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GIOVANNI B O S C O
Santo,
Sacerdote
Scrivere in breve due note sulla vita di S.
Giovanni Bosco, a Torino, può sembrare quasi assurdo: un po’ tutti siamo
venuti a contatto specialmente in questa città con le opere di Don Bosco e
quindi con questa figura imponente che con altri santi contemporanei ha mutato
il corso e lo spirito di questa nostra città.
Giovanni cresceva in bontà.
A nove anni fece un sogno che gli svelò la
sua missione futura: si vide una notte sul prato che si stendeva dietro casa
sua, in mezzo a fanciulli che gesticolavano, bestemmiavano ed urlavano,
abbandonandosi a monellerie di ogni sorta; per dare loro, come si dice, una
lezione, ed impedire l’offesa di Dio, si avventò su quei monelli menando
pugni in tutte le direzioni. Ma ecco ad un tratto, un uomo venerando, nobilmente
vestito, con una faccia luminosa al punto da non poterne sostenere la vista, gli
comparve improvvisamente e gli disse: “Non con le percosse, ma con la
mansuetudine e la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti dunque
immediatamente a dare loro un’istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla
preziosità della virtù”.
“In quel momento — lasciò poi scritto
Giovanni nelle sue Memorie — vidi accanto a me una Donna di maestoso aspetto,
vestita di un manto che risplendeva da tutte le parti come se ogni punto di
quello fosse una fulgidissima stella. Scorgendomi ognor più confuso nelle mie
domande e risposte mi accennò di avvicinarmi a Lei, che presomi, con bontà,
per mano: — Guarda! — mi disse. Guardando mi accorsi che quei fanciulli
erano tutti fuggiti, ed in loro vece vidi una moltitudine di capretti, di cani,
di gatti, di orsi e di parecchi altri animali.
— Ecco il tuo campo, ecco dove devi
lavorare —continuò a dire quella Signora — Renditi umile, forte, robusto: e
ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo pei
figli miei.
“Volsi
allora lo sguardo, ed ecco, invece di animali feroci, apparvero altrettanti
mansueti agnelli, che tutti saltellando, correvano attorno belando, come per far
festa a quell’Uomo e a quella Signora. A quel punto, sempre nel sonno, mi misi
a piangere, e pregai quella Donna a parlare in modo da farsi capire, perciocché
io non sapevo quale cosa si volesse significare. Allora Ella mi pose la mano sul
capo dicendomi: <<a suo tempo comprenderai >>. Ciò detto, un rumore
mi svegliò, ed ogni cosa disparve”
Giovanni cominciò fin da piccolo ad
attirare attorno a sé gli altri ragazzi. Aveva imparato alcuni giochi
acrobatici e si esibiva per la gioia degli altri, ma prima e dopo lo spettacolo
invitava i suoi amici a pregare.
Una sera Don Calosso, tornando da una
missione di predicazione, che andava conducendo per la preparazione della gente
al Giubileo concesso da Leone XIII, vide Giovanni, ragazzo dagli occhi azzurri,
e spinto da curiosità, gli chiese se avesse capito qualcosa dei suoi due ultimi
sermoni. Il ragazzo rispose: “Ho capito tutto”.
Don Calosso un po’ scettico dell’assicurazione di Giovanni, gli chiese
di dirgli tutti i pensieri che gli erano venuti in mente. Con sorpresa del
prete, l’undicenne Giovanni ripetè l’intero sermone, punto per punto, anche
se non parola per parola.
Don Calosso si rese, subito conto che
Giovanni era un ragazzo eccezionale, se non altro con una memoria prodigiosa. La
loro conversazione puntò sul tema della vocazione, cui Giovanni sempre pensava;
egli voleva continuare gli studi “per diventare un Prete”. Fu subito
concordato con Margherita di mandare Giovanni da don Calosso a studiare il
latino ed egli ne cominciò lo studio nell’autunno di quell’anno.
Antonio, fratellastro di Giovanni ed ora
capo della famiglia, cresceva acido all’idea che Giovanni andasse a scuola dal
Prete per studiare latino. Insisteva perché lavorasse nei campi. Queste
discussioni domestiche continuarono per anni a causa sia della intransigenza di
Antonio, sia delle magre risorse finanziarie di casa. Quando Giovanni ebbe
quindici anni, Antonio decise la spartizione del podere paterno. Ma la quota di
Giovanni fu così piccola da non poter bastare neppure alla sua educazione.
Allora il vecchio Prete don Calosso, andò di nuovo a salvarlo aiutandolo a
trovare denaro per i suoi studi. Presto, però il prete mori.
La provvidente mano di Dio indusse lo zio di
Giovanni, Michele Occhiena, ad andare in suo aiuto. Era un facoltoso
proprietario di terre che aveva sempre amato Giovanni e fu pronto a pagare le
spese per lui alla scuola di Castelnuovo. il ragazzo doveva far tre miglia per
l’andata e tre miglia per il ritorno. Per risparmiare le scarpe di cuoio,
Giovanni faceva tutti i giorni sei miglia a piedi scalzi. A sera, se era troppo
tardi per tornare a casa, dormiva in un sottoscala cortesemente datogli da un
sarto. Da ultimo andando e tornando quotidianamente, Giovanni
prese alloggio presso il sarto pagandogli una piccola somma.
Ma alla fine dell’anno Giovanni dovette
lasciar la scuola e tornare al suo podere dopo avere appreso più dal suo sarto
che non dai maestri della scuola frequentata.
Che cosa fare? Lo aiutò sua madre.
Dopo un paio di anni di residenza a Chieri,
dovette cercare altro alloggio in una fabbrica di dolci dove gli fu data una
buia camera in cambio della pulizia bi quotidiana della pasticceria medesima.
Aveva spesso fame perché i suoi pasti dipendevano da ciò che la madre poteva
portargli ogni sabato ed i vicini potevano offrirgli. Questa gelida povertà
soffocò Giovanni durante tutti i suoi studi così che fece personale esperienza
di quale fosse la sorte di quegli abbandonati, dei nullatenenti, dei non
privilegiati e dei poveri di Dio.
Il Canonico cercò l’orologio in tasca, ma
non lo trovò più. Allora Giovanni gli chiese: “Mi dia allora sei
centesimi?”. Il Canonico si frugò in tasca e vide che anche il borsellino era
scomparso. Il Canonico, arrabbiato per questi diabolici scherzi del ragazzo, gli
gridò: “Mascalzone, mi hai preso tu l’orologio ed il borsellino.”
Giovanni calmo rispose:
Finalmente
poté entrare in seminario e rimanervi per sei anni. Questo lento periodo di
formazione permise al suo spirito di formarsi, acquistando quella cultura che
avrebbe messo a profitto più tardi nei suoi numerosi scritti.
Per tre anni fu in intima amicizia con un
giovane seminarista di nome Luigi Comollo, modello perfetto di pietà, di
candore e di dolcezza; di lui, apparsogli dopo morto, scrisse poi la vita nel
1844.
