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BERNARDETTE
SOUBIROUS
Santa,
memoria liturgica al 16 Aprile
Bernardetta
era nata il 7 gennaio 1844 nel mulino di Boly. Fu accolta con tanta gioia, perché
era la primogenita di una coppia di sposi felici, Francesco Soubirous e Luisa
Casterot. Una sera del novembre 1844, la madre di Bernardetta è vicina al
fuoco. D’improvviso la candela di resina, appoggiata sul ripiano del camino,
le cade addosso. I vestiti le si incendiano, I seni ustionati perdono il latte.
Bernardetta deve essere data a balia a Bartrès a Maria Lagues alla quale è
appena morto un bambino. Rimarrà con lei fino all’età di due anni, poi
tornerà a Lourdes. Soubirous: una famiglia sfortunata La famiglia di
Bernardetta dovette affrontare molte difficoltà. Francesco, mentre “batte”
le macine con il martello per renderle rugose, a un tratto lancia un grido: una
scheggia gli ha colpito l’occhio sinistro. L’occhio è perso. Francesco e
Luisa sono in breve ridotti in miseria. Hanno troppo buon cuore. Ai creditori
dicono di “pagare quando potranno”, anticipano la farina “fino al prossimo
raccolto”, offrono frittelle e vino ai clienti che aspettano la farina, si
scordano dei conti. Infine si trovano con l’acqua alla gola: pieni di debiti,
che non sanno come pagare. Devono lasciare il mulino e trasferirsi in casa
Laborde, Francesco si adatta a fare il bracciante per sfamare i quattro figli.
Perché nel frattempo sono nati Antonietta nel 1846, Giovanni Maria nel 1851 e
Giustino il 28 febbraio 1855. Anche Luisa si presta a lavori, come fare il
bucato e le pulizie nelle case dei benestanti, o lavorare nei campi, portandosi
dietro il piccolo Giustino, che allatta, per esempio, nelle pause della
mietitura. Per
di più scoppia il colera. Anche Bernardetta ne è colpita. Sopravvive, ma le
resta una tremenda asma che la porterà molte volte in fin di vita. Muore,
invece, la nonna Clara lasciando 900 franchi di eredità ai Soubirous, che
affittano un mulino a quattro chilometri da Lourdes. Francesco è analfabeta, il
contratto è tutto un imbroglio; egli se ne accorgerà solo alla scadenza
dell’anno, quando deve pagare una cifra enorme di affitto. Non ha i soldi e
deve andarsene. Per avere in casa una “bocca in meno da sfamare”, i
Soubirous si rassegnano ad affidare Bernardetta alla zia Bernarda e poi di nuovo
alla balia Maria Laques di Bartrès. Bernardetta aiuta la zia in casa e
nell’osteria. Fa la bambinaia ai cuginetti, rammenda, cuce, serve i clienti
dell’osteria, che le vogliono molto bene per la sua generosità quando serve
il vino con il misurino al banco. Intanto la sua famiglia è stata sfrattata
anche dall’ultimo poverissimo alloggio. I Soubirous riparano, grazie al buon
cuore del cugino Sayous, nella stanza più orribile del paese: il Cachot. La
parola “Cachot” significa guardina, cella, gattabuia, prigione, carcere.
E’ una stanza scura e piccola: misura 4,40 per 3,72. Ha due finestre, la
porta, il camino, il lavabo. E’ camera, cucina, soggiorno. Lì vengono messi i
due letti “per sei persone!”, il tavolo, le due sedie, i tre sgabelli, una
piccola credenza e la valigia con dentro tutto: vestiti, biancheria, lenzuola,
cucchiai e scodelle che spesso restano vuote perché c’è la carestia. Nel
Cachot la fame è di casa e... arriva anche il disonore: il 27 marzo 1857. due
gendarmi vengono ad arrestare Francesco Soubirous. E’ accusato di aver rubato
due sacchi di farina. L’accusa è infondata ma Francesco non uscirà di
prigione che il 4 Aprile. Così Francesco, cieco da un occhio è segnato a dito
come “ladro” e “beone”. Intanto Bernardette, lasciata l’osteria, dal
settembre 1857 fa la bambinaia e la pastora a Bartrés. Ha quattordici anni e
non sa né leggere e né scrivere e non ha ancora fatto la Prima Comunione! E’
piccola di statura, nessuno le darebbe i quattordici anni che ha. Il 17 gennaio
1858 Bernardette ritorna a Lourdes per rimanervi. Nel Cachot c’è la miseria,
l’umidità, la puzza di un letamaio vicino ma ci sono anche sua madre, suo
padre deluso e cieco da un occhio, e i fratellini di cui ella è responsabile
come primogenita.
