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A VECCHIA SIGNORA...IN BIANC
ONERO
Speciale: "Stadio Heysel 29-5-1985"- LE LETTERE
una pagina a cura di Stefano Latini e Gabriele Beggiora

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La lettera di Giovanni Ivo

Ci sono state vittorie che hanno gonfiato il petto di noi tifosi e vittorie che ci hanno fatto venire la voglia di superare lo snobismo con il quale abbiamo festeggiato molti scudetti; ci sono state vittorie sul filo di lana e vittorie immeritate; vittorie all’ultimo secondo e vittorie già scritte: tutte queste fanno parte, con le sconfitte, della nostra storia.

Avevo tredici anni quel giorno e lo ricordo molto bene perché, davanti al televisore, ero arrabbiato per il fatto che la partita sarebbe iniziata con notevole ritardo. Ricordo bene l’orologio che continuava ad andare avanti e la luce del sole, piano piano, lasciava la scena a quella dei lampioni e le immagini cominciavano ad essere sempre meno sportive. Ricordo di avere detto, a me stesso,  “Anche se dovesse iniziare fra due ore… almeno che vinca la Juventus…”. Ancora oggi sento che quella frase, se pur detta dal bambino di tredici anni che ero, stona nella coscienza dell’uomo che sono e me ne faccio una colpa perché credo che quella frase raccogliesse quello che noi tutti tifosi Juventini eravamo e volevamo allora: vincere, senza preoccuparci delle immagini che cominciavano a farci capire che si stava consumando una tragedia. Solo dopo qualche ora si ebbe la certezza che non era più una partita di calcio: ormai però si stava giocando e noi volevamo vincere quella coppa.

Il rigore, l’esultanza, i festeggiamenti e tutto quello che avrebbe dovuto essere normale aveva un significato d’orrore e d’ingordigia non solo sportiva, perché non si poteva fare finta di niente.

Ho letto e visto molto di quella sera ma per noi tifosi della Juventus “Heysel” non è il 29 maggio 1985 ma è ancora oggi, giorno dopo giorno, nei discorsi di chi ne parla e nelle testimonianze di chi lo ha vissuto, nei giocatori che raccontano e negli almanacchi che contano due coppe vinte.

Ed è per questo che urlo che quella coppa non la voglio.

Abbiamo vinto una Coppa dei Campioni e campioni non lo siamo stati: perché non siamo stati capaci, l’indomani della partita, di prendere la coppa e, andando all’UEFA, di restituirla (dico restituirla perché purtroppo l’abbiamo vinta); e così incapaci lo siamo stati per ventidue anni e continuiamo ad esserlo ogni giorno che un padre di una delle persone morte lì in Belgio pensa al figlio con il quale non può più parlare, lo siamo ogni volta che una moglie deve spiegare al figlio che suo padre è morto per guardare una partita di calcio, lo siamo ogni volta che ci sentiamo di aver vinto due Coppe dei Campioni. Una Coppa dei Campioni non significava solamente la finale, era un percorso che iniziava due anni prima e che arrivava a scegliere le migliori squadre dell’Europa non ancora devastate da sponsor e televisioni e la Juventus quella finale l’aveva meritata ampiamente e, forse, quella coppa l’avrebbe vinta ma non così, non in quel modo e soprattutto facendo finta di niente.

La dirigenza di oggi può fare qualcosa di concreto: restituire quella coppa.

Quella frase detta da bambino è tornata attuale perché vent’anni dopo ci siamo cascati di nuovo con quella smania di vincere: abbiamo accettato passivamente di vincere in maniera non trasparente e abbiamo voltato la testa dall’altra parte quando il rigore che ci regalavano ci sembrava poco onesto ma l’importante era vincere. Abbiamo accettato i verdetti che ci chiedevano di aprire gli occhi e abbiamo accettato di andare a pagare le nostre colpe in serie B, ma ora dobbiamo accettare di lavarci la coscienza impegnandoci affinché non ci siano più vittorie poco limpide. Voglio che tornino quelle vittorie che ci hanno gonfiato il petto e che ci hanno fatto sentire i più forti giocatori di pallone nel mondo perché non voglio più piangere per una vittoria immeritata ma voglio piangere solo quando rientrando a casa, accendendo la televisione, vedo Marco Tardelli che immobile ascolta un giornalista dire “E’ morto Gaetano Scirea”.

