I fondamenti
della concezione sociale
XVI. Relazioni
internazionali
I problemi
della globalizzazione e del secolarismo
I rapporti tra
i popoli
XVI.1. Popoli e nazioni
entrano in rapporti economici, politici, militari e di altro genere fra di loro. Di
conseguenza, vi sono stati che nascemergono o
che scompaiono, che
modificano i loro confini, che si uniscono o si separano,; e inoltre
creano o sciolgono varie alleanze. Nella sacra Scrittura sono contenute
numerose testimonianze storiche sulla costituzione dellei
relazioni internazionali.
Uno dei primi
esempi di trattato inter-tribale, concluso tra il proprietario della terra,
Abimelech, e uno straniero, Abramo, è presentato nel libro della Genesi:
«Abimelech... disse ad Abramo: “... giurami qui per Dio che tu non ingannerai
né me né i miei figli né i miei discendenti: come io ho agito amichevolmente
con te, così tu agirai con me e con il paese nel quale sei forestiero”. Rispose
Abramo: “Io lo giuro”... tra loro due conclusero un'alleanza» (Gen
21,22-24.27). I trattati riducevano il pericolo di guerre e di conflitti (Gen
26,26-31; Gs 9,3-27). Talvolta i negoziati e le dimostrazioni di buona volontà
riuscivano ad evitare lo spargimento di sangue (1Sam 25,18-35; 2Sam 21,15-22).
Le guerre si concludevano con la stipulazione di dei trattati
(1 Re 20,26-34). La Bibbia menziona delle alleanze militari (Gen 14,13; Gdc 3,12-13;
1 Re 22,2-29; Ger 37,5-7). Talvolta l'aiuto militare veniva procurato in cambio
di denaro e di altri beni materiali (2 Re 16,7-9; 1 Re 15,17-20). L'accordo tra
Chiram e Salomone di fatto ebbe il carattere di un'alleanza economica: «I miei
servi saranno con i tuoi servi; io ti darò come salario per i tuoi servi quanto
fisserai. Tu sai bene, infatti, che fra di noi nessuno è capace di tagliare il
legname come sanno fare quelli di Sidone... Fra Chiram e Salomone regnò la pace
e i due conclusero un'alleanza» (1Re 5,6.12). Durante le trattative per mezzo
di emissari si discutevano questioni quali la possibilità di lasciar passare
uomini armati attraverso un territorio altrui (Nm 20,14-17; 21,21-22) o ,problemi di territorio
dispute territoriali (Gdc 11,12-28). I trattati potevano includere
il passaggio di territori da un popolo ad un altro (1 Re 9,10-12; 1 Re 20,34).
Nella Bibbia
sono contenute anche le descrizioni di astuzie diplomatiche, connesse con la
necessità di proteggersi da un avversario potente (Gs 9,3-27; 2 Sam 15,32-37;
16,16-19; 17,1-16). A volte la pace veniva comprata (2 Re 12,18) o pagata con
un tributo. Certamente, uno dei mezzi per comporre liti e conflitti era la
guerra, e nei libri dell'Antico Testamento i riferimenti alle guerre abbondano.
Tuttavia, nella sacra Scrittura vi sono anche esempi di negoziati, finalizzati
a evitare la guerra non appena si profili il rischio che possa cominciare (2Re
14,9-10). La pratica di raggiungere accordi in epoca veterotestamentaria era
fondata su principi religiosi e morali. Così, persino un trattato con gli
abitanti di Gabaon,
che ricorsero all’inganno per concluderlo concluso dopo un
inganno da parte di questi ultimi, fu riconosciuto valido in virtù
della sua formula sacra: «Noi abbiamo loro giurato per il Signore, Dio di
Israele, e ora non possiamo colpirli» (Gs 9,19). La Bibbia contiene il divieto
di concludere alleanze con tribù pagane viziose (Es 34,15). Tuttavia, gli
israeliti di tanto in tanto non rispettarono questo comandamento. Anche vari trattati
e alleanze spesso vennero infranti.
