L'OPERA IN OGGETTO E’ STATA DEPOSITATA ALLA SIAE.

Tommi alla ricerca della perla della felictà

"TOMMI ALLA RICERCA DELLA PERLA DELLA FELICITA' "

Casa Editrice: Prospettiva

- La favola narra la storia di sette bambini di nove anni che vanno alla ricerca della perla della felicità tramite la quale Babbo Natale consegna i regali ai bambini di tutto il mondo.
La perla in questione è sottratta al legittimo proprietario da due Orchi che sparano di esaudire ogni loro piccolo desiderio. Il furto sconvolge il mondo delle favole, i sette bambini lungo il loro viaggio incontrano Cappuccetto Rosso che fa la "Guardia Forestale", il Lupo che vende frutta e verdura… -
Per acquistarlo vai sul sito: www.internetbookshop.it

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RECENSIONE:

di Roberto Missoni, pubblicata sul mensile "Il Cittadino", Maggio 2002 Tivoli - Roma.
- Di Rita D'Amario segnalammo anni fa " La Luna che diventò Sole…", volumetto ricco d'intenzioni letterarie e intensamente pervaso di reminiscenza mitologiche, che ripercorreva l'itinerario spirituale di un'esperienza di uscita dall'anoressia mentale. In tono più dimesso, e con minore indulgenza a ricercare tematiche a forte connotazione simbolica, si svolge questa fiaba " Tommi alla ricerca della perla della felicità ", con evidenti reminiscenze dal Mago di Oz o Alice nel Paese delle Meraviglie e quanti altri novellieri e favolisti sono ora impegnati a rendere la complessa realtà anche tecnologica del nostro tempo gradevole e comprensibile ai bambini, anche in questo caso tutti affaccendati chi col computer, chi col telefonino, colla playstation e così via. Perciò sorprende di vederne un gruppetto realmente allarmato perché a Babbo Natale certi suoi accoliti elfi hanno rubato la perla della felicità, a mo' di caparra per il forte sfruttamento cui sono sottoposti nel periodo natalizio per la distribuzione dei regali. I ragazzini si mettono dunque alla ricerca del prezioso talismano e finiscono per renderlo a Babbo Natale giusto alla vigilia della festività. Poi si scopre ovviamente che è stata un'esperienza immaginaria, il che non impedisce che ciascuno abbia percorso, nella stanza dei propri sogni, esperienze nelle quali si imbatterà poi più compiutamente nel corso dell'intera vita. Ai bambini che chiedono la realizzazione dei loro sogni, Babbo Natale replica: "Basta crederci, prima o poi si realizzeranno. Non è semplice, per realizzare alcuni desideri, a volte bisogna lottare molto, studiare, insomma bisogna impegnarsi quotidianamente affinché i sogni diventino realtà. Non abbandonate mai il vostro sogno, lasciate sempre la porticina aperta".
Morale convenzionale e pedagogica, ma non priva di una sua opportunità nel tempo di un certo disorientamento infantile, determinato dall'alluvione di imput tecnologici cui i bambini sono sottoposti, e di qualche utilità anche per gli adulti, che devono prendere atto ormai di una certa autonomia del mondo culturale infantile, e prestarsi ad assecondarlo con indulgenza non priva di lucidità.

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L’OPERA IN OGGETTO E’ STATA DEPOSITATA ALLA SIAE.

 

 

 

 

 

Disegno di Andrea Caponera

 

“UNA LUCE DI SPERANZA PER CHI BRANCOLA NEL MALE OSCURO DELL’ANORESSIA E DELLA BULIMIA”

 

 

Presentazione:

 

L’Autrice, lungo il suo cammino ha incontrato due “Lune”. Le ha guardate negli occhi comprendendo il dolore che avevano dentro. Non ha preso iniziativa, ha aspettato che fossero loro a fare il primo passo, e così è stato. Dopo approcci e tentativi vari, sono diventate amiche, E’ la vera storia di due Lune (amiche dell’Autrice), che per cause diverse sono diventate: “Anoressiche e Bulimiche”. Con coraggio e determinazione hanno affrontato il problema, fiduciose di poter sconfiggere questo male oscuro che sta dilagando vertiginosamente. A nostra insaputa, ci sono persone malate nell’anima con problemi più distruttivi di un dolore fisico. Ora, queste due Lune, dopo aver trascorso tre anni della loro vita a combattere con questo disagio esistenziale, sono diventate due splendide stelle del firmamento. Il loro spirito è luminescente come un astro del cielo. Accendono una luce di speranza per chi da anni combatte una qualsiasi malattia, dibattendosi tra l’indifferenza e le umiliazioni della gente che gli vive accanto. Chi ha perso ogni speranza non ha più il coraggio di combattere, deve guardare il cielo di notte, quando è limpido e sereno: potrà vedere la Via Lattea e comprendere quanto la vita sia dura ma bella, tanto da essere vissuta intensamente partecipando ogni giorno alla sua continua evoluzione. Per rispetto della privacy delle protagoniste, non si fa nessun riferimento alle famiglie, ai luoghi di nascita, né al mondo esterno che le circonda, ma solo alle emozioni e ai turbamenti interiori che hanno vissuto interagendo con la società. Nel libro compare una sola “Luna”, che rappresenta le inquietudini esistenziali di due persone che hanno vissuto veramente un dramma di dimensioni colossali. L’Autrice fa riferimento alla mitologia greca, perché le imprese e le sofferenze dei personaggi descritti nel libro, hanno significati profondi. L’angoscia eroica dei miti greci libera la mente dal grigiore della vita quotidiana, rendendola divina. Realmente che è l’eroe? E’ colui che compie imprese pericolose per progredire, il cui eroismo consiste nel far compiere alla società i passi fondamentali per cambiare. Ognuno di noi può conquistarsi la nomea eroica attraverso il superamento delle difficoltà. Ogni essere umano può conquistare la gloria se affronta con coraggio e pazienza, con tenacia e fiducia, la sofferenza che sconvolge la vita. Le radici del nostro sapere affondano nella cultura greca e latina, influenzando con positività la nostra generazione che è ricca e potente. I greci, li ricordiamo ancora oggi, perché furono i pionieri del pensiero scientifico, della matematica, della medicina, dell’arte drammatica, della poesia lirica, della storia e della filosofia. Malgrado gli scarsi esperimenti scientifici (e la loro renitenza a farli), elevano con eccellenza il pensiero umano. La scienza è andata al di là delle teorie circa la sostanza del mondo, ma nessuno li ha superati in fatto di filosofia e di arte. Possiamo farcela sempre e in ogni circostanza, perché alcune volte guardare il passato ci aiuta ad affrontare il presente e a costruire un futuro migliore.