di Giovanni Ivo

29/5/2006

In queste giornate molto tristi per tutti i tifosi juventini, la società appare travolta da uno scandalo senza uguali, pubblico volentieri la lettera di un lettore del sito.
Credo che sarà importante negli anni a venire,  ricordare la storia della Juventus, le vittorie, la classe di tanti mirabili campioni che hanno vestito la maglia bianconera e poi quella della Nazionale. Sono sicuro che i veri tifosi juventini hanno nel cuore la lealtà sportiva, l'amore per il calcio, e l'attacamento a una squadra che negli ultimi anni, nonostante i propri dirigenti agissero come "padroni del gioco", ha dimostrato sul campo un altissimo valore tecnico e sportivo.
La Juventus rinascerà, e se dovrà ripartire da una serie inferiore, sono sicuro che non gli mancherà l'affetto dei propri sostenitori.
Rinnovo in questo giorno di maggio del 2006 il ricordo delle vittime dello Stadio Heysel.

Stefano "Solegemello"

Ciao mi chiamo Alessio. Anch'io ero all'Heysel 21 anni fa.
Ho appena letto le tue lettere pubblicate e ho deciso di scrivere in quanto pure io ero andato in Belgio con il Ciocco Travel. Dunque io e Marcello Canneti eravamo sul solito volo e sul medesimo pullman che dall'aeroporto di Ostenda (non credo fosse Anversa) ci portò a Bruxelles.
Ringrazio tutti coloro che come voi non vogliono dimenticare e si battono affinchè lo stadio torni ad essere un luogo di divertimento. Ve lo dico col cuore dal momento che sono tuttora un abbonato alla Juve. Non riesco proprio a distaccarmi dai colori bianconeri!
Ciao Alessio.


La testimonianza di Mario di Olbia
Ciao amico,
solo oggi ho scoperto il tuo sito e ti invio due righe per onorare il  ricordo dei nostri amici che persero la vita quella sera di 21 anni fa. Ho letto tutte le lettere che hai pubblicato e, puntualmente, ho pianto. Non mi dilungherò sulla cronaca di quella giornata. La conoscono tutti.
Ti dirò solo che noi arrivammo in 60 dalla Sardegna (in pullman!!!), armati solo di una gran voglia di calcio. Ero appena 25enne ed avevo con me mio fratellino di 14 anni. Il Signore (solo lui) ci indirizzò verso la Curva N (quella degli ultras Juve). Pensa che all'arrivo allo stadio, tanta era l'emozione che, tenendo in mano i biglietti di traverso, la N divenne Z e ci recammo all'ingresso della curva famigerata dove un gendarme a cavallo ci fece capire l'errore.Sai bene cos'è successo nelle due ore successive. Aggiungo solo che, rientrati a Liegi per la notte, scoprimmo che tutte le linee telefoniche da e per il Belgio erano state riservate alle chiamate per l'ambasciata e per gli ospedali. Pertanto, ci fu impossibile comunicare con le nostre famiglie fino all'indomani.
Per tutta la notte mia madre, mio padre e le mie sorelle, temettero per la nostra vita, anche perchè i varicommentatori riportavano la morte di alcuni sardi senza fornire i nomi. Oggi, ho 46 anni, ho due bimbi piccoli e quando posso li porto allo stadio, ma per ora non mi permetto di pensare a finali o roba del genere.
Abbiamo visto Juve-Perugia e Juve -Rosemborg di Champions. La ferita e l'emozione sono ancora troppoforti, anche a distanza di 1 anni. Una lacrima ed un abbraccio a tutti. Anche a quelli che non c'erano.
Mario (Olbia)


La testimonianza di Marcello Canneti  
marcello.canneti@bancaetruria.it

Il 29 maggio di 21 anni fa, io ero la, allo stadio Heysel di Bruxelles, per  la finale di Coppa Campioni fra Juventus e Liverpool. Allora ero 23enne. Ero appena entrato da un anno  a lavorare in banca e con i mie primi risparmi avevo deciso insieme a 4 miei  amici di Livorno di andare a vedere quella che era stata definita  la partita delle partite' la finale di Coppa dei Campioni Juventus-liverpool'. Avevamo acquistato il viaggio + biglietto per la partita  tramite l'agenzia Il Ciocco Travel per la modica cifra di Lit. 510.000 che per allora non era poi poco. La partenza era prevista presso l'aeroporto di Pisa con arrivo all’aeroporto di Bruxelles ma per alcuni ritardi  il volo fu dirottato ad Anversa.  Alla partenza ci fu consegnata la classica borsa da viaggio dell'agenzia e il biglietto per la partita che era di colore grigio e riportava come settore dello stadio il settore Z. Leggendo i giornali sportivi avevamo letto che i biglietti per la curva della Juventus era di colore verde. Ci guardammo tra di noi e pensammo che forse era il settore vicino alla gradinata  occupata dai tifosi della Juventus e che forse per dividere le due tifoserie l'organizzazione aveva previsto un grosso schieramento di forze dell'ordine che avrebbere tutelato l’incolumità delle persone . Per questo partimmo tranquilli per quella che poi sarebbe diventata una delle più grandi tragedie del calcio mondiale.

