"Una donna" di Sibilla Aleramo (pseudonimo di Rina Faccio, 1876/1960)
di Francesca Persici (Roma)
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Il romanzo "Una donna" (1906), opera autobiografica di Sibilla Aleramo, inizia con il ricordo della fanciullezza libera e spensierata della protagonista e presenta i vari personaggi attraverso un lento e graduale crescendo delle loro singole individualità soffermandosi su alcune figure chiave: Il padre, la madre, il marito, il figlio, il profeta, descritti nella storia sono tutte persone che hanno interagito in modo significativo con la vita della scrittrice.
Il nodo di tutto è la disuguaglianza costruita a partire dal sesso e il nemico è il sistema che la civiltà ha edificato attraverso il tempo. All’età di dodici anni la Aleramo si trasferì da Milano in una cittadina del mezzogiorno perché il padre aveva ottenuto la direzione di un’industria chimica. Dopo pochi anni che si trovava nel nuovo paese, la protagonista interruppe gli studi e venne impiegata regolarmente nella fabbrica diretta dal padre. Un’epoca di grandi cambiamenti e di crisi della famiglia borghese fa da scenario agli episodi salienti della vita della scrittrice ; il passaggio dal mondo del lavoro, al quale era stata avviata dal padre, a un matrimonio violento e senza amore, a cui fu costretta, la videro interpretare un ruolo che odiava, quello di donna moglie e madre in cui era richiesto l’annientamento del proprio Io. L’esempio più vicino era quello di sua madre vittima lei stessa di un matrimonio sbagliato che l’aveva spinta in depressione e poi al suicidio.
Da queste vicende individuali nasce l’esigenza della scrittrice di cercare attraverso la scrittura una sua identità. Il combattere per trovare qualche trascendenza alla semplice volontà di fuga e l’arrendersi di fronte al richiamo imperativo di fedeltà alla propria legge e alla propria vita, creano un’atmosfera nella storia in cui il tempo, che scorre monotono, fa da cornice a tutta quella serie di avvenimenti che serviranno a rendere la giovane donna finalmente “padrona della scelta”.
"Una donna" è un complesso sviluppo narrativo in cui la struttura e i personaggi, divengono parte di quel meccanismo reale che rivela tutta la forza di una vita segnata dalla passione per l’avventura intellettuale e artistica e che fa pensare ad una forma di confessione minuziosa, un diario frammentato e rifuso a posteriori. In questa opera prevale la rivendicazione sociale di un ruolo femminile paritario a quello maschile.
In una prosa del 1911 ("Apologia dello spirito femminista", compresa nel volume "Andando e stando"), scriveva che il femminismo come movimento sociale era stato una breve avventura, eroica all’inizio, ma grottesca sul finire, un’avventura da adolescenti, inevitabile ed ormai superata. Il suo carattere femminista si era riversato sul lato letterario e spirituale, sulla rivendicazione della "diversità" femminile e della necessità della "libera estrinsecazione dell’energia femminile". In realtà, il libro divise le femministe e le scrittrici, che riconoscevano la particolarità di quella “coscienza evoluta”, ma ne prendevano le distanze, identificando il bambino come l’unica vera vittima; la rivista femminista “Vita internazionale” la giudicò come orgogliosa, egoista e priva di forza, incapace al sacrificio estremo.
Nelle liti col marito la giovane cercava di tenere duro, per far crescere il figlio con una mente libera e aperta. Dalle liti però si passò alle percosse e la ragazza stremata decise di partire, ma quando lo comunicò al marito, lui disse che avrebbe acconsentito purché il piccolo fosse rimasto con lui. La donna, divisa tra il desiderio di realizzare se stessa e l’istinto materno, partì e tornò a Milano dove si trovava la sua famiglia, con la speranza che nel giro di pochi giorni avrebbe fatto in modo che suo figlio la raggiungesse. Ma i giorni passarono così come i mesi e gli anni e il suo piccolo a Milano non venne mai. Le lettere che la madre gli scriveva non ebbero mai una risposta, la protagonista allora, soffrendo in silenzio, decise di scrivere un libro per far si che le parole in esso contenute lo raggiungessero, permettendogli di comprendere le scelte che aveva compiuto
Lo scopo che l’autrice si prefigge è quello di mostrare per la prima volta “l’anima femminile moderna”, capace di tramutare l’essenza di una vita in arte. E proprio attraverso ogni forma d’arte e di libero pensiero l’Aleramo si era attivata nel movimento per l’emancipazione della donna, collaborando a riviste e giornali, e partecipando alle campagne più significative di sensibilizzazione, da quelle per il voto alle donne a quelle per la pace, contro l’alcolismo, la prostituzione e la tratta delle bianche.