Il libro è dedicato:

a tutti gli esseri umani che vivono tante belle storie che non possono raccontare. Storie diverse ma alla fine simili l’una all’altra che rendono le persone umane. Quando l’uomo si arrenderà all’idea che nessuno vivrà in eterno e che l’unica certezza che ha è la morte, vivrà la sua vita complessa e comune con gli altri uomini, per sconfiggere i dolori e le sofferenze che accompagnano l’esistenza e trovare la felicità. I nostri limiti ci spingono a ricercare, a sperimentare, a sognare, a sperare, a combattere per superare gli stesi limiti a volte auto-imposti. Non entro nello specifico del problema perché, ogni persona ha la sua realtà con relative sfaccettature che solo lei può conoscere. Sono secoli che l’uomo cerca di andare al di là di ciò che vive intorno a lui: è lui la società, la famiglia, è lui che governa la vita. Le mie indicazioni mettono in luce quello che si vive tra le mura domestiche, o tra gli amici, o a scuola, o negli ambienti di lavoro, o meglio: quello che si vive in una piccola o grande società.

Caro lettore, non so chi tu sia, se sei figlio (questo senza ombra di dubbio), genitore, maschio, femmina, giovane, anziano, ti pongo una domanda: “Che vita hai deciso di condurre?” Underground, progressiva, classica, leggera, lirica, rap. Solo tu poi decidere e hai il dovere di assumerti le responsabilità che ne conseguono. Ricordati che hai sempre l’opportunità di cambiare e di migliorare. Ti consiglio di non ricorrere a facili espedienti per sconfiggere il dolore che hai dentro, ma combattilo e troverai un grande tesoro. Accetta l’idea che tu, come persona, non vivrai in eterno, ma se arricchirai il tuo spirito arriverai alle più alte sfere celesti e i tuoi atomi vagheranno nel cosmo per aggregarsi e dare vita a nuove specie viventi.

 La Luna che diventò Sole
 

 

 

 

 

 

 


La Luna è un satellite freddo e scontroso. Appare solo di notte perché pochi possano vederla. Non è costante nel volgere della sua esistenza, cambia spesso faccia e non si sa mai qual è il suo umore. Eppure, per quanto strana sembri, gli innamorati si rivolgono a lei. Si amano al chiaro di Luna, si scambiano promesse eterne, litigano e poi rifanno pace. Quella palla bianca, tanto bella quanto mutevole, cosa nasconde, quando appare tutta intera nel suo splendore e si riflette sul mare? Non si sa. E’ arida, non trasmette nulla, nessuna sensazione. Alcuni si innamorano di lei, ma non si concede, rimane lassù nel cielo circondata dalle stelle luminose, che la proteggono a distanza. Nessuno può scoprire il suo arcano. Quando si arrabbia diventa nera o si nasconde dietro le nuvole, affinché nessuno possa notarla. La zingara utilizza la Luna nera per confermare la perdita di qualcosa. Eppure non è così brutale da preannunciare disastri senza via d’uscita. L’ho conosciuta nel suo momento peggiore, ma ha mostrato il suo lato migliore per nascondere il suo dramma. All’inizio non notavo le grandi pianure grigie che hanno preso il posto delle distese d’acqua, e le principali catene montuose che delimitano quelli che anticamente erano i mari principali. Chissà cosa c’era nei crateri oggi vuoti. Io lo so, prima era diversa, era come tutti gli altri satelliti. Forse rigogliosa e colorata, piena di umanità. Perché, ora, è tutto cambiato? E’ sterile e non ha calore. Non riesce a proteggersi dal Sole e allora diventa ostile. Sono certa che l’interno del globo lunare sia incandescente e prima o poi esploderà Osservo il suolo attentamente, mi accorgo che ci sono: la baia della rugiada, degli arcobaleni, il lago dei sogni, il mare della tranquillità e della serenità; essi sono in conflitto con il mare delle crisi, con la palude del sonno, con il mare delle nubi e per finire con l’oceano delle tempeste. Lei è fatta così, combatte perché vuole raggiungere l’equilibrio che aveva un tempo ormai trascorso. Si dibatte tra ricordi e dolori presenti.