Arrivati ad Anversa con il pulman, fummo trasferiti a Bruxelles dove il programma prevedeva una visita della  Città' per poi recarsi allo Stadio Haysel per vedere la partita. Le strade di Bruxelles erano piene di tifosi del Liverpool che avevano gia alzato il gomito e che al nostro passaggio facevano finta di voler scambiare le sciarpe mostrandoci anche le parti intime del proprio posteriore.
Il pulman ci portò nei pressi dello stadio alle ore 18,00  e fu parcheggiato nei pressi dell’Atomium museo della  scienza che dista pochi metri dallo stadio.
<>
Prendemmo la nostra roba per poi dirigerci verso lo stadio  andando direttamente verso la
Curva del settore Z. All’esterno dello stadio vedemmo subito che il nostro settore era proprio attaccato al settore dei tifosi del Livepool e che le forze dell’ordine erano veramente poche. C’erano solo alcuni gendarmi a cavallo che avevano il compito di vigilare sulle due tifoserie  ma devo dire che, per il momento, la situazione era abbastanza tranquilla.
La cosa clamorosa era che il muro di cinta della cura era molto basso circa 3 o 4 metri e che i
tifosi del Liverpool riuscivano a far passare intere cassette di birra scavalcando la recinzione. Però tutto questo non ci allarmò più di tanto perché pensavamo che l’organizzazione avesse previsto un grande schieramento di forze dell’ordine all’interno dello stadio per tenere a distanza le due tifoserie.
Entrammo fra i primi nello stadio e già per entrare incontrammo grossi problemi perchè i cancelli erano molto stretti e l’afflusso fu un poco difficoltoso e andammo  ad occupare la parte centrale della curva proprio  davanti alle transenne in ferro.  Il pre-partita scorse abbastanza tranquillo.In campo si afrontarono due squadre di ragazzini Belgi.

Cominciò ad aleggiare un pò di apprensione tra i tifosi perchè  la divisione frà noi e gli Inglesi era stata fatta con  una rete che sembrava una rete da pollaio.  I poliziotti erano appena 4 o 5.

