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IL
MOMENTO DELLA CATECHESI: IO CREDO 37
L’UNZIONE
DEGLI INFERMI
Ci capita, nella vita, di ammalarci seriamente e tutti quanti, presto o tardi, dovremo fare i conti con la morte. Nella malattia l’uomo fa esperienza della propria impotenza, dei propri limiti, della propria finitezza. La malattia può condurre all’angoscia, al ripiegamento su di sé, talvolta persino alla disperazione e alla ribellione contro Dio. Ma essa può rendere anche la persona più matura, aiutarla a discernere nella propria vita ciò che non è essenziale per rivolgersi verso ciò che lo è. In tali momenti dolorosi, un altro sacramento, detto “Unzione degli Infermi”, ci viene offerto dalla Chiesa, memore della sollecitudine di Gesù verso i malati e della lettera di San Giacomo che invita l’ammalato a chiamare presso di sé i sacerdoti, affinché preghino per lui e lo ungano con olio. “E la preghiera fatta con fede. continua la Lettera. salverà il malato: il Signore lo rialzerà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati” (Gc. 5,14-15).
Molti continuano erroneamente a pensare che l'amministrazione di questo sacramento sia una specie di dichiarazione ufficiale dell’imminenza della morte. Per questo continuano a chiamarlo col nome di “Estrema Unzione” e, purtroppo, c’è chi non chiama il prete al capezzale dell’ammalato, o lo chiama quando quest’ultimo non è più in grado di capire per non “spaventarlo”!
Il Concilio Ecumenico Vaticano Il dice così: “L’Unzione degli infermi non è il sacramento di coloro soltanto che sono in fin di vita. Perciò il tempo opportuno per riceverlo si ha certamente già quando il fedele, per malattia o per vecchiaia incomincia ad essere in pericolo di morte”. Se un malato che ha ricevuto l’Unzione riacquista la salute, può, in caso di un’altra grave malattia, ricevere nuovamente questo sacramento. Nel corso della medesima malattia il sacramento può essere ripetuto se si verifica un peggioramento. E’ anche opportuno ricevere l’Unzione degli Infermi prima di un intervento chirurgico rischioso. Quali sono gli effetti di questo sacramento? Prima di tutto, un dono particolare dello Spirito Santo che diventa conforto, pace, coraggio per superare le difficoltà proprie dello stato di malattia grave o della fragilità della vecchiaia. Poi unisce il malato alla passione di Cristo. Dà il perdono dei peccati. Aiuta nel recupero della salute, se ciò giova alla salvezza spirituale e prepara al passaggio alla vita eterna.
L’UOMO
Dl OGGI DAVANTI ALLA SOFFERENZA E ALLA MORTE
Sembra che la nostra società
produttivistica non abbia più tempo per osservare, commuoversi e curarsi del
malato grave e cerchi di allontanare il pensiero della morte come un tabù da
ghettizzare insieme al malato. Così, si muore sempre più soli, di morte
nascosta al morente perché “per non spaventarlo è meglio che non sappia”,
e di morte nascosta agli altri che vorrebbero rimuoverla il più possibile dai
loro occhi.
IL
FONDAMENTO DELL’UNZIONE DEI MALATI NELLA BIBBIA
Quante
volte Gesù liberò gli oppressi, i malati, gli indemoniati dalle catene che li
immobilizzavano! Infatti “tutta la folla cercava di toccarlo, perché da Lui
usciva una forza che sanava tutti” (Lc. 6,19).
L’UNZIONE
DEGLI INFERMI
Nel nostro riflettere, sul sacramento
dell’Unzione degli infermi, dopo aver scoperto che questo è un sacramento per
la guarigione e per la vita, abbiamo cercato nel Nuovo Testamento alcuni brani
che ci illustrassero come nelle prime comunità venisse inteso il comando di Gesù
di annunciare la buona notizia anche attraverso “l’imposizione delle
mani”, la preghiera e le guarigioni. Continuiamo ancora con alcuni brani degli
scritti apostolici.