Le domando perché.

Lei non risponde.

Lei mi cerca quando ha bisogno di qualcosa.

Una volta ho provato a cercarla e le ho scritto una lettera, volevo esortarla a vivere e a combattere il male che ha dentro. Nel suo silenzio ero riuscita a decifrare due parole: “Anoressia e Bulimia”.

Luna è diventata anoressica e bulimia e io non so perché. Vorrei aiutarla, ma non posso, perché lei, pur mostrandosi nel suo splendore: si nasconde. Voglio affrontare il mare freddo che la circonda per scaldare quelle notti buie e sole in cui si è rifugiata. Piano, piano, prendiamo confidenza, tra una sillaba e l’altra mi confessa che è: “Anoressica e Bulimia”.

Le chiedo spiegazioni.

Lei mi guarda e non risponde.

Leggo nei suoi occhi un gran dolore. E’ profondo, senza fine. Vorrei colmare quel vuoto e non so come fare. Prendo l’iniziativa e le parlo apertamente. Ho la presunzione di convincerla cha sta sbagliando. Lei è consapevole di tutto quanto e di certo non ha bisogno di rimproveri, ma solo di amore, tenerezza, affetto e tanta, tanta comprensione. Riprovo, e fortunatamente le mie intenzioni falliscono perché non mi da’ la possibilità di parlare e si eclissa. Rifletto sulla mia presunzione e mi rendo conto che sto sbagliando. Devo aspettare che sia lei ad aprirsi, che lasci piangere il suo cuore affinché io possa ascoltare il grido straziante dell’anima, per poi poterla aiutare.

Dal nostro primo incontro sono passati molti giorni. Ormai ho perso le speranze e penso a lei con rassegnazione. Magicamente la rivedo una notte che passeggio sulla spiaggia.

Lei è lì, ad aspettarmi.

Si mostra nel suo splendore, è enorme e pallida. Si riflette sul mare, quella grande distesa d’acqua la culla con tenerezza. Era quello che cercava da tantissimo tempo: tranquillità e protezione.

Provo a chiamarla.

Lei mi guarda e sorride.

Il suo sguardo mi rincuora.

Non apre bocca e mi saluta con un cenno della mano.

Io proseguo per la mia strada, fiduciosa che un giorno la rincontrerò di nuovo. Ormai le nostre anime sono legate da un sottile filo argentato e ogni volta che ci incontriamo diviene sempre più consistente, forte e poderoso per resistere ad ogni turbamento.

Passano i giorni, speso mi perdo nei miei pensieri sognando di rivederla. Quando esco di casa, alzo gli occhi al cielo per scrutare qualcosa di lei. Una volta l’ho vista di giorno. Ho esultato dalla gioia, era opaca, molto sfocata e lontanissima. Era la dimostrazione che voleva cambiare, che voleva recuperare i giorni trascorsi nella solitudine e nel dolore.

La rivedo una sera di Dicembre.

Fa freddo, lei, alta nel cielo: mi guarda. Noto qualcosa di strano, un leggero miglioramento, ma piccolo, piccolo, piccolo.

La saluto e le mie parole sono piene di ardore in quella notte fredda.

Le chiedo se posso stringerla, se posso baciarla in fronte in segno di affetto.

Lei abbassa gli occhi e risponde che ha paura.

Rimango stupita.

Lei mi spiega che ha paura perché vuole essere amata per quella che è veramente: ha paura della gente.

E’ per questo, che preferisce uscire la notte, per non incontrare nessuno, ma solo osservare da lontano e godere delle piccole gioie altrui. Io grido al cielo che non può vivere lassù da sola, ma deve scendere sulla terra per combattere e sconfiggere ogni tormento esistenziale, per poi tornare lassù e splendere come il Sole di giorno. Non può accontentarsi delle gioie altrui, deve avere le sue. Non può elemosinare l’amore di qualcuno, ma può viverlo veramente se si lascia avvolgere e trascinare dall’amore per assaporarne ogni patimento e ogni godimento. Il senso della vita è questo: “Gioia e dolore”, e per quanto strano sembri, la felicità nasce sempre dalla sofferenza.

Luna mi guarda e risponde che è stanca e vuole riposare.

Passano altri giorni e non si fa viva. Devo aspettare che sia lei a cercarmi, ho capito che devo rispettare i suoi ritmi e le sue fasi. Penso continuamente a Luna e alle parole che posso dire per confortarla e per aiutarla a vincere una guerra così spossante. Provo a calarmi in lei, ma è difficile. Nessuno può comprendere quello che passa nel cuore di Luna da portarla così lontano dalla terra. E’ spesso derisa ed umiliata, perché è diversa dalle altre. Chissà, forse perché dentro è bella, più bella di un rubino, più splendente di un diamante. Sprigiona ilarità e simpatia, la gente si fida di lei, quando la notte le confida le pene d’amore. Eppure nasconde qualcosa. Come può la regina della notte essere triste, se ha il potere di alzare e abbassare le maree, di guidare il marinaio in alto mare, che guardandola, pensa all’amata che l’aspetta al porto, di fare compagnia agli animali solitari nel bosco?

