta ai conseguenti problemi moralietici, nel contesto all'interno dell'etica
medica tradizionale, suscitano una seria preoccupazione nella società. I
tentativi degli esseri umani di mettersi al posto di Dio, modificando e
«migliorando» a proprio piacimento la sua creazione, potranno
portare all'umanità nuove pene e sofferenze. Lo sviluppo delle tecnologie
biomediche supera di gran lunga la comprensione
coscienza
delle possibili conseguenze spirituali, -morali e
sociali di una ella loro
incontrollata
applicazione incontrollata, e questo non può che suscitare
nella Chiesa una profonda preoccupazione pastorale. Nell'esprimere il proprio
atteggiamento verso i problemi della bioetica così ampiamente dibattuti nel
mondo contemporaneo, in primo luogo quelli che hanno un impatto diretto
sull'essere umano, la Chiesa si richiama allae
concezionie dsuella vita come
incommensurabile dono di Dio, fondatea nesulla Ddivina Rivelazione.
Nella Scrittura vengono affermate la libertà inalienabile e la dignità della
persona, che fa dell'uomo una creatura simile al suo Creatore, un
essere chiamatoa «al premio che lassù riceveremo da Dio, in
Cristo Gesù» (Fil 3,14), a raggiungere la perfezione del Padre Cceleste (Mt 5,48)
e alla divinizzazione, cioè a partecipare della natura divina (2Pt 1,4).
L’aborto
XII.2. Sin dai tempi più antichi
la Chiesa ha considerato peccato grave l'interruzione
volontaria della gravidanza (aborto) come un peccato grave.
Il diritto canonico
equipara l'aborto procuratovocato all'omicidio.
Alla base di questo giudizio sta la convinzione che il concepimentola
generazione di un essere umano è un dono di Dio: pertanto, dal
momento del concepimento, ogni attentato alla vita di un futuro
essere umano è un
atto delittuoso.
Il Ssalmista descrive
lo sviluppo del feto nel grembo materno come un atto creativo di Dio: «Sei tu
che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre... Non ti
erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle
profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi» (Sal
139,13.15-16). Della stessa esperienzacosa rende
testimonianza Giobbe nelle parole rivolte a Dio.. «Le tue
mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto integro in ogni parte... Non mi hai
colato forse come latte e fatto accagliare come cacio? Di pelle e di carne mi
hai rivestito, d'ossa e di nervi mi hai intessuto. Vita e benevolenza tu mi hai
concesso, e la tua premura ha custodito il mio spirito... Perché tu mi hai tratto dal seno materno?»
(Gb 10,8-12.18). «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che
tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato» (Ger 1,5), dice il Signore al
profeta Geremia.
«Non commettere
infanticidio, non procurare aborto»: questo precetto è collocato tra i più importanti comandamenti di Dio più importanti nell'Insegnamento dei dodici apostoli, uno
dei testi più antichi della letteratura cristiana. «Donna, procurare l'aborto è
un omicidio, e di questo dovrai render conto davanti a Dio. Infatti... un feto
nel grembo materno è un essere vivente sul quale Dio ha posto il suo sigillo»,
scriveva Atenagora, apologista del II secolo. «Uno che sarà un uomo è già un
uomo», - asseriva Tertulliano tra il II e il
III secolo. «Colei che di proposito distrugge il feto concepito nel grembo
subirà la condanna dell'omicida... Coloro che danno medicamenti per procurare
l'aborto di un feto nel grembo materno sono omicidi, così come coloro che
assumono veleni che uccidono il feto», - è detto
nella 2a e 3a regola di sans. Basilio Magno, incluse nel lLibro
degli Statuti della Chiesa ortodossa e confermate dal 91° canone del VI
Concilio ecumenico. Nello stesso tempo sans. Basilio
precisa che la gravità della colpa non dipende dal periodo di gestazione: «Noi
non facciamo alcuna distinzione tra il feto già formato e quello non ancora
formato». sSan Giovanni Crisostomo definiva coloro che
praticano l'aborto «peggiori degli assassini».
