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«Eran due razze di un’antica tenzone» i genitori di Umberto Saba, nato nella Trieste di Svevo e Slataper, da un matrimonio non felice tra la madre Felicita Rachele Cohen ed il padre, Ugo Edoardo Poli. Lei, appartenente ad una famiglia ebraica di piccoli commercianti e tradizionalmente legata agli affari e alle pratiche religiose; lui, giovane «gaio e leggero» discendente da una famiglia della nobiltà veneziana, abbandonò la vita coniugale prima ancora che il figlio nascesse. Grazie al padre tuttavia Saba ottenne la cittadinanza italiana (pur essendo nato nalla Trieste che apparteneva allora all’impero austro-ungarico).
Ben presto il bambino venne messo a balia presso una contadina slovena di nome Peppa Sabaz, che, avendo perso il proprio figlio, riversa sul piccolo Umberto tutto il suo affetto e la sua tenerezza. A lei Saba resterà profondamente legato lungo tutto il corso della sua vita, tanto che, il rifiuto del cognome paterno si risolverà in un omaggio alla madre naturale ed alla nutrice slovena (che si chiamava Sabaz, mentre “saba” in ebraico significa pane).
Trascorre grave la sua infanzia non felice: privo della figura paterna e diviso nel suo amore tra la madre adottiva ed una madre naturale austera e severa; emozioni che risuoneranno presto nella preziosa malinconia della raccolta Il piccolo Berto.
Demotivato dagli scarsi profitti scolastici, abbandona gli studi e trova un impiego presso una ditta triestina, continuando a costruirsi una discreta formazione culturale e letteraria da autodidatta. Invano la madre tenterà di contrastare il suo amore per Leopardi, instradandolo verso la letteratura pariniana, ritenuta più costruttiva al fine di combattere la sua tendenza troppo pessimistica. Il poeta dell’Infinito resterà molto presente nella sua formazione, insieme a Dante e Petrarca, Ariosto e Tasso, Foscolo e Manzoni ed i contemporanei Pascoli e D'Annunzio (di cui guarda con maggiore attenzione il testo intimistico e precrepuscolare del Poema paradisiaco).
Da questo momento in poi, ancor più che precedentemente la letteratura e la poesia saranno destinate a divenire la sua sola forma di compensazione e di sfogo (le Poesie dell’adolescenza e giovanili risalgono agli anni tra il 1900 e il 1907).
Fra il 1905 ed il 1906 frequenta la Firenze impegnata nella battaglia di rinnovamento avviata dai giovani intellettuali pur non restandone coinvolto.
Particolarmente difficili risulteranno i suoi rapporti con la «Voce» che rifiuterà di pubblicare il suo saggio Quel che resta da fare ai poeti e con Slataper che stronca la sua prima raccolta di versi.
E’ il prezzo da pagare per la sua collocazione di intellettuale periferico, aperto più ad una cultura mitteleuropea che verso quella nazionale talvolta troppo superficiale (stessa sorte aveva subito il concittadino Svevo).
Scarso interesse gli verrà riservato anche da parte della critica (tranne il numero unico di «Solaria» del 1928 dedicato a Saba con i saggi di Solmi, Montale e Debenedetti).
Nel frattempo l’esperienza militare del servizio di leva a Salerno (1907-1908) gli offre ulteriori spunti poetici che porteranno alla creazione di Versi militari, mentre il matrimonio con Carolina Woelfer (Lina) e la nascita della figlia Linuccia incideranno profondamente nella sua poesia successiva. Da Montebello, alla periferia di Trieste scrive le poesie di Casa e campagna (1909-1910) e Trieste e una donna (1910-1912). A queste seguiranno nell’1911 la prima raccolta delle Poesie e l’anno seguente Con i miei occhi.
Dopo la sua partecipazione al conflitto mondiale (di cui lascerà una testimonianza in Poesie scritte durante la guerra) Saba riesce a conciliare il suo amore per la letteratura e le tradizioni commerciali della sua famiglia integrandoli nella libreria antiquaria che apre a Trieste.
Il 1921 sarà l’anno in cui la sua precedente raccolta poetica verrà per la prima volta raccolta nell’ unico volume del Canzoniere (successivamente integrato con le poesie dei decenni successivi); risale invece al 1928 il suo incontro con la psicanalisi attraverso la quale Saba spera di riuscire a curare i suoi disturbi nervosi. Ad aiutarlo sarà un allievo di Freud, Edoardo Weiss, con il quale intraprenderà un percorso psicanalitico che gli offrirà strumenti più raffinati per smascherare “l’intimo vero” e per acquisire quella “chiarezza psicologica” che già caratterizzava la sua produzione poetica (alla quale infatti, in un primo momento avrebbe voluto dare il nome di Chiarezza).
Vittima della persecuzione razziale per via della sua origine ebraica, cerca rifugio prima a Parigi, poi a Roma sotto la protezione di Ungaretti ed infine a Firenze, ospite di Montale.
Nel 1945 viene pubblicata da Einaudi la seconda edizione del Canzoniere, quella definitiva uscirà postuma e notevolmente accresciuta nel 1961.
Il mancato riconoscimento della sua attività letteraria si traduce invece in un’opera in cui il poeta si farà interprete di se stesso: Storia e cronistoria del Canzoniere (1948).
Solo al periodo postbellico risalgono infatti le prime importanti attestazioni pubbliche; il Premio Viareggio (1946), il Premio dell’Accademia dei Lincei (1953) e la laurea Honoris causa conferitagli dall’Università di Roma.
Gli ultimi anni della sua vita sono resi difficili dalle continue e sempre più gravi crisi di depressione, di cui resterà vittima, e dalla malattia della moglie, che muore nel 1956. Appena nove mesi dopo (il 25 agosto del 1957) Saba la seguirà.
Postumo sarà quindi il volume complessivo delle Prose: Scorciatoie e raccontini (1946) e Ricordi-Racconti (1956), in cui una lucida, tagliente ironia traghetta la moralità racchiusa nella narrazione breve ed autobiografica.