…Le cose della vita fanno piangere i poeti e se non le fermi subito
diventano segreti…
(Antonello Venditti)
Concorso indetto da Prospektiva.it : “Un filo di parole” anno 2001- la tua maglietta per l’estate -, ha vinto la frase:
Scese la sera, salì la mattina: (Finalista del 1° Concorso Letterario indetto dal dopolavoro ATAC, patrocinato dall’Accademia Giuseppe. G. Belli –Roma- anno 1999. Pubblicata dalla Rivista Letteraria Prospektiva).
Riflessione: (Pubblicata nell’Antologia: “Anni Duemila” a cura della Casa Editrice Libroitaliano)
Io chi sono?: (Pubblicata sulla Rivista Letteraria Prospektiva sul n° 10 anno 2000).
Pensierino di fine millennio: (Finalista del 2° Concorso Letterario indetto dal dopolavoro ATAC anno 2000)
Kosovo:
(Finalista dell’XI Concorso Nazionale indetto dall’Accademia Giuseppe G. Belli.
Pubblicata sull’Agenda del Poeta a cura della Casa Editrice Pagine di Roma).
Polvere bianca: (Finalista del V Concorso “Mario dell’Arco” indetto dal
Centro Culturale Giuseppe Gioachino Belli di Roma)
Tormenta:
In principio era solo un vuoto da riempire.
Scese la sera, salì la mattina.
Proseguendo per la retta via, si delimitò uno spazio.
Scese la sera, salì la mattina.
Continuò a vivere di sera e di mattina
per progredire fino alla perfezione.
Qualcuno stabilì un tempo mentre viveva le ore
notturne della solitudine.
Pensò di trovare una compagna,
lo fece alla luce del giorno,
nel rumore della cascata,
tra il cinguettio degli uccelli.
Scese la sera, salì la mattina.
Passarono altri giorni,
i mesi,
gli anni,
i secoli,
i millenni.
Scese la sera, salì la mattina.
E non fu più sera,
perché venne illuminata dalla corrente elettrica.
Non fu più mattina,
poiché la stanchezza delle notti in bianco
soffriva alla vista della luce.
Scese la sera, salì la mattina:
sul vuoto dell’impazienza,
sul silenzio dell’incoerenza,
sulla sordità della sofferenza,
sul sapore dell’invadenza,
sulla cecità dell’indifferenza,
sull’odore dell’incontinenza…
Scese la sera, salì la mattina per altri millenni ancora.
Un giorno il tempo si fermò,
lo spazio si svuotò,
fini tutto in uno starnuto.
Non rimase nulla,
solo il ricordo di una vita passata,
di molte vite,
di miliardi di vite passate nella sera,
nella mattina ad aspettare che tornasse la sera e poi la mattina.
A cosa possono servire i ricordi se non si possono raccontare?
A cosa possono servire se non possono insegnare?
A cosa possono servire?
Scese la sera, salì la mattina:
sui ricordi di quell’uomo che in principio
immaginò di riempire il vuoto,
che pensò di stabilire un tempo,
che cercò di sconfiggere la solitudine,
che tentò di combattere il dolore.
Non rimase nulla dei sapori genuini della natura,
del canto libero degli uccelli,
dello sbocciare dei fiori in Primavera,
del fuoco che bruciava l’erba parassita.
Restò un mare nero,
inquinato dalle scorie della vita vissuta.
Restarono le buste di plastica, restarono solo aride terre.
Rimase un deserto immenso intorno alle serre di vetro
dove gli uomini coltivavano se stessi:
esseri in via d’estinzione.
In quello spazio,
molti cuori battevano lo stesso tempo,
lo stesso ritmo vitale.
Nascevano, crescevano,
si riproducevano e poi morivano.
Non potevano uscire dalla serra di vetro:
sarebbero morti ustionati dalla pioggia acida!
Sarebbero morti soffocati dall’aria inquinata:
sapeva di gas nervino!
Sarebbero morti annegati nelle paludi d’acqua saponata.
Scese la sera, salì la mattina:
fu la fine.
L’uomo non sapeva che poteva liberare lo spazio inquinato,
non sapeva che il tempo poteva cicatrizzare le ferite.
La terra si saturò di smog.