La Chiesa
considera l'ampia diffusione e giustificazione degli aborti nella società
contemporanea come una
minaccia al futuro dell'umanità e come
un segno evidente del suo degrado morale. La fedeltà all'insegnamento biblico e
patristico sulla santità e la preziosità inestimabile della vita umana sin dai
suoi inizi è incompatibile con il riconoscimento della «libera scelta» della
donna nel disporre del destino del feto. Inoltre, l'aborto rappresenta una
grave minaccia per la salute fisica e spirituale della madre. La Chiesa ha
sempre considerato suo dovere proteggere gli esseri umani più vulnerabili e
dipendenti, quali sono i bambini non nati. La Chiesa ortodossa in nessuna
circostanza può benedire l'aborto. Pur senza respingere le donne che hanno
commesso un aborto, la Chiesa le invita a pentirsi e a superare le conseguenze
rovinose del peccato attraversocon la
preghiera e la penitenza sacramentale, seguita dalla partecipazione ai sacramenti della salvezza
salvifici. Nei casi in cui il proseguimento della gravidanza comporterebbe un in cui vi sia un pericolo immediato per la vita della madre qualora la gravidanza venga portata avanti, specialmente se ha altri figli, nella prassi
pastorale si raccomanda di mostrare indulgenza. La donna che ha interrotto una
gravidanza in queste
circostanze non sarà esclusa dalla comunione eucaristica con la Chiesa, a
condizione che ella abbia compiuto quanto prescritto dal canone penitenziale
secondo le indicazioni del sacerdote che ha raccolto la sua confessione.
La lotta contro l'aborto, cui le donne talvolta sono costrette a ricorrereono per motivi di a
causa di una estrema indigenza economica e perdi
incapacità e
debolezza, richiede che la Chiesa e la società elaborino misure efficaci
a protezione della maternità, e creino le condizioni per l'adozione dei
bambini, che le cui
madri per qualche ragione non siano in grado di allevareli
da sole.
La
responsabilità del per il peccato dell'uccisione di un bambino
non nato deve ricadere, oltre che sulla madre, anche sul padre, nel caso in cui
egli abbia dato il suo assenso all'esecuzione dell'aborto. Se l'aborto viene
compiuto dalla donna senza il consenso del marito, ciò può essere considerato
una ragione valida per lo scioglimento del matrimonio (v. X.3). Il peccato
ricade anche sul medico che ha eseguito l'aborto. La Chiesa invita lo stato a
riconoscere il diritto degli operatori sanitari di rifiutarsi di praticare un
aborto per motivi di coscienza. Non si può considerare «normale» la condizione
in cui la responsabilità giuridica del medico per la morte della madre sia
considerata incomparabilmente più elevata della responsabilità per la
distruzione del feto: questo induce i medici, e attraverso di essi anche
le pazienti, a compiere aborti. Il medico deve assumersi la
massima responsabilità nello stabilire la diagnosi che può indurre una donna a
interrompere la gravidanza; per questo, un medico credente deve raffrontare con
attenzione le indicazioni cliniche con quanto gli impone la sua coscienza
cristiana.
La
contraccezione
XII.3. Una
valutazione religiosao-morale richiede anche il problema della contraccezione.
Alcuni mezzi contraccettivi
hanno di fatto un effetto abortivo, in quanto interromponoendo artificialmente la vita dell'embrione nelle sue fasi più precoci.
Al loro uso si applica perciò
lo stesso criterio di giudizio che si adottausa
per l'aborto. Altri mezzi,
invece, che non implicano
l'interruzione di una vita già concepita, non possono invece essere
equiparati in nessun
modo alcon l'aborto. Nel definire il loro
proprio atteggiamento
verso i mezzi non abortivi diella contraccezione non abortivi,
ai
coniugi cristiani devonoè
opportuno ricordare che la
continuazione del genere umano è uno degli scopi fondamentali dell'unione matrimoniale voluta da Dio
(v. X.4). Il
rifiuto deliberato di generare dei figli per motivi egoistici avvilisce il matrimonio
ed è senza dubbio un peccato.
Nello stesso
tempo, i coniugi sono responsabili davanti a Dio per l’di una educazione
completa dei figli. Uno dei modi per attuare una maternità e paternità
responsabili è l'astinenza dai rapporti sessuali per un determinato periodo di
tempo. Tuttavia, è necessario ricordare le parole che l'apostolo Paolo rivolge
agli sposi cristiani:
«Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente per
dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi
tenti nei momenti di passione» (1Cor 7,5). È chiaro che i coniugi devono
assumere decisioni in questo
campo di comune accordo, ricorrendo al consiglio di un padre spirituale.
Quest'ultimo, d'altra parte, deve tener conto, con prudenza pastorale, delle
concrete condizioni di vita della coppia, della loro età
e, salute, del grado
di maturità spirituale e di
molte altre circostanze, distinguendo coloro che possono «accogliere»
impegnative richieste di continenza da coloro ai quali questo «non è stato
concesso» (Mt 19,11), e preoccupandosi prima di tutto della salvaguardia e del
consolidamento della famiglia.
Il santo Sinodo
della Chiesa ortodossa russa nella sua deliberazione del 28 dicembre 1998 ha
istruito i sacerdoti che esercitano il ministero di guide spirituali affermando che «è
inammissibile obbligare o indurre i fedeli, contro la loro volontà,
a... rinunciare ai rapporti coniugali nel matrimonio», e ha anche ricordato ai
pastori la necessità «di osservare una particolare castità e una speciale
prudenza pastorale nel trattare con i fedeli questioni inerenti ai vari aspetti
della loro vita familiare».