L’UNZIONE
DEGLI INFERMI NELLA STORIA DELLA CHIESA
Le vicende storiche che hanno caratterizzato
l’amministrazione dell’Olio Santo si possono suddividere in due periodi, che
costituiscono quasi due versanti separati da uno spartiacque situato tra la fine
dell’VIII secolo e l’inizio del IX secolo, cui segue
un terzo, a partire dal Concilio Vaticano II. Nel primo periodo venne messa in
maggior risalto la guarigione corporale, pur riconoscendo la grande importanza
dell’effetto spirituale derivato dall’Unzione. Nel secondo periodo venne
dato maggior rilievo agli effetti spirituali dell’Unzione avendo più di mira
la visione della salvezza finale dell’uomo che non i vantaggi immediati sulla
salute corporea. Le due culture non appaiono tuttavia inconciliabili, in quanto
sia nell’una che nell’altra esistono, almeno in tracce, le valutazioni degli
aspetti ora materiali ora spirituali. Con il Concilio Ecumenico Vaticano II
(1962—65) e la successiva Costituzione Apostolica sulla Santa Unzione degli
Infermi (1972) questo sacramento viene conferito ai malati in grave pericolo,
ungendoli sulla fronte e sulle mani con olio debitamente benedetto, dicendo una
sola volta la formula del Rituale Romano. In altre parole, l’Unzione va
amministrata “nel momento in cui il malato risulti affetto da malattia
pericolosa”, e non quando è agli estremi. Non è l’Unzione, ma il Viatico
che accompagna il morente alla vita eterna. Esiste dunque una nuova prospettiva
per il Sacramento dell’Unzione che punta non soltanto alla preparazione alla
morte, quanto al sollievo della malattia, non esclusa la guarigione, quando si
preghi con fede. Questo non costituisce di certo una novità, anzi è un ritorno
all’antico. Un altro aspetto rilevante è che l’Unzione non è più considerata
come un momento strettamente privato. Essa riacquista la sua dimensione
ecclesiale e sociale di altri tempi, venendo inserita nel contesto della
pastorale dei malati, che coinvolge varie opere di assistenza effettuate dalla
comunità familiare e parrocchiale siano esse di carattere morale, materiale o
spirituale. Vengono pure aggiunte altre novità, di cui ricordo le più
importanti. Le preghiere si diversificano a seconda che si tratti di un malato
comune, di un vecchio, di un malato grave, oppure dì un agonizzante, mentre le
relative formule vengono molto semplificate. L’Unzione, tra l’altro, può
essere ricevuta prima di un’operazione chirurgica, richiesta da una malattia
“quando motivo dell’operazione è un male pericoloso” (a tale proposito è
bene ricordare che, a prescindere dalla pericolosità del male che si intende
combattere, esiste pur sempre il pericolo, sebbene remoto ma innegabile, legato
all’anestesia). L’Unzione può essere ricevuta più volte. E’ stato
invertito l’ordine del precedente rituale, riponendo l’Unzione prima del
Viatico. Si potrebbe dunque parlare di “Estrema Comunione” anziché di
“Estrema Unzione”. Tanto è vero che nel caso di imminente pericolo di
morte, si deve anteporre il Viatico all’Unzione, purché il malato sia in
grado di riceverlo. Con questo rituale viene tolta all’Olio Santo una certa apparenza
superstiziosa di “carisma magico”, meccanicamente dato e ricevuto, e viene
restituito all’Unzione il suo vero significato sacramentale. Si tratta infatti
del Sacramento della “salvezza di tutto l’uomo”, considerato nella sua
globalità e nell’armonia tra la parte spirituale e corporea, come superamento
della mentalità dualistica che metteva in contrapposizione spirito e materia.
L’aspetto comunitario dell’Unzione viene realizzato soprattutto in chiesa,
amministrando l’Unzione a più persone, anziane o malate, durante o fuori
della Messa, oppure in casa, invitando qualche persona (parenti ed amici) ad
assistere al rito. Questo aspetto comunitario potrebbe avere importanti riflessi
anche dal punto di vista sociale, migliorando i rapporti tra l’ammalato e
l’ambiente sociale circostante, tra cui quello sanitario, togliendo
l’infermo da quell’isolamento che costituisce una minaccia sempre più reale
a mano a mano che le sue condizioni vanno aggravandosi, e
purtroppo a mano a mano che la tecnologia soffoca la partecipazione
comunitaria all’evolversi della malattia.
Quando
si può ricevere l’Unzione degli Infermi?
Si può ricevere ogni volta che ci sia una
malattia grave, o uno stato di inabilitazione come ad esempio l’anzianità, o
un possibile pericolo grave per la propria salute, come ad esempio un intervento
chirurgico.
Si può
ricevere più volte?
Non deve diventare “una pia devozione”.
L’Unzione si può ricevere ogni volta che insorgono nuovi problemi gravi
riguardanti la salute.
Ricevendo
l’Unzione possiamo chiedere il dono della guarigione?
Certamente! Dobbiamo chiederlo in quanto è
un sacramento e una preghiera proprio per la guarigione del corpo e dell’anima.
Noi chiediamo a Dio e ci disponiamo a vivere la sua volontà.
L’Unzione
degli Infermi cancella tutti i peccati o occorre anche confessarsi?
Essendo un sacramento per la guarigione del
corpo e dell’anima essa porta il perdono di Dio. Ma se uno è nella possibilità
è bene anteporre all’Unzione la Confessione dei propri peccati.
Unzione
e Viatico sono la stessa cosa?