LA PRIMA APPARIZIONE
L’11
febbraio 1858 era il giovedì grasso. Giornata d’inverno, fredda, umida e
nebbiosa. Il fuoco in casa spento. Manca la legna. Nel Cachot si gela.
Francesco, sdraiato sul letto si ripara dal freddo, vestito, sotto le coperte.
Niente lavoro per lui oggi. Nel camino la pentola con le cipolle sta sulla
cenere nel fuoco spento. Bernardette tornata dalla scuola del catechismo, si
offre di andare a cercare legna nei boschi con la sorella Antonietta e l’amica
Gianna Abbadie, detta Baloum, ragazza alta e dai modi bruschi. La madre di
Bernardette insiste perché lei si metta le calze e il cappuccio per non
ricadere in qualche attacco di asma. Le ragazze escono di casa. Arrivano davanti
a Massabielle (il masso vecchio), una roccia scoscesa con in basso un buco, la
grotta. Una delle tante in quella zona, ai piedi dei Pirenei.
LE PRIME OPPOSIZIONI
Domenica
dopo il vespro il commissario Jacomet porta Bernardette nel suo ufficio e la
interroga:
“Allora
Bernardette tu vedi la Santa Vergine?” “lo non dico di aver visto la Santa
Vergine.” “Ah, bene. Allora non hai visto niente.” “Sì, che ho
visto!” il commissario si fa raccontare tutto da principio. E davanti alla
incredulità del commissario Bernardette replica convinta della sua visione. Il
commissario inserisce varie aggiunte nel rileggere il verbale ma Bernardette
insiste sulla sua prima versione. L’indomani è ancora buio e già un
centinaio di persone è in attesa alla grotta con ceri e lanterne. Alle cinque e
mezza Bernardette è sulla strada: “Appena giunta, Bernardette si inginocchiò,
racconta uno dei presenti, estrasse la corona e salutò profondamente... Alzò
verso la rupe uno sguardo interrogativo… i suoi occhi si illuminarono,
divennero sfavillanti... spontaneamente, noi uomini presenti, ci togliemmo il
cappello e ci inchinammo, guardando la roccia e guardando la veggente... Non
vedevamo né udivamo nulla, ma quello che potevamo capire era che un colloquio
si svolgeva tra la signora misteriosa e la fanciulla che avevamo sotto gli
occhi. Prima sorridente e poi seria, Bernardette approvava con il capo o
sembrava interrogare... Bernardette riferirà che Maria le confidò tre segreti
che lei non rivelerà mai a nessuno.
Mercoledì
24 la gente aumenta; più di 400 persone sono inginocchiate intorno a
Bernardette. Dirà che la signora è scesa più vicina e le ha ripetuto per tre
volte: “Penitenza! Penitenza! Penitenza!” E’ il primo messaggio della
signora: “Pregate per i peccatori. Baciate la terra in penitenza per i
peccatori
Giovedì
4 marzo è l’ultimo dei quindici appuntamenti sollecitati dalla signora.
Alla terza “Ave Maria” Bernardette è in estasi, infine se ne va senza dire
una parola. “E’ finita” pensa. Tre settimane dopo Bernardette si sveglia
di soprassalto al mattino prestissimo: Papà! Mamma! “Che c’è?” “Devo
andare subito alla grotta, mi aspetta là!” Non sono ancora le cinque di
giovedì 25 marzo. La voce si sparge subito. La gente arriva a Massabielle
quando Bernardette è già in piena estasi. La signora sorride a Bernardette e
quando alla quarta volta essa le chiede quale sia il suo nome, dopo aver
abbassato le braccia, alza gli occhi al cielo e poi ricongiungendo le mani sul
petto dice:
“lO
SONO L’ IMMACOLATA
CONCEZIONE.”