La
riproduzione assistita
XII.4. L'uso dei nuovi metodi biomedici in
molti casi rende possibile la risoluzione dei problemi il superamento dell'di infertilità.
Nello stesso tempo, la crescente ingerenza tecnologica nel processo della generazione
della vita umana presenta una minaccia per l'integrità spirituale e la salute
fisica della persona. Appaiono minacciate anche le relazioni interpersonali che
sin dai tempi più antichi stanno alla base della società. Con lo sviluppo delle
summenzionate
tecnologie è connessa anche la diffusione dell'ideologia dei cosiddetti diritti
riproduttivi, oggi ampiamente propagandata a livello sia
nazionale che internazionale. Questo sistema ideologico sostienepresuppone
la priorità dell'autorealizzazione sessuale e sociale dell'individuo rispetto
alla cura del futuro
bambino,
alla salute spirituale e fisica della società e alla sua stabilità morale. Nel
mondo si sta diffondendo sempre più una concezione della atteggiamento verso la
vita umana intesa come un prodotto
che può essere scelto secondo le proprie inclinazioni e di cui si può disporre
alla stregua di un bene materiale.
Nelle preghiere
del rito del matrimonio, la Chiesa ortodossa esprime la speranzafede
che la procreazione di figli, benché è il frutto
auspicabiledesiderato
del matrimonio legittimo, ma che questo
non ne sia è l'unica sua
finalità. Accanto al «frutto del ventre», la Chiesa per gli sposi chiede anche
i doni dell'amore reciproco perpetuo, della castità e dell'"armonia delle
anime e dei corpi». Pertanto, le vie alla procreazione non conformi con il
progetto del Creatore della vita, non possono essere considerate moralmente
giustificate dalla Chiesa. Se il marito o la moglie è sterile e i metodi
terapeutici e chirurgici di cura dell'infertilità
non aiutano gli sposi, è opportuno che essi accettino con umiltà la mancanza di
figli come una speciale vocazione alla vita. In casi simili i
consigli dei padri spirituali pastori devono considerare la possibilità di adottare un
figlio per decisione
comune dei coniugi. Tra i mezzi ammissibili di assistenza medica può essere
annoverata l'inseminazione artificiale con cellule seminali del marito, dal
momento che questa metodicao non viola l'integrità dell'unione coniugale,
non si differenzia sostanzialmente dal concepimento naturale e avviene nel
contesto dei rapporti coniugali.
Invece, le manipolazioni
connesse con la donazione di cellule sessuali violano senz’altro
l'integrità della persona e
l'esclusività dei rapporti coniugali,
prermettendo a una terza parte
di interferire nella vita della
coppia.
Inoltre, questa pratica incoraggia la paternità e la maternità irresponsabili,
indubbiamente liberae da ogni obbligo verso colui che è «carne della carne» di donatori
anonimi. L'uso di materiale donato mina le fondamenta dei rapporti familiari,
dal momento che presuppone che il bambino abbia, oltre ai genitori «sociali»,
anche dei genitori cosiddetti
genitori
«biologici». La «maternità
surrogata», cioè l'impianto di un ovulo fecondato nel grembo
di una donna che, dopo il parto restituisce il bambino ai «committenti», è innaturale e moralmente
inammissibile, anche
nei casi in cui la
donna non chieda alcun compensoessa sia attuata per
motivi non venali. Questa metodica comporta la violazione della
profonda intimità emozionale e spirituale che si stabilisce tra madre e figlio
già durante la gestazione. La «maternità surrogata» traumatizza sia la madre
gestante, i cui sentimenti materni vengono calpestati, sia anche il
bambino, che in seguito può potrebbe attraversaresperimentare
una crisi di identità. Moralmente inammissibili dal punto di vista
ortodosso sono anche tutti i vari tipi di fecondazione extracorporea, che
comportano la produzione, la conservazione
e la distruzione deliberata degli embrioni «eccedenti». È proprio sul
riconoscimento della dignità umana anche nell'embrione che si fonda il giudizio
morale di condanna dell'aborto da parte della, condannato dalla Chiesa
(v. XII.2).
L'inseminazione
di donne non
sposate-single con l'impiego di cellule
seminali provenienti da un donatore, o l'esercizio dei «diritti riproduttivi» di
uomini non sposati-single,
e anche di
persone che presentano i cosiddetti un orientamentio
sessualie cosiddetto
«non-standard», priva il futuro bambino del diritto di avere una madre e un
padre. L'uso di metodi riproduttivi al di fuori del contesto della famiglia
benedetta da Dio diventa una forma di «teomachia» condotta con il pretesto
della tutela dell'autonomia dell'individuo e di una libertà individuale
erroneamente intesa.