L'ideale cristiano che deve guidare il di comportamento
di un popolo e di un governo nel campo delle relazioni internazionali è
racchiuso nella «regola aurea d'oro»:
«Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt
7,12). Applicando questo principio non solo nella vita individuale, ma anche
nella vita sociale, i cristiani ortodossi dovrebbero ricordare che «Dio non è
nella forza, ma nella giustizia». Nel contempo, se qualcuno agisce contro
giustizia, spesso per ristabilire la giustizia sono necessarie azioni
restrittive e persino violente verso altri stati e popoli. Si sa che, per la corruzione a causa della natura umana prodottacorrotta
dal peccato, è
inevitabile che le nazioni e gli stati inevitabilmente hanno abbiano interessi
praticamente divergenti, connessi, in particolare, con il desiderio di
possedere la terra, di dominare politicamente e militarmente e,
di trarre il massimo profitto possibile dalla produzione e dal commercio.
Sorgendo per questa ragione, il bisogno
di difendere i connazionali pone certe limitazioni alla buona volontà
dell'individuo di sacrificare i propri interessi per il bene di un altro
popolo. Nondimeno, i cristiani ortodossi e le loro comunità sono chiamati a
tendere all'instaurazione di quelle relazioni internazionali che potrebbero
promuovere neal
massimo grado possibile il bene e il soddisfacimento degli interessi legittimi
del proprio popolo, delle nazioni confinanti e dell'intera famiglia umana.
I rapporti tra
popoli e governi devono essere orientati alla pace, all'aiuto reciproco e alla
cooperazione. L'apostolo Paolo esorta i cristiani: «Se possibile, per quanto
questo dipende da voi, vivete in pace con tutti» (Rm 12,18). S.an
Filarete di
Mosca, nel
suo discorso in occasione della firma del trattato di pace del 1856, dice:
«Ricordiamo la legge, e compiamo la volontà del Ddivino Principe
della pace – cerchiamo di non ricordare il male, di perdonare le offese, di essere
in pace anche «con chi detesta la pace» (Sal 119,6), e ancor più con coloro che
propongono di porre fine all'inimicizia e che tendono una mano amichevole». Pur
nella consapevolezza che in questo mondo decaduto i conflitti internazionali e
le contraddizioni sono inevitabili, la
Chiesa chiama le potenze ad adoperarsi per comporre tutti i conflitti
attraverso la ricerca di risoluzioni reciprocamente accettabili. Essa si pone
dalla parte delle vittime delle aggressioni e di quanti sono oggetto didella pressione
politica esterna illegittima e moralmente ingiustificata. L'uso della forza
militare è consideratoa dalla
Chiesa come lo
strumento estremo di difesa contro un'aggressione armata da parte di altri
stati. Tale difesa può anche essere messa in atto da parte di uno
stato che non è oggetto diretto di un attacco, per portare aiuto ad un altro
stato, oggetto di aggressione, su richiesta di quest'ultimo.
Gli stati fondano le
loro relazioni con il mondo esterno sui principi della sovranità e dell'integrità territoriale. Questi principi sono
considerati dalla Chiesa come essenziali per la difesa da
parte di un popolo dei propri interessi legittimi da parte di un popolo e
rappresentano una pietra angolare dei negoziati internazionali,
e, quindi, dell'intero
diritto internazionale. Nello stesso tempo, per la coscienza cristiana è
evidente che qualsiasi ordinamento umano, compreso il potere sovrano di uno
stato, è relativo di fronte a Dio oOnnipotente.
