Terragni si laurea, con il minimo dei voti, al politecnico di Milano, che agli inizi degli anni 20 combinava le caratteristiche delle scuole di ingegneria e di architettura. La scuola milanese si forma su un concetto forte che è quello dell'alternanza nell'educazione degli stili: un anno si studia lo stile rinascimentale, l'anno dopo lo stile barocco... e via dicendo fino all'ultimo anno con lo stile medioevale, perché la tradizione culturale lombarda vede in esso lo stile più alto, più complesso, più aggiornato e più moderno; in realtà, proprio nel clima milanese di quegl'anni, ci sono molti architetti che lavorano più sul movimento manieristico, quindi sulla ricerca scultorea, sugl'ordini giganti. 

   L'arrivo del libro di Le Corbusier "verso un'architettura" cambia gli orizzonti degli studenti del politecnico e si forma il GRUPPO 7, di cui fa parte anche Terragni, che scrive degli articoli echeggianti alcune tesi di Le Corbusier, che sondano ciò che sta accadendo in Europa; quando Adalberto Libera entra a far parte del gruppo 7, sostituendo uno dei membri, aggiunge una caratteristica particolare al gruppo perché, essendo collocato a Roma, riesce ad organizzare nel 1928 la prima mostra dell'architettura razionale. 

  L'innovativa tematica dell'astrazione, comune alle nuove tendenze del razionalismo internazionale e riconducibile ai rinnovati valori simbolici derivanti dall'uso del vetro e del cemento armato, si carica, in territorio italiano, di reminiscenze classiche e arcaiche, estranee alla versione internazionale dell'avanguardia funzionalista.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  • Il primo lavoro di Terragni è l'hotel Metropol a Como, consiste nel rivestimento del piano terra e del primo piano in richiamo manierista, con una serie di storpiature che gli comportarono dei richiami da parte della commissione edilizia.

  • Nel 1927 Terragni realizza un monumento ai caduti in un comune vicino Como, in questo caso non c'è un interpretazione scultorea del monumento (con statue e baionette) ma un progetto paesaggistico.

 

  • Il primo progetto che aderisce al nuovo credo razionalista è l'officina del gas, progetto per Como mai realizzato, in cui Terragni adopera una logica completamente nuova: è una architettura industriale in cui ciascun corpo, sia da un punto di vista sintattico sia da un punto di vista funzionale, aderisce con una certa libertà ad un programma ed a dei principi compositivi.

 

Nel 1928/29 il blocco residenziale del Novocomum costituì un clamoroso atto di rivolta: era stato costruito clandestinamente, in deroga al progetto approvato dalle autorità comunali. Questo edificio, che completa un lotto esistente, ha una serie di elementi che ricordano l'edilizia tradizionale, ma dall'altra parte ha una seria di elementi dichiaratamente e fortemente moderni; Terragni adopera lo stesso procedimento che è tipico dell'architetura classica (basamento, corpo d'elevazione, attico e copertura), ma ribalta il tutto rendendo dinamica l'impostazione.

 

   L'opera di Terragni si evolve con coerenza verso una sempre maggiore astrattezza e scomponibilità figurativa.

   Il difficile clima politico e culturale degl'anni '20-'30, oscillante tra la rievocazione del classicismo e la celebrazione del modernismo legato alle conquiste del settore industriale e dell'edilizia sociale, fa da sfondo alla costruzione della casa del Fascio a Como; quest'opera è un opposizione tra simmetria ed asimmetria, tra elemento dinamico ed elemento statico. 

 

   Terragni riesce a dare forza dinamica partendo da un elemento assolutamente statico (il cubo) organizzando la facciata non per stratificazione orizzontale, ma per affiancamento verticale dei partiti decorativi; egli ha un idea, radicata nel suo amore per Michelangelo e per Palladio, di facciata profonda che parte dal filo murario esterno per affondare a varie profondità, un campo molto chiaroscurato. La casa del fascio è la riuscita sintesi di matrici architettoniche in se apparentemente inconciliabili: la tradizionale tipologia urbana del palazzo e l'ostentazione parziale del sistema costruttivo a traliccio portante in cemento armato; il volume rivestito in marmo bianco è privo di ornamenti e presenta quattro facciate ognuna trattata in maniera autonoma, non vi è ombra di retorica totalitaria: nessun richiamo alla "romanità imperiale", nessuna torre littoria, neppure un arengario per i discorsi del duce. La monolitica parete d'angolo rivolta verso la piazza, come la torre di un municipio schematizzata e contratta, fa leggere l'edificio come l'audace trasformazione della tipologia del palazzo comunale di origine tardo medievale. Nell'organizzazione delle piante Terragni non lavora su un concetto di corte, ma sulla divisione in tre bande dove la parte centrale, un ampio atrio a doppia altezza, è quella che risolve il programma, ossia: "come avere una sala per le adunanze molto grande all'interno e fare in modo che la gente nella sala possa fruire liberamente con l'esterno".

 

   Parallelamente a quest'opera Terragni, in collaborazione con Lingeri, progetta e realizza cinque case a Milano, in cui sarà costretto a fare dei compromessi con la committenza; in questa serie di opere quello che emerge è una sintassi dal punto di vista spaziale

   Casa Rustici a corso Sempione è una tra le prime ed in essa Terragni e Lingeri fanno un operazione contro la casa a corte, contro la casa ad isolato intesa come simbolo dell'edilizia ottocentesca, con i bagni, le cucine ed i locali tecnici che si affacciano verso l'interno; a testimonianza di tale operazione la disposizione interna degli appartamenti non si cura della "corte" e vi si affacciano delle stanze. Terragni e Lingeri dispongono ortogonalmente alla strada principale due corpi di fabbrica distinti, il lotto è diviso in tre fasce uguali di cui la centrale vuota; ciascuno dei due corpi, in cui si collocano gli appartamenti, è servito da una scala a cui si accede tramite un atrio comune. Sul tetto i due corpi si ricongiungono o meglio il ponte galleria, che corre a metà della profondità del lotto, estende l'attico su entrambe i corpi collegandoli in una una villa sospesa.

   Nelle case unifamiliari (casa per artista, casa sul lago, casa per il floricoltore, ecc...) la sintassi di Terragni si capisce molto chiaramente, soprattutto perché tali case si possono vedere come evoluzione di un rapporto dialettico tra volume ed elementi liberi; in esse si mettono a fuoco una serie di rapporti tra macro segni, macro contenitori, e spazi inseriti all'interno mantenendone l'autonomia formale e dialettica.

 

   L'asilo Antonio sant'Elia segna un ulteriore passo verso un pieno scambio tra il dentro ed il fuori. Partito da spunti costruttivisti e futuristi, dopo aver sperimentato la sintassi neoplastica nelle lastre aggettanti di villa Bianca a Seveso, Terragni in questo edificio riesce a combinare l'artificialità e l'astrazione. Egli ha usato di nuovo uno spazio tripartito il cui elemento centrale è una connessione di spazi che vanno dal primo portico sulla strada, all'atrio interno, alla corte, all'elemento di filtro in fondo.

 

Il Danteum è una macchina evocativa, è un architettura atipica, molto allegorica, è un ragionamento sulla forma della spazialità architettonica che ruota attraverso un'interpretazione metaforica della divina commedia (es: la foresta fatta con le colonne). Quest'edificio si basa su di un percorso ascensionale, un percorso a spirale in cui le persone attraversano "l'opera letteraria".

 

 

 

 

ANCORA DEI TRIANGOLI: TERRAGNI