“Sono
le ultime parole che ella mi disse” confesserà poi Bernardette.
Bernardette
ritorna in sé, cerca di ripetersi le parole che ha sentito, andrà subito a
dirle al parroco. Il parroco comprenderà il significato di queste parole anche
se resterà ancora molto perplesso. Dodici giorni dopo, Bernardette è di nuovo
alla grotta, prima dell’alba. Tra i presenti c’è anche il dottor Dozous. Si
avvicina a fatica e osserva il fenomeno della fiamma della candela che, chiusa
nelle mani di Bernardette per proteggerla dal vento, non la brucia né le scotta
nemmeno la pelle. Dopo l’apparizione egli esamina attentamente le mani di
Bernardette senza trovarvi la minima bruciatura. Allora avvicina un’altra
candela accesa alle mani della ragazza, che protesta scostandosi: “Mi
bruciate!” Anche il dottore è conquistato. Dopo questi fatti Bernardette si
nasconde. Riparata presso l’ospizio di Lourdes, è tutta impegnata ad imparare
il catechismo per fare la Prima Comunione che riceve finalmente il 3 luglio
1858. Lo stesso giorno avviene il primo miracolo con l’acqua della sorgente di
Massabielle: un bambino di cinque anni, affetto da paralisi spinale, sotto gli
occhi del medico è immerso sotto il getto dell’acqua gelida: “AsciugatoIo e
rivestitolo, lo adagiamo per terra: immediatamente egli si alzò da solo e si
diresse camminando spedito verso il padre e la madre” dice la relazione del
medico. Tre mesi dopo l’ultimo incontro. Bernardette è in chiesa, a vespro.
E’ la festa della Madonna del Carmelo. D’un tratto ella sente l’impulso
incontenibile di andare alla grotta. Esce di corsa. La seguono alcune donne e
gente sempre più numerosa. Eccola sul prato, oltre il fiume, come la prima
volta. Bernardette dirà: “Così bella non l’avevo vista mai!”.
I
DIFETTI DI UNA PICCOLA GRANDE SANTA
Qualche
volta siamo abituati a pensare ai santi come a grandi personaggi pieni di virtù
che fecero grandissime cose. Bernardette ci dimostra la semplicità e il
contrario e ci dimostra che con i propri difetti si può diventare santi,
diceva: “Vorrei che si dicessero anche i difetti dei santi e ciò che hanno
fatto per correggersi. Questo servirebbe molto di più che non i loro miracoli e
le loro estasi”. Bernardette riconosceva lealmente di essere testarda. Era
piccola di statura e soffriva per questo. Ma il suo senso dell’ humor
prevaleva e ci sapeva scherzare su. Non era affatto diplomatica con gli artisti
o con gli amici: diceva il suo parere anche quando era scomodo. Ad esempio
quando le presentarono la statua dell’Immacolata essa disse: “E’
brutta”. Le piaceva l’allegria, il gioco, gli scherzi, le battute di
spirito, la conversazione amichevole, lo stare in famiglia. Era attaccatissima
al padre e ai suoi, le costò moltissimo lasciarli e soffrì in modo indicibile
per la morte del padre. Imparò a leggere e a scrivere ma era per lei un
tormento scrivere. Amava il nascondimento. Nel 1861 una bambina di 10 anni le
faceva ripetizione di scuola. Guardando dalla finestra videro in giardino delle
belle fragole mature, ma c’era la proibizione di andare nell’orto. Che fare?