Mi logoro in questi pensieri, per cercare di svelare il suo enigma.

Passano dei mesi e non ho più notizia.

La rivedo in Primavera. Stagione ideale per rifiorire a nuova vita.

Mi guarda in silenzio.

Ma io non capisco il suo messaggio, perché è cambiata.

Mi osserva e ride.

La scruto con curiosità.

Mi spiega che ha ripreso a mangiare per una settimana non ha rifiutato il cibo.

Le domando come si sente.

Risponde che sta bene.

Per lei rappresenta una piccola conquista che segna il passo per una vittoria gloriosa.

Mi congratulo, ma non riesco a capire le sue emozioni, sembra sciocco a chi non ha problemi di questo genere. Me ne vado per la mia strada e per un po’ decidiamo di non vederci. Penso spesso a lei, e non riesco a capire perché un corpo così unico nel suo genere, possa metter in atto un meccanismo di autodistruzione. Cerco di capire il mistero, guardando il sole al tramonto. Una grande palla di rosso fuoco che ha colorato l’orizzonte. Rappresenta la potenza, il vigore della vita, la capacità di affrontare il giorno con tenacia, possiede la virtù di riscaldare e di nutrire gli esseri viventi; ma la notte il Sole si riposa e lascia il posto alla mite Luna. Nella sua precarietà però, è umile e posso parlare con lei. Ora mi consente di dialogare, dopo mesi e mesi trascorsi a scrutarci, a guardarci in silenzio, adesso mi permette di avere un rapporto sincero basato sulla fiducia e sul rispetto reciproco. Ci rivediamo all’inizio del mese di Giugno.

Nella sua ampiezza è bella e splendente.

Mi confessa che è stanca ed esausta di vivere una vita ai margini. Vuole tornare al suo antico splendore e riconquistare qualcosa di più.

Le chiedo coma sta.

Mi risponde che ha ripreso a mangiare, ma nei momenti di grande tensione e di nervosismo perde le speranze. Mi dispiace per lei, ma ho compreso che se voglio aiutarla mi devo mostrare forte e non posso manifestare sentimenti di pena. Voglio ascoltarla e rassicurarla che vincerà la guerra solo se rispetterà il suo ritmo di recupero. Piano piano, può ricostruire il suo equilibrio. Le domando perché dopo aver mangiato perde la speranza di vincere la guerra.

Mi spiega che si abbuffa di cibo e poi le prende lo sconforto perché ha paura di ingrassare.

Sono inerme di fronte a lei che mi appare così grande ma nello stesso tempo così fragile. Provo a comprendere ma non ci riesco. Non dormo la notte per pensare ad una soluzione. Ormai siamo diventate amiche, mi è di gran conforto vederla tutte le sere quasi alla stessa ora. Parliamo molto, passeggiamo, ci scambiamo delle confidenze, la invito a casa mia per suggellare l’amicizia con una tazza di tè. I momenti che passiamo insieme sono meravigliosi, credo che abbia superato il problema, anzi, io cerco di scherzare e involontariamente la umilio, quando le offro da mangiare e lei rifiuta. E’ andata in cura da un dietologo e da uno psicoterapeuta. Una volta, mentre guardavo una partita di pallone, le ho offerto un pezzo di pizza, ha rifiutato perché aveva portato un panino. Ho cercato di sdrammatizzare dicendo che la mangiavo alla faccia sua. Mi ha osservato: con gli occhi pieni di lacrime. Ma io non avevo capito e ho continuato a guardarla ridendo. Chissà cosa avrebbe dato, in quel momento, per gustare un pezzo di pizza al pomodoro. Ora, dopo tanto tempo mi rendo conto del tarlo che la sta divorando interiormente e nessuno può vederlo. Alcune volte siamo più ciechi dei non vedenti. Loro, perlomeno, hanno il buon senso di rispettare le persone che hanno dei problemi. La mia compagnia le riempie le notti buie e fredde d’Inverno e rinfresca le notti calde d’Estate. Il problema è sempre lì, in agguato e aspetta il momento opportuno per uscire fuori. E’ travolgente e impetuoso, sta distruggendo Luna lentamente, e lei lo sa. Alcune volte non riesco a parlare, le scrivo delle lettere lunghissime e confortanti, voglio colmare il vuoto dei crateri che si sono formati nella sua anima. Mi rendo conto di non essere all’altezza, non posso guarirla. Io, inconsapevolmente curo l’effetto e non la causa che sta alla base dell’anoressia. A Luna ho offerto il mio aiuto, una mano che la conduce verso il mutamento del bisogno. Chi non conosce nulla di lei, pensa che non abbia problemi. Ma se io sparissi all’improvviso, cosa succederebbe a Luna? Potrebbe cadere nella disperazione e rimanere a vagare nello spazio infinito nella più profonda solitudine? No! Non può continuare a vivere in questo modo. La chiamo e lei viene tutta contenta spiccando tra le stelle del firmamento.

Le dico che il suo malessere deve cessare, non si deve accontentare di piccoli attimi, ma deve assaporare la vita nella sua pienezza. Lei lo sa. Io sono stata un’altra volta presuntuosa e indiscreta. Che diritto ho di mettere uno stop al suo dolore. La fase di recupero deve rispettare dei ritmi che non si possono comandare a piacimento. Luna è intelligente, acuta, spiritosa e con una grande voglia di vivere. Sa cosa l’aspetta, conosce il suo problema e le cause che l’hanno condotta sull’orlo della distruzione, conosce anche i mezzi per combattere la tempesta.