La storia dimostra che la vita, i confini e la forma dei governi sono mutevoli,
essendo fondati non solo su una base territoriale ed etnica, ma anche su
principi economici, politici, militari ed altri
simili. Pur senza negare l'importanza storica dello stato monoetnico, la Chiesa
ortodossa nello stesso tempo approva l'unificazione volontaria di nazioni in un
unico organismo, e la creazione di stati
multinazionali, se in essi non vengono violati i diritti di nessun popolo. Nel
contempo, non si può non riconoscere che nel
mondo odierno sussiste una certa contraddizione tra i principi universalmente
accettati della sovranità e dell'integrità territoriale di uno stato, da un
lato, e l'aspirazione da parte di un popolo o di una parte di esso
all'indipendenza nazionale, dall'altro lato.
Dissidi e conflitti che scaturiscono da questa contraddizione andrebbero
compostie
con mezzi pacifici, sulla base del dialogo, cercando di raggiungere con il'
maggior accordo più ampio possibile tra le parti. Ricordando
che l'unità è un bene e la disunione - un male,
la Chiesa approva le tendenze all'unificazione di paesi e nazioni, specialmente
di quelli che hanno una storia e una cultura comuni, a condizione che queste
unificazioni non siano volte contro una terza parte. La Chiesa si rammarica
quando con la divisione di uno stato multietnico si distrugge anche l'unità
storica dei suoi popoli, vengono violati i loro diritti e la vita di molti è colpitaafflitta
da grandi sofferenze. La divisione di uno stato multinazionale si può ritenere
giustificatao
solo nel caso in cui uno dei popoli si trovi in una situazione di evidente
oppressione o se la maggioranza dei cittadini di un paese non esprime launa
decisa
e precisa volontà di mantenere l'unità.
La storia recente ha mostrato che la
divisione di diversi stati eurasiatici ha determinato una frattura artificiale
tra popoli, famiglie e comunità economichesocietà d'affari
ed ha provocatoportato
alla prassi di ilun forzato
reinsediamento e all'espulsione di vari gruppi etnici,
religiosi e sociali, che in questi avvenimenti hanno perso anche e
questo ha comportato la perdita da parte di interi popoli dei loro
oggetti di culto. Il tentativo di creare stati mononazionali sulle rovine di precedenti unioni
è stata la ragione fondamentale dei sanguinosi conflitti inter-etnici che hanno
scosso l'Europa Orientale.
Alla luce di
quanto detto sopra, è necessario riconoscere l'utilità di creare unioni inter-statali che abbiano lo scopo
di , aventi come scopo quello di unire
gli sforzi nel campo politico ed economico, per
creare una difesa comune contro le minacce esterne ed aiutare le
vittime di aggressioni. Alla collaborazione economica e commerciale tra gli stati
devono essere applicate le stesse norme morali che in genere devono regolare
l'attività economica e imprenditoriale individuale. L'interazione fra ledi nazioni e gli stati in questo campo deve
necessariamente essere fondata sull'onestà, sulla giustizia e sul desiderio di far sì che i frutti del
raggiungere risultati di un lavoro
comune siano accettabili
per da
parte di tutti i suoi partecipanti (v. XVI.3). Si approva la
cooperazione internazionale nel campoi campi
culturale e in
quello, scientifico, nell’ educazione e nel settore tivo
e delle comunicazioni, se essa è costruita sulla base della priorità
di diritti e deli
rispetto reciproco, ed è diretta ad arricchire l'esperienza, la conoscenza e la
creatività di ogni nazione che vi partecipa.
Il fenomeno
della globalizzazione
giuridica e politica
XVI.2. Nel corso del XX secolo
accordi inter-statali multilaterali hanno portato
alla creazione di un sistema giuridico internazionale ramificato, vincolante
per i paesi firmatari. I Dai governi
hanno anche sono
anche statedato vita a istituite organizzazioni
internazionali, le cui risoluzioni sono vincolanti per gli stati- membri. Gli esecutivi hanno altresì delegato
Aad alcune di queste organizzazioni è
stata delegata dai governi una serie di poteri, che esse possono
esercitare in campo economico, politico e militare e che si applicano non solo anei
rapporti internazionali, ma anche anella vita
interna delle nazioni. Il fenomeno della
regionalizzazione e della globalizzazione giuridica e politica sta diventando
una realtà.