 
La situazione  degenerò quando un gruppo di inglesi iniziò ad abbattere la rete di divisione,
lanciando anche oggetti contro le forze dell’ordine che furono costrette a scappare verso l’interno del campo. A questo punto successe il finimondo gli Inglesi senza un minimo di controllo cominciarono a scavalcare la rete di divisione aggredendo con fondi di bottiglia rotti tutti quelli che incontravano nella loro strada. Essendo la curva per lo più occupata da genitori con bambini iniziò il panico, la gente si mise ad  urlare e a dire che ci avrebbero ammazzati tutti dirigendosi per salvarsi verso il basso della curva. Io per fortuna essendo con uno dei miei amici che si impaurì subito ci dirigemmo verso l’alto della cura dove c’era una costruzione di legno nella quale trovammo aiuto in alcune persone  che ci aiutarono a salirci sopra per poi gettarsi all’esterno dello stadio che come ricordo era appoggiato ad una collinetta. <>Io penso che fummo fra i primi ad essere usciti dalla curva, di corsa ci dirigemmo verso la curva occupata dagli altri  tifosi Juventini, passando sotto la tribuna d’onore dove incontrammo le prime camionette di gendarmi che arrivavano  in quel momento e che non  erano ancora scesi dai loro mezzi. Arrivati all’ingresso della curva Juventina  mostrammo il biglietto in nostro possesso e il servizio d’ordine ci lasciò subito passare. Entrati dentro ci accorgemmo subito della grossa tragedia che si era consumata infatti vedemmo persone <>portate in campo adagiati sulle transenne, persone trascinate per terra come tappeti. Con il mio amico eravamo anche preoccupati per gli altri nostri tre amici uno dei quali aveva <>una protesi ad un braccio. Poi ci venne il pensiero di quello che avrebbero potuto vedere in tv a casa i nostri familiari e fummo ancora più preoccupati. Gli altoparlanti cominciarono subito a dire che c’erano dei morti,  in campo c’era di tutto: persone che correvano, persone che piangevano, persone senza scarpe persone che cercavano chi l’amico chi il parente. <>Anche io e il mio amico come ho già detto eravamo preoccupati per i nostri amici. Poi fu dato l’annuncio che la partita per il momento era sospesa e a questo punto, decidemmo di ritornare  al pullman che non era molto distante dallo stadio. Quì  per nostra sorpresa <>ci trovammo i nostri amici e ci abbracciammo contenti perché eravamo tutti salvi. A questo punto ci mettemmo a vedere tramite la televisione del pulman le immagini dello stadio per capire se la partita si sarebbe giocata o no. Al pulman ogni tanto arrivavano persone senza scarpe e sanguinanti. Ricordo che era scoppiata la caccia all’inglese, infatti passò di lì un ragazzo inglese e alcune persone lo rincorsero per tentare di aggredirlo, ma per sua fortuna <>riuscì a fuggire mostrando il dito. I negozi e le attività commerciali di Bruxelles avevano tutte abbassato le saracinesche e non c’era nessuna possibilità di poter contattare l’Italia per <>avvisare  che eravamo tutti salvi. La nostra speranza era una sola, che non fossero state mandate in onda quelle immagini. Ad un certo punto quando ormai credevamo che la partita non si sarebbe giocata fu dato l’annuncio invece che la partita si sarebbe giocata. <>Allora ritornammo verso il settore della tragedia  e per la strada passammo proprio sotto la Tribuna d’onore dove erano state montate delle tende da campo dove erano stati portati i corpi delle persone morte. Fu una stretta al cuore persone che piangevano e persone che ancora cercavano i propri cari. Rientrammo dentro lo stadio nel settore maledetto che a questo punto era diviso da un cordone di gendarmi.  La partita cominciò in un clima surreale, al goal di Michel Platini su rigore ricordo che ci abbracciammo ma fu un abbraccio molto doloroso pensando anche a quello che era successo. Alla fine del primo tempo decidemmo di provare ad andare a vedere la partita in tribuna d’onore infatti riuscimmo ad entrare senza problemi perché nessuno ormai controllava più niente. Il secondo tempo scorse tranquillo e alla fine ci furono gli applausi per i giocatori che abbozzarono ad un giro di campo. Uscimmo dallo stadio con il grande rammarico di aver vinto una coppa che era stata insanguinata dal sacrificio innocente di ben 39 persone. Ritornati al pullman fummo riportati all’aeroporto di Anversa  dove avevamo il nostro volo charter alle ore 4,30 /5 del mattino. <>Qui ricordo che notai un capannello di persone dove al centro c’era il giocatore brasiliano Dirceu che era venuto a vedere la partita con un gruppo di napoletani arrivati con un volo charter. Fu una grande sorpresa perché  non avrei mai immaginato che un giocatore della sua fama avrebbe usato un volo charter. Rientrammo a Pisa alle ore 6,00 del mattino e solo in quel momento riuscì a comunicare con i miei cari i quali mi dissero che avevano avuto una grande paura per la mia incolumità ma rimasero tranquilli perché erano riusciti a contattare i numeri telefonici dati dalla Rai per conoscere i nomi dei morti dalla cui  lista non risultò il mio nome.
Ho voluto dare testimonianza solo ora di questa mia avventura perché ho trovato oggi,via internet,il sito dedicato alle vittime dell’Heysel.     


La testimonianza di "Badrose"

Il 29 maggio di 20 anni fa, io ero la, allo stadio Heysel di Bruxelles, per  la finale di Coppa Campioni fra Juventus e Liverpool.

Ma quella data non viene purtroppo ricordata per l'evento sportivo, bensì  per quello che successe, per quelle 39 persone che persero la vita quando
invece erano li, da tifosi juventini, per assistere forse alla più grande  festa della loro vita sportiva.

La Coppa Maledetta - La Strage dell'Heysel - La Signora in Nero - Ecco cos'è rimasto di quella data.

E io, come già detto, c'ero, allora 17enne. Già da alcuni anni, molto precocemente, seguivo le partite allo stadio, a Torino e intrasferta per  l'Italia. Avevo già assistito a competizioni Europee, naturalmente in quel del vecchio Comunale di Torino, ma quella sarebbe stata la mia prima partita vista fuori dall'Italia e soprattutto la prima finale. Il popolo juventino era nuovamente in festa, dopo la bruciante sconfitta subita da favoritissimi 2 anni prima, ad Atene 2, ad opera dell'Amburgo. E io volevo essere li a tutti i costi, perchè conscio che quella sarebbe stata la nostra prima Coppa dei Campioni, perchè già pochi mesi prima avevamo affrontato il Liverpool per la Supercoppa Europea (vincendo). Ma volevo essere li anche perchè il Liverpool, quella temibilissima armata rossa, aveva rappresentato la mia prima passione calcistica.