La rimprovero.

Lei, con tranquillità, mi consiglia di mantenere la calma. Di fronte a quella maestosità, la mia persona scompare e mi rendo conto di quanto sia sensibile e desiderosa di amore. Io ho tutto, ma lei ha qualcosa di più. Sta perdendo se stessa, ma può riconquistarsi solo se combatterà la guerra da sola. Sono poche le persone che hanno il coraggio di combattere e mettere in discussione se stesse. Lei lo sta facendo. Io nella mia cecità non mi sono accorta di nulla. Combatte con l’ignoto dell’universo, con la notte che nasconde mille pericoli perché non c’è luce; combatte la terra perché c’è tanta confusione. Si è aggrappata alla vita con le unghie e con i denti, ogni giorno conquista una vittoria. Io non vedo niente, perché voglio che faccia quello che dico io, senza considerare che le persone come Luna, non sono malati mentali, ma hanno avuto un collasso emotivo che le ha portate alla disperazione. Sono intelligenti, molto sensibili alla vita che le vuole più forti: loro sono più delicate, ma hanno un potere eccezionale perché se risorgono, salgono nel cielo ad illuminare l’esistenza di qualcuno che non si accorge che la vita può durare un soffio di vento. Ogni giorno è diversa: sta risorgendo a nuova vita. Ma questo non basta, deve tornare a vivere tra la gente. Una sera ho provato ad allungare le braccia per afferrarla e lei ha acconsentito. Ho sentito il suo calore e la voglia di continuare. E’ decisa ad andare avanti e io le ho promesso che non l’abbandonerò mai. Piano, piano, a piccoli passi, sta cominciando a scendere sulla terra. L’ho portata tra i miei amici, l’hanno accolta con entusiasmo perché è limpida e chiara, è fresca e umile, ma nasconde qualcosa che ben presto ha allarmato il gruppo. Ogni tanto si oscura, sono i momenti di tensione e lei ha deciso di fronteggiarli da sola. Sono orgogliosa di Luna, ce la sta facendo tra mille ostacoli e incertezze. E’ testarda e caparbia e vuole vincere la guerra. Guardati dentro, le ripeto spesso. Fai uscire il tesoro che custodisci gelosamente. Mostra con orgoglio quello che gli altri non hanno. Devi volerti bene prima tu e poi il mondo intero. Pensa alla tua vita e curati come se fossi un fiore prezioso, perché sei unica nel tuo genere e come te non c’è nessuna.

Sono parole di conforto e piene di amore che la esortano ad andare avanti, perché finalmente si sente accettata per quella che è veramente. Alcune volte sente un forte calore che si sprigiona dall’interno del suo corpo. E’ la forza della sua anima, si sta rinforzando perché vuole uscire fuori. Avverte la presenza di Dio che la avvolge in un fascio di luce sollevandola da terra per confortarla che un giorno non lontano, arriverà al traguardo. Dio non ci abbandona mai, siamo noi che ci allontaniamo da Lui e non ascoltiamo le Sue parole, mentre ci guida lungo il nostro cammino. Alcune persone sono sorde al richiamo della salvezza e preferiscono vivere nell’Inferno dell’ipocrisia. Luna si rende conto che sta vivendo un Inferno, ma è certa che arriverà in Paradiso. Ora, le notti di Luna sono diverse, sembra che intorno a lei ci sia del colore. Forse sono i segnali del cambiamento. Lei è un corpo celeste e sotto la sua superficie c’è un considerevole calore, non è un corpo inerte, può vivere, perché è vitale. Quando si parla con lei bisogna effettuare un atterraggio morbido, non permette a tutti di entrare nel suo mondo: si dona a pochi. Si è concessa a me, e io sono orgogliosa di avere un’amica come lei. Mi sta insegnando che la nostra anima può lasciare il corpo all’improvviso e non dobbiamo sprecare la vita inutilmente; essa è preziosa, è un dono del Signore e noi abbiamo il dovere di averne cura. Luna conosce il suo corpo che detesta perché non lo vede perfetto come quello delle modelle. Ma non è questa la vera causa del suo malessere. Luna considera altri aspetti della vita umana, come l’intelligenza e la spiritualità, perché malgrado il suo silenzio ascolta il grido di dolore che si perde nell’immensità dell’universo, quando dice basta perché non riesce a gestire la sua vita e vuole essere lasciata in pace. Dopo mesi trascorsi a confidarci, sono riuscita a capire la causa determinante: l’incomprensione familiare e tutte le responsabilità che deve affrontare ogni giorno. Si destreggia tra studio, lavoro, faccende di casa, parenti e amici. Luna non ama studiare, anzi, preferirebbe smettere e trovare un buon impiego che le permetta di essere più autonoma, ma i suoi genitori non sono d’accordo. Le consiglio di ascoltare con attenzione il suo cuore e la sua mente. Le consiglio di guardare il lato positivo della situazione, ma solo lei sa cosa è più opportuno fare. Non ho il diritto di influenzare le sue decisioni. Non posso essere invadente, posso aiutarla a guardare meglio dentro se stessa e sviluppare le capacità che ha. Dopo tanto tempo comincia ad aprire il suo cuore. Mi spiega che spesso i ragazzi sono crudeli, perché amano le belle ragazze e si preoccupano poco delle altre virtù. Luna è considerata l’amica confidente che ha sempre una parola di conforto per le anime in pena, ma nessuno si interessa del suo animo. Ora, ha bisogno di aiuto, ed io sono qui per ascoltarla, per confortarla, per cercare di rimettere insieme i pezzi del suo grande cuore: è andato in frantumi solo perché cercava un po’ di affetto. La mia Luna calante è consapevole di tutto, e piange lacrimosi che inondano i suoi mari mandandoli in burrasca. Vuole tornare a vivere e sta crescendo. E’ viva! Affronta la sofferenza con umiltà e grande forza d’animo. E’ determinata e se qualcuno prova ad ostacolare il suo cammino, lo travolge. Dal nostro primo incontro è passato un anno, lei è cambiata tantissimo. L’obiettivo è ancora lontano, ma si sta avvicinando. Ha deciso di riprendere a mangiare, seguendo una dieta prescritta dal dietologo, accompagna questa lenta evoluzione con la psicoterapia. Il lavoro maggiore lo sta facendo lei: perché è determinata e ostinata. Affronta la vita, le persone, la famiglia, tutto e tutti. Mi ha detto che per un periodo preferisce andare a trovare una zia, forse lontana dal suo cielo troverà la pace tanto desiderata. Ma è una felicità apparente. Lei è cambiata. Ma il suo cielo è grigio e buio. Si è resa conto che fuggire da ciò che le procura dolore, non la difende a la causa la rincorre per tutta la galassia. Ha deciso di combattere la guerra apertamente con chi le fa del male. Da un po’ di tempo ha smesso di studiare e di lavorare per dedicarsi completamente alla ricerca di sé. Luna è sempre alta nel cielo e governa la notte.