Da un lato,
tale sviluppo delle relazioni inter-statali
contribuisce a intensificare la cooperazione commerciale, industriale,
militare, politica e di altro genere – necessità imposta dalla naturale
intensificazione delle relazioni internazionali e dall'esigenza di fornire una
risposta comune alle sfide globali del tempo presente. Nella storia
dell'ortodossia vi sono esempi di influenza positiva esercitata dalla Chiesa
sullo sviluppo dei rapporti inter-statali su scala
regionalie. Le organizzazioni internazionali
contribuiscono alla composizione di diverse vertenze
e conflitti. D'altra parte, non va però sottovalutato il pericolo di possibili contrastidissidi
tra la volontà di una nazione e le risoluzioni delle organizzazioni internazionali.
Queste organizzazioni possono diventare strumenti di dominio ingiusto dei paesi
forti sui paesi deboli, dei paesi ricchi su quelli poveri, dei paesi
più sviluppati sul piano tecnologico e delle comunicazioni sugli altri. Esse
inoltre possono praticare seguire criteri di
valutazione due standard diversi nell'applicazione
del diritto internazionale a vantaggio degli interessi degli stati più
influenti.
Tutto questo induce la Chiesa ortodossa ad assumere un
approccio critico e prudente nei confronti del processo di ell'internazionalizzazione
giuridico-a e politica,
richiamando alla
massima responsabilità coloro che detengono il potere, sia a livello
nazionale che a livello internazionale, ad
una particolare responsabilità. Qualsiasi decisione relativa alla
conclusione di trattati internazionali determinanti per il futuro destino delle
nazioni interessate e alla definizione della posizione dei paesi all'interno
dell'attività delle organizzazioni internazionali, deve essere assunta solo in
accordo con la volontà popolare, fondata su un'informazione completa e
obiettiva riguardo asulla
natura e alle
conseguenze delle decisioni progettate. Nell'attuazioneestendersi
di una politica vincolata
ad connessa con l'assunzione di accordi
internazionali vincolanti
ed alle con
azioni di organizzazioni internazionali, i governi dovrebbero salvaguardareconservare
l'identità spirituale e,
culturale o di altri tipo del proprioi paesei
e dellea propria nazionie e tutelare gli
interessi legittimi del proprioi propri
statio. In seno aNel contesto delle
organizzazioni internazionali stesse è necessario assicurare l'eguaglianza
degli stati sovrani nell'accesso ai meccanismi decisionali e nel diritto adel
voto deliberativo, specialmente nella definizione degli standard internazionali
di base. Le situazioni conflittuali e controverse dovrebbero essere risolte
solo con la partecipazione e il consenso di tutte le parti, i cui interessi
vitali siano coinvolti in ciascun caso concreto. L'adozione di deliberazioni
obbligatorie senza il consenso dello stato sul quale tali deliberazioni hanno
un'influenza diretta, appare possibile solo nel caso in cui nel territorio
di tale paese siano stati perpetrati un massacro o un’aggressionedi
una aggressione o di un massacro all'interno di quel paese.
Ricordando la necessità di
esercitare un'influenza spirituale e morale sulle azioni dei leaders
politici, di collaborare con essi, di dimostrare interesse e preoccupazione per
i bisogni del popolo e dei singoli individui, la Chiesa partecipa al dialogo ed alla
cooperazione con le organizzazioni internazionali. All'interno di questo
processo essa testimonia invariabilmente la propria convinzione nell'importanza
assoluta della fede e della spiritualità per le attività, le decisioni e le
leggi degli uomini.