La medicina
genetica
XII.5. Le
malattie ereditarie rappresentano una parte considerevole delle patologiea
totalità delle infermità dell'uomo. Lo sviluppo dei
metodiche di
medicina genetica per la diagnosi e la terapia può contribuire a prevenire
queste malattie e alleviare le sofferenze di molte persone. Tuttavia è
importante ricordare che le patologiei disordini
geneticihe spesso sono la conseguenza della mancata non
osservanza dei
principi morali e il risultato
di uno stile di vita vizioso, che causano per cui alla
fine sofferenzevengono
a soffrire nei discendenti. La peccaminosa corruzione
della natura umana causata
dal peccato è contrastata dallo sforzo spirituale; se però il dominio deil
vizio domina cresce sempre più nella vita dei discendenti con
forza sempre crescente di generazione in generazione, si
realizzano le parole della Sacra Scrittura: «di una stirpe iniqua è terribile
il destino» (Sap 3,19). E viceversa: «Beato l'uomo che teme il Signore e trova
grande gioia nei suoi comandamenti. Potente sulla terra sarà la sua stirpe, la
discendenza dei giusti sarà benedetta» (Sal 112,1-2). In tal modo, la ricerca
genetica non fa che confermare le leggi spirituali, rivelate molti secoli fa
all'umanità nella parola di Dio.
Attirando l'attenzione
delle persone sulle cause morali delle malattie, la Chiesa nello stesso tempo
approva gli sforzi dei medici, tesidiretti a curare le malattie ereditarie. Tuttavia, lo
scopo dell'interferenza genetica
non deve essere quello di
«perfezionare»
un artificialmente
"miglioramento" deil genere umano o di intromettersi l'ingerenza nel progetto di Dio sull'uomo. Pertanto, le metodiche di l'ingegneria
genetica possono essere messe in atto uò attuarsi solo
con il consenso del paziente o dei suoi legittimi rappresentanti ed
esclusivamente sulla base di indicazioni mediche. La terapia genetica delle
cellule seminali è estremamente pericolosa, perché implica il mutamento di un
genoma (corredo dei caratteri genetici)
nella linea delle generazioni, cosa che può provocare conseguenze imprevedibili
sotto formanella
forma di nuove mutazioni e può arrivare a destabilizzare della destabilizzazione dell'equilibrio tra la comunità umana e l'ambiente.
I successi raggiunti nella
decifrazione del codice genetico hanno creato reali presupposti per unil
testing genetico totale allocon
lo scopo di ottenere informazioni sull’a unicità
naturale di ciascun essere umano, e sulla
sua predisposizione a determinate malattie. La creazione di un «passaporto
genetico» potrebbe
aiutare a correggere tempestivamente lo sviluppo di malattie alle quali un
particolare individuo è esposto", a
condizione che le informazioni ottenute vengano utilizzateusate in
modo intelligenteragionevole,
potrebbe aiutare a correggere tempestivamente lo sviluppo di malattie alle
quali un determinato individuo concreto è
esposto. Tuttavia sussiste il reale rischio che il cattivo uso
delle informazioni genetiche possa servire aper
diverse forme di discriminazione. Inoltre, il possesso di informazioni sulla
predisposizione genetica a gravi patologiemalattie
può diventare un fardello psicologico insostenibile. Per questo le
'informazionie geneticahe e il testing genetico sono possibili
possono essere attuati solo sulla base del rispetto della libertà della
persona.
CUn carattere ambivalenteguo hanno anche i metodi di diagnostica prenatale,
che permettono di identificare una malattia genetica nelle fasi più precoci di
sviluppo intrauterino. Alcuni di questi metodi possono costituire una
minaccia per la vita e l'integrità dell'embrione o del feto sottoposto al test.
L'individuazione di una malattia genetica inguaribile o gravissima spesso
induce i genitori a interrompere la vita concepita; sono noti alcuni casi in
cui sui genitori è stata esercitata una pressione
a questo scopo. La
diagnostica prenatale può essere considerata moralmente giustificata, se è
finalizzata alla cura di una malattiae individuatea nella
fase più precoce possibilein fasi
il più precoci possibile,
e se può contribuire anche
a preparare i genitori a prendersi particolare cura del bambino malato.