Il 5 giugno 1841 ricevette nell’episcopio
di Torino, per mano del vescovo Fransoni, l’ordinazione sacerdotale.
Per consiglio di S. Giuseppe Cafasso, suo
conterraneo e benefattore, entrò al Convitto Ecclesiastico di Torino, per
perfezionarsi in teologia morale e prepararsi al ministero, e fu, nella chiesa
di San Francesco d’Assisi che l’8 dicembre 1841 diede inizio alla sua opera.
Finalmente il 12 aprile 1846 trovò stabile
dimora in Valdocco. Qui prese in affitto un capannone con un po’ di terreno.
Qui Don Bosco iniziò il suo laboratorio per ragazzi disoccupati e senza risorse
ed insegnò loro una professione e un utile lavoro rendendoli quanto più
possibile autonomi. Un Secondo Oratorio fu aperto nello stesso anno, per la
festa dell’immacolata Concezione e fu chiamato Oratorio San Luigi. Nel 1849 un
terzo Oratorio sorse in Torino, dedicato agli Angeli Custodi. E così l’opera
di Don Bosco si andò espandendo sempre più da Torino ad altre città,
dall’Italia all’Europa, dall’ Europa a tutto il mondo. Regali, donazioni,
lasciti sotto forma di case, denaro e terreni piovevano d’ogni parte perché
ciò che il Santo aveva cominciato era l’opera di Dio e Iddio era interessato
a quel provvidenziale lavoro.
Nel 1858 compie il primo viaggio a Roma,
dove esprime a Pio IX i suoi progetti di fondare una congregazione religiosa per
l’educazione della gioventù, il Papa l’incoraggia e corregge lui stesso, di
proprio pugno, il primo abbozzo delle Regole. Giovanni, di ritorno a Torino, si
mette subito all’opera e il 18 dicembre 1859, getta le basi della
Congregazione, scegliendone i soci tra i giovani e i chierici da lui stesso
educati nell’oratorio. E lo stile giovanile e dinamico della nascente società
che, nella concezione di Giovanni, deve mantenere degli antichi ordini religiosi
solamente lo spirito, mentre nelle realizzazioni concrete dovrà adattarsi il più
possibile alle esigenze dei nuovi tempi. Ed è questa caratteristica che farà
incontrare al santo le maggiori difficoltà, per l’approvazione definitiva
della Congregazione da lui fondata.
Appoggiato tuttavia da Pio IX, otterrà
l’approvazione della Società il 10 Marzo 1869, mentre quella delle Regole
arriverà in porto, non senza intervento soprannaturale, solo il 3 aprile 1874.
Non è però da credere che la modernità di
questa società stornasse completamente i sospetti dell’autorità civile sulla
nascente congregazione religiosa. L’Oratorio di Valdocco fu soggetto a visite
fiscali esose e piene di sospetti, dovute allo spirito anticlericale del governo
liberale di allora e solo l’abilità di Giovanni e l’assistenza materna
della Vergine riuscirono a salvare la nuova istituzione. Nel frattempo veniva
costruita in tre anni la basilica di Maria Ausiliatrice, frutto delle grazie
straordinarie della Madonna e della fede del santo. Il Santuario venne
consacrato il 9 giugno 1868.
Da allora l’espansione acquista un ritmo
miracoloso e irresistibile: si ha la fondazione dell’Opera di Maria
Ausiliatrice per le vocazioni tardive allo stato ecclesiastico; poi nel 1876 la
fondazione della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani. Nel 1877 si inizia il
Bollettino Salesiano, organo della Pia Unione, che doveva diffondersi ben presto
in trecentomila esemplari e in parecchie lingue, in tutte le parti del mondo.
lI 9 aprile ebbe, sempre a Barcellona,
l’ultimo sogno sull’avvenire delle missioni salesiane, quindi, tornato a
Torino, si preparò all’ultimo viaggio a Roma, che ebbe luogo nel 1887, per
l’inaugurazione della basilica del Sacro Cuore. E fu là che, celebrando nella
nuova chiesa la Messa all’altare di Maria Ausiliatrice, pianse non meno di
quindici volte, perché si riaffacciò alla sua mente il primo sogno, avuto
all’età di nove anni e ricordò la voce della Madonna che gli aveva detto:
“A suo tempo tutto comprenderai”; ora vedeva le realizzazioni mirabili che
la Vergine aveva compiuto per mezzo della sua povera persona.
Non è facile tracciare il profilo
spirituale di un santo dalla enorme popolarità e la cui personalità resta
tuttora in buona parte da studiare. in lui e certo che il soprannaturale fu di
casa con episodi a prima vista sconcertanti che pur tuttavia lo lasciarono
sempre umile e indifferente. La sua visione teologica ed ecclesiologica è
quella del suo tempo, anche se non vi mancano valide, precorritrici intuizioni.
Al centro del suo sistema educativo, come del resto della sua stessa esistenza,
Don Bosco pone una forte presenza di Dio capace di “liberare” realmente il
ragazzo e di ammaliarlo con il fascino della sua bontà. Anche l’intervento
dell’educatore in Don Bosco non è mai lesivo della libertà della persona ma
mai senza una rinunzia propositiva di valori. Così all’oratorio di Valdocco
maturarono dei santi come Domenico Savio. Qui tutto per Don Bosco doveva parlare
di Dio.
Lo stesso gioco nasceva dalla gioia profonda
di coscienze giovanili in pace con se stesse perché in pace con Dio. “Qui —
dirà Domenico Savio a un suo compagno — facciamo consistere la santità nello
stare molto allegri”. Non è la gioia incosciente di chi si trastulla
sognando, ma la pace dello spirito di chi è stato educato a compiere il proprio
dovere. E’ in questa prospettiva che va vista anche la stessa devozione
mariana di Don Bosco: la Madonna per lui è la madre che tutto perdona e copre
con il suo manto benevolo.
L’urgenza di portare avanti molteplici
attività educative nonché gli stessi cambiamenti culturali del suo secolo
spinsero Don Bosco a crearsi una spiritualità essenziale che lo portò a
diventare “mistico” in un impegno quotidiano che — a detta del medico
curante — gli accorciò la stessa esistenza. in Don Bosco non mancarono
condizionamenti storico ambientali ma è certo tuttavia che in questo stile di
santità egli fu un vero profeta. Don Bosco, che Pio XI definì come uomo
dall’attività ciclopica, ai suoi figli era solito dire: “Non vi raccomando
penitenza e disciplina, ma lavoro, lavoro, lavoro”. E per lavoro Don Bosco
intese di volta in volta attività manuale, intellettuale, apostolica,
sacerdotale, caritativa, dovere di stato. Se c’è un aspetto di Gesù Cristo
che Don Bosco predilige è il suo “cominciare a fare” prima di
“insegnare”. Le affermazioni che altri santi hanno fatto in lode della
preghiera Don Bosco le fece per il lavoro.