Qualche cosa è cambiato, ma non è soddisfatta, Vuole cambiare tecnica di combattimento. E’ scesa sulla terra, ha ripreso a studiare, a lavorare, ad uscire con gli amici e a vivere in famiglia. Solo così può ricostruire se stessa, solo affrontando la causa e le terribili tempeste emotive che l’hanno condotta all’anoressia e alla bulimia, può trasformare e ricostruire l’equilibrio emotivo. Molte persone credono che questo problema sia un male fisico che si manifesta con la magrezza eccessiva. In realtà, rappresenta un disagio esistenziale nel quale si perde la gestione emozionale facendo crollare il baricentro emotivo. L’unica possibilità che permette di sfogare il malessere è rifiutare il cibo come rappresentante della realtà e della vita. Sul cibo si proiettano i problemi e non mangiare, significa fuggire da ciò che procura malessere. Luna mi spiega che mangia perché vuole vivere, in fondo il cibo è Dio, vita, ma poi si accorge che quello che ha dentro le fa male, è un dolore che non riesce a sopportare e cerca di liberarsi o con il vomito procurato, o con i lassativi. Lei ha se stessa prima di tutto, poi me, gli amici, che possono aiutarla quando ha bisogno di qualcosa. Quello che la distrugge è l’indifferenza familiare. Loro sono presi da altre faccende e lei si sente sola e abbandonata con il suo grande dolore. Soffre molto, ma vuole affrontare anche quell’ambiente ostile. Ha capito che se vuole ricostruire l’equilibrio, deve affrontare la vita con tanto amore verso di sé, trascurando i pregiudizi. Non condanna i genitori per quello che fanno, ma di certo non è disposta a giustificare i loro atteggiamenti. Può vivere con loro anche in queste condizioni, a patto però, di rispettare se stessa e andare avanti per la sua strada. Consiglio a Luna di ricordare questi momenti, perché un giorno anche lai sarà genitore e se non si libererà dei suoi dolori, sicuramente li proietterà sui suoi figli, creando, poi, altre complicazioni.

La mia piccola grande Luna passa dei momenti terrificanti: io voglio esserci, perché sono un punto di riferimento, ma la guardo da lontano perché deve farcela da sola. E proprio da sola, a piccoli passi, sfidando la sorte: ce la sta facendo. Mi racconta che per due o tre giorni riesce a mangiare normalmente seguendo la dieta, ma alcune volte fa delle gran pappate, ma non perde più le speranze. La conforto, spiegando che sono segni di grande miglioramento, ma deve rispettare le sue fasi e i suoi ritmi. I momenti di pausa sono fondamentali per riposarsi, per riflettere e scegliere giustamente. Luna, dopo un anno, sta abbastanza bene: ha trovato la strada giusta e prosegue con orgoglio verso questa direzione. I giorni passano veloci e io non ho notizia, sono fiduciosa perché sento il suo respiro, come un alito di vento trascina il polline lontano per dare vita a nuovi fiori. Ci rivediamo una sera di Luglio. Fa caldo, ma lei è fresca a spumeggiante. Mi racconta che è andata a fare una passeggiata sulla Via Lattea, perché vuole conoscere il cielo e le sue meraviglie.

 

 

Volete continuare il racconto…contattate l’Autrice, grazie.

 

 

 

 

 

 


Finalista Concorso “Fregene 1999”.

