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FRANCESCO
DA PAOLA
Santo,Eremita memoria liturgica al 2 Aprile
Francesco
da Paola nacque a Paola (Cosenza) il 27 marzo 1416 da Giacomo Alessio e da
Vienna di Fuscaldo. I .suoi genitori, di modeste condizioni, ma fervidamente
religiosi, ebbero Francesco in tarda età per voto fatto a San Francesco
d’Assisi, e per questo gli misero il nome del poverello d’Assisi. I suoi
genitori lo educarono nell’esercizio delle virtù cristiane e nell’amore
alla preghiera, trovando nel fanciullo un terreno fertile e ben preparato ad
accogliere i germi dell’ascesi cristiana, che germogliarono in lui e diedero
buoni frutti fin dall’infanzia. Era appena dodicenne, quando nel 1428,
fu condotto nel convento dei Minori Conventuali di S. Marco Argentano per
vestirvi l’abito francescano per un anno in adempimento al voto fatto dai
genitori. La permanenza in quel luogo, governato da religiosi degnissimi, non
mancò di rivelare l’eccezionale virtù di quel giovanetto, che mostrò una
maturità spirituale quale invano si sarebbe attesa da persone molto più
anziane ed esperte di lui. Nel 1429, insieme
con i suoi genitori, intraprese il pellegrinaggio ad Assisi, toccando anche
Montecassino, Loreto, Monte Luco, presso Spoleto e Roma. Nella città eterna si
trovò dinanzi ad uno spettacolo sorprendente per la sua anima ingenua di
giovanetto, vissuto in una terra vergine e assetato di ideali evangelici.
S’incontrò con un lussuoso corteo cardinalizio composto di carrozze
tappezzate di velluto, scortate da servi in livrea che lo impressionò
profondamente. Si avvicinò con audacia a una di quelle berline e affacciatosi
al finestrino, fece osservare al porporato quanto quel corteo fosse contrario
allo spirito di umiltà e di povertà, inculcato dal Vangelo. Ritornato in
Calabria, all’età di appena tredici anni, abbandonò i suoi genitori e si
ritirò a vita eremitica in un campicello di proprietà paterna a breve distanza
da Paola. Il suo metodo di vita era in tutto simile a quello degli antichi
anacoreti; essi nel Medio Evo bizantino avevano reso celebre, la zona monastica
del Mercurion poco a Nord di Paola. Preghiera, digiuno, mortificazione
corporale, lavoro e contemplazione caratterizzavano questo periodo della sua
giovinezza che va dal 1429 al 1435. Ma la lucerna ardente non poteva restare
sotto il moggio. Incominciarono infatti ben presto ad affluire anime generose
che intendevano associarsi al suo metodo di vita. Si formò così la prima
comunità di dodici membri che, presero la denominazione di “Eremiti di fra
Francesco” Il santo si vide costretto a costruire delle celle per ospitarli e
una chiesetta per gli uffici liturgici. Rivelatisi insufficienti i locali per
accogliere le nuove reclute, Francesco si vide costretto a costruire altri
locali più grandi e più idonei alla finalità prefissasi. In questo ambiente,
si susseguirono dei fatti meravigliosi. infatti tutta la zona retrostante la
chiesa del protoconvento è ancor oggi conosciuta come la “zona dei
miracoli”. In essa si mostrano la fornace, in cui il santo entrò due volte
per ripararlo, uscendone illeso, nonostante bruciasse a pieno ritmo;
l’”acqua della cucchiarella”, fatta sgorgare col tocco del suo bastone ad
uso degli operai; il “sasso pendolo”, fermato nella sua caduta precipitosa
dall’alto della montagna e che ancora oggi rimane immobile in una singolare
posizione. Ed altri numerosi miracoli accompagnarono la costruzione dei primi
conventi dell’Ordine. Essi sorsero a Paternò, a Spezzano della Sua, a
Corigliano e altrove. Nello stesso tempo il potere taumaturgico di Francesco, si
esplicava a favore degli infermi e dei bisognosi. Infatti vengono ricordate le
guarigioni prodigiose dei paralitici, di lebbrosi, di ciechi e indemoniati e
anche la risurrezione di un morto, nella persona del nipote. Ma l’azione
benefica di Francesco si estese in modo particolare agli operai, ai poveri e
agli oppressi, che in quei tempi subivano tutte le angherie e i soprusi dei
baroni locali, che la giustizia non riusciva a perseguire. Il santo non mancò
di denunziare le malversazioni dei potenti e non desistette dall’invocare
giustizia e comprensione per la povera gente. Intanto la fama dei prodigi di
Francesco varcavano i confini della Calabria. Venne anche dalla Sicilia una
commissione di persone rispettabili per invitarlo a fondare un convento a
Milazzo, e il santo acconsentì e intraprese il viaggio nel 1464. Al ritorno
dalla Sicilia l’attendeva una novità. Il papa Paolo Il, informato della sua
vita e dei suoi miracoli, nonché dell’austerità dell’Ordine da lui
fondato, fece aprire un’inchiesta, affidandola a un prelato della sua camera
apostolica, il genovese Girolamo Adorno, il quale si recò a Paola a conferire
con lui. Monsignor Adorno, esortò Francesco a mitigare i rigori della regola,
ritenuti eccessivi per l’umana sopportazione, lo vide prendere dei carboni
accesi dal bracere e presentarglieli con queste parole: “Non temete,
Monsignore; a chi ama e serve Dio con sincerità di cuore tutto è possibile!