La stessa chiara percezione dei problemi del
suo tempo lo spingeva più che “a riempire l’aria di lamenti piagnucolosi a
lavorare a più non si può dire”. La sua vita è tutta una testimonianza in
tal senso. Un suo arguto storico, Alberto Caviglia, scrisse che in Don Bosco
sembravano operare in simultaneità, più persone: “L’educatore e il
pedagogista, il padre degli orfanelli e l’educatore dei fanciulli abbandonati,
il fondatore di congregazioni religiose, il propagatore del culto di Maria
Ausiliatrice, l’istitutore di unioni laicali estese per il mondo intero, il
suscitatore della carità operativa, il banditore di missioni lontane, lo
scrittore popolare di libri morali e apologie religiose, il propugnatore della
stampa onesta e cattolica, il creatore di officine cristiane e di collezioni
librarie, l’uomo della pietà religiosa e della carità e l’uomo dei negozi
umani o di pubblico interesse, tutti insieme ad un tempo operano e avanzano come
fossero altrettante persone nate o destinate a quello solo, e si fondano
nell’unica persona di un prete senza apparenze, che non scompone mai la
serenità del suo aspetto né la composta modestia del suo tratto coi grandi
gesti de caritativi, né arricchisce il suo vocabolario con la retorica delle
grandi frasi”.
Ci fu chi dubitò che Don Bosco riuscisse a
pregare. “Come si può dire eroico — fu osservato da qualcuno al suo
processo di beatificazione — uno che è stato così carente nella pratica
dell’orazione vocale?”. Eppure chi conobbe Don Bosco ebbe l’impressione di
averlo visto sempre in preghiera. E una preghiera con caratteristiche ed
originalità proprie: autentica e completa nella sostanza, lineare e
semplicissima nelle sue forme, popolare nei suoi contenuti, allegra e festiva
nelle sue espressioni; è veramente una preghiera alla portata di tutti, dei
fanciulli e degli umili in particolare. Ed è soprattutto — osserva Pietro
Brocardo — la preghiera dei fedeli di vita attiva e degli apostoli essendo
intrinsecamente ordinata all’azione e vincolata ad essa. Una preghiera, perciò,
che non è mai disimpegno e fuga dal mondo, ma fuga col mondo, da trasformare
secondo il progetto di Dio e con gli uomini da conquistare a Cristo. Un concetto
di Regno, come si vede, quello di Don Bosco, fortemente innervato sulla terra e
proiettato costantemente verso l’Assoluto.
In effetti Don Bosco fu un mistico
dell’azione, un monaco delle cose: la sua vita trascorse sotto lo sguardo
continuo di Dio che lo chiamò ad agire responsabilmente per gli uomini del suo
tempo.
ANEDDOTI DELLA VITA DI DON BOSCO
UN FATTO: PREVEGGENZA, MIRACOLO E BUON UMORE
Il 29 ottobre 1868
cadeva infermo Don Rua per una gravissima peritonite, causata dalle fatiche
eccessive. il male, avendolo trovato sommamente debole per l’abituale
insufficienza di riposo (egli dormiva soltanto quattr’ore per notte), lo
ridusse ben presto agli estremi, sicché, uditosi spacciato dai medici, domandò
l’Olio Santo.
Dopo aver ascoltato
le confessioni, scese in refettorio.
FIDUCIA IN DIO
Don Bosco aveva
acquistato la tettoia Pinardi, che sarebbe diventata la sede del suo primo
oratorio, per trentamila lire. Ovviamente non aveva i soldi per pagarla e
avrebbe dovuto trovarli entro quindici giorni, pena la multa di centomila lire.
Don Bosco, vedendo sua madre preoccupatissima per il debito le disse.
BENEDIZIONI
Un giorno don Bosco era
in visita dal Cardinal De Angelis; al momento di congedarsi, il cardinale si
inginocchiò ai suoi piedi, e gli chiese la benedizione. Don bosco stupito si
schernì:
ALLEGRIA AD
OLTRANZA
Nella biografia di san Giovanni Bosco si
legge che era sempre contento, sereno, allegro. Anzi, più fastidi aveva, più
la sua gioia era piena. I suoi ragazzi, quando lo vedevano particolarmente
allegro, se lo sentivano cantare o fischiare, dicevano: «Don Bosco oggi deve
essere pieno di fastidi, deve avere dei guai seri, se è così felice».
LA SOCIETA’ DELL’ALLEGRIA
Adolescente a Chieri, Don Bosco fonda
l’originalissima «Società dell’allegria», un club di amici che si
impegnano a vivere nella gioia. La Società
dell’allegria ha un regolamento composto di due soli articoli, chiari come
il sole.
Primo: «Ogni membro della
società dell’allegria deve evitare ogni discorso e ogni azione che disdica a
un buon cristiano».
Secondo: «Esattezza
nell’adempimento dei doveri scolastici e dei doveri religiosi».
Più tardi, tatto prete, chiederà spesso a
qualche ragazzo:
— Vuoi essere amico di
Don Bosco?
— Oh, sì.
— Allora devi essere a +
b – c . Sai che cosa significa a + b — c
— No.
—
Te lo dico io. Devi essere a, cioè allegro; più b, cioè buono; meno c,
cioè meno cattivo.
LE BESTEMMIE DI UN COCCHIERE
Don Bosco racconta che,
andando in carrozza da Ivrea a Torino, sentì il cocchiere che, sferzando i
cavalli, pronunciava una o due bestemmie. Chiese ed ottenne di salire con lui a
cassetta. Gli chiese un solo favore: non di farlo arrivare presto, ma di non
bestemmiare più.
—
Ah, no — fece don Bosco — vi darò venti soldi; ma a ogni bestemmia che
vi sfuggisse, toglierò quattro soldi... Accettate?
— Amico mio, sono sedici
soldi. Dopo un quarto d’ora un’altra bestemmia...
— Ma guarda un po’; mai
avrei creduto di essere così bestione: ma ora ci sto più attento. Invece,
altre due insieme.
—
Capisco: a Torino verrò a confessarmi da voi. Dove vi troverò?
Giunti a Torino il buon
prete gli dette ugualmente venti soldi, per la buona volontà mostrata.
Il cocchiere tardò tre settimane
all’appuntamento della confessione; si scusò dicendo che gli era sfuggita
ancora una bestemmia, ma si era messo spontaneamente per un giorno a pane e
acqua: e ne aveva avuto abbastanza.
UN TERNO AL LOTTO
Un giorno si presentò a
san Giovanni Bosco un tale, che cercava numeri, per vincere un terno secco al
lotto.
Il
santo gli rispose:
— Siete veramente fortunato! Ho sognato proprio questa notte i tre numeri, che fanno al caso vostro.
Sono: 7, 10 e 21
L’uomo esclamò:
Stava per andarsene, quando
il santo gli chiese:
—
E su quale ruota, buon uomo, li giocherete?
—
Vedrò, forse quella di Torino.
— No, caro mio, — lo interruppe il santo, — questi numeri bisogna giocarli sulla ruota del Paradiso.
Il 7 rappresenta i Sacramenti, che dovete ricevere; il 10, i Comandamenti, che dovete osservare; e il 21,
i Precetti dell’amore per Dio e per il prossimo, che dovete praticare! Giocate bene questi numeri.