Menzione d’Onore Concorso Internazionale Frontiera IV edizione 2000

 

 

Di Mariella Lombardo, direttore della rivista “Pagine e giovani”, Organo del Gruppo di Servizio della Letteratura Giovanile” (1997):

 

E’ un buon lavoro che si può collocare fra racconto e saggio. Con una serie di suggerimenti a livello psicologico, ed anche spirituale, che potrebbero riuscire utili a molte persone che hanno problemi esistenziali, l’Autrice riesce a coinvolgere l’interesse del lettore. Ciò che dice e propone a Luna per aiutarla a divenire Sole è di grande valore. Il merito è maggiore se si considera che ogni parola è spesa con grande semplicità, con un approccio accattivante. Ed anche – e non è poco – con un ottimo italiano. Interessanti e piacevoli le citazioni mitologiche, che consentono anche di riflettere su episodi che sono altrettanti insegnamenti di vita.

 

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Di Anna Maria Panattoni, direttore del “Notiziario Tiburtino” Marzo 1998:

 

Alla prima esperienza letteraria, Rita D’Amario, coadiuvata da DI.ESSE. e A.IC., propone il volumetto “La Luna che diventò Sole”. Sulla scia di una tradizione culturale semplice e nota ai più, la luna rappresenta, oltre che il corpo celeste, la proiezione delle fantasie di ogni popolo e di ogni tempo. Referente immobile, immutabile ed enigmatico, vigile o indifferente alle vicende umane, simbolo o presenza concreta, reminiscenza poetica o no, la luna oscilla nel testo tra il suo essere elemento cosmico e il suo incarnarsi metaforico in una protagonista ora anoressica ora bulimia. Come in una favola a lieto fine, attraverso un travaglio catartico, la luna passata a Luna, diventa Sole. E anche qui manca l’allusione simbolica a tutte le immagini evocative che l’astro del dì porta con sé. Bene, in 113 pagine, fluide per il lettore con cui l’Autrice dialoga quasi a cercare uno scambio sentimentale, viene proposta una individuale esperienza, figlia di vicende amiche, seguite davvero con grande pathos.

 

Di Marco Testi giornalista e scrittore:

 

Dalla notte della malattia alla luce della speranza   (1998)

 

Come ho già avuto occasione di scrivere in altra sede, gli scrittori della Valle dell’Aniene sembrano aver riscoperto la loro vocazione, trovando il coraggio di affrontare pubblico e critica in campo aperto, sul terreno limaccioso e ambiguo, ma pur sempre l’unico, dell’editoria. Stavolta di Rita D’Amario e D. Esse, A. IC. Con questo La Luna che diventò Sole, che è una strana commistione di romanzo e saggio sul problema dell’anoressia e della bulimia, integralmente fondato su una metafora: la ragazza di cui si parla è Luna, intesa come essere femminile che ad un certo punto della sua esistenza decide di rifiutarsi e di non mangiare, e di rinunciare quindi alla naturalezza del suo essere creatura. La donna, essere legato ai cicli naturali che un tempo erano riconosciuti attraverso le fasi lunari, parla di se sempre per mezzo di questa personificazione, e dialoga con un narratore che rappresenta la voce autoriale. Per scrivere questo romanzo-saggio gli autori si sono avvalsi della consulenza di un addetto ai lavori, lo psicologo Gionni Maurizio e anche della mitologia greca: il personaggio Luna è infatti messa di fronte sia ai problemi che il rifiuto o l’eccessiva ossessione del cibo portano nella vita di molti giovani, sia ai riferimenti archetipici alle divinità del cielo e della terra, divinità che combattono come i comuni mortali per raggiungere le loro agognate mete e che sono diventati, per la grandezza delle loro azioni, simboli di forza, coraggio e animosità. Il racconto scorre spedito perché è scritto in modo molto dialogico e paratattico (frasi collegate per coordinazione, brevi, semplici) e anche i riferimenti psicologici sono ben immessi nel discorso, con dei momenti di commozione non forzata, autentica, che scaturisce dal testo così come dalla vita e dal dolore reale.

E‘ un esperimento coraggioso: quello di mettere il racconto a servizio non della terapia (ogni disciplina deve avere ben chiari i suoi limiti) ma della testimonianza e della comprensione, l’esperienza interiore di chi ha attraversato il grande deserto della malattia, della auto-privazione ed è tornato a parlarne. Un esperimento che ha pochi precedenti ed è quindi ancora da mettere a punto, ma che apre nuove frontiere alla comprensione e alla lotta contro l’emarginazione, perché entra dentro cuori e menti, e insegna a non condannare, ne ad essere troppo indulgenti con se stessi. In poche parole, mi sembra questo uno dei messaggi base del libro, ad accettare se stessi per accettare gli altri, non solo in funzione di una patologia psichica, ma di una civiltà, che deve ancora imparare, come dice Venditti che: “L’amore insegna agli uomini”.

 

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Don Giuseppe Mattai, Teologo:  (1998)

 

Oltre al bello stile, ho apprezzato la passione solidale con chi soffre, la penetrazione psicologica, la concretezza delle indicazioni terapeutiche.

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Di Carmen Schiavone, pubblicata su Prospektiva.it  (2001)

 

"Qualche volta mangia con le lacrime agli occhi, perché l'aria è intrisa di nervosismo e aggressione.

