Purgatorio XXX

 

mercoledì 13 aprile, mattina Paradiso terrestre, lungo il fiume Letè Stazio, Matelda La processione si ferma davanti a Dante: appare Beatrice coronata di ramoscelli d'ulivo. Dante è solo e si sente smarrito: dal suo fianco è sparito Virgilio. Beatrice allora lo rimprovera aspramente.
Comincia il canto trigesimo del Purgatoro. Nel quale l'autore dimostra come Beatrice sopra il triunfal carro gli apparì, e come, essendo Virgilio partito, ella il chiamò per nome e gravemente il riprese, mostrando poi alle sante creature, che dintorno al carro erano, perché degno era di riprensione.
      Quando il settentrion del primo cielo, 
che né occaso mai seppe né orto 
né d'altra nebbia che di colpa velo, 
      e che faceva lì ciascun accorto 
di suo dover, come 'l più basso face 
qual temon gira per venire a porto, 
      fermo s'affisse: la gente verace, 
venuta prima tra 'l grifone ed esso, 
al carro volse sé come a sua pace; 
      e un di loro, quasi da ciel messo, 
'Veni, sponsa, de Libano' cantando 
gridò tre volte, e tutti li altri appresso. 
      Quali i beati al novissimo bando 
surgeran presti ognun di sua caverna, 
la revestita voce alleluiando, 
      cotali in su la divina basterna 
si levar cento, ad vocem tanti senis
ministri e messaggier di vita etterna. 
      Tutti dicean: 'Benedictus qui venis!', 
e fior gittando e di sopra e dintorno, 
'Manibus, oh, date lilia plenis!'. 
      Io vidi già nel cominciar del giorno 
la parte oriental tutta rosata, 
e l'altro ciel di bel sereno addorno; 
      e la faccia del sol nascere ombrata, 
sì che per temperanza di vapori 
l'occhio la sostenea lunga fiata: 
      così dentro una nuvola di fiori 
che da le mani angeliche saliva 
e ricadeva in giù dentro e di fori, 
      sovra candido vel cinta d'uliva 
donna m'apparve, sotto verde manto 
vestita di color di fiamma viva. 
      E lo spirito mio, che già cotanto 
tempo era stato ch'a la sua presenza 
non era di stupor, tremando, affranto, 
      sanza de li occhi aver più conoscenza, 
per occulta virtù che da lei mosse, 
d'antico amor sentì la gran potenza. 
      Tosto che ne la vista mi percosse 
l'alta virtù che già m'avea trafitto 
prima ch'io fuor di puerizia fosse, 
      volsimi a la sinistra col respitto 
col quale il fantolin corre a la mamma 
quando ha paura o quando elli è afflitto, 
      per dicere a Virgilio: 'Men che dramma 
di sangue m'è rimaso che non tremi: 
conosco i segni de l'antica fiamma'. 
      Ma Virgilio n'avea lasciati scemi 
di sé, Virgilio dolcissimo patre, 
Virgilio a cui per mia salute die'mi; 
      né quantunque perdeo l'antica matre, 
valse a le guance nette di rugiada, 
che, lagrimando, non tornasser atre. 
      «Dante, perché Virgilio se ne vada, 
non pianger anco, non pianger ancora; 
ché pianger ti conven per altra spada». 
      Quasi ammiraglio che in poppa e in prora 
viene a veder la gente che ministra 
per li altri legni, e a ben far l'incora; 
      in su la sponda del carro sinistra, 
quando mi volsi al suon del nome mio, 
che di necessità qui si registra, 
      vidi la donna che pria m'appario 
velata sotto l'angelica festa, 
drizzar li occhi ver' me di qua dal rio. 
      Tutto che 'l vel che le scendea di testa, 
cerchiato de le fronde di Minerva, 
non la lasciasse parer manifesta, 
      regalmente ne l'atto ancor proterva 
continuò come colui che dice 
e 'l più caldo parlar dietro reserva: 
      «Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice. 
Come degnasti d'accedere al monte? 
non sapei tu che qui è l'uom felice?». 
      Li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte; 
ma veggendomi in esso, i trassi a l'erba, 
tanta vergogna mi gravò la fronte. 
      Così la madre al figlio par superba, 
com'ella parve a me; perché d'amaro 
sente il sapor de la pietade acerba. 
      Ella si tacque; e li angeli cantaro 
di subito 'In te, Domine, speravi'; 
ma oltre 'Vpedes meos' non passaro. 
      Sì come neve tra le vive travi 
per lo dosso d'Italia si congela, 
soffiata e stretta da li venti schiavi, 
      poi, liquefatta, in sé stessa trapela, 
pur che la terra che perde ombra spiri, 
sì che par foco fonder la candela; 
      così fui sanza lagrime e sospiri 
anzi 'l cantar di quei che notan sempre 
dietro a le note de li etterni giri; 
      ma poi che 'ntesi ne le dolci tempre 
lor compatire a me, par che se detto 
avesser: 'Donna, perché sì lo stempre?', 
      lo gel che m'era intorno al cor ristretto, 
spirito e acqua fessi, e con angoscia 
de la bocca e de li occhi uscì del petto. 
      Ella, pur ferma in su la detta coscia 
del carro stando, a le sustanze pie 
volse le sue parole così poscia: 
      «Voi vigilate ne l'etterno die, 
sì che notte né sonno a voi non fura 
passo che faccia il secol per sue vie; 
      onde la mia risposta è con più cura 
che m'intenda colui che di là piagne, 
perché sia colpa e duol d'una misura. 
      Non pur per ovra de le rote magne, 
che drizzan ciascun seme ad alcun fine 
secondo che le stelle son compagne, 
      ma per larghezza di grazie divine, 
che sì alti vapori hanno a lor piova, 
che nostre viste là non van vicine, 
      questi fu tal ne la sua vita nova 
virtualmente, ch'ogne abito destro 
fatto averebbe in lui mirabil prova. 
      Ma tanto più maligno e più silvestro 
si fa 'l terren col mal seme e non cólto, 
quant'elli ha più di buon vigor terrestro. 
      Alcun tempo il sostenni col mio volto: 
mostrando li occhi giovanetti a lui, 
meco il menava in dritta parte vòlto. 
      Sì tosto come in su la soglia fui 
di mia seconda etade e mutai vita, 
questi si tolse a me, e diessi altrui. 
      Quando di carne a spirto era salita 
e bellezza e virtù cresciuta m'era, 
fu' io a lui men cara e men gradita; 
      e volse i passi suoi per via non vera, 
imagini di ben seguendo false, 
che nulla promession rendono intera. 
      Né l'impetrare ispirazion mi valse, 
con le quali e in sogno e altrimenti 
lo rivocai; sì poco a lui ne calse! 
      Tanto giù cadde, che tutti argomenti 
a la salute sua eran già corti, 
fuor che mostrarli le perdute genti. 
      Per questo visitai l'uscio d'i morti 
e a colui che l'ha qua sù condotto, 
li prieghi miei, piangendo, furon porti. 
      Alto fato di Dio sarebbe rotto, 
se Leté si passasse e tal vivanda 
fosse gustata sanza alcuno scotto 
      di pentimento che lagrime spanda».
 
 

 
 

 
 
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