“Butto i miei zoccoli dalla finestra. Tu vai a riprenderli e porti anche le
fragole” disse Bernardette. E così
fecero. Era umile. Quando riceveva un umiliazione o veniva rimproverata
ingiustamente, Bernardette non riusciva sempre a nascondere lo sforzo di
accettare volentieri la prova. Diceva a chi
le chiedeva che cos’era successo: “Ho appena ricevuto un confetto”. “Di
che tipo?” “Ah, è affare mio.” E ritornava subito la serenità. Non
riuscì a nascondere il disappunto per il fanatismo dei curiosi e dei
visitatori, per l’insistenza di vescovi, scrittori e fotografi. Ma, appena se
ne rendeva conto, buttava via il broncio e sorrideva “con gli occhi”,
facendo buon viso a cattiva sorte. Scherzava perfino sulla sua infermità:
“Sono capace soltanto di fare la malata... ma resisto al dolore come.., i
gatti! Sarebbe un vero peccato soffrire e sprecarne il frutto...” Ricordando
le parole della visione “Non le prometto di farla felice in questo mondo ma
nell’altro”, come si trattasse di una garanzia, diceva: “La Santa Vergine
non ha mentito! La prima parte si sta verificando a fondo. Tra poco... speriamo
nella seconda.”. Ma diceva anche: “Non credevo si facesse tanta fatica a
morire...”
LA
VITA IMPEGNATA SU QUATTRO FRONTI: LAVORO, CASA, STUDIO E VISITATORI
Dopo
le apparizioni non ebbe vita facile. Dal 1858 al 1866, per Bernardette è
il tempo della testimonianza. La veggente fa tutte le esperienze: ammiratori
fanatici, oppositori irriducibili, giornalisti invadenti, scrittori petulanti,
preti insistenti, vescovi importuni, pellegrini e malati, calunniatori e
adulatori, artisti e curiosi. Il 17 novembre 1858 la commissione di inchiesta
nominata dal vescovo fa un’ispezione alla grotta. Il sopralluogo è seguito da
400 pellegrini. Bernardette spiega sul luogo come è avvenuta l’apparizione.
Risponde alle domande, precisando ogni particolare. Infine i canonici sciolgono
la seduta e se ne vanno. Bernardette si siede su una pietra, mormorando: “Come
sono stanca!” E lo sarà sempre più per i continui interrogatori. La domenica
5 febbraio 1860, Bernardettee riceve la cresima ed è autorizzata a ricevere la
comunione ogni otto giorni. E’ una concessione eccezionale per quel tempo!
Lavora, per guadagnarsi da vivere occupandosi come “bambinaia” presso
Armandina Grenier. Continua a studiare, per colmare il ritardo scolastico. In
casa, svolge il suo ruolo di primogenita, responsabile dei fratelli. Infine
risponde a visitatori di ogni specie, contrari o favorevoli, che non si
rassegnano a lasciare Lourdes senza aver visto “gli occhi che hanno visto”
la Santa Vergine.
BERNARDETTE
SUORA MALATA E INFERMIERA
Il
3 luglio 1866 Bernardette fa la sua ultima visita alla grotta. La sera saluta i
parenti con la cena d’addio. L’indomani parte da Lourdes e, dopo aver fatto
sosta per tre giorni a Bordeaux, arriva il venerdì 6 luglio a Perigueux. Sabato
7 luglio, per la prima e unica volta della sua vita, prende il treno e arriva a
Nevers alla dieci e mezzo di sera. L’indomani racconta le apparizioni davanti
alle 300 suore della casa madre. D’ora in poi non dovrà più parlarne con
nessuno. Ella è ben felice di questa proibizione. E’ venuta in convento per
nascondersi. Tuttavia soffre molto la lontananza da Lourdes e dai suoi cari,
dalle sue amiche e dalle sue montagne. Quando arriva una lettera, si nasconde a
leggerla da sola, perché le lacrime scorrono incontenibili. Tre settimane dopo
l’arrivo a Nevers, il 29 luglio 1866, insieme ad altre 42 postulanti,
Bernardette veste l’abito religioso ed entra in noviziato, cioè nell’anno
di preparazione alla consacrazione con i voti a Dio. Il 30 ottobre 1867,
Bernardette compie la sua professione. Intanto le è giunta la notizia della
morte della madre che aveva lasciato già ammalata; poi ecco quella del padre e
quella del parroco, l’abate Peyramale. Ogni notizia è un salto nel buio dello
sconforto. Tutte le suore, dopo il noviziato, con il nome nuovo ricevevano la
“obbedienza”, cioè la destinazione in una casa filiale. Bernardette conservò
il suo nome e non ricevette nessun incarico, all’infuori della preghiera. Le
dissero che la tenevano in casa madre per carità, perché era una buona a
nulla. Dopo l’umiliazione, ecco però uno spiraglio: viene messa ad aiutare
l’infermiera. Ci mette tutto l’impegno. Prende appunti e acquista una
competenza unica. Soprattutto, però, ella sempre sa rasserenare e risollevare
le malate. Scherza, assiste, veglia, cura, consiglia. Così quando
l’infermiera s’ammala e muore, lei diventa automaticamente capo infermiera.