No. L’Unzione è ricevere attraverso un
segno della Chiesa la forza rinnovatrice dello Spirito per la guarigione e per
vivere con fede il tempo della malattia. Il Viatico è la Comunione Eucaristica
che accompagna un morente nel cammino verso l’eternità.
Quando
è bene chiamare il prete per un ammalato grave?
E’ bene, per tempo, suscitare
nell’ammalato la fede nel vivere il tempo della malattia come uno dei momenti
di grazia della nostra vita. E’ bene presentare l’Unzione come un momento di
preghiera in cui si invoca la guarigione e la forza di Dio per vivere il tempo
della malattia. Se è possibile, bisogna cercare di fare scaturire dal malato
stesso il desiderio della visita del sacerdote. In ogni caso è bene non
aspettare gli ultimi momenti.
ALCUNI
CONSIGLI A CHI VISITA UN MALATO:
SONO
STATI SCRITTI DA UN SACERDOTE SORDOMUTO DI VALLADOLID.
1. Quando visiti i malati o gli handicappati, non
lasciarti impressionare dalla loro malattia o dalla loro infermità.
Non tenerne conto.
2. L’handicappato ha lottato molto per uscire
dalla strettoia in cui l’aveva gettato il suo handicap. Per carità, non
ricordargli la sua malattia: lo faresti ritornare al punto di partenza.
3. Ci vuole semplicità e una grande delicatezza.
Ricorda che il dolore sviluppa la sensibilità.
4. Quando si presenterà l’occasione, e si presenterà
certamente se vuoi bene ai malati, essi ti racconteranno “la loro storia”.
Perciò non far loro domande, ma sappi ascoltare.
5. Non compiangerli mai. Non dimostrare mai
compassione a loro riguardo. Può darsi che siano essi a compiangerti. Limitati
a dimostrare che tu appartieni a loro senza riserve.
6. Sarà utile, certe volte, dare qualcosa, ma è
sempre necessario che tu dia te stesso.
7. E’ possibile che il dolore unisca a Dio più che
la gioia. Limitati a suggerirlo non con parole, immagini o sentimentalismi, ma
con l’esempio.
8. Dire che Dio li ama, è molto bello ed è
certamente vero. Ma non è l’amore di Dio che tu devi mostrare loro in questo
momento, è il tuo, e qui le parole non servono.
9. Amali quanto potrai, non solamente per Dio, ma
anche per loro stessi. Quelli che si occupano dei malati solo per Dio e con una
certa freddezza nel modo di comportarsi, danno da pensare che i malati siano per
loro soltanto uno strumento e un mezzo di santificazione personale.
10.
Sii sempre ottimista, sempre allegro. Anche nei momenti più acuti della
sofferenza ci sarà sempre una fessura che lasci passare la speranza e un solco
per seminare la gioia.
11.
Qualcuno mi chiedeva: “Che cosa debbo dir loro?”. Ma è così facile.
Sorridete. Quale altro ponte più sicuro che l’accenno di un sorriso?
12.
Quando vi sceglieranno per confidente delle “loro faccende”,
interessatevi dei loro problemi e cercate di capirli, di farli vostri. Ed essi,
con la loro finissima percezione, sentiranno che siete divenuti un’ “eco”.
Forse sarete impotenti a toglier loro il fardello dalle spalle, ma vi assicuro
che avrete molto alleggerito quello del loro cuore.
ALCUNE RIFLESSIONI SUL TEMPO DELLA MALATTIA
1)
Tutti, prima o poi, nel cammino della nostra
vita facciamo l’esperienza della sofferenza, della malattia, della morte. I
principali atteggiamenti dell’uomo davanti alla sofferenza possono riassumersi
nel non accettarla, nel fatalismo, nel
2)
Anche i cristiani conoscono la portata del dolore e ne avvertono la complessità,
ma illuminati e sorretti dalla fede hanno modo di penetrare più a fondo questo
mistero. Sanno infatti dalle parole di Cristo quale sia il significato e il
valore della sofferenza per la salvezza propria e del mondo, e come nella
malattia Cristo stesso sia loro accanto e li ami.
3)
Alcuni dati dalla Rivelazione.
La
Bibbia che è profondamente sensibile alla sofferenza, per spiegarla non ricorre
come altre religioni, alla lite fra diversi dei ma pone la sua origine, oltre
che nella finitezza della creatura umana, nella corruzione introdotta nel mondo
dal peccato; è quindi, per quanto possibile, da evitare, da curare con
diligenza e da alleviare.
Anche
la sofferenza però ha dei valori: essa può purificare, può avere un valore
educativo, diventa prova per l’uomo ed ha anche senso (se glielo si dà) di
intercessione e di redenzione.
-
Gesù non può essere testimone di una sofferenza senza esserne profondamente
commosso (Mt. 9,36; 14,14...).
-
Gesù dà senso alla sofferenza, non la sopprime (Eb. 3,14; Mt. 5,5).