La dimensione
economica della globalizzazione
XVI.3. La globalizzazione ha una dimensione non solo politica e
giuridica, ma anche economica, culturale e mass-mediale. In economia
essa è connessasi manifesta nella nascitacon
l'emergenza di societàcorporazioni
trans-nazionali, nelle qualidove
si concentrano notevoli risorse materiali e finanziarie, e lavoradove
è impiegato un numero enorme di cittadini di diversi paesi. Coloro
che stanno a capo delle strutture economiche e finanziarie internazionali,
hanno concentrato nelle proprie mani un ampio enorme
potere, che sfugge al controllo delle nazioni e persino dei governi,
e che non conosceono
alcun limitie – sia che
si tratti di confini statali, di identità etnico-culturalie
o della necessità di mantenere una stabilità ecologica e demografica. Talvolta
essi rifiutano di tener conto delle tradizioni e dei principi religiosi
dei popoli coinvolti nella realizzazione dei loro progetti. La Chiesa non può
che essere preoccupata anche per la pratica delle speculazioni finanziarie, che
cancellanoannullano
il rapporto di la dipendenza
fra dei redditio edal
lavoro compiuto. Tra le varie forme di
queste speculazioni vci
sono le «piramidi finanziarie», il cui collasso può provocare uno
sconvolgimento su larga scala. In generale, questtali
cambiamenti nell'economia portano alla perditafanno dimenticare
della
priorità del lavoro e dell'uomo rispetto al capitale e ai mezzi di produzione.
Nel campo della
cultura e dell'informazione, la globalizzazione è stata condizionata dallo
sviluppo delle tecnologie che facilitano la circolazioneo spostamento
di persone e di benicose e,
la diffusione e l'acquisizione dell'informazione. Le società, che prima erano
separate da distanze e confini, e che
per questo erano prevalentemente omogenee, oggi entrano in contatto facilmente l’una con l’altra
e diventano multiculturali. Tuttavia, questo processo è stato accompagnato dal
tentativo di stabilire il dominio dell'élite ricca sul resto della
popolazione tutti gli altri, e di alcune culture
e ideologie sulle altre, cosa che è particolarmente intollerabile nella sfera
della religione. Di conseguenza si osserva launa
tendenza a presentare come l'unica possibile una cultura universale
caratterizzata dall'assenza di interessi spirituali e fondata sull'idea
sudella
libertà illimitata
dell'uomo decaduto , che non conosce nessuna
limitazione, come quale assoluto valore assoluto e
criterio di verità. Tale sviluppo della globalizzazione è paragonato da
molti nel mondo cristiano è paragonato alla costruzione della Ttorre di Babele.
Pur riconoscendo che il processoi
della globalizzazione èsono
inevitabilie e naturalie,
e che per molti versi facilitano la comunicazione fra delle
persone, la diffusione delle informazioni e un’a efficace
attività produttiva e imprenditoriale, la Chiesa nello stesso tempo rivolge la
sua attenzione alle contraddizioni interne di questi processi e ai pericoli che
esse comportano. In primo luogo, la globalizzazione comincia a mutarecambiare,
insieme ai modi convenzionali tradizionali di
organizzare i processi produttivi, anche le modalità tradizionali di i modi
convenzionali di organizzare la società e di esercitare il potere.
In secondo luogo, molti frutti positivi della globalizzazione sono accessibili
solo alle nazioni che rappresentano una
piccola parte dell'umanità, ma che hanno sistemi economici e politici
affini. Altre nazioni, invece, alle quali appartengono i 5/6 della popolazione
mondiale, si trovano sospintei ai
margini del mondo civileizzato. Si
trovano stritolate nella morsa meccanismo della dipendenza della dipendenza dai debiti contrattiel
debito che esse hanno contratto coi finanzieri di alcuni paesi
industrializzati e quindi non riescono quindi a creare
condizioni dignitose di vita. Tra queste popolazioni stanno crescendo un
profondo malcontento e un'amara disillusione.