Un giorno si ribellò alla violenza,
tutti gli esseri viventi costruirono delle roccaforti inespugnabili.
Scese la pioggia per quaranta secoli,
poi la tempesta si placò.
Le finestre si aprirono e l’uomo navigò con le
scialuppe di salvataggio verso l’ignoto:
alla ricerca della terra promessa.
Se distrattamente sfoglierai queste povere pagine
dove ho rinchiuso in uno spazio minuto le mie emozioni,
fermati!
Fermati a leggere con allegria tra le virgole, tra i punti,
tra gli spazi che intercorrono tra una parola e l’altra,
forse riconoscerai te stesso,
allora riposati, con calma respira,
perché la vita è un soffio di vento:
può essere un uragano devastatore o portatore di vita,
scegli e ti concederai l’opportunità di vivere.
Lo dedico a te,
se cercherai di gestire la cultura
e la conoscenza per non ignorare più
ma progredire sempre!
Dio lo pensò
cominciò a plasmarlo come la creta,
gli diede una forma umana
respirò nelle sue narici: l’aria,
in un soffio di vento iniziò muoversi
prese il nome di Adamo: il primo uomo.
Nella solitudine, Adamo meditò,
dalla riflessione Dio plasmò Eva:
la madre dei popoli.
Ma questa è storia vecchia,
sappiamo come andò a finire.
Nel terzo millennio,
Dio guarda il mondo con gli occhi degli uomini.
Loro non sudano più lavorando:
sudano per trovare lavoro.
Non coltivano più la Terra:
non c’è rimasto granché da seminare e da raccogliere.
La donna non partorisce più nel dolore:
con dolore ripensa alla vita che avrebbe potuto donare.
Caino continua ad uccidere Abele.
Abele implora il perdono per qualcosa che non ha mai fatto.
Gli uomini non hanno più né fratelli e né sorelle.
Gli uomini e le donne sono esseri soli,
sono abbandonati a se stessi in balia delle
sofferenze che si procurano quotidianamente.
La mia migliore amica è:
l’acqua, mi culla.
Il mio migliore amico è:
il vento, mi accarezza.
Mio padre è il fuoco:
mi riscalda.
Mia madre è la terra:
mi nutre.
Mia sorella è la luna:
sui miei sogni veglia.
Mio fratello è il sole:
i miei dubbi rischiara.
Il mio amato amore è:
l’albero, mi sorregge.
Io sono la foglia:
volteggio sul nulla!
Gli uomini di fine millennio,
hanno inondato la valle di lacrime.
L’acqua scorrendo fino alle pendici,
scava una culla tra le rocce millenarie
dove lo spirito si appresta a germogliare
e crescere e crescere
per liberarsi nell’infinito libero,
di vivere la vita libera
da ogni condizionamento coatto
per ritrovare se steso
e suo fratello;
e poi e poi
l’estasiante infinito dell’inconoscibile,
trascende l’incanto di un incantesimo di pace,
si estende all’orizzonte stabile
dove l’occhio spogliato dalla falsità,
prende la visibilità su una realtà non più reale.
Riflette sull’inconoscibile infinito estasiante
per nutrire se stesso di verità,
e tutto ciò è una riflessione
sulla vita che cambia aspettando
un nuovo umanesimo degno
di un uomo nuovo,
dove un decoupage di emozioni
decora un portafoto vuoto
che aspetta di essere riempito,
attende con pazienza un nuovo umanesimo
che porta con sé la buona novella:
ci sarà un nuovo umanesimo?
Ci sarà un nuovo uomo?
L’uomo nuovo sarà:
un contenitore pieno di spazzatura
che aspetta di essere depurato.
L’uomo nuovo scopre il corpo
lo pitta di simboli
e parole senza senso
per un umanesimo nuovo
e libero di esprimere ciò che è:
è solo e disperato!
Dove si posa l’occhio dell’aquila,
la vita cessa di vivere, poiché
la regina dei cieli
estirpa le viscere dell’animale
per nutrire il suo anelito di libertà.
Ho sognato di essere un granello di sabbia
tra decine di granelli di sabbia,
tra centinaia di granelli di sabbia,
tra migliaia di granelli di sabbia,
tra miliardi di granelli di sabbia
che ricoprono la terra.