L’esito è sicuro,
la vincita enorme!
SCIMMIE CON IL CAPPELLO
Per educare i suoi ragazzi all’originalità
della propria persona, don Bosco raccontava:
«Un venditore ambulante, attraversando una
foresta dell’India, rideva vedendo le mille smorfie delle numerose scimmie.
Stanco, depose il sacco pieno di berretti di cotone, ne prese uno, se lo mise in
testa e si sdraiò per terra, addormentandosi.
Concludo: nella vita sii te stesso, non
scimmiottare i comportamenti sciocchi degli altri!
DIAVOLO DI UNA GALLINA
Giovanni aveva sette od Otto anni, quando,
trovandosi per alcuni giorni nella casa materna di Capriglio, sentì dire che da
parecchio tempo sul solaio della casa si udivano strani rumori che la gente
attribuiva al diavolo. C’era chi ci credeva e chi no; ma una sera si sente
appunto nel solaio un rumore come un tonfo sordo e lento che va da un capo
all’altro del solaio. È uno spavento generale; ma il piccolo Giovanni non ha
paura, e presa una candela, si avvia al terribile solaio seguito da qualcuno dei
più coraggiosi. Fruga in ogni angolo buio. Niente. A un tratto si trova innanzi
a un cesto che cammina lentamente verso di loro. I compagni se la danno a gambe.
E il piccolo Giovanni va invece incontro al cesto peripatetico e sollevandolo vi
scopre sotto una grossa gallina. Allora si spiega tutto: la gallina stava
beccando, quando il cesto le era caduto sopra, e la povera bestia si muoveva per
liberarsi dalla prigionia
DESIDERI ESAUDITI
Un giorno S. Giovanni Bosco dice ai suoi
ragazzi: — Oggi è il mio onomastico e voglio farvi un regalo. Ciascuno di voi
scriva su un foglietto il regalo che desidera da me; metta nome e cognome e me
lo consegni. Io farò il possibile per appagarlo.
S. Giovanni Bosco appagò il suo desiderio:
aiutò veramente Domenico, che diventò santo.
RISCHIARE
LA FACCIA
Don Bosco entrò un giorno in una barbieria
di Torino per farsi radere la barba. Vi trovò un ragazzetto che faceva
l’apprendista.
—
Come ti chiami? — gli chiese subito Don Bosco.
—
Mi chiamo Carlo Gastini.
—
Hai ancora i genitori?
—
Ho soltanto la mamma.
—
Quanti anni hai?
—
Undici.
—
Hai già fatto la prima comunione? Non ancora.
—
Vai al catechismo?
—
Quando posso, vado sempre.
—
Bravo, bravo. Adesso tu mi devi fare la barba.
—
Per carità — interloquì il padrone, — non si arrischi, reverendo.
Questo ragazzo è da poco tempo che impara. È appena capace di radere la barba
ai cani.
—
Non importa — rispose calmo Don Bosco; — se il ragazzo non comincia a
provare non imparerà mai.
—
Mi scusi, reverendo: la prova, se occorre, gliela faccio fare sulla barba
di un altro, non su quella di un prete.
—
Questa è curiosa! Ma la mia barba è forse più preziosa? Niente paura,
signor barbiere. (Qui Don Bosco rivelò il suo nome e poi giocando
scherzosamente sul cognome aggiunse): La mia barba è barba d’ bosch (bosch in
piemontese significa « legno »). Mi basta che non mi tagli il naso.
Il
ragazzetto apprendista ci si provò. Don Bosco subì imperturbabile il
collaudo. «Non c’è male — disse alla fine, non c’è male. Un po’ per
volta diventerai un famoso barbiere ». Scherzò ancora con Gastini, poi gli
lanciò l’invito di venire all’Oratorio la domenica seguente; il ragazzo
glielo promise.
Pagò il padrone e uscì. Lungo la strada
ogni poco Don Bosco si lisciava la faccia che gli doleva e gli bruciava.
Ma era contento di aver conquistato un
ragazzo. Carlo tenne la parola; la domenica seguente eccolo puntuale
all’Oratorio. Don Bosco lo elogiò, lo fece giocare con gli altri ragazzi.
Terminate le funzioni religiose, gli disse una delle sue celebri paroline
all’orecchio; poi lo condusse in sacrestia, lo preparò convenientemente e ne
ascoltò la confessione. Fu tanta la commozione di Carlo che a un certo punto
scoppiò a piangere. Anche a Don Bosco vennero sugli occhi le lacrime. Da quel
giorno l’Oratorio divenne per Carlo Gastini la sua seconda casa.
SAPER CONQUISTARE
Un giorno, a Roma, Don Bosco si trovò la
strada sbarrata da un gruppo di ragazzacci che volevano divertirsi alle spalle
di un prete.
VENIRE INCONTRO AI BISOGNI
Una sera un centinaio di ragazzi erano
intenti a divertirsi e a giocare in un prato di Torino. Don Bosco, giovanissimo
prete, aveva da poco avviato il suo nuovo oratorio. All’improvviso presso la
siepe di cinta si presenta un ragazzo di 15 anni. Pareva che desiderasse varcare
il debole riparo della siepe e unirsi agli altri ragazzi. Non osava farlo e si
era fermato lì a guardarli con una faccia triste e scura. Don Bosco lo vide,
gli si avvicinò e gli rivolse varie domande: il ragazzo non rispose. Don Bosco
dubitò seriamente che fosse muto e già pensava di parlargli con l’alfabeto
dei muti. Tentò ancora un’ultima prova: gli pose carezzevolmente una mano sul
capo e gli chiese:
Ho fame.
CONQUISTE
Una sera dell’autunno 1860, Don Bosco entrò
nel caffè della Consolata e prese posto in una stanza appartata per leggere con
tutto comodo e sbrigare la voluminosa corrispondenza che aveva portato con sé.
In quel caffè c’era un ragazzo, svelto e disinvolto, a servire i clienti. Si
chiamava Cotella Giampaolo; aveva 13 anni, era nativo di Cavour in provincia di
Torino e pochi mesi prima era scappato di casa scocciatissimo dei continui
rimproveri dei suoi genitori.
Il
padrone troncò netto: « Va’ ». Andò con aria beffarda:
Oh, pensa. Là si gioca, si
sta allegri, ci si diverte...
E quella sera, nebbiosa,
umidiccia, se lo portò a Valdocco. Il ragazzo gli rimase affezionato per
sempre..
IL MIGLIOR CASTIGO E’ L’AMORE
Luigi Lasagna era un ragazzo di 12 anni,
irrequieto come una goccia di mercurio. Nei primi giorni in cui si trovò a
vivere con Don Bosco nell’Oratorio di Torino dette del filo da torcere ai
superiori perché era indomabile come un puledro; impossibile tenerlo quieto.
Era vissuto fino allora allo stato brado e quindi gli ripugnava ogni costrizione
disciplinare. Don Bosco lo seguiva con occhio attento e con pazienza estrema.