E allora si, la decisione è presa, io andrò a Bruxelles accompagnato dalla mia famiglia che ne approfitterà per farsi una bella vacanza. Con me partiranno mio padre, allora 50enne, che aveva visto prima di allora una sola partita (della Nazionale) 30 anni prima. E poi mia madre, mio fratello e la sua fidanzata, tutti alla loro prima esperienza all'interno di uno stadio e tutti con un interesse del calcio pari a zero. Ma sarebbe stata una bella vacanza di 3 giorni in quel di Bruxelles, una bella riunione di famiglia come da tempo non accadeva.

Ed in effetti così è stato. Visitiamo Germania e Belgio, assaporiamo cibi diversi, ammiriamo la diversa arichitettura e la diversa cultura. Tutto è perfetto, e da li a poco ci sarà anche la partita per rendere completa la festa.

E ci siamo, arriva il 29 maggio. Usciamo dall'albergo di buon'ora, visitiamo prima la struttura dell'Atomo piena di scale mobili e vetrate, poi ci avviamo in zona stadio. E' una bellisima giornata, il sole splende sereno e la temperatura è discretamente alta. Nelle numerose piazze di Bruxelles è tutto uno sventolio di bandiere e sciarpe, ora bianconere juventine, ora rosso fuoco del Liverpool. I famosi canti dei tifosi inglesi riecheggiano nelle strade di Bruxelles e il tutto ti riavvicina all'evento sportivo cancellando pian piano la vacanza. Inglesi e italiani sono "impunemente" liberi di frequentarsi, ma l'aria è davvero cordiale, con risate, scherzi,
scambi di sciarpe e reciproco rispetto a tener banco. E' una meravigliosa festa sportiva.

E arriva così il momento di avvicinarsi allo stadio, verso le 16, con migliaia di tifosi accalcati in paziente attesa dell'apertura dei cancelli della curva riservata agli juventini (opposta al settore Z dove accadrà in seguito la tragedia). Il primo sintomo di irritazione avviene proprio in quei momenti. Sono ore che aspettiamo sotto il sole che questi benedetti cancelli si aprano. Ma questo non è un eccessivo problema, se non fosse per la polizia belga. Si, la polizia belga, una polizia che pensò bene di non rinunciare al loro pittoresco aspetto, presentandosi - in mezzo a MIGLIAIA di persone - a cavallo... E questi cavalli erano in mezzo a noi, ovviamente irritati da tanto chiasso e tante persone. Quindi cavalli che sbuffano e scalciano, provocando ondate di movimento da parte dei tifosi per scanzarsi, senza contare gli escrementi lasciati a pochi centimetri da noi.

Si fa ancora più sera e, poco distante, c'è un chiosco che vende bibite, panini e hot dog. I miei genitori hanno fame e vogliono fare di quel chiosco la loro meta. Ma io no. Allora tifoso più che mai, il clima da stadio, la tensione e non ultimo alcuni amici torinesi che avevo incontrato, mi fecero desistere dall'hot dog. Ovvie le raccomandazioni dei miei: "Non ti muovere da qui, mi raccomando, non fare scherzi". E ci sarebbe mancato altro, ma...

Dovete sapere che lo stadio Heysel è (era?) incavato nel terreno, quindi la superficie di gioco si trova alcuni metri sotto il livello stradale. Di conseguenza le mura erano molto basse, tanto che un paio di persone, l'una sulle spalle dell'altra e un po atletiche, potevano scavalcare facilmente. E così fu. E le notizie di quelli che scavalcavano dettero conferma di voci che si stavano rincorrendo da un po di tempo, ovvero che i tifosi inglesi erano già entrati e comodamente seduti. E scoppiò il caos.

I tifosi juventini, irritati dal caldo, dai cavalli, da quelle notizie e dall'inspiegabile ritardo nell'apertura dei cancelli, iniziarono una "sommossa". Nel giro di pochi minuti, i fatiscenti portoni di LEGNO (!!!) dello stadio cedettero alla spinta della folla e tutti iniziarono ad entrare. Un po' spinto dalla gente alle spalle, un po' spinto dall'incoscienza di allora, pensai un attimo ai miei che si stavano gustando l'hot dog a poche centinaia di metri. Ed entrai.