Quando mi sono svegliata, ho scoperto di
essere il guardiano d’un faro di un’isola
deserta che illumina l’oceano aspettando
la nave che naviga solitaria.
Vorrei strappare le ali all’angelo della morte
lanciare al vento le piume nere come la pece
affinché il mondo non dimentichi il massacro
ma utilizzi la penna per scrivere la storia,
per raccontare ciò che è avvenuto
cambiando il finale del racconto con:
“vissero tutti felici e contenti”,
per molte persone la vita
non è una favola,
spesso è una tragedia!
Se avrai bisogno di me
in una giornata afosa di Agosto
io ci sarò
come gocce d’acqua fresca ti aiuterò.
Se avrai bisogno di me
in una giornata crepuscolare
di Ottobre
guarda il sole ad est
sarò l’aurora nel tuo cuore.
Se avrai bisogno di me
in una giornata fredda di Gennaio
ascolta il vento gelido
ci sarò sussurrando calde parole.
Se avrai bisogno di me
in una giornata calda di Maggio
guardati intorno
io sarò i colori della natura appena fiorita.
Se tu mi vorrai
io ci sarò per sempre
.
Asciugo il pianto della fronte,
tampono il sudore degli occhi nella trincea
dei sentimenti dove gli uomini si sono
rintanati per paura di chissà che.
Sento gli spari delle parole lanciate al vento
contro i sacchi di sabbia che la mente ha
posto tra sé e il
mondo.
Tanti granelli di sabbia si disperdono
tra le file dei combattenti spargendo polvere
di stelle cadute in guerra.
Siamo solo noi
in questa splendida giornata a guidare lo show
cercando di vivere una favola.
Vorrei te: per vivere una vita spericolata.
Vorrei te: per elevare la mia anima fragile
nel cielo come bolle di sapone.
Vorrei te: per salutare l’alba chiara
di una domenica lunatica.
Ogni volta che provo ad immaginare la mia vita
Senza te, rimango…
…così senza parole.
Vorrei te: per liberare le mie sensazioni forti.
Vorrei te: per dare il benvenuto agli angeli liberi…
…liberi di ridere con noi.
Non è stupendo?
Vorrei te che mi rispondessi:
“Incredibile romantica, va bene, va bene così,
non c’è nessun pericolo per te”.
Quando io e te ci incontreremo
sarà un incantesimo
di emozioni soavi
delicate armonie velate
da ciò che sarà
o non sarà mai,
forse,
io voglio che sia!
Nell’immensità dell’universo,
la terra si specchia nel mare
per trovare se stessa.
Nell’alba del tramonto
ognuno di noi può trovare
la quiete eterna.
Pausa di riflessione
per meditare sul domani che verrà
ma verrà?
O sarà sempre oggi.
Ma sarà?
O forse è solo un sogno
che ripercorre la vita già vissuta.
Quale vita?
Lo svelerò vivendo!
Un uragano di emozioni mi travolge,
io so che dopo il temporale
l’arcobaleno torna a colorare il cielo
schiacciato da peso del piombo.
Siamo un eco.
Viviamo per imitazione
fino a quando non troveremo il coraggio
di vivere noi stessi.
Dal fango si erge dritto,
senza esitazione
verso il cielo limpido
il fiore di loto
simbolo di liberazione e coraggio.
La nebbia fitta cela lo sguardo
di colui o colei che cerca di nascondersi
dietro un sorriso beffardo.
Le braccia tese cercano di afferrare
l’euforia della polvere bianca.
E’ polvere!
Grido a squarciagola,
state attenti: la polvere inquina!
E' bello ciò
che suscita interesse.
E' brutto ciò che suscita dispiacere.
E' bello ciò che amiamo e riempie il vuoto quotidiano.
E' brutto ciò che svuota quel poco che riusciamo
a conquistare nella fatica della breve
vita che viviamo.
Cammino a piedi nudi
nel Grand Canyon
dove l'aria traballa
dove il vento ha paura.
Cammino a piedi nudi accecata dal caldo
dove le parole si strozzano tra le gole del Canyon.
Io grido, grido, grido sempre più forte
davanti a me si spalanca la montagna
inorridita da tanta potenza.
Le parole rimbombano
l'eco stordisce il cielo afoso
le nubi si addensano,
la pioggia placa la tormenta arroventata
da un sole arrabbiato.