Ogni persona ha diritto alla vita, all'amore e alla sollecitudine,
indipendentemente dalle malattie dia cui possa essere
affetta. Secondo la Sacra Scrittura, Dio stesso è «il Dio degli umili» (Gdt
9,11). L'apostolo Paolo insegna a «soccorrere i deboli» (At 20,35; 1Ts 5,14);
paragonando la Chiesa al corpo umano, egli spiega che «quelle membra... che
sembrano più deboli sono più necessarie, e quelle meno perfette hanno bisogno
di «maggior onore» (1Cor 12,22.24). È assolutamente inammissibile il ricorso ai usare
metodi di diagnostica prenatale alcon lo scopo di
scegliere il sesso del nascituro più desiderabile per i genitori.
La clonazione
XII.6. La
clonazione
(riproduzione di copie genetiche) di animali, realizzata dagli scienziati, pone
il problema dell’a ammissibilità e delle possibili
conseguenze della clonazione
dell'essere umano. La realizzazione di questa idea, che ha
incontrato le proteste della maggior parte delle persone in tutto il mondo, può
diventare rovinosa per la società. La clonazione apre la possibilità, ad
un grado ancora maggiore rispetto alle altre tecnologie riproduttive,
di manipolare il patrimonio genetico della persona a un grado ancora
maggiore rispetto alle altre tecnologie riproduttive e contribuisce alla
suoa
ulteriore svilimentoalutazione.
L'uomo non ha il diritto di aspirare rivendicare alun ruolo di
creatore di esseri suoi simili o di scegliere i loro prototipi genetici,
determinando a sua
discrezione le loro caratteristiche personali a sua discrezione.
L'idea della clonazione è
un'a indubbia sfida alla natura stessa dell'uomo,
e all'immagine di Dio che è in lui,
parte integrante della quale sono la libertà e l'unicità della persona.
La «riproduzione» degli esseri umani con parametri prestabiliti può apparire
desiderabile solo ai fautori di ideologie totalitarie.
La clonazione
dell'essere umano può corrompere le naturali fondamenta della procreazione,
della consanguineità, della maternità e della paternità. Un bambino può diventare
fratello del proprio padre, o una
bambina - sorella della propria madre, o
figli o/figlia
del proprio nonno. Estremamente pericolose sono anche le
conseguenze psicologiche della clonazione. Un essere umano che viene alla luce
in seguito a questa procedura, può sentirsi non come una
persona indipendente, ma solo una «copia» di qualcuno che è ancora vivo o che è
vissuto prima di lui. È necessario anche considerare che una "conseguenza
secondaria" degli esperimenti di clonazione umana creerebbero, come
«sottoprodotti», sarebbero inevitabilmente un gran numero dimolte
vite incompiute e, molto probabilmente, l'emergerenza di una
numerosa posterità priva di vitalità. D'altra parte, la clonazione di singole cellule e
di tessuti isolati dell'organismo
isolati non rappresenta un attentato alla dignità della
persona e in molti casi si è dimostrata utile nella pratica biologica e medica.
I trapianti di
organi e tessuti
XII.7. La
trapiantologia moderna (la teoria e la pratica del trapianto di organi e
tessuti) permette di offrire un aiuto efficace a molti malati che prima
sarebbero stati condannati ad una morte inevitabile o ad una grave
disabilità. Nello stesso tempo lo sviluppo di questo campo della medicina,
accrescendo il fabbisogno
dei necessarii
organi indispensabili, genera determinati
problemi etici e può presentare una minaccia per la società. Così, la
propaganda spregiudicata della donazione di organi e della
commercializzazione della pratica dei trapianti creano i presupposti
per la nascita di un
mercato di parti del corpo umano, minacciando la vita e la salute delle
persone. La Chiesa ritiene che gli organi
umani non possano essere considerati oggetto di compra-vendita.
Il trapianto di organi da viventeun donatore vivo può essere fondato solo su un
volontario sacrificio di sé per salvare la vita di un'altra persona. In questo
caso il consenso all'espianto di un organo diventa un'espressione di amore e di
compassione. Tuttavia, un potenziale donatore deve essere del tutto informato
sulle possibili conseguenze dell'espianto dell'organo per la sua salute.
L'espianto che presenta un rischio immediato per la vita del donatore è moralmente
inammissibile. Molto diffusa è la pratica del prelievo di organi da persone
che
sono appena decedute. In questi casi deve essere esclusa qualsiasi
incertezza relativa al momento della morte. E'
inammissibile abbreviare la vita di una persona, anche rifiutandole le terapie
necessarie alla sopravvivenza, alcon lo
scopo di prolungare la vita di un altro.
Sulla base
della dDivina
Rivelazione, la Chiesa professa la fede nella risurrezione della carne dei
morti (Is 26,19; Rm 8,11; 1 Cor 15,42-44.52-54; Fil 3,21). Nel rito funebre
cristiano, la Chiesa esprime il rispetto dovuto al corpo di un defunto.