Mi procurai un ottimo posto, centrale e basso, proprio dietro la porta, accomodandomi su quegli scalini fatti di pietra e mattoni come la maggior parte degli stadi di 20 anni fa. Cercai più volte con lo sguardo i miei genitori, perchè capii che per loro non doveva senz'altro essere la situazione migliore. Ma c'erano tante, troppe teste per poterli individuare.
In fin dei conti si sarebbe trattato di poche ore e poi, di ritorno al bus che ci avrebbe riportato all'albergo, avremmo festeggiato assieme la vittoria.

La curva opposta, quella riservata ai tifosi inglesi, era un'immensa marea rossa. I canti tornarono ad echeggiare dentro lo stadio, questa volta più forti che mai e la festa continuò, bellissima più che mai. Venne proposta una partitella fra ragazzini, casualmente indossavano tenute bianche e nere da una parte e rosse dall'altra. Ovviamente gli juventini parteggiavano per quelli in maglia bianca, vicevera i tifosi del Liverpool per i ragazzi in maglia rossa. Il clima era festosissimo, ma fu proprio allora che, un razzo, partì dal settore riservato agli inglesi per giungere in quello riservato ai tifosi italiani.

NOTA: i tifosi italiani erano in numero nettamente superiore. Per questo venne deciso che, la curva opposta alla nostra, fosse divisa in due e separata da una semplice doppia rete metallica, in maniera da accogliere gli spettatori italiani in eccesso. In quella zona (in particolare il settore Z), che non sarebbe MAI dovuta esistere, risiedeva la presenza del maggior numero di famiglie; il tifo organizzato, i tifosi "veri", erano dalla parte opposta, quella in cui ero anche io.

L'arrivo di quel razzo nel settore juventino provocò uno spostamento di massa per allontanarsi dai tifosi inglesi. Ma li sembrò finire. Gli italiani invece pensarono bene di riavvicinarsi per inveire contro gli inglesi, scagliandosi contro le reti che li dividevano. Ma non avevano fatto i conti con gli Hooligans... I tifosi inglesi si scagliarono a loro volta contro le reti, reti che ben presto caddero. Le due tifoserie o meglio, gli Hooligans e le famiglie italiane, vennero a contatto. Queste non poterono far altro che fuggire di fronte alla furia degli inglesi, accalcandosi verso il muretto inferiore dello stadio, schiacciando e soffocando quelle che già si trovavano verso il basso.

Vorrei sottolineare la fatiscenza di quello stadio dove, battendo fortemente il tacco della scarpa sui gradoni, si staccavano pezzi di pietre e mattoni. Ideale per una finale di così grande importanza.

Il muretto si sgretolò sotto la spinta e la paura delle migliaia di persone che spingevano per sfuggire alla carica degli Hooligans. Ma noi, situati dall'altra parte dello stadio, di questo non ci rendevamo perfettamente conto. Vedevamo solo il fuggi fuggi generale, la curva opposta che improvvisamente si svuotava, poi la gente che si riversava sul campo da gioco. Ma neanche per un attimo avemmo l'impressione che il muretto aveva ceduto e che addirittura ci fossero dei morti. Non l'abbiamo mai saputo quella notte. Noi vedevamo solo quanto già detto, ma vedevamo anche che la polizia non interveniva se non con pochi, pochissimi elementi, peraltro inutilmente a cavallo e in mezzo al campo. I rinforzi non arrivavano, tardarono un'ora e quando arrivarono erano più impegnati a trattenere i tifosi juventini dalla nostra parte che stavano per divelgere le reti protettivi per scagliarsi contro gli inglesi. E onestamente, giunti a quel punto, fecero bene. Perchè dall'altra parte oramai la tragedia era avvenuta, ma se anche noi avessimo divelto completamente le protezioni, la tragedia avrebbe assunto dimensioni più grandi.

Tutto quello che successe durante e dopo lo sapete, è storia. Triste storia.

La partita si svolse "regolarmente" e terminò a notte fonda. Venimmo trattenuti a lungo dentro lo stadio, in maniera da non farci scontrare con gli Hooligans inglesi. Io, ignaro della tragedia, uscii dallo stadio felice per la vittoria. Avevo 17 anni da poco compiuti e per le vie di Bruxelles mi avventurai da solo in cerca dell'autobus e dei miei genitori che non vedevo da 7 ore. Proprio mentre stavo per raggiungere l'autobus, sento delle grida urlare a squarciagola il mio nome. Erano i miei. Mi volto e vedo mio fratello (allora 24enne e milanista) corrermi incontro tutto felice. Ci abbracciamo e saltelliamo, io grido: "CAMPIONI!!!", mentre mia madre e mia
cognata piangono.