Un giorno, presa da nostalgia, Luigi aspettò
che calassero le prime ombre della sera e poi scappò da Torino. Camminò tutta
la notte e ritornò al paese, a Montemagno. I genitori immediatamente lo
ricondussero a Torino. Don Bosco lo riaccolse
sorridendo; non disse una parola della sua fuga, gli fece coraggio, gli
regalò un dolce.
Su quel viso imbronciato di fanciullo balenò
un sorriso, il primo sorriso.
LA CORTESIA CATTURA I CUOR
«Con la cortesia si conquistano i cuori»,
soleva dire Don Bosco. E aggiungeva: «La cortesia è il fiore della carità
cristiana».
Don Bosco aspettò che il
cavaliere gli venisse vicino, poi lo abbordò togliendosi cortesemente il
cappello. Il cavaliere contraccambiò il saluto e, un po’ stupito, un po’
scocciato, si fermò. Don Bosco allora allungò la mano per stringere quella del
cavaliere. Il cavaliere ricambiò. Don Bosco approfittò dell’occasione per
fare breccia:
— Mi dicono che lei è il
cavalier Provera — iniziò con amabilità incantevole —
Esattamente — Lei allora porta uno
dei cognomi più onorati e stimati a Torino, perché mi ricorda un santo
sacerdote che proveniva dai Provera di Mirabello —
Anche mio nonno veniva dai Provera di Mirabello — rispose il cavaliere,
lusingato.
L’IMPORTANZA DEL
PROPRIO NOME
Il
signor Natale Menzio, un arzillo ex allievo di Pinerolo ultranovantenne,
il 30 gennaio 1961 raccontava:
«Ho parlato a tu per tu con Don Bosco
soltanto due volte. Ma è stato meraviglioso.
CORAGGIO E SINCERITA’
Giovannino Bosco è un fanciullo con
l’argento vivo addosso. Un giorno è solo, in casa; la mamma è fuori. Gli
viene il ghiribizzo di afferrare qualche cosa di molto alto sull’armadio; ma
non ci arriva. Come fare? Ingegnoso, avvicina una sedia, ci monta sopra e si
arrampica. Allunga il braccio. Col gomito urta l’orciolo dell’olio e lo fa
cadere. Patatrac: cocci e olio sparso. Che dirà la mamma? Meglio nascondere
tutto. Salta giù dalla sedia e dà mano alla scopa per far sparire tutte le
tracce. Impossibile: la macchia d’olio si allarga. E allora? Nella sua
coscienza esplode un dilemma: dire o non dire? Essere sincero con se stesso e
poi con la mamma o no?
La mamma rientra.
Giovannino le corre incontra —
Ciao, mamma. Hai fatto buon viaggio?
PREGHIERA
Sul principio del 1858 Don Bosco deve
estinguere un grosso debito, ma non ha un centesimo in tasca. Il creditore
aspetta già da tempo e per il 20 del mese vuole assolutamente essere pagato. In
quelle strettezze, Don Bosco chiama alcuni ragazzi — Quest’oggi ho bisogno
di una grazia particolare — dice loro;
— io andrò in città e durante tutto il tempo che vi rimarrò, qualcuno di
voi sia sempre in chiesa a pregare.
TEPPISTELLI
Una sera di aprile del 1847, Don Bosco
tornava a tarda notte dalla visita a un malato. Presso i quartieri di via Dora
Grossa, ora via Garibaldi, all’angolo di corso Valdocco, in Torino, incrociò
una banda di giovani nottambuli. Quei giovani videro un prete che veniva avanti
e cominciarono a lanciargli frizzi poco gentili —
I preti sono tutti avari.
— Spocchiosi e
intolleranti — Facciamone una prova con quello lì.
Se li trascinò dietro.
Entrato in albergo, fece portare due bottiglie; quando li vide un po’ allegri
e più mansueti di prima, uscì in queste parole — Ora dovete farmi un piacere
— Dica, dica, Don Bosco, non solo un piacere, ma due, tre gliene faremo.
D’ora innanzi vogliamo essere suoi amici — Se volete essere miei amici,
dovete farmi il piacere di non bestemmiare più il nome di Dio e di Gesù
Cristo, come alcuni hanno fatto questa sera — Ha ragione — interloquì uno
dei giovani più moccolosi — ha ragione, Don Bosco. Che vuole? La bestemmia ci
scappa senza che ce ne accorgiamo; d’ora in poi non sarà più così. Ce ne
emenderemo mordendoci la lingua.
— Ora usciamo —
concluse Don Bosco — e voi, da bravi ragazzi, tornate a casa — Ma io non ho
casa — disse uno — E nemmeno io — aggiunse un altro. E altri ancora.
VENDICARSI PREGANDO
Una domenica Giuseppe Brosio, un giovanotto
molto affezionato a Don Bosco, notò che il Santo non era in cortile. Strano! Si
mise subito a cercarlo in ogni angolo della casa. Cerca e ricerca, finalmente lo
trovò in una camera. Don Bosco era triste, molto triste, sembrava che stesse
per piangere — Che le succede, Don
Bosco? — gli chiese premuroso. Don Bosco taceva, chiuso nel suo dolore.
Brosio si sentì toccato
sul vivo. Con una vampa di collera mostrò i pugni e assicurò a Don Bosco che
ci avrebbe pensato lui a vendicarlo. Don Bosco lo guardò fissamente — Tu vuoi
vendicare Don Bosco, non è vero? Hai ragione; ma a un patto: la vendetta la
faremo insieme. Sei contento?
GRATITUDINE
Il 24 giugno 1877, festa di
san Giovanni Battista, l’Oratorio di Valdocco appariva tutto mobilitato per
festeggiare l’onomastico di Don Bosco. A pranzo con Don Bosco sedevano un
vescovo argentino e un canonico. Al momento del brindisi irruppe nella sala un
menestrello in costume medievale e cantò versi in onore di Don Bosco e del
vescovo. Gli applausi scrosciarono. Mentre il menestrello si chinava di 80 gradi
in tutte le direzioni, il canonico gli si avvicinò e gli porse una lira. Il
menestrello ringraziò, prese la moneta e saltellando la portò a Don Bosco.
—
Ma era per te — osservò il canonico. — Eccotene un’altra. Tienila.
SAPER CONQUISTARE
Un giorno Don Bosco, nelle vicinanze
dell’Oratorio a Valdocco, in Torino, incrociò un giovanotto conosciuto da
tutti come il capoccione di una banda malfamata. Gli sorrise e gli rivolse un
saluto. Il giovanotto trasecolò nel vedere che Don Bosco s’interessava a lui
con tanta bontà ed entusiasmo. Contraccambiò il saluto — Buon giorno — gli
rispose con un piccolo cenno del capo.
— Ma lei si sbaglia: mi
scambia con un altro — No, no... non sei tu di nome Giorgio?
— Ma lei si disturba per
me — Non fare complimenti. È cosa decisa; vieni — Ma io non ho il coraggio
di venire così come sono, con questi abiti sudici e le mani sporche — Non fa
nulla, non importa — Ma forse, a casa, c’è mia mamma che mi aspetta — La
manderemo ad avvertire.