Tuttavia, la donazione post-mortem di organi e tessuti può diventare
un'espressione di amore che si estende anche oltre la morte. Tale genere di
donazione o l'espressione della sua volontà testamentaria non può essere
considerato un dovere per la persona. Per questo il consenso volontario di un
donatore, espresso manifestato in vita, è la condizione alla
quale l'espianto può essere considerato legittimo e moralmente ammissibile. Nel
caso in cui i medici non conoscano la l'espressione della
volontà di un potenziale donatore, essi devono appurare la volontà del morente
o del defunto, rivolgendosi se necessario ai suoi parenti. La cosiddetta
presunzione di assenso di un potenziale donatore all'espianto di organi e
tessuti dal proprio corpo, introdotta nella legislazione di alcuni paesi, è
consideratoa dalla Chiesa come una
violazione inammissibile della libertà dell'uomo.
Organi e
tessuti donati diventano parte della persona che li riceve (ricettore),
entrando nella sfera della sua integrità personale fisico-spirituale-fisica
personale. Per questo in nessuna circostanza può essere moralmente giustificato il trapianto che può comportare un
rischio per l'identità esclusiva del ricettore, andando a
toccare la sua unicità come persona e come rappresentante di una specie. E'
particolarmente importante ricordare questa condizione quando si tratta di
risolvere problemi connessi con il trapianto di organi e tessuti animali.
La Chiesa ritiene assolutamente
inammissibile l'impiego dei metodi della cosiddetta terapia fetale, alla
cui base sta l'espianto e l'utilizzazione di tessuti e di organi di feti umani,
abortiti a diversi stadi di sviluppo, per tentare di curare varie malattie e di
«ringiovanire» un organismo. Condannando l'aborto come un
peccato morale, la Chiesa non può trovare per esso alcuna giustificazione,
anche nel caso in cui qualcuno potesse trarre beneficio dalla
distruzione di una vita umana concepita qualcuno potrebbe
trarre beneficio. Contribuendo inevitabilmente alla diffusione e
alla commercializzazione ancor più ampia degli aborti, tale prassi (anche se la
sua efficacia, attualmente ipotetica, dovesse dimostrarsi scientificamente
valida) è un esempio di immoralità scandalosa ed è criminale.
L’eutanasia
XII.8. La pratica dell'espianto di
organi umani, utilizzabili per il trapianto, e lo sviluppo della terapia intensiva
hanno posto il problema della corretta constatazione del momento della morte.
Prima il criterio per il suo accertamento era considerato l'arresto
irreversibile del respiro e della circolazione sanguigna. Tuttavia, grazie al
miglioramento delle tecnologie di rianimazione, queste importanti funzioni
vitali possono essere mantenute artificialmente per lungo tempo. L'evento della
morte in tal modo si trasforma in un processo del morire che,
dipendente dalla decisione del medico ed , che
impone alla medicina contemporanea una responsabilità
qualitativamente nuova.
Nella sacra Scrittura la morte rappresenta
la separazione dell'anima dal corpo (Sal 146,4; Lc 12,20). In tal modo, si può parlare di una
continuazione della vita fino a quando l'organismo funziona in tutta la sua
integralità. Il prolungamento della vita con mezzi artificiali, dove di
fatto solo singoli organi continuano a funzionare, non può essere considerato come un
compito vincolante della medicina e in nessun caso auspicabile. I tentativi di
allontanare il momento della morte talora non fanno che prolungare le sofferenze del malato,
privando la persona del diritto a una morte dignitosa, «non avvilente e in
pace», che i cristiani ortodossi chiedono al Signore durante la liturgia.
Quando la terapia intensiva diventa impossibile, dovrebbe subentrare un aiuto
palliativo (anesteticizzanti,
assistenza infermieristica, sostegno sociale e psicologico) e la cura
pastorale. Tutto questo per assicurare una fine dell'esistenza terrena veramente
umana, riscaldata dalla misericordia e dall'amore.
La concezione
ortodossa di una morte dignitosa comprende la preparazione al momento terminale
della vitala fine mortale,
che
è consideratoa come
una tappa spiritualmente importante nell'esistenzaa vita di
una persona. Negli
ultimi giorni della sua vita terrena uUn
ammalato circondato dalla sollecitudine cristiana, negli
ultimi giorni della sua esistenza terrena può sperimentate sperimentare in sé un cambiamento operato
dalla grazia di Dio, in una per la grazia
di Dio un cambiamento connesso con una comprensione nuova del senso del suo
viaggio ormai compiuto e nell'con una anticipazione
penitente di
pentimento prima di affrontare la dimensione dell'eternità. Per i
parenti di un morente e per gli operatori sanitari la paziente un'assistenza
paziente
al malato diventa un'opportunità di servire il Signore stesso,
secondo le parole del Salvatore: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno
solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me». Il tentativo di
nascondere al paziente la verità sulla gravità delle sue condizioni con il
pretesto di preservare la sua tranquillità spirituale e psicologica spesso
priva il morente della possibilità di prepararsi consapevolmente alla morte e
di trovare una consolazione spirituale nella partecipazione ai Ssacramenti della
Chiesa, e getta un'ombra di sfiducia sui suoi rapporti con i parenti e con i
medici.