La famiglia si riunisce, mentre nel frattempo una coppia di ragazzi inglesi viene fatta salire sul nostro autobus per scampare al linciaggio. Ma chissenefrega, tutto sommato è stata una gran festa con un incidente di percorso come ne capitano tanti. Poi l'albergo, la tv, le immagini ravvicinate, il racconto di quello che è stato dall'altra parte dello stadio. Tutt'altro che una festa.

Ma noi non sapevamo, io non sapevo. Ma qualcuno si.

Quando mio padre, dall'interno dello stadio, vide il caos che stava succedendo dall'altra parte, si preoccupò che io non fossi dove dovevo essere. Era illogico certo, ma era illogico anche che io fossi entrato da solo, era illogico che avessero sfondato i cancelli per entrare, era illogico che non ci fosse la polizia. Tante cose erano illogiche.
Così lui uscì dallo stadio e mi venne a cercare. Andò dall'altra parte e vide la disperazione di gente che fuggiva. Vide feriti lievi e cercò informazioni. Si addentrò ancora di più e seppe tutto, ma soprattutto vide tutto, vide le vittime. Io non ero li, ma lui non lo poteva sapere. Potè solo tornare indietro, nello stadio, dal resto della famiglia e guardarsi la partita, con la speranza che fossi abbastanza adulto da cavamela da solo.

"CAMPIONI!" - urlai ritrovando la mia famiglia. Ma 39 altre persone, la loro famiglia non l'hanno mai più vista...

20 anni dopo ci risiamo. La stessa coppa, le stesse maglie. Le due squadre non si sono mai più incontrate nella loro storia. Per anni si è parlato di un'amichevole fra Juventus e Liverpool che rendesse omaggio alle vittime dell'Heysel, ma non se n'è mai fatto niente. Fondamentalmente non s'è mai fatto niente per riavvicinare queste due squadre e che questa allora sia la volta buona. Allo stadio e davanti alla tv, tante saranno le persone che 20 anni fa hanno assistito a quell'incontro. Tanti saranno i ricordi, per molti atroci. E invece di pompare pericolosamente l'evento solo in ricordo di una tragedia, facciamo si che quelle vittime vengano commemorate ancora una volta. E poi si, che questa volta sia festa, festa vera e che sia meno difficle ricordare. ù

(Badrose)


Una toccante testimonianza di un testimone diretto, grazie Ezio !


Ciao Stefano,
di quella maledetta giornata del 29/5/85, anche se sono passati vent'anni, ricordo purtroppo tutto perfettamente bene......
Ricordo l'entusiamo della partenza, la sera precedente la partita, dalla stazione Centrale di Milano, sull'onda del ricordo di quanto provato l'anno precedente, quando vincemmo la Coppa delle Coppe a Basilea in finale con il Porto (2 a 1 con goals di Vignola e Boniek).
Ricordo l'arrivo a Bruxelles e la smania di arrivare allo stadio, nonostante mancassero 10 ore alla partita.....
Ricordo le ore precedenti l'ingresso allo Stadio maledetto, quando nel parco vicino ci si mescolava sorridendo ai tifosi avversari....e chissà se tra loro c'erano già gli assassini....
Ricordo l'ingresso in curva, fortunatamente e ringrazio ancora oggi il Signore, opposta al maledetto settore "Z"....i cori festanti.....i colori dello stadio in gran parte bianconero.....l'allegria di tutti....
E ricordo le prime cariche degli "animali" (come potrei chiamarli diversamente) verso i nostri tifosi del settore "Z".....NON POTRO' MAI DIMENTICARE.....
Ricordo la partita, il rigore, il gol, la gioia di cui oggi ancora mi vergogno.....ma da dov'ero io purtroppo in pochi avevano capito il dramma che si era consumato.....
Ricordo il ritorno alla stazione di Bruxelles, i volti increduli delle persone incontrate, la voce di mia madre al telefono, che singhiozzando mi diceva cos'era successo, l'appello degli organizzatori, prima del rientro, che volevano essere sicuri di non aver "perso" nessuno.....
Ricordo l'arrivo alla stazione di Milano, il marciapiede stracolmo di parenti e giornalisti che volevano sapere, perchè il nostro era il primo treno che rientrava a Milano.......
Ricordo la fatica che ho fatto, 5 anni dopo, a rimetter piede in uno stadio.........
RICORDO.......PERCHE' NON POSSIAMO DIMENTICARE E PERCHE' NON DEVE PIU' SUCCEDERE !!!
Scusami se forse non sono stato così breve come speravi.....ma è un ricordo che mi accompagnerà per tutta la vita ed ogni volta che ne parlo, gli occhi mi si riempiono di lacrime.
Grazie Stefano ed a presto.
Ezio Medri - Biella

