Il molteplice

IL METAMORFISMO UNIVERSALE • Se l'osservazione svela l'inesauribile varietà dei particolari, ognuno di questi particolari diventa oggetto potenziale di rappresentazione, pittorica o lirica. Non solo: la molteplicità del reale accresce a dismisura le possibilità di accostamenti tra realtà remote, che vengono messe in comunicazione grazie alla metafora ardita, potente strumento conoscitivo che suscita la meraviglia dello spettatore. L’intero universo diventa un deposito di potenzialità metaforiche. E mentre il mondo si scopre multiforme e mutevole, l’accostamento sorprendente fra le cose lontane acquista anche un significato più profondo: non solo produce l’effetto meraviglioso e ricercato, ma stravolge anche le forme di pensiero consolidate, poiché la meraviglia nasce proprio dalla «rottura con ogni consuetudine e dalla proiezione del pensiero, per mezzo dell’immaginazione, nel dominio del possibile» (G. C. Argan).

 

L’IMMAGINE DELLA MENTE • Uno dei tratti costitutivi del Barocco, legato alla visione della realtà mutevole e metamorfica, è l’importanza dell’immaginazione. L’interesse per la singolarità e per la varietà dei fenomeni porta alla scoperta che un significato univoco non esiste: la realtà stessa smette di esistere come forma, ovvero come quadro statico e acquisito. Da questa scoperta ne discende un’altra: se non esiste la realtà come dato fisso e stabile, diventa reale ogni immagine prodotta dalla mente e dalla fantasia umana, i cui prodotti si propongono come privilegiato oggetto di rappresentazione.

Dopo la grande esperienza del Rinascimento, il Manierismo aveva dichiarato la crisi della forma. Il passo successivo, compiuto dal Barocco, è l’affermazione irreversibile del valore autonomo dell’immagine come prodotto della mente.

 

Spazio infinito, natura naturans e rappresentazione barocca

 

LO «SPETTACOLO NATURALE» • La scoperta dello spazio infinito e la forzatura dei confini dell’immagine della perfezione circolare, di matrice classica, dilatata e deformata nell’ellisse, influenza anche la rappresentazione pittorica e la concezione architettonica dello spazio.
Con l’efficace espressione di «spettacolo naturale» il critico d’arte Giuliano Briganti ha riassunto il nuovo atteggiamento di apertura alla varietà e ricchezza del mondo naturale, che è proprio dell’epoca barocca matura, quando alla centralità dell’uomo, perduta ormai inesorabilmente, si è sostituita quella della natura. Lo sguardo sul mondo è ormai altro anche rispetto alla posizione personalissima di un pittore geniale come Caravaggio, ancora assorto nell’esperienza della crisi dell’uomo postrinascimentale e rivolto a una natura che acquista interesse per il segno che in essa imprime la coscienza dell’uomo. Altra cosa, invece, è il teatro naturale, di cui l’uomo barocco è, a un tempo, spettatore e attore, partecipando della continuità infinita dello spazio in cui è immerso.

 

LA RAPPRESENTAZIONE DELLO SPAZIO INFINITO • L’effetto principale di questa nuova posizione dello spettatore, partecipe della scena rappresentata, si manifesta nello “sfondamento” visivo dei confini architettonici: soffitti, volte, cupole, pareti delle chiese barocche e dei palazzi non separano più lo spettatore dal mondo che sta fuori, ma lo collocano al centro dello «spettacolo naturale» infinitamente vario e vasto che essi riproducono. L’elemento architettonico si apre all’esterno, in una continuità che costituisce la proiezione esatta della visione continua e infinita dello spazio. Già negli artisti della prima generazione barocca, alcuni ancora legati alla tarda esperienza manierista, è visibile questo tentativo di rappresentazione dello spazio infinito: così in Pietro da Cortona (1596-1669), o nel Guercino (1591-1666), o in Giovanni Lanfranco (1582-1647), che preannunciano la piena realizzazione anche architettonica di questa continuità dell’infinito operata dal genio di Gian Lorenzo Bernini.

 

LA NATURA NATURANS Al centro della visione secentesca della natura si pone la dialettica tra natura naturans (la “natura naturante”, creatrice in quanto genera e produce ogni aspetto della realtà) e natura naturata (la “natura creata”, prodotto dell’atto creativo). La seconda è fissa e ordinata, statica e inerte, mentre la prima è caotica e mutevole. Quest’ultima è l’immagine della natura che informa di sé l’epoca barocca: essa riconosce che Dio ha conferito al mondo un’energia inesauribile e ha delegato alla natura una creatività infinita. Dalla natura nasce altra natura; la materia, tutt’altro che ferma, si evolve e muta generando forme sempre nuove, in una facilità di trapasso da uno stato all’altro, per semplice virtù interna della materia, che rasenta quasi la magia.

Come osserva lo studioso francese Michel Jeanneret, a questa visione della natura naturans, creatrice, corrisponde una precisa dimensione antropologica, che trova in Michel de Montaigne la sua più compiuta espressione: per gli uomini, come per la natura, la vita è una genesi continua. Esistere significa nascere, non essere, e a questa filosofia del divenire corrisponde la poetica della trasformazione, centrale nella letteratura e nell’arte barocca.

 

«GROTTESCHE» E MOSTRI • Il Barocco è anche l’epoca di una natura multiforme che genera mostri. Dalla seconda metà del Cinquecento l’elemento naturale e quello mostruoso sono infatti due aspetti diversi e correlati, due elementi che hanno la loro collocazione privilegiata nelle “grottesche” (famose quelle di Arcimboldi), spazio di una «pittura licenziosa e ridicola», secondo la definizione di Giorgio Vasari, e di una libertà decorativa che si apre ai soggetti sorprendenti e stravaganti. Nella grottesca la rappresentazione ordinata e razionale è sospesa per lasciare il posto all’elemento caotico e bizzarro: un genere di rappresentazione che troverà in epoca barocca un terreno tanto fertile da costituirsi come distinto elemento decorativo.

Spesso nella grottesca si colloca il luogo privilegiato della rappresentazione anche del mostro, esito necessario dell’inestinguibile energia generatrice della natura: i corpi mostruosi testimoniano infatti della stessa dinamica della natura naturans di cui sono il prodotto. La deformazione è un effetto inevitabile dell’instabilità della forma e della sua mutevolezza, e la natura barocca non può non essere popolata di mostri.

 

IL DECORATIVISMO • La natura, che ha nella molteplicità la sua manifestazione caratteristica, diventa anche elemento decorativo privilegiato. La decorazione risponde alla necessità di riempire il vuoto per evitare la vertigine ch’esso provoca: «è una volontà d’addobbare le forme, un horror vacui percorso da un’ansia d’enumerare nomi e specie, d’infittire il reale e di renderlo persuasivo con lo splendore delle pietre preziose e dell’artificio artistico» (C. Ossola). La moltiplicazione degli elementi diventa uno dei tratti peculiari della nuova idea del “decoro”, che ha rotto ormai l’ordinata misura rinascimentale e si materializza invece nella ricerca di un visibile e vario splendore, magari ridondante, teso a raggiungere il massimo dell’espressività.


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