La sua dedizione allora non ha limite. E’ infermiera a tempo pieno. Tutti lo
sanno. Quando una suora è in crisi, corre in infermeria e lei, magari con uno
scherzo, rinfranca e aiuta a riprendere l’entusiasmo. Qual era il suo segreto?
Non faceva niente di speciale. Ma ci metteva tutto il cuore. Tutto procederebbe
per il meglio se non ci fosse un intoppo: la salute dell’infermiera. Ricade,
infatti, nelle crisi di asma. Soffriva di stomaco e alla milza già all’età
di sei anni. Oggi i medici diagnosticano il suo male come tisi, con
manifestazioni tipiche di peritonite bacillare. La tubercolosi polmonare le
diventò tisi ossea e tumore bianco al ginocchio, aggravato nel 1876. Ma in
paragone alle sofferenze intime che visse, ella diceva che tutte le sofferenze
fisiche erano “uno scherzo”. Bernardetta soffrì, infatti, molto per lo
sradicamento da Lourdes: “Il più grande sacrificio della mia vita è aver
lasciato Lourdes. Se andate alla grotta, baciate quella pietra alla quale è
appeso il mio cuore. La grotta era il mio paradiso. Se potessi essere un
uccellino e andare là... senza essere vista...”. Soffrì per i curiosi; soffrì
per la inattività; soffrì per la severità delle superiori che la trattarono
con particolare durezza ma soffrì soprattutto per le prove intime. Era come
l’agonia di Gesù nell’orto del Getzemani: l’ora più dura della passione.
Durante la settimana santa (6 — 13 aprile 1879) si aggravò. il tumore le
aveva anchilosato il ginocchio, procurandole sofferenze atroci, che non le
lasciavano chiudere occhio. Lo stomaco rifiutava ogni cibo. Notte e giorno aveva
gemiti continui che non riusciva più a dominare. Chiedeva perdono a chi
l’assisteva e, sorridendo diceva di essere curata meglio di una principessa.
“Il dolore lo sento lo stesso”, dice con umorismo commovente, scherzando
sugli ascessi, che le si sono formati negli orecchi, causandole sordità
parziale. Il suo desiderio è nascondere il suo dolore ed essere vittima per il
cuore di Gesù. Ma la sofferenza è troppo grande. Nel colmo del dolore, prega:
“Dio mio, datemi la pazienza . “Sono
macinata come un chicco di grano...” Il lunedì di Pasqua entra in agonia. il
diavolo la tormenta. Lei spasima: “Va via, Satana!”. L’ultima notte vibra
tutta di sofferenza e tuttavia riesce a non lasciarsi sfuggire una sola parola
di lamento. il mattino dopo, il 16 aprile, verso le undici e mezza chiede di
essere sollevata. Dal letto è trasportata sulla poltrona vicina al fuoco, di
fronte al suo crocifisso, che fissa con un’attenzione impressionante,
invocando col solo movimento delle labbra il nome di Gesù. Si aggrava ancora più
verso l’una. Risponde alle preghiere degli agonizzanti, con una voce fioca, ma
chiara e continua sempre a fissare il crocifisso. Quando glielo danno se lo
stringe al petto con forza e mormora: “Gesù mio! quanto vi amo!” E bacia
lentamente ad una ad una le piaghe di Gesù crocifisso. Le suore vicino a lei
intonano l’Ave Maria. La morente si rianima e ripete due volte: “Santa
Maria, Madre di Dio, pregate per me, povera peccatrice, povera peccatrice..”, Le porgono da bere. Lei fa un grande segno di croce, lento e calmo
come aveva imparato dall’immacolata, beve qualche goccia e, inclinando la
testa, spira. Erano le tre e un quarto del pomeriggio del 16 aprile 1879.