In occasione di Juventus-Liverpool (5/4/2005), sfida dei quarti di Champions League, pubblico questa bella lettera che mi è giunta nei giorni scorsi. Sono passati quasi vent'anni dal 29/5/2005, per non dimenticare.
(Stefano Solegemello)

CIAO, SONO DANIELE.
ANCH'IO RICORDO, AVEVO 8 ANNI, UNA PARTITA CHE NON INCOMINCIAVA MAI E CHE NON HO MAI POTUTO VEDERE PERCHE' MIO PAPA' MI HA VOLUTO MANDARE A LETTO.

LA MORTE E' UNA CONSEGUENZA DELLA VITA, MA MORIRE IN QUEL MODO NO.
LA STRAGE DELL'HEYSEL CON LE DOVUTE PROPORZIONI PUO' ESSERE
PARAGONATA ALL'OLOCAUSTO EBRAICO NESSUNO DOVRA' MAI
DIMENTICARE COME NESSUNO DOVRA' MAI DIMENTICARE IL MEDICO CHE E' MORTO PER SALVARE ALTRE VITE...IN UN MONDO COSI' EGOISTA, UN GESTO EROICO ED ALTRUISTA VALE MOLTISSIMO.
CREDO CHE NOI JUVENTINI DOBBIAMO FARE QUALCOSA DI VERAMENTE SPECIALE A COMMEMORAZIONE DEI NOSTRI FATTI.
LA JUVENTUS POTREBBE A 20 ANNI DI DISTANZA RESTITUIRE LA COPPA ALL'UEFA.
A CHI IMPORTA...DI UNA COPPA DI FRONTE A MORTI INNOCENTI.
NON ERANO SOLDATI ERANO VITTIME INNOCENTI DI UNA STRAGE CHE SI POTEVA EVITARE.
LA SIGNORILITA' E LO STILE JUVE SONO BEN NOTI E IN MEMORIA DELL'AVVOCATO RESTITUIAMO QUESTA COPPA MALEDETTA.
IL GIORNO DELLA PARTITA CON IL LIVERPOOL.
OGGI LO SPORT E' DEGENERATO CHI VINCE E FURBO TUTTI GLI ALTRI STUPIDI
BISOGNA INSEGNARE AI NOSTRI FIGLI CHE BISOGNA FARE TUTTO CIO' CHE E' LECITO ED ONESTO PER VINCERE MA SI PUO' ARRIVARE ANCHE SECONDI O PERDERE.
SI DEVE ACCETTARE LA SCONFITTA CON UN SORRISO O UN APPLAUSO DOPO AVER CERCATO DI VINCERE FINO ALLA FINE.
E' GIUSTO NON MOLLARE MAI MA A VOLTE NON E' ABBASTANZA SPECIALMENTE NEL CALCIO DOVE LA FORTUNA E LA CASUALITA' SONO COMPONENTI FONDAMENTALI.
RESTITUIAMO QUELLA COPPA LA JUVENTUS E' SOCIETA' GLORIOSA E NON HA BISOGNO DI UNA COPPA VINTA NEL SANGUE.
VORREI CHE LA CURVA IL GIORNO DI JUVE-LIVERPOOL FACESSE QUALCOSA DI VERAMENTE SERIO.
PROPORREI AI TIFOSI DEL LIVERPOOL DI MISCHIARE LE TIFOSERIE E DIMOSTRARE A TUTTO IL MONDO CHE SI PUO' ACCETTARE IL VERDETTO DEL CAMPO SENZA PROBLEMI.
SO CHE SARA' IMPOSSIBILE, ALMENO UNA STRETTA DI MANO ED UN ABBRACCIO TRA I CAPI TIFOSERIE.
PER NON DIMENTICARE MAI E PER CERCARE DI RENDERE MIGLIORE QUESTO SPORT CHE ORMAI E' DEGENERATO.

DANIELE

Sono d'accordo con le vs/ battaglie per non dimenticare
A quel tempo avevo 24 anni e stavo per sposarmi
Ringrazio ancora oggi di non aver avuto la sfortuna di tanti nostri compagni
Cordialmente
Malano Mauro
Canavese Bianconero Sez. CUORGNE'

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