IMPORTANZA DEL GIOCO
“Figli miei — era solito ripetere Don
Bosco, mutuando una caratteristica espressione di san Filippo Neri, — giocate,
saltate, divertitevi quanto volete, purché non facciate peccati”.
BUONE ABITUDINI
L’anno 1861 Don Bosco predicò gli esercizi spirituali ai giovani seminaristi di Bergamo. « Tra quei giovani c’ero anch’io — raccontò più tardi il padre Scaini, gesuita. — Mi ricordo che in una delle prediche Don Bosco disse pressappoco così: “In una certa occasione potei domandare alla Madonna la grazia di avere con me in Paradiso molte migliaia di ragazzi (mi sembra che dicesse anche il numero delle migliaia, ma non me lo ricordo); la Madonna accettò e me lo promise. Se anche voi desiderate di appartenere a quel numero, sono felice di iscrivervi, a questa condizione però: dovete prendere la buona abitudine di recitare ogni giorno, per tutto il tempo della vostra vita, un’Ave Maria”. Non so degli altri miei compagni, ma io da quel giorno presi subito l’abitudine di dire quell’Ave Maria. Passarono gli anni. Un giorno, trovatomi a Torino, andai a visitare Don Bosco e gli chiesi: "Se mi permette, vorrei domandarle chiarimenti sopra una cosa che mi sta molto a cuore. Si ricorda quando venne nel seminario di Bergamo a predicare gli Esercizi a noi ragazzi?". "Sì, mi ricordo". “Si ricorda che ci parlò di una grazia domandata alla Madonna e condizionata da un’abitudine?” e gli citai le sue parole. “Sì, mi ricordo”. “Bene: io quell’abitudine l’ho presa e l’ho sempre mantenuta; la reciterò sempre quell’Ave Maria. Ma lei ci ha parlato di migliaia di ragazzi; io ormai sono fuori da questa categoria e quindi temo di non appartenere più al numero fortunato". Don Bosco mi guardò, sorrise e poi con grande sicurezza mi rispose: “Continui quella buona abitudine, continui a recitare quell’Ave Maria e ci troveremo insieme in Paradiso” ».
IN TUTTI C’E’ DEL BUONO
Un mattino Don Bosco transita solo soletto
per un terreno di periferia della Torino di cent’anni fa. All’improvviso
balzano dinanzi a lui quattro loschi figuri. In maniera brusca gli sbarrano la
strada — Reverendo, c’è una
questione tra noi. Vogliamo avere lei come giudice.
BASTANO OCCHI E CUORE PER VEDERE LE
NECESSITA’ DEGLI ALTRI
Erano i primi di
giugno del 1847. Il tramonto coloriva la città di Torino, capitale del regno
sardo-piemontese. Don Bosco stava rientrando nella sua povera abitazione di
Valdocco, dopo aver svolto l’apostolato sacerdotale nella chiesa di San
Francesco d’Assisi. Giunto sullo stradale San Massimo, notò un povero
ragazzo, un adolescente: con la testa appoggiata a un olmo della strada,
piangeva. Gli si accostò —
Che hai, ragazzo mio? — gli chiese. — Perché piangi?
—
E adesso, che cosa vorresti fare e dove vorresti andare?
AVER FIDUCIA
Era un ragazzaccio, straccione e arrogante.
Don Bosco lo incontrò a Torino nell’attuale via Garibaldi; lo salutò e lo
fermò — Chi sei tu? — gli
chiese gentilmente — Chi sono io? — gli rispose il ragazzo alzando le
spalle. — E lei che cosa vuole da me? Chi è lei?
GRANDI DECISIONI
Giovannino Cagliero aveva
tredici anni quando per la prima volta incontrò Don Bosco a Castelnuovo di
Asti. Era il primo di novembre del 1851, festa di tutti i Santi. Don Bosco
contava allora 36 anni —
Mi pare che tu abbia qualcosa da confidarmi —gli scoccò con un sorriso
Don Bosco, quando si accorse che quel ragazzo gli ruotava attorno indeciso —
Veramente, sì, — rispose il ragazzo — Hai
qualche desiderio?
—
Venderlo, no. Piuttosto glielo regalo.
—
Ecco, mamma, un ragazzetto di Castelnuovo: ha ferma volontà di farsi
buono e di studiare. (Con quelle parole Don Bosco rafforzava indirettamente la
decisione del ragazzo, che non si lasciò più smuovere) —
Oh, si — interloquì la mamma, — tu non fai altro che cercare
ragazzi, mentre sai che manchiamo di pasti e di locali.
COME RICEVERE LE CRITICHE
Don Bosco era appena rientrato in sacrestia,
al termine della celebrazione di una Messa. Finito tutto, fece con la mano un
cenno al ragazzo che gliel’aveva servita e, chinandosi) dolcemente lo avvertì
di uno sbaglio da lui fatto. Il ragazzo che era vivacissimo e schietto reagì
subito rimbeccando — Anche lei ha fatta uno
sbaglio — Quale? — domandò Don Bosco, sempre tranquillo.
FAMILIARITA’
Don Bosco fin da fanciullo carezzò un
grande sogno: diventare prete. “A Castelnuovo — scrisse più tardi nelle sue
memorie — io da ragazzo vedevo parecchi buoni preti che lavoravano nel sacro
ministero, ma non potevo contrarre con loro alcuna familiarità”
Nell’agosto del 1831,
Giovanni ebbe un sogno che gli riaccese tutti i suoi ideali. Raccontò: “Vidi
venire una grande Signora che pascolava un gregge numeroso. Mi chiamò per nome
e mi disse: «Vedi questo gregge, Giovannino? Io te lo affido». «Ma come farò,
Signora, ad allevare tante pecore e tanti agnelli? Non ho un pascolo dove possa
condurli”. “Non temere, Giovanni. Io ti aiuterò”. Detto questo,
scomparve.
GUARDARSI INTORNO E PREGARE
Un giorno dell’estate 1828 (Giovannino
Bosco aveva appena 13 anni) l’anziano contadino Giuseppe Maglia tornava a casa
sudatissimo, con la zappa sulle spalle. Al campanile scoccavano le dodici;
l’uomo, con le ossa rotte, si sdraiò a terra sull’erba per riposare.
Nemmeno gli venne in mente di dire l’Angelus alla Madonna, come era abitudine,
a quei tempi. A un tratta vide in cima a una scala il ragazzetto Giavannino
Bosco volgere una sguardo circolare a tutta la campagna che pareva crogiolarsi
al sole, ascoltare per un po’ le cicale che frinivano ininterrottamente; poi
piombare in ginocchio e, lentamente, con l’anima piena di stupore recitare a
voce alta l’Angelus.
GRAZIE
Don Bosco afferma che
Michele Magone (uno dei tre giovani modello di cui il Santo scrisse la vita) era
sensibilissimo a ogni favore che riceveva. E racconta, tra gli altri, questa
episodio.