Bernardetta aveva 35 anni. Gli occhi che hanno visto l’Immacolata da oltre
cento anni sono chiusi. il suo corpo riposa nella cappella di Nevers. Il segreto
della santità di Bernardette fu l’eroica umiltà, l’obbedienza, la vita
nascosta nel silenzio, nel raccoglimento, nella preghiera per i peccatori,
nell’accettare l’ingiusta severità delle superiore e l’insistenza dei
curiosi, nel sopportare la sofferenza fisica e morale, nell’essere sempre
allegra e buona con tutti, conservando il suo formidabile senso dell’umorismo
e dell’amicizia. Morì giovane, consumata dall’amore e dal dolore,
“macinata come un chicco di grano”.
Dalla
“Lettera” di santa Maria Bernardette Soubirous, vergine Sentiamo
direttamente da Bernerdette il racconto delle apparizioni: Un giorno, recatami
sulla riva del fiume Gave per raccogliere legna insieme con due fanciulle,
sentii un rumore. Mi volsi verso il prato ma vidi che gli alberi non si
muovevano affatto, per cui levai la testa e guardai la grotta. Vidi una Signora
rivestita di vesti candide. Indossava un abito bianco ed era cinta da una fascia
azzurra. Su ognuno dei piedi aveva una rosa d’oro, che era dello stesso colore
della corona del rosario. A quella vista mi stropicciai gli occhi, credendo a un
abbaglio. Misi le mani in grembo, dove trovai la mia corona del rosario. Volli
anche farmi il segno della croce sulla fronte, ma non riuscii ad alzare la mano,
che mi cadde. Avendo quella Signora fatto il segno della croce, anch’io, pur
con mano tremante, mi sforzai e finalmente vi riuscii. Cominciai al tempo stesso
a recitare il rosario, mentre anche la stessa Signora faceva scorrere i grani
del suo rosario, senza tuttavia muovere le labbra. Terminato il rosario, la
visione subito scomparve. Domandai alle due fanciulle se avessero visto
qualcosa, ma quelle dissero di no; anzi mi interrogarono cosa avessi da rivelare
loro. Allora risposi di aver visto una Signora in bianche vesti, ma non sapevo
chi fosse. Le avvertii però di non farne parola. Allora anch’esse mi
esortarono a non tornare più in quel luogo, ma io mi rifiutai. Vi ritornai
pertanto la domenica, sentendo di esservi interiormente chiamata. Quella Signora
mi parlò soltanto la terza volta e mi chiese se volessi recarmi da lei per
quindici giorni. Io le risposi di sì. Ella aggiunse che dovevo esortare i
sacerdoti perché facessero costruire là una cappella; poi mi comandò di bere
alla fontana. Siccome non ne vedevo alcuna, andavo verso il fiume Gave, ma ella
mi fece cenno che non parlava del fiume e mi mostrò col dito una fontana.
Recatami là, non trovai se non poca acqua fangosa. Accostai la mano, ma non
potei prender niente; perciò cominciai a scavare e finalmente potei attingere
un po’ d’acqua; la buttai via per tre volte, alla quarta invece potei berla.
La visione allora scomparve ed io me ne tornai verso casa. Per quindici giorni
però ritornai colà e la Signora mi apparve tutti i giorni tranne un lunedì e
un venerdì, dicendomi di nuovo di avvertire i sacerdoti che facessero costruire
là una cappella, di andare a lavarmi alla fontana e di pregare per la
conversione dei peccatori. Le domandai più volte chi fosse, ma sorrideva
dolcemente. Alla fine, tenendo le braccia levate ed alzando gli occhi al cielo,
mi disse di essere l’Immacolata Concezione. Nello spazio di quei
quindici giorni mi svelò anche tre segreti, che mi proibì assolutamente di
rivelare ad alcuno; cosa che io ho fedelmente osservato fino ad oggi.
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