Le sofferenze fisiche che precedono la morte
non sempre possono essere alleviate efficacemente con l'impiego di anesteticizzanti. . Consapevole di
questo, la Chiesa in
tali questi casi rivolge a Dio laquesta
preghiera: «Libera il tTuo servo
da queste intollerabili sofferenze e dalle sue amare infermità e donagli
conforto, o Aanima dei giusti» (Messale, o - Orazione
per coloro che soffrono di lunghe malattie). Solo il Signore è pPadrone
della vita e della morte (1Sam 2,6). «Egli ha in mano l'anima di ogni vivente e
il soffio d'ogni carne umana» (Gb 12,10). Per questa ragione la Chiesa, rimanendo fedele al comandamento
di Dio «non uccidere» (Es 20,13), non può
riconoscere come moralmente ammissibili i tentativi, ora ampiamente diffusi
nella società laica, di legalizzare la cosiddetta eutanasia, cioè la deliberata
uccisione di malati che non hanno alcuna speranza di guarire (anche per loro
stessa volontà). La richiesta da parte di un malato di accelerare la morte
è talora condizionata da uno stato di depressione, che gli impedisce di
valutare in maniera corretta la propria condizione. Il riconoscimento legale dell'eutanasia
porterebbe allo
svilimento deprezzamento della dignità del medico, chiamato a
preservare la vita piuttosto che a sopprimerla, e a alla una deviazione rispetto alla
deontologia professionaledal
dovere professionale del medico,
chiamato a preservare la vita piuttosto che a sopprimerla. Il «diritto alla morte» può facilmente
diventare una minaccia alla vita di pazienti la cura dei quali richiederebbe
grandi mezzi economici.
In tal modo, l'eutanasia è una forma di assassinio o di
suicidio, a seconda che il paziente vi prenda parte attiva o no. Qualora il
paziente partecipi all'eutanasia, andranno applicate quelle norme canoniche
secondo le quali il suicidio volontario, così come l'aiuto dato per compierlo,
sono giudicati come un peccato grave. Ad un suicida consapevole, che «lo abbia
commesso tale atto
spinto da rancore umano o per qualche altro motivo dettato dalla
pusillanimità», non sarà concessa la
sepoltura cristiana e la commemorazione liturgica (Timoteo Aless., can.
14). Se un suicidio è avvenuto durante un raptus di follia, quando in maniera inconsapevole, mentre la
persona non era "nel pieno possesso delle proprie
facoltà mentali", cioè durante una crisi
di una malattia mentale, lla preghiera della Chiesa per il suicidalui
è permessa dopo dopo che il vescovo competente abbia condotto un'indagine sul casovestigazione
del caso da parte del vescovo competente. Nello stesso tempo è necessario ricordare che spesso la colpa del
suicida ricade anche sulle persone che lo circondavano e che si sono rivelate
incapaci di una efficace compassione efficace e
di misericordia. Con l'apostolo Paolo la Chiesa esorta: «Portate i pesi gli
uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo» (Gal 6,2).
I rapporti
omosessuali
XII.9. La sacra Scrittura e l'insegnamento della
Chiesa deplorano inequivocabilmente i rapporti sessuali omosessuali,
vedendo in essi una vizioso stravolgimentoa distorsione
della natura umana creata da Dio.
«Se uno ha
rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abomionio»
(Lv 20,13). La Bibbia narra del terribile castigo che Dio inflisse agli
abitanti di Sodoma (Gn 19,1-19), secondo l'interpretazione dei santi padri,
proprio per il peccato di sodomia. L'apostolo Paolo, nel descrivere la
condizione morale del mondo pagano, colloca i rapporti omosessuali tra le
«passioni più infami» e le «impurità» che disonorano il corpo umano: «Le loro
donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente
anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi
di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con
uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s'addiceva al loro
traviamento» (Rm 1,26-27). «Non illudetevi... né effeminati, né sodomiti...