Lei è determinata, piange tra un boccone e l'altro, poi torna la tranquillità. Vuole essere Sole e dare corpo alla voce che vuole gridare la sofferenza all'universo sconfinato, perché tutti si rendano conto che cosa significhi essere anoressici e bulimici."

Un boccone girato e rigirato che non vuole proprio andar giù: è capitato a tutti di non avere fame, di rifiutare il cibo, magari per un amore appena finito, magari per quella prova a scuola che tanto ci preoccupava. I motivi possono essere i più disparati ma ugualmente ci chiudono lo stomaco, ci rinchiudono nella cella, stretta e buia, della sofferenza e del dolore; per fortuna (la fortuna dell'essere padroni delle proprie pene), noi possediamo le chiavi per aprire quella griglia ferrosa che momentaneamente ci ha isolati dal resto del mondo.

Ora, alcuni frugano nelle proprie tasche (nelle proprie risorse interiori), trovano la chiave (la forza di reagire) e aprono in fretta la cella per correre, di nuovo, con nuovo entusiasmo, incontro alla vita.

Altri, pur trovando la chiave, la gettano il più lontano possibile dalle sbarre (forse pensando che la via della salvezza non esiste, che la voglia di vivere - vivere bene, intensamente - non tornerà più, che il mondo degli affetti non sarà mai il campo di fiori colorati che noi sognavamo ma il terreno calpestato da un'incessante battaglia). Le gettano così lontano da non poterle più riprendere, nemmeno quando ritorna la voglia di sentirsi finalmente liberi di andare: in questi casi, c'è bisogno di un aiuto esterno, di una mano amica che prenda quelle chiavi e le riconsegni a noi perché siamo noi a dover riaprire quella porta. Ed è proprio questo gesto, quello di raccogliere le chiavi e consegnarle al prigioniero della sofferenza, il protagonista del libro della D'Amario:" La luna che diventò Sole" non è altro che la descrizione dell'aiuto, che non è mai inopportuno o sfacciato, mai interessato o finalizzato ad ottenere qualcosa in cambio, che l'autrice cerca di dare a Luna.

Luna non è un'unica persona ma tutte le persone affette da disturbi alimentari ed è per questo che è anoressica e bulimica: ecco perché posso affermare che quello che sembra il racconto di un dialogo tra la scrittrice e luna è, invece, un monologo rivolto alla mondo: il libro vuole essere un messaggio di speranza per coloro che attraversano periodi difficili (in questo è da ravvisarsi l'intento primo e, aggiungo, lodevole della D'Amario.

"Una luce di speranza per chi brancola nel male oscuro dell'anoressia e della bulimia" recita il sottotitolo e le pagine che compongono questo libro sono, in effetti, una continua esortazione ad abbandonare lo spazio oscuro della notte, fievolmente illuminato dalla luna, per risplendere nel cielo azzurro del quotidiano, come sole.

Una serie di citazioni mitologiche, magistralmente utilizzate, con tutto il potere e la forza evocativa e suggestiva che possiedono, inserite come se fossero favole della buonanotte per Luna, uno dei punti forti e fortemente caratterizzanti di questo monologo che racconta di un dialogo interrotto e ripreso più volte con chi ha bisogno d'aiuto ma al tempo stesso vuole farcela da sola (ed è per questo che la mano amica non apre - non deve aprire - la cella con le chiavi che ha trovato sul pavimento ma le consegna a chi, per uno strano paradosso, è al contempo, carceriere e carcerato, vittima e carnefice).

Si può muovere l'accusa di aver utilizzato una storia, una triste storia, per soddisfare il solo desiderio di scrivere un libro semplicemente accattivante che cerca facili consensi? Oppure che il libro il se e per se sia - bassamente - l'autocelebrazione della stessa scrittrice, della sua bontà nel cercare di aiutare le persone in difficoltà?

No, non credo. Nella D'Amario il soccorso di un'anima in balia dell'angoscia é silenzioso e discreto. Ed è proprio questo silenzio e questa discrezione, così lontani dalla capricciosa esaltazione del ruolo di crocerossina, che la scrittrice pure assume, a costituire le componenti essenziali della personalità della D'Amario: ciò traspare facilmente, senza fatica alcuna, dalla stessa scrittura, scevra da ogni sorta di glorificazione del proprio fare, di encomio per se.

Soltanto un dichiarato orgoglio per essere riuscita ad aiutare Luna a diventare Sole. Accanto a questo orgoglio ci deve essere quello di aver usato bene le parole, direi con maestria: proprio per questo ritroviamo frasi del linguaggio comune, leggere come piume, non distanti dalle cosiddette "frasi fatte" oppure originale poesia prosaica o, ancora, buone osservazioni ottimamente esposte ("rifiuta il cibo, perché, quello che introduce è il mondo fuori di se" ma anche "ma poi si accorge che quello che ha dentro le fa male, è un dolore che non riesce a sopportare e cerca di liberarsi con il vomito procurato o con i lassativi"): non si modifica mai l'andamento (se fosse una bella donna direi il suo modo di camminare!) del racconto che resta, dall'inizio alla fine, piacevolmente scorrevole.

Lontano dal pretesto di accarezzare l'orecchio di chi cerca una letteratura d' elite o una letteratura di evasione,"la Luna che diventò Sole" vuole essere utile prima di tutto ed in questo vive la bellezza di questo libro.

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