Dopo qualche ora di riposo
ripigliammo il cammino. Percorso un tratto di strada, Magone rimase indietro
dalla comitiva. Uno dei compagni, pensando che fosse per stanchezza, gli si
avvicinava, quando si accorse che bisbigliava sotto voce —
Sei stanco, gli disse, caro Magone, non è vero? Le tue gambe sentono il
peso di questo viaggio?
BISOGNO D’AMORE
Un giorno era venuto a
trovare Don Bosco un signore distinto, un certo Giacomo Cerutti — racconta don
Francesia nel suo libro Don Bosco amico delle anime — nell’accomiatarsi, gli
baciò con affetto la mano. Fu allora che Don Bosco confidò al suo don
Francesia la storia di quel signore.
— A te che importa?
NON RIMANDARE
Era l’autunno del 1852.
Si presentò a Don Bosco un ragazzo di nome Gianni, accompagnato da suo padre.
Vestiva molto elegantemente, bastoncino e catenella, capelli lucidissimi,
castani, impomatati: un dandy, cioè un hippie a rovescio. Quel ragazzo era
orfano di mamma, l’anno precedente era stato messo in un collegio di tendenze
notoriamente laiciste; i compagni cattivi e le letture boccaccesche lo avevano
avvelenato e rovinato. In ricordo però della sua mamma morta, il ragazzo
sedicenne aveva accettato di iscriversi alle scuole di Don Bosco. Eccolo davanti
a Don Bosco: adolescente un po’ scettico, un po’ beffardo, un po’
scocciato. Il padre, dopo di aver sottoscritto le condizioni di accettazione, lo
lasciò solo a discorrere con Don Bosco. E Don Bosco con un intuito infallibile
gli parlò subito di sport e di musica, due argomenti che facevano presa sul
cuore del ragazzo.
Alcuni giorni dopo,
entrava all’Oratorio come interno. I compagni, il gioco, la musica, le recite
teatrali lo suggestionarono. Tornò alle pratiche di pietà. Gli restava però
viva la ripugnanza a confessarsi. E rimandava da un giorno all’altro. Erano già
passati due mesi. Una sera Don Bosco lo chiamò nel suo studiolo:
—
Mio cara Gianni, — iniziò a dirgli — che cosa ti ricorda il giorno
di domani?
—
Subito, subito.
convenientemente preparato.
Il giorno dopo, Gianni si accostò alla mensa eucaristica e pregò a lungo per
la mamma morta. Da quel giorno la sua vita fu radicalmente cambiata: rovesciata
come un guanto. Don Bosco aveva fatto scattare una molla: il non rimandare a
domani.
PREGHIAMO
CON LA LITURGIA DELLA FESTA DEL SANTO
O Dio, che in San
Giovanni Bosco hai dato alla tua Chiesa un padre e un maestro dei giovani,
suscita anche in noi la stessa fiamma di carità a servizio della tua gloria per
la salvezza dei fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
A
SAN GIOVANNI BOSCO PER OTTENERE UNA GRAZIA
Bisognoso di
particolare aiuto a te ricorro con grande fiducia, o glorioso Don Bosco. Mi
occorrono grazie spirituali per fuggire sempre il peccato e perseverare nel bene
fino alla morte. Ma mi occorrono anche grazie temporali e specialmente...
(si
espone la grazia che maggiormente si desidera).
Tu che fosti così devoto di Gesù
Sacramentato e di Maria Ausiliatrice e così compassionevole delle umane sventure,
ottienici da Gesù e dalla sua Celeste Madre la grazia che ti domando e una
grande conformità al volere di Dio.
PREGHIERA
DI DON BOSCO
Signore, dammi pur croci e
spine e persecuzioni di ogni genere, purché possa salvare anime e tra le altre
la mia.
Signore, dammi delle anime
e prenditi tutto il resto.
ALCUNE
SCHEGGE DAGLI SCRITTI DI DON BOSCO
SANTI
I santi non sono forse
miracoli viventi per la pratica eroica e costante di virtù che sono
infinitamente al di sopra delle povere umane forze?
ALLEGRIA
Il demonio ha paura
della gente allegra.
EDUCAZIONE
L'educazione è cosa di
cuore. Chi sa di essere amato, ama. Chi è amato ottiene tutto, specialmente dai
giovani. Quando l'amore illanguidisce le cose non vanno più bene.
CROCE
Chi non vuol patire con
Gesù in terra, non potrà godere con Gesù Cristo in cielo.
DOLORE
Le spine che ci pungono
nel tempo, saranno fiori per l'eternità.
FIDUCIA
Fa’ quello che puoi e
Dio farà il resto; Egli non ti lascerà negli imbrogli, se lavori per Lui.
IRA
La salvaguardia più
sicura contro l'ira è il tardare a sfogarla.
PACE
Chi non ha pace con
Dio, non ha pace con sé, non ha pace con gli altri.
PASSIONI
Le piccole passioni
sono come altrettanti semi, che se non si estirpano cresceranno grossi e
diverranno come tempesta e burrasca nel vostro cuore.
PAZIENZA
Quella che santifica
non è la sofferenza, ma la pazienza
RISPETTO UMANO
Che cos'è il rispetto
umano? Un mostro di cartapesta che non morde!
RUMORE
Meglio un po' di rumore
che un silenzio rabbioso e sospetto.
SANTITA’
Non è la scienza a
farci santi, ma la virtù.
SAPERE
Non vi insuperbite mai
di ciò che sapete. Quanto più uno sa, tanto più uno riconosce di essere
ignorante.
SCIENZA
Non si acquista mai una
scienza, sfiorando nello stesso tempo molti libri. Interrogato San Tommaso d'Aquino
come avesse fatto per riuscire così dotto, rispose: col leggere un sol libro.
TEMPO
Un sol minuto di tempo
è un prezioso tesoro, vale quanto Dio stesso.
VOCAZIONE
Quando un figlio
abbandona i genitori per obbedire alla vocazione, Gesù Cristo prende il suo
posto nella famiglia.
ABITUDINI
Le abitudini prese in
gioventù per lo più durano tutta la vita.
ALLEGRIA
Siamo sempre allegri e
passerà presto il tempo.
GRAZIA DI DIO
Se volete che la vostra
vita sia allegra e tranquilla, dovete procurare di starvene in grazia di Dio.
ALLEGRIA
Il signore ama che
quello che si fa per Lui, si faccia con allegria.
AMARE
Chi sa di essere amato,
ama; e chi è amato ottiene tutto.
AMICIZIA
Fa che tutti quelli con
cui tu parli diventino tuoi amici.
COMPAGNI
Un compagno cattivo è
un assassino dell'anima.
AMICIZIA
Non tenete per amici
chi vi soverchi di lodi.
ANIMA
Hai una sola anima:
salvata questa, tutto è salvato: perduta, tutto è perduto per sempre.
ANIMA
Prima carità è quella
usata all'anima propria.
ANIMA
Chi lavora per salvare
anime, salva anche la propria.
ANSIA
Niente ti turbi: chi ha
Dio ha tutto.
BAMBINI
La prima felicità di
un bambino è sapersi amato.
BENE
Quando una cosa volge
al bene delle anime, è certo che viene da Dio e non può venire dal demonio.
BENE
Non ho mai veduto che
alcuno in punto di morte si lamentasse di aver fatto troppo bene.
BENE
Quando le cose vanno
bene, non bisogna cambiare con il pretesto di migliorarle
BONTA’
L'essere buoni non
consiste nel non commettere mancanza alcuna: l'essere buoni consiste in ciò:
nell'avere la volontà di emendarsi.
CASTITA’
Mezzi positivi per
mantenere la castità: preghiera, fuga dell'ozio, frequenza dei sacramenti,
vigilanza nelle piccole cose.
CHIESA
Qualunque fatica è
poca, quando si tratta della Chiesa e del Papa.
COERENZA
Operate oggi in modo
che non abbiate ad arrossire domani.
CONCRETEZZA
Camminate con i piedi
per terra e con il cuore abitate in cielo.
CORAGGIO
Il coraggio dei tristi
non è fatto che dell'altrui paura. Siate coraggiosi e li vedrete abbassare le
ali.
CORPO
Il corpo deve aiutare
l'anima a fare il bene, e deve servirla. L'anima è la signora del corpo.
DEBOLEZZA
La forza dei cattivi,
che pure sono una minoranza, è dovuta quasi solo alla debolezza dei buoni, che
pure sono la maggioranza.
DESERTO
Solo attraverso il
deserto si giunge alla terra promessa.
DIFETTI
Sopporta volentieri i
difetti altrui, se vuoi che gli altri sopportino i tuoi.
DIO
Sii con Dio come
l'uccello che sente tremare il ramo, e continua a cantare perché sa di avere le
ali.
DOMANI
Non mandate a domani il
bene che potete fare oggi, perché forse domani non avrete più tempo.
DOVERE
Amate i vostri doveri
se desiderate adempierli bene.
EDUCAZIONE
Ricordatevi che
l'educazione è cosa del cuore.
EDUCAZIONE
In educazione nulla di
solido ci sarà mai, finché il giovane non abbia abbandonato il cuore alla
confidenza.
EDUCAZIONE
In ogni giovane, anche
il più disgraziato, c'è un punto accessibile al bene; e dovere primo
dell'educatore è di cercare questo punto, questa corda sensibile del cuore, per
trarne profitto.
EDUCAZIONE
Chi ha vergogna di
esortare alla pietà è indegno di essere maestro.
EDUCAZIONE
Solo la religione è
capace di compiere la grande opera di una vera educazione.
EDUCAZIONE
I giovani non solo
siano amati, ma essi stessi si conoscano di essere amati.
EUCARISTIA
La base della vita
felice di un ragazzo è la comunione Eucaristica.
EUCARISTIA
Tutti hanno bisogno
della Comunione: i buoni per mantenersi buoni e i cattivi per farsi buoni.
EUCARISTIA
Dicono alcuni che per
comunicarsi spesso bisogna essere santi. Non è vero. Questo è un inganno! La
Comunione è per chi vuole farsi santo, non è per i santi; i rimedi si danno ai
malati, come il cibo si dà ai deboli.
FIDUCIA
Se Dio vuole la nostra
opera, ci darà i mezzi per attuarla: chi lavora per un fine, ha diritto ai
mezzi, e noi siamo certi che questi verranno.
FRATERNITA’
L'amore fraterno, per
essere come si richiede, deve essere tale, che il bene di uno sia il bene di
tutti, ed il male di uno sia il male di tutti.
GIOIA
La gioia è la più
bella creatura uscita dalle mani di Dio dopo l'amore.
GIOVANI
Io non voglio altro dai
giovani, se non che facciano i buoni e siano sempre allegri.
LAVORO
Chi vuol lavorare con
frutto deve tenere la carità nel cuore e praticare la pazienza con le opere.
LAVORO
Lavoriamo di cuore:
Iddio saprà pagarci da buon padrone. L'eternità sarà abbastanza lunga per
riposarci.
MORALE
Non c'è alcun
vantaggio materiale che compensi un solo danno morale.
MORALE
A Dio non piacciono le
cose fatte per forza.
MORMORAZIONE
Le mormorazioni
raffreddano il cuore.
PASTORALE
Nel lavorare per le
anime vale tanto un'oncia di pietà, quanto cento miriagrammi di scienza.
PASTORALE
Sono operai che
lavorano nella vigna del Signore tutti coloro che in qualche modo concorrono
alla salvezza delle anime.
PAZIENZA
Assuefatevi a saper
frenare voi stessi: è questo il modo di avere molti amici e nessun nemico.
PECCATO
Le malattie dell'anima
domandano di essere trattate almeno come quelle del corpo.
PREMIO
Il miglior consiglio è
di fare il bene quando possiamo e poi non aspettarci la mercede del mondo, ma da
Dio solo.
PRUDENZA
Siate prudenti: ma non
dimentichiamo che la nostra prudenza deve consistere nel mettere sempre in salvo
la fede, la coscienza, l'anima nostra.
RIMPIANTI
Che cosa vale
rimpiangere tanti mali? E' meglio che ci adoperiamo con tutte le forze ad
alleviarli.
RISPETTO UMANO
Curate solo quello che
di voi potrà dire il Signore, non quello che di voi, in bene o in male, diranno
gli uomini.
SACRIFICIO
Non tutti possono
digiunare, intraprendere lunghi viaggi, per la gloria di Dio, non tutti possono
fare ricche elemosine; ma tutti possono amare Dio: basta volerlo.
SOFFERENZA
Soffrite volentieri
qualche cosa per Dio, che tanto sofferse per voi.
VOCAZIONE
Ho fatto esperienza dei
giovani: un terzo di loro porta in germe la vocazione sacerdotale o religiosa.
NATALE
Pensate al grande
mistero che si sta compiendo: un Dio che si fa uomo! Bisogna che la mia anima
sia qualcosa di grande, se i cieli e la terra si commuovono e un Dio viene a
farsi bambino proprio per me.
AFFARI
Se vogliamo far
prosperare i nostri affari materiali, procuriamo anzitutto di far prosperare gli
affari di Dio.
LA PAROLA DI DIO CHE CI E’ PROPOSTA NELLA FESTA DEL SANTO
1^
Lettura Fil 4, 4-9
Dalla lettera di San Paolo ai Filippesi
Fratelli, rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri. Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi! Parola di Dio
Salmo
33 “Buono è il Signore, Dio della gioia”
Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore, ascoltino gli umili e si rallegrino. R
Celebrate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore e mi ha risposto e da ogni timore mi ha liberato. R
Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce. R
L'angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva.
Gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l'uomo che in lui si rifugia. R
Temete il Signore, suoi santi, nulla manca a coloro che lo temono.
I ricchi impoveriscono e hanno fame, ma chi cerca il Signore non manca di nulla. R
Vangelo
Mt 18, 1-5
Dal Vangelo secondo Matteo
In
quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi dunque è il più
grande nel regno dei cieli?”. Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose
in mezzo a loro e disse: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non
diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque
diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei
cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie
me”. Parola del Signore