erediteranno il regno di Dio», scrive l'Apostolo agli abitanti della corrotta
Corinto (1 Cor 6,9-10). La tradizione patristica in maniera altrettanto chiara
e determinata condanna ogni manifestazione di omosessualità. La «Didachè», le
opere di Ss.an Basilio
Magno, Giovanni Crisostomo, Gregorio di Nissa, s.Sant' Agostino, i
canoni di Giovanni il Digiunatore esprimono tutti l'immutatonvariato
insegnamento della Chiesa secondo il quale: i
rapporti omosessuali sono peccaminosi e vanno condannati. Coloro che li
praticano non hanno il diritto di far parte del clero (Basilio Magno, can. 7;
Gregorio Nis., can. 4; Giovanni il Digiunatore, can. 30). Rivolgendosi a coloro
che si erano macchiati del peccato di sodomia, il beato Massimo il Greco fece
questo appello: «Guardatevi, dannati, a quale piacere perverso vi siete
abbandonati!... Cercate di abbandonare immediatamente questo vostro obbrobrioso
e fetidissimo piacere, cercate di detestarlo, e chi affermasse che è un piacere
innocente, su costui pronunciate un anatema eterno, in quanto è nemico del vVangelo
di Cristo Salvatore e corruttore del suo insegnamento. Purificatevi con un
pentimento sincero, lacrime ardenti e la massima carità e la preghiera pura...
Detestate con tuttao
l'anima questo peccato perché non vi capiti di essere figli della dannazione e
della morte eterna»..
I dibattiti
sulla condizione delle cosiddette minoranze sessuali nella società
contemporanea tendono a riconoscere l'omosessualità non come una perversione
sessuale, ma solo come uno degli «orientamenti sessuali», che hanno eguale
diritto alla manifestazione pubblica e al rispetto. Si sostiene inoltreanche
che la tendenza omosessuale è determinata da una predisposizione naturale
individuale. La Chiesa ortodossa muove dalla ferma ed immutata invariata
convinzione che l'unione coniugale dell'uomo e della donna stabilita da Dio non
può essere paragonata alcon le
manifestazioni pervertite della sessualità. Essa considera l'omosessualità come uno stravolgimentoa
distorsione peccaminosao della natura
umana, il qualeche
può essere superatoa
da uno sforzo spirituale che porta alla guarigione e alla crescita personale
dell'individuo. I desideri omosessuali, come pure le altre passioni che
tormentano l'uomo decaduto, vengono guariti dai Ssacramenti, dalla
preghiera, dal digiuno, dal pentimento, dalla lettura della Sacra Scrittura e
delle opere patristiche, oltre che dalla comunione cristiana con
persone credenti disposte ad offrire un sostegno spirituale.
Pur trattando le persone che hanno
inclinazioni omosessuali con responsabilità pastorale, la Chiesa nello stesso
tempo è risolutamente contraria ai tentativi di presentare questa tendenza
peccaminosa come «normale», e addirittura come un motivo
d'orgoglio ed un
esempio da emulare. Questo è il motivo per cui la Chiesa condanna qualsiasi propaganda
dell'omosessualità. Pur senza negare a nessuno i fondamentali dirittio
alla vita, al rispetto della dignità personale e alla partecipazione anegli
affari pubblici, la Chiesa tuttavia ritiene che coloro che propagandano uno
stile di vita omosessuale, non devono essere ammessi
all'insegnamento, ad un'attività educativa o di altro tipo a contatto con
bambini o con giovani, come pure ad occupare posti direttivi nell'esercito e
negli istituti di rieducazione.
Talvolta le
perversioni della sessualità umana si manifestano come un sentimento doloroso di appartenere al sesso opposto, che sfocia
nel tentativo di cambiare il proprio sesso (transessualità).
Il desiderio di rifiutare di appartenere al sesso che le è stato assegnato dal
Creatore non può avere che conseguenze rovinose per l'ulteriore sviluppo della
persona. Il «cambio di sesso» con l'impiego di cure ormonali e l'esecuzione di un
intervento chirurgico mediante terapia ormonale e chirurgica in
molti casi non porta alla soluzione dei problemi psicologici, ma al loro
aggravamento, provocando una profonda crisi interiore. La Chiesa non può
approvare un simile genere di «ribellione contro il Creatore» e riconoscere
come reale un’identità sessuale cambiata artificialmente. Se un «cambio di
sesso» è avvenuto in una persona prima del battesimo, questa la persona può
essere ammessa al
questo sacramento, come qualsiasi altro peccatore, ma la Chiesa la
battezzerà come appartenente al sesso nel quale era nata. L'ordinazione
sacerdotale di una tale persona e il suo matrimonio religioso sono
inammissibili.
La
transessualità deve essere distinta dall’errata identificazione del sesso di
una persona nella sua prima infanzia, dovuta a un errore del medico in presenza
di uno sviluppo patologico dei caratteri sessuali. La correuzione
chirurgica in questo caso non ha il carattere di un cambiamento di sesso.