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Il simbolismo pascoliano. Per risolvere il rapporto tra il poeta e la realtà esterna la poesia del Novecento in genere e quella pascoliana prima di altre ricorre al simbolismo; se la realtà è avvolta nel mistero, diventa inutile ogni tentativo di conoscenza razionale: l'unica forma di "rivelazione" e di espressione che il poeta ha è quella di riprodurre in immagini e suoni la commozione e l'illuminazione che le cose gli riservano. Ecco allora l'ambivalenza con cui la poesia di Pascoli si presenta: dà la sensazione di essere una registrazione oggettiva, di dar vita ad un impressionismo veristico, ad una descrizione naturalistica precisa e minuziosa; ma si tratta soltanto di apparenza. Il discorso poetico non si ferma alla superficie, va oltre, si richiama ad un'altra realtà, ad un altro piano, di cui tutti gli elementi apparentemente realistici e oggettivi sono, in vario modo e in diversa misura, ora consapevolmente ora inconsciamente, i simboli.
In sostanza, le parole che formano il tessuto espressivo della poesia finiscono per perdere la loro funzione denotativa, cioè quella di esprimere un significato letterale, per assumere un valore connotativo, cioè un significato diverso e nascosto, legato alla valenza simbolica delle figure. Come il Simbolismo in genere, anche quello pascoliano si accompagna ad una dimensione surrealistica, cioè ispirata all'inconscio, considerato momento più profondo e più vero della realtà.
Il discorso del simbolismo pascoliano, tuttavia, esula dai canoni e dagli esiti del contemporaneo movimento simbolista francese. Pascoli certamente lo conosce, ma non ne assimila la poetica, così come si mostra chiuso alle esperienze letterarie europee in generale, per elaborare linee tematiche personali ed autonome. Si devono soprattutto alle indagini della critica psicanalitica l'individuazione e l'analisi interpretativa dei simboli che caratterizzano la poesia pascoliana.
Il nido-casa. La figura simbolica centrale e più ricorrente è quella del nido, cui viene attribuito un profondo e ricco significato, insieme a tutti gli elementi che con esso hanno una relazione e che costituiscono altrettanti simboli. Il nido è simbolo di casa, sinonimo di amore, unione, calore, difesa, protezione, vero e unico microcosmo degli affetti domestici. All'interno del nido il cibo rimanda alla figura del padre, l'affetto che vi regna alla madre, la solidarietà che lo avvolge ai fratelli.
La culla e l'infanzia. Ma il nido è anche richiamo costante all'infanzia, di cui la culla è figura dominante perché meglio di ogni altra esprime il rapporto madre-figlio, con aspetti di regressione verso il grembo materno, così che la fuga verso la condizione infantile si traduce quasi sempre nell'incapacità di vivere o nel rifiuto di vivere. Una componente, questa della "regressione", che, come si è già sottolineato, investe tutta la concezione pascoliana della vita, del mondo e della storia.
La presenza dei morti. Collegata con l'immagine della casa-nido è la presenza dei morti, così frequente non solo nel ricordo, ma viva nel presente, perché i morti nella casa piangono, sussurrano, amano, toccano, parlano. Al tema del nido si legano anche i simboli della siepe e della strada: il primo, con i suoi sinonimi (muri, mura), è espressione di ciò che circonda, delimita, difende la casa-nido, il podere, il cimitero; il secondo sta a significare il cordone ombelicale che unisce la casa al cimitero, il mondo dei vivi a quello dei morti.
Microcosmo e macrocosmo. Di fronte e in opposizione al microcosmo sta il macrocosmo pascoliano: l'universo al di fuori della casa-nido, il cosmo, lo spazio infinito e misterioso, fonte di paura, di angoscia, di male, di vertigine; più direttamente e vicino, anche il regno della storia, il mondo degli uomini, della violenza, della crudeltà, quel mondo che ha distrutto per sempre la famiglia del poeta.
La tempesta. In questa sfera si collocano anche i valori simbolici degli oggetti, delle cose, dei fenomeni che vengono poeticamente descritti: sono soprattutto la tempesta, il tuono, il lampo, la procella, che rappresentano la violenza del mondo esterno, in antitesi al calore, alla pace, alla protezione del nido.
Le campane, gli uccelli, i fiori, la nebbia, le costellazioni. Altri oggetti o fenomeni hanno, in contesti diversi, doppia valenza simbolica, positiva e negativa. Così le campane indicano sovente un'atmosfera di sogno, di evasione verso l'infanzia, ma sono anche il simbolo di evocazione di morte, di pensieri dolorosi, di angoscia. Così gli uccelli sono simbolo soprattutto di non-violenza, ricordano il nido, sono abitatori di una regione superiore, fuori del tempo e dello spazio, dove è possibile l'estasi, il rapimento; ma alcuni di essi sono pure simbolo di angoscia, di morte, di pericolo di morte (come la civetta, l'assiuolo); simbolico, e non realistico, è anche il verso degli uccelli, reso con l'onomatopea. Così i fiori sono simbolo, spesso, di fascino e attrazione della sessualità, ma non sempre compongono uno spettacolo sereno, di bellezza; sono i simboli anche della solitudine e dell'incomunicabilità, o il funebre ornamento dei morti (G. Bàrberi Squarotti). Così la nebbia, riferita al microcosmo che è da essa avvolto, è simbolo di rifugio, di protezione, di rinuncia, di oblio, mentre, riferita al macrocosmo da essa nascosto, è simbolo di mistero della vita, dell'universo, fonte quindi di timore e di angoscia. Così, infine, le costellazioni simboleggiano il mistero della vita ed esprimono anche l'ansia dell'infinito, del senza limite, un'ansia che pare talora identificarsi con un sentimento religioso.
(tratto da Bàrberi Squarotti, Letteratura, Atlas, vol. 5B-6B, pp. 21-22)