-
Gesù evita di stabilire un nesso sistematico tra malattia, incidenti ed il
peccato (Lc. 13,2; Gv. 9,3).
-
Gesù fa sua la sofferenza: soffre per la folla incredula e cattiva (Mt. 17,17),
soffre di essere rigettato dai suoi (Gv. 11,1), soffre prevedendo la Passione
(Gv. 12,27), nella sua Passione concentra tutta la sofferenza umana possibile,
dal tradimento fino all’abbandono di Dio (Mt. 27,46), identifica in se stesso
tutti quelli che soffrono (Mt. 25,35—40)
-
Al discepolo tocca fare proprio l’insegnamento del maestro e condividerlo
(Gal. 2,20; 2 Cor. 1,5) non solo per quanto riguarda la sua personale sofferenza
ma anche nel farsi solidale con ogni sofferenza umana.
ALCUNI
SUGGERIMENTI PER VIVERE IL TEMPO DELLA MALATTIA.
Prendere atto della malattia con lucidità.
Non
ci si deve rassegnare, ma accettare la malattia come un fatto, un incidente che
non deve schiacciare ma deve essere superato e per questo misurarne la portata.
Più si è a conoscenza dell’ostacolo, più si acquista serenità e più
facilmente si supera. Il malato dovrà dirsi sovente, che ne ha passate altre
nella vita, che è riuscito a superare difficoltà d’ogni genere. E questo può
essere un buon stimolante.
Avere la volontà di lottare.
La medicina è una guerra continua, sia nei laboratori, che nelle sale
operatorie, che nei congressi, che nella camera del malato. Il medico non può
combattere da solo, il paziente deve armarsi con lui e voler lottare per
guarire. Questo suo dovere deve compierlo per sé, per i suoi e per fare la
volontà di Dio. D’altra parte i limiti della resistenza umana sono
imprevedibili e stringendo i denti si può sopportare di più che non si creda.
Collaborare lealmente con il medico e chi cura.
Il
malato è il primo responsabile della sua salute. Egli assume tale responsabilità
essendo franco ed aperto con chi lo cura. in più questa posizione può essere
per i malati l’occasione di un rapporto umano, psicologico, spirituale,
professionale verso gli altri malati.
Combattere lo scoraggiamento.
Tutti
possono avere dei momenti di abbattimento. Quando questo stato avviene, il
malato deve farsi un esame come di laboratorio: quali origini ha il momento di
scoraggiamento (e deve cercarne le cause):
—
forse aggrava la situazione più del vero?
—
è un momento passeggero?
—
o si è montata la testa?
Senza
speciali motivi il malato deve accusare il suo stato morale, gli astanti.
potrebbero forse aiutarlo a superare questo momento. Piangere qualche volta può
essere uno sfogo che libera. Non deve però il malato fare continue lamentele
che possono anche irritare chi gli sta accanto. Pensando alle tante miserie
umane e vedendosi amorevolmente curato, il malato si lamenta meno.
Saper vedere una “scuola” di vita.
Saper dimenticare il proprio stato, lottare per la salute, accettare
lucidamente gli inconvenienti della malattia, può essere un’esperienza di
arricchimento per chi lo vuole. La malattia che insorge nella sua carne può
rendere il malato più maturo, la sua volontà più resistente, il suo esempio
più splendente.
Rimanere attivi.
Quando
la febbre è cessata, che ci si può occupare, si deve procurare di fare
qualcosa, non soltanto per non annoiarsi, ma per non perdere il gusto
dell’azione, la pigrizia tenta il malato. il tempo di malattia può anche
servire ad ampliare la propria cultura, allargare il campo delle proprie
conoscenze e della propria sensibilità. Ci sono molte cose interessanti da
leggere o da fare. E rendersi utile in qualche modo al prossimo è pure
consigliabile.
Non credersi esiliati e inutili.
Si deve rimanere il più possibile interessati alla vita esterna. Lasciare
le finestre aperte per sentire il chiasso delle vie. Siano benedetti i vari
mezzi di comunicazione: radio, telefono, televisione.
Pensare alle preoccupazioni degli altri.
Il
malato esercita una funzione buona o cattiva sul suo enturage a seconda che sa
comportarsi serenamente o pretende l’impossibile. Certi malati pensano solo a
loro stessi, altri invece si preoccupano dei dolori degli altri, specie nelle
associazioni di fraternità dei malati.
Non approfittare degli altri.
Il
malato deve procurare di non pesare troppo sugli altri.
Essere indulgenti.
La
comprensione tra malati e sani deve essere reciproca onde evitare reazioni
sgradevoli da parte di essi.
Saper dire grazie.
Nessuno
resta insensibile ad un segno di gratitudine. Un grazie detto col cuore e il più
grande incoraggiamento per chi cura il malato.
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