La Chiesa pone il problema circa la
necessità di istituire un controllo globale sulle corporazioni società transnazionali
e sui processi finanziariche
avvengono nel settore finanziario dell'economia. Questo controllo, il cui fine deve essere
quello di subordinare ogni attività imprenditoriale e finanziaria agli
interessi della
persona e dei popoli'individuo e del popolo, deve essere
esercitato mediante tutti i meccanismi disponibili nella società e nello stato.
L'espansione spirituale e culturale ,è esposta al
rischio di una totale uniformaicazione e in quanto tale,
dovrebbe essere necessariamente contrastata mediante gli sforzi
congiunti della Chiesa, delle strutture statali, della società civile e delle
organizzazioni internazionali, per poter affermare
instaurare
nel mondo uno scambio di cultura edle e
delle informazionie veramente equo e reciprocamente arricchente, e per proteggere te
combinato con gli sforzi di proteggere l'identità delle nazioni e
dellei
altre comunità umane. Una delle vie da percorrereo dei modi per
perseguire questo fine può essere quella di garantire ai assicurare a paesi
ed alle
nazioni l'accesso alle risorse tecnologiche fondamentali, che daranno loro la
possibilità di diffondere e ricevere informazioni su scala mondiale. La Chiesa
ricorda che molte culture nazionali hanno radici cristiane e che i seguaci di
Cristo sono chiamati a promuovere e intensificare i legami reciproci tra la
fede e il patrimonio culturale delle nazioni, opponendosi risolutamente a qualsiasi
manifestazione di anti-cultura e di commercializzazione dello spazio destinato
all'informazione e alle arti.
In generale, la
sfida della globalizzazione esige dalla società contemporanea una risposta
adeguata, fondata sulla sollecitudine per il mantenimento di una vita pacifica
e dignitosa per tutti gli uomini e sulla promozione del , e combinata con
l'aspirazione al loro perfezionamento spirituale. Inoltre, è
necessario cercare di raggiungere creare un ordine mondiale del
mondo tale che sia costruito sui principi della
giustizia e dell'uguaglianza degli uomini davanti a Dio, e che
escluda la soppressione della loro volontà da parte dei centri internazionali
di influenza politica, economica e di informazione.
La
secolarizzazione
XVI.4. Il sistema giuridico internazionale
contemporaneo si fonda su una concezione che attribuiscella
priorità adegli
interessi della vita terrena dell'uomo e delle società umane rispetto ai valori
religiosi (specialmente nei casi in cui i primi e i secondi entrino in
conflitto). Questa stessa
priorità è ratificatasuggellata
nella legislazione nazionale di molti paesi e s. Spesso essa è fraposta
tra i principi che regolano le diverse forme di attività degli
organi di potere, dell'organizzazione del sistema di istruzioneeducativo
statale ecc. Molti influenti
meccanismi pubblici influenti si fanno riferimento a servono
di questo principio nel loro aperto confronto con la fede e con la
Chiesa, puntando a escludere queste ultimediretto
all'esclusione di esse dalla vita sociale. Queste manifestazioni
creano un quadro generale di
secolarizzazione della vita dello stato e della società.
Pur rispettando la scelta ideologica
delle persone non religiose e il loro diritto di influire sui processi sociali,
la Chiesa nello stesso tempo non può accogliere in maniera positiva un ordinamento
del mondoordine mondiale che ponga al centro di tutto
la personalità umana oscurata dal peccato. Questo è il motivo per cui, mantenendo
costantemente aperta la possibilità di cooperare con persone di convinzioni non
religiose, la Chiesa cerca di affermare i
valori cristiani neil
processoi decisionalei relativio
alla
soluzione dei problemi sociali più importanti sia a livello
nazionale che internazionale. Essa cerca di ottenere il riconoscimento della
legittimità della visione del mondo religiosa come quale fondamento
per azioni socialmente significative (comprese quelle intraprese dallo
stato) e quale come
un fattore essenziale che deve incidere sul, che dovrebbero
influenzare l'evoluzione del diritto internazionale e l'attività
delle organizzazioni internazionali.