Tutte le creature diventano docili al volere di colui che attende fedelmente a
compiere la volontà del Creatore” L’inchiesta
perciò si chiuse favorevolmente, ma Paolo Il, morto nel 1471, non ebbe il tempo
di dare la sanzione canonica alla nuova regola, che però fu approvata
dall’arcivescovo Pirro Caracciolo con Bolla del 1471, nella quale l’Ordine
viene denominato “Congregazione dei Frati Eremiti di Francesco da Paola”.
Mentre il santo attendeva al consolidamento del suo Istituto, la fama della sua
santità e dei suoi miracoli, raggiunse la Francia, dove il re Luigi XI afflitto
da grave malattia, espiava su un letto di dolore i crimini della sua vita.
Venuto a sapere delle virtù taumaturgiche di Francesco decide di chiamarlo al
suo capezzale, per ottenere da lui quel che invano aveva sperato dai medici.
Mandò in Calabria, il suo maggiordomo, con ricchi doni, per convincere
Francesco a recarsi in Francia. Esso però fu irremovibile nel rifiuto, non
valse a persuaderlo nemmeno una lettera del re. Luigi XI si rivolse al papa
Sisto IV e questi convinto che l’andata di Francesco in Francia fosse utile
alla Chiesa per il regolamento di diverse questioni pendenti, con apposito
breve, di cui diede notizia allo stesso sovrano in data 11 giugno 1483, ingiunse
a Francesco di accontentare il re. Di fronte alla richiesta del papa, il santo
piegò umilmente il capo e partì. Messo piede in Francia, liberò Bormes e
Frejus da una terribile epidemia. Luigi XI gli fece una cordiale accoglienza e
lo colmò di favori specie per la diffusione del suo Ordine in Francia. Lo
consultava di frequente, e pendeva dalle sue labbra, ma però non ottenne la
sospirata guarigione. Ottenne però in compenso la grazia di una buona morte.
Tra gli ammiratori del santo in Francia, oltre i membri della famiglia reale,
sono da ricordare: il medico Filippo de Commynes, autore delle famose Memoires,
in cui lo ricorda con molto entusiasmo e in modo particolare Santa Giovanna di
Valois, fondatrice dell’Ordine dell’Annunziata, che ebbe in lui il
consolatore nelle sue terribili prove e il grande maestro della sua vita
spirituale. Durante la lunga permanenza in Francia, egli perfezionò le sue
REGOLE, che ebbero l’approvazione di papa Alessandro VI; fondò il
“Secondo” e il “Terz’Ordine”, diede inizio alla “Devozione dei
tredici venerdì della Passione”, infine compose il Correttorio, che fu
approvato da Giulio Il. Tra le particolarità che caratterizzano la sua opera
legislativa, è da ricordare il “Quarto voto di quaresima perpetua”, per il
quale i minimi si obbligano ad osservare un regime di vita quaresimale per tutti
i giorni dell’anno, senza eccezione. Morì il 2 aprile 1507 a Plessis—lès—Tour,
dove fu sepolto. Era il venerdì santo — egli che era tanto devoto della
Passione di Gesù — ed erano circa le dieci del mattino: in quel momento egli
seguiva il canto del Passio e il suo ultimo respiro coincise con le parole: “E
piegato il capo, morì”.
DALLE
SUE LETTERE ECCO UNA PAGINA SULLA CONVERSIONE:
“Fratelli,
vi esorto e vi prego, quanto posso, di esser prudenti e diligenti circa la
salvezza dell’anima vostra, pensando che la morte è sicura per tutti, che
la vita è breve e altro non è che fumo che presto svanisce. Ricordatevi della
passione del nostro Signore e Salvatore e pensate quanto infinito fu
quell’ardore che discese dal cielo in terra per salvarci, che per noi soffrì
tanti tormenti e subì la fame, il freddo, la sete, il caldo e ogni umana
sofferenza, nulla rifiutando per amor nostro e dando esempio di perfetta
pazienza e di perfetto amore. Siamo dunque tutti pazienti nelle nostre avversità
e sopportiamole con amore, pensando che Gesù Cristo nostro Signore soffrì
tanti affanni e tribolazioni per gli altri. Deponete dunque ogni odio e ogni
inimicizia, guardatevi diligentemente dalle parole più aspre e, se ne uscissero
dalla vostra bocca, non vi rincresca trarne il rimedio dalla stessa bocca da cui
vennero inferte quelle ferite. E così perdonatevi a vicenda e poi non pensate
più all’ingiuria arrecatavi. il ricordo della malvagità è infatti ingiuria,
colmo di follia, custodia del peccato, odio della giustizia, freccia rugginosa,
veleno dell’anima, dispersione della virtù, tarlo della mente, confusione
dell’orazione, lacerazione delle preghiere fatte a Dio, abbandono della carità,
chiodo infisso nelle nostre anime, peccato che non viene mai meno e morte quotidiana.
Amate la pace, perché è molto meglio di qualsiasi tesoro che i popoli possano
avere. Sappiate certo che i nostri peccati muovono Dio all’ira. Per questo
correggetevi e pentitevi dei vostri peccati passati, poiché Dio vi aspetta a
braccia aperte. Ciò che nascondiamo al mondo, non si può nascondere a Dio:
convertitevi sinceramente. Vivete in tal modo da ricevere la benedizione del
Signore e la pace del Dio nostro Padre sia sempre con voi.
PREGHIAMO
CON LA LITURGIA NELLA FESTA DEL SANTO
O
Dio, grandezza degli umili, che hai scelto san Francesco da Paola, minimo tra i
fratelli, per innalzarlo ai vertici della santità, e lo hai proposto al tuo
popolo come modello e protettore, donaci di seguire il suo esempio, per
condividere con lui l’eternità promessa ai miti e umili di cuore. Per il
nostro Signore Gesù Cristo…
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