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IL
MOMENTO DELLA CATECHESI: IO CREDO 41
IL
RITORNO GLORIOSO Dl CRISTO
Fra novissimi” vi è ancora da ricordare il ritorno del Signore e il giudizio finale. I profeti di Israele annunciarono la venuta del “giorno del Signore”, da non intendersi come un qualunque giorno del calendario, ma come il tempo in cui Dio avrebbe manifestato pienamente se stesso e la sua gloria, esercitando anche il giudizio sugli empi. Nella prospettiva cristiana “il giorno del Signore” diventa “il giorno di Gesù Cristo”. La comunità cristiana dei primi tempi attendeva con gioia e con amore questo giorno e invocava il ritorno del Signore Gesù (1Cor. 16,22). Questo giorno era un giorno desiderato perché apportatore di gioia. Col passare del tempo tale giorno venne inteso come giorno pauroso, facendone il “dies irae”, il giorno della collera e della vendetta divina. Qual è allora il giusto significato del ritorno di Cristo, che verrà a giudicare i vivi e i morti? Propriamente parlando non si dovrebbe parlare di ritorno, quasi si trattasse della ripetizione o riedizione di un avvenimento già capitato: si tratta del compimento dell’opera di Gesù Cristo e della definitiva manifestazione della sua gloria. Gesù sarà manifestato quale Egli è veramente: il vero fondamento é il Signore di tutta la realtà e di tutta la storia. il Nuovo Testamento e i primi cristiani esprimevano questa persuasione dicendo che Cristo era l’Alfa e l’Omega (la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco), e cioè l’inizio e la fine di tutto. Per questo sarà lui il giudice di tutti gli uomini e tutto sarà commisurato su di lui. Cadranno allora tutte le maschere e tutte le finzioni: in Cristo brillerà la verità definitiva su Dio e sugli uomini. E questo sarà il giudizio, l’ora della verità e della giustizia, ma anche l’ora dell’amore.
IL
GIUDIZIO E’ GIA’ INIZIATO MA NON ANCORA COMPIUTO
Il
giudizio è certamente una realtà che ci attende alla fine, ma esso ha già
inizio quaggiù, come le altre realtà ultime. Il giudizio sarà la vittoria
della verità, della vita, della giustizia, dell’amore. Chi avrà vissuto
secondo gli insegnamenti di Gesù e secondo lo spirito delle Beatitudini, non
avrà alcun motivo di temere. Nel giorno del giudizio, sarà resa giustizia a
tutti coloro che hanno sofferto e patito ingiustamente in questa vita. Ecco
perché anche il giudizio fa parte della “buona novella” cristiana. Le realtà
ultime hanno già avuto inizio ma ne attendiamo ancora il compimento. Siamo
infatti salvati nella speranza come dice S. Paolo in Rm. 8,24
.
VIVERE
NELLA SPERANZA
Nella speranza attendiamo che giunga a compimento la nostra vita personale, la Chiesa, l’umanità intera e anche la creazione. Ma questo compimento finale, è associato sia ad immagini di pace e felicità che a rappresentazioni di distruzioni e di catastrofi. Le immagini di distruzione (da non interpretare in modo materialistico) vogliono dire che il futuro compimento del mondo e della storia umana non saranno semplicemente il prolungamento della realtà esistente. Le immagini catastrofiche indicano che questo mondo non offre all’uomo nessuna sicurezza definitiva.
Tuttavia l’ultima parola del Nuovo Testamento non è la distruzione, bensì il compimento. Noi non possiamo costruire cieli nuovi e terra nuova con le nostre sole energie, ma li dobbiamo ricevere in dono. E tuttavia ci è comandato di porre segni anticipatori del mondo nuovo tramite la nostra operosità, il nostro impegno per la giustizia e la pace. Il Concilio Ecumenico nella Gaudium et Spes ci ha ricordato che “l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell’umanità che già riesce ad offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo”.
La
speranza cristiana non è per nulla sinonimo di fatalistica rassegnazione; chi
spera non si accontenta delle cose che sono e di come sono; chi spera possiede
l’energia di tenere tutto in movimento ma nello stesso tempo la speranza in un
futuro ultimo dell’umanità come dono di Dio si oppone anche a tutte le
pretese dell’uomo di realizzare ogni cosa unicamente con le proprie forze.
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