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Secondo lo scientismo la scienza costituisce l'unica via valida di accesso alla verità.
Esistono molti tipi di scientismo:
quello più antico, che possiamo identificare nel pensiero dei grandi scienziati del rinascimento, quando nacque e si sviluppò il "metodo sperimentale" e che di per sé non si proponeva come assoluto e come negatore di altre vie di accesso alla verità: è vero ch però che non potè affermarsi subito a causa della repressione soprattutto ecclesiastica (Leonardo, Copernico, Keplero, Galileo);
nei secoli XVII-XVIII crescono le scoperte scientifiche e di pari passo la iducia nel metodo scientifico-matematico come via di accesso alla verità e come metodo estendibile a tutte le discipline (Newton, Cartesio)
uno dei momenti più alti della fiducia nella scienza come unico modo di conoscenza della realtà è stato il positivismo dell'800. Secondo Comte la fase mitologico-religiosa dell'umanità viene superata dalla fase filosofica, in cui si smette di "credere" e si inizia a ragionare; ma la fase scientifica supera anche quella filosofica perché libera quest'ultima dalla possibilità di giungere a conclusioni inverificabili;
Nel Novecento si dà la versione più radicale di questo pensiero ed è la posizione del "Circolo di Vienna" (Wiener Kreis), e cioè di Wittgenstein, Neurath e Carnap. Poiché può essere detto "verità" solo ciò che è sperimentalmente verificabile, e poiché l'unico modo di conoscere la verità è quello delle scienze empiriche o della natura, allora il problema del senso ultimo (con quelli che ad esso si ricollegano, Dio l'uomo, la religione, la morale, ecc.) che non è indagabile attraverso metodi scientifici, è insolubile e senza senso. Nei riguardi del senso ultimo l'unico atteggiamento possibile all'uomo è tacere;tutti i discorsi che vengono fatti su questi argomenti possono essere analizzati da un'apposita scienza del linguaggio, e vanno interpretati come "giochi linguistici" che hanno le loro leggi e che costituiscono un "sistema di relazioni linguistiche" (o "struttura").
Prende le distanze dal circolo di Vienna, a cui per un primo tempo aveva aderito, Karl Popper. Secondo Popper può essere detto "verità scientifica" o teoria scientifica di tipo ipotetico e provvisorio solo ciò che è sperimentalmente falsificabile e non ancora falsificato. Pur essendoci quindi altri modi di accesso alla verità diversi da quelli del sapere scientifico (l'arte, la morale, la storia), non si può affrontare nel modo che dalla comunità degli scienziati è stato designato come "scientifico" il problema del senso ultimo, della religione, della fede.
Il pensiero scientista propone con efficacia le ragioni dell'"oggetto": occorre ascoltare rigorosamente la realtà, e la sperimentazione metodica costituisce questo modo disciplinato di attenzione a non "produrre" una verità che non ha riscontri nel reale, nella concretezza.
Il limite di questa posizione è che "postula" dogmatisticamente (senza che ciò possa essere verificato sperimentalmente - e quindi contraddicendo se stessa -) il principio per cui l'unico modo di accesso alla verità è il metodo scientifico-sperimentale.
In altri termini questa è una "fede" in una concezione della conoscenza che apre a uno o più modi con essa coerenti di progettarsi una vita.
Comunque sia, anche chi pensa che il discorso sul senso ultimo non sia sensato né possibile, di fatto sceglie, e scegliendo si pronuncia per un determinato modo di vedere l'uomo e di concepire il senso ultimo, e mentre sceglie, sceglie anche senza aver sperimentato scientificamente la verità del senso ultimo implicito nella scelta.
Nella sua versione meno radicale, quella di Popper, il limite della posizione è che, non istruendo il problema della verità, si vede costretta a fondare su una fragile "convenzione tra gli scienziati" la definizione della verità scientifica che propone: anche questa definizione è quindi un postulato, posto dogmatisticamente come chiave della teoria della scienza (epistemologia) da parte della